FOSSA, Evangelista
Nacque in data imprecisabile comunque nel terzo quarto del XV secolo, a Cremona, in una famiglia tra le più antiche e conosciute della città: l'Arisi sottolinea la nascita "honestissimo loco" e ricorda che entrò giovanissimo nell'Ordine dei servi di Maria. A Cremona ebbe come maestro l'umanista Nicolò Lugaro, alla cui scuola si accostò ai classici. Al Lugaro è infatti dedicato il volgarizzamento della Bucholica virgiliana, che il F. diede alle stampe a Venezia, "per Christophore de Pensis", nel 1494. Risiedette, almeno per un certo periodo sul finire del Quattrocento, nel convento di S. Maria della Fontana a Casalmaggiore, presso Cremona, dove egli risulta priore nel 1497-98.
Diverse circostanze lo attestano legato all'ambiente veneto e a Venezia pare certo dovesse ripetutamente soggiornare negli anni 1494-97: la sua testimonianza più antica è l'epigramma stampato nel 1492 al termine della monumentale Expositio commentarii Averrois super Physicam Aristotelis di fra Urbano da Bologna, edita proprio nella città lagunare, presso Bernardino Stagnino. Era allora priore del convento di S. Maria dei Servi Filippo Cavazza, cui il F. restò legato da amicizia tanto da dedicargli la sua Bucholica vulgare. Del Cavazza sono poi alcuni versi latini al lettore che precedono il volgarizzamento dell'Agamennone di Seneca, che il F. diede alle stampe a Venezia, presso "maestro Pietro Bergamascho", nel 1497. Il poemetto cavalleresco in tredici canti Libro novo de lo innamoramento di Galvano (Milano "per Petrum Martirem", s.d., ma prima del 1497) è dedicato a un "messer Lorenzo Loredano, patrizio veneto". All'ambiente veneziano fa riferimento, infine, anche l'Epistola consolatoria in terzine italiane diretta a Panfilo Contarini per la morte del fratello Bernardo, condottiero famoso a quel tempo, morto nel 1498. Un'altra edizione del Libro de Galvano fu realizzata a Venezia, "per Melchiorrem Sessa", nel 1507.
Per quanto riguarda il suo itinerario di studio, può essere utile quanto ricordato nella Virgiliana. In quest'operetta autobiografica, composta a Bassano il 2 maggio 1494 (f. 15) e stampata a Venezia (s.n.t.) intorno al 1505, Prisciano, uno dei personaggi principali, dice di aver soggiornato a Padova - dove erano soliti recarsi per gli studi di specializzazione i letterati appartenenti alle fraternità servite di Veneto e Lombardia - quindi a Perugia e, per lungo tempo, a Bologna (f. 6).
Il poemetto in versi maccheronici (pubblicato a cura di P.A. Tosi, in Maccheronee di cinque poeti italiani del secolo XV, Milano 1864, pp. 99-125) narra le beffe compiute da una brigata di giovani, tra cui lo stesso F., ai danni di Angelo Spuza - fin nel nome vero centro comico del poema - e di Prisciano cremonese. Altrove si racconta di una strana avventura di viaggio a Padova di cui è protagonista lo stesso autore. È opera strettamente legata, in quanto frutto del medesimo clima culturale sorto in ambiente universitario, alle altre maccheronee composte in età antecedente alla produzione poetica di T. Folengo. Alcuni hanno evidenziato un rapporto di dipendenza della Virgiliana dal Nobile Vigonze opus di un anonimo di ambiente padovano, rapporto confermato da alcune somiglianze tematiche e formali.
Problemi di attribuzione investono: la Virgiliana, il Galvano e l'Epistola consolatoria. In queste tre opere, contrariamente a quanto accade per le altre, infatti, l'autore omette di ricordare il proprio nome di battesimo, designandosi semplicemente come "Fossa cremonese" oppure "laureato poeta Fossa cremonese". I dubbi nascono dalla circostanza che a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento fiorivano a Cremona due letterati dallo stesso cognome: Evangelista e Matteo, probabilmente non legati tra loro da vincoli di parentela.
