DORATI, Evangelista
Nacque a Piadena (Cremona) nel 1539. Nel 1565 fu chiamato dal vescovo di Cremona, Nicolò Sfondrati, il futuro papa Gregorio XIV, a dirigere il seminario della diocesi istituito in quello stesso anno. Il D. era ancora laico, ma con ogni probabilità già aggregato con voto di obbedienza alla Congregazione dei padri somaschi ai quali monsignor Sfondrati, su sollecitazione dell'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, aveva pensato di affidare il compito di formare nuovi sacerdoti.
L'anno seguente il D. entrò nel clero diocesano e fu lo stesso vescovo a conferirgli i primi ordini (15 marzo 1566), il suddiaconato (24 maggio 1567) e il diaconato (24 dic. 1567). Fu consacrato sacerdote il 30 maggio 1568 da monsignor Ippolito De Rossi.
Il D. tenne il governo del seminario di Cremona fino al 1581, assecondando e favorendo l'iniziativa riformatrice del suo vescovo, tra i primi ad applicare i nuovi dettami del concilio di Trento. Il valore e il credito di cui il giovane e ancora laico D. godeva dovevano essere notevoli. Lo Sfondrati gli affidò, tra l'altro, la formazione di due suoi nipoti uno dei quali, Paolo, sarebbe diventato poi cardinale. Anche Aurelio Novarino, teologo, fu suo allievo. Nel 1569 il D. scrisse il primo "regolamento" del seminario, ora perduto, ispirato ai nuovi principi tridentini e con il quale introdusse nel seminario la devozione dell'Immacolata. Il numero dei seminaristi aumentò sensibilmente nei primi anni, e già dal 1574 si dovettero cercare in città locali più ampi di quelli disponibili nella chiesa dei Ss. Ippolito e Gabriele.
Nel 1581 il D. fece domanda al padre Giovanni Scotti per essere accettato nella Congregazione dei somaschi: egli aveva frequentato spesso lo Scotti mentre era rettore del seminario e in particolare durante gli esercizi spirituali nella chiesa di S. Geroldo e questa frequentazione ebbe forse una parte nella decisione. Certo, comunque, che questa domanda era la conclusione naturale di una collaborazione di vecchia data.
Ammesso al noviziato il D. professò il 7 nov. 1582 nell'orfanatrofio probandato di S. Spirito di Triulzio e fu subito destinato ai più importanti uffici dell'Ordine. Nel 1583 venne nominato maestro dei novizi in S. Spirito di Genova. Nel 1584 fu nominato rettore del seminario patriarcale di Venezia, nel quale introdusse le riforme tridentine, elogiato ed apprezzato per questa sua opera dal patriarca Federico Corner. Nel 1586 fu eletto vocale, nel 1587 cancelliere generale dell'Ordine e nel 1588 fu deputato rettore e maestro dei novizi ancora in S. Spirito di Genova.
Egli tenne la carica di cancelliere fino al 1591, anche se nell'ultimo periodo non poté dedicarsi a questo ufficio. Nel 1590, infatti, eletto Pontefice Nicolo Sfondrati, fu chiamato a Roma. Vi restò alcuni mesi, trattato - si dice - con segni di stima e di affetto dal papa, il quale sembra avesse in animo di offrirgli la porpora cardinalizia: il tempo di interessare alcuni giuristi della questione dei cosiddetti "privilegi teatini", questione che si trascinava da molti anni e che non fu risolta né allora né mai, anche per la morte di Gregorio XIV. Il D. tornò da Roma costituito "confessore dei suoi familiari" e con la facoltà di "esorcizzare, scongiurare e curare malefiziati nelle parti di Lombardia", come già aveva fatto "per lo spazio di trenta e più anni con l'autorità episcopale e consenso dei suoi superiori".
Come cancelliere dell'Ordine si incaricò di compilare i primi atti ufficiali del capitolo generale, su incarico del padre generale Scotti. Ancora, iniziò la compilazione dei "libretti delle deputazioni", sorta di registri in cui venivano annotate le deputazioni appunto e le obbedienze dei religiosi, padri, chierici, laici e novizi di tutte le case.