Volendo propendere per l'attribuzione al F., si può aggiungere che le due opere in cui l'autore - si chiami esso "Evangelista" o solo "Fossa" - non risulta laureato sono le più antiche, ossia la Bucholica (in cui si dice solo "clarissimo") e la Virgiliana, stampata la prima e già composta la seconda nel 1494. Donde la congettura che il F., autore di tutte le opere, abbia conseguito la laurea poetica nel lasso di tempo che va dal 1494 al 1497, periodo che corrisponde al soggiorno veneziano, il più proficuo per la sua produzione letteraria.
Per quanto riguarda il Galvano, esiste però un argomento in grado di assegnarne in via definitiva la paternità al Fossa. Nel dedicare l'Agamennone (che è del 1497) al Lugaro, il F. dice senza possibilità di equivoco "Cantai Galvano, che il paese aquistole, / et altre guerre fuor dilorbe astrolico, / qual ci difensa a morsicante sistole". Ad avvalorare l'attribuzione di Galvano al F. interviene la somiglianza stilistica e lessicale tra la dedica a Loredan e quella dell'Agamennone al Lugaro (Lippi, pp. 61 s.). Più sfumato, il discorso per quanto riguarda la Virgiliana. Ma confronti testuali, istituiti dalla Lippi, autorizzano senza forzature l'attribuzione del poemetto maccheronico all'autore del Galvano.
Il libro de lo innamoramento di Galvano narra gli amori di Galvano, cavaliere di re Artù, e Gaia, figlia di Morgana, forse sulla scorta del cantare veneto della Ponzela Gaia. Probabilmente l'autore aveva progettato di dare un seguito alla sua opera; e nel corso dei tredici canti del primo libro - che si conclude nel momento in cui Morgana e Artù allestiscono i rispettivi eserciti per affrontarsi - più di una volta accenna alla materia che intende narrare nei libri seguenti.
Resta da prendere in esame un'ultima opera, La venuta del re di Franza in Italia (Brescia, circa 1499) anonimo nell'incipit, ma all'interno del quale l'autore nomina alcune volte se stesso come "Fossa". Il poemetto - ferocemente umoristico nei confronti di Carlo VIII - fu descritto la prima volta dal Novati. Attualmente è irreperibile (Lippi, p. 71). Attribuito dal Novati a Matteo, potrebbe anch'esso, per le caratteristiche di comicità caricaturale non dissimili da quelle della Virgiliana, entrare a buon diritto nel corpus delle opere del Fossa.
Si ignorano il luogo e la data di morte del F., avvenuta probabilmente intorno al 1420.
Fonti eBibl.: G. Bresciani, Rose e viole della città di Cremona, Cremona 1652, pp. 57, 101; F. Arisi, Cremona literata, Parma 1702, I, p. 373; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione di ogni poesia, Bologna 1739, IV, pp. 511 s.; G. Melzi, Bibliografia dei romanzi e poemi cavallereschi, Milano 1838, pp. 320-322; V. Lancetti, Memorie intorno ai poeti laureati, Milano 1839, pp. 383-390; G. Zannoni, I precursori di Merlin Cocai, Città di Castello 1888, pp. 52-62; V. Rossi, Di un poeta maccheronico e di alcune sue rime italiane, in Giorn. stor. della lett. ital., XII (1888), pp. 418-443; G. Novati, D'un ignoto poemetto del F. sulla calata di Carlo VIII in Italia, in Arch. stor. lombardo, s. 3, XXV (1900), pp. 126-136; A.F. Piermei, Memorabilium Sacri Ordinis servorum b. Mariae virginis breviarium, Romae 1931, III, pp. 153 s.; F. Foffano, Il poema cavalleresco, Milano s.d., II, p. 244; Bibliografia dell'Ordine dei servi, Bologna 1972, I, pp. 129-139; II, pp. 56-59, 300 s., 310; M.L. Lippi, E. F. Note biografiche e problemi di attribuzione, in Lettere italiane, XXXIV (1982), pp. 55-73; D. Delcorno Branca, Vicende edit. di due poemi cavallereschi…, in Tipografie e romanzi in Val Padana, a cura di R. Bruscagli - A. Quondam, Modena 1992; M. Villoresi, Niccolò degli Agostini, E. F., Cieco da Ferrara. Il romanzo cavalleresco fra innovazione e conservazione, in Schede umanistiche, n.s., 1996, n. 2, pp. 5-54; Enciclopedia virgiliana, II, pp. 572 s.