Il "libretto" veniva letto alla fine delle sedute capitolari. Cominciò anche l'uso di mandare una copia trascritta degli atti del capitolo generale al padre procuratore residente a Roma, con una lettera di accompagnamento contenente le istruzioni del padre generale sugli adempimenti da eseguire. Infine, il D. compilò l'elenco di tutti i padri professi dell'Ordine, dal 1569 fino ai suoi giorni, con la data di professione e quella di morte; l'elenco delle città e dei luoghi dove i somaschi avevano conventi (1589); l'elenco dei nomi dei vocali dell'Ordine. Sembra poi che abbia anche redatto una vita del padre Girolamo Miani o, meglio, una raccolta di note, di episodi sul fondatore dell'Ordine, consultata in occasione del processo di beatificazione (Historia della pietà, humiltà e santità di vita dip. Gerolamo Miani, ora in IlSantuario di S. Girolamo Emiliani [Somasca], I [1915], 2-3).
Nel 1592 il D. fu incaricato - come preposito e maestro di novizi - di costituire il noviziato in S. Lucia di Cremona. Nel capitolo del 1593 fu eletto preposito generale.
Il suo fu un generalato che non ebbe caratteri di novità, improntato ad austerità e regolarità, più al rispetto delle leggi già emanate che alla stesura di nuove. Attuò il primo esperimento pratico di osservanza delle costituzioni emanate nel 1591, testo legislativo dell'Ordine al quale egli stesso, negli anni precedenti, aveva attivamente partecipato redigendo, tra l'altro, il libro terzo, De delictis et poenis. Nel 1594, in una delle sue prime disposizioni, stabilì che l'osservanza delle costituzioni penali fosse estesa anche al preposito generale. Fu particolarmente intransigente nel giudicare le trasgressioni al voto di povertà. Nei primi mesi iniziò la visita canonica a tutte le case dell'Ordine, visita che completò nei due anni successivi. Nel luglio 1593 chiese e ottenne dal papa l'indulgenza plenaria per "i professi, ministri e scholari dei seminari, orfani e orfane, et accademie" che erano sotto la cura dell'Ordine. Stabilì la casa del noviziato a Pavia, prima, poi a S. Giustino di Salò e poi a S. Benedetto di Salò, intanto che venivano compiuti i necessari lavori a Sornasca (visitata nel novembre del 1593), dove il noviziato poté infine essere trasferito nel 1599.
La più importante attività del D. negli anni in cui fu preposito si esercitò nell'aiuto dato ai vescovi nella direzione dei seminari diocesani: accettò il seminario di Trento (1593), ammise nel collegio Gallio di Como il seminario diocesano (1593), accettò la direzione del seminario di Alessandria (1594), del Collegio Clementino di Roma (1595) e il seminario di Tortona (15 95). Nel 1594 accettò la casa di S. Maria del Monte a Caserta e il 15 ag. 1596 l'accademia di S. Benedetto di Salò.
Il principio cui il D. ispirò la sua attività fu di far convergere gli sforzi dell'Ordine nel tenere orfanatrofi e seminari diocesani, abbandonando i collegi di istruzione per laici. Proibì che nella casa professa dei Ss. Filippo e Giacomo di Vicenza si tenesse scuola e ordinò che S. Martino di Milano lasciasse la scuola dei "putti secolari" per meglio curare gli orfani. Ottenne infine dal papa che l'Ordine fosse esentato della direzione spirituale di alcuni monasteri di suore a Roma.
Terminato il generalato, il D. fu eletto vicario generale nel capitolo del 1596 e deputato preposito e maestro dei novizi in S. Giustina di Salò, ritornando così all'ufficio che gli era più congeniale. Nel 1599 divenne rettore della casa di S. Benedetto di Salò, dove introdusse la Congregazione degli angeli custodi, la prima dell'Ordine. Alla fine del 1601 fu eletto rettore dell'orfanotrofio di S. Martino di Brescia, nel quale però restò pochi mesi. Nell'aprile del 1602, infatti, domandò licenza ai superiori di ritirarsi a Somasca, accettando comunque di occuparsi ancora una volta dell'istruzione dei novizi. Nello stesso tempo era chiamato a ricoprire, dal capitolo del 1602, la carica di vicario generale.
Nel maggio 1602 si rivolse - sentendo ormai prossima la morte - al suo antico allievo, il cardinale Paolo Sfondrati, per raccomandargli "messer Francesco Dorati mio fratello, qual è povero, et carico di cinque figliole ... et ha un unico figliolo, che vuoi clericarsi...". Della lettera e di alcuni oggetti avuti in dono (due breviari e un reliquiario) informa con scrupolo il padre generale e il padre procuratore a Roma, e a quest'ultimo - il padre Fabreschi, suo amico - chiede anche di adoperarsi per ottenergli l'assoluzione papale nel caso fosse inavvertitamente incorso in irregolarità nel suo servizio.
Il D. morì a Somasca di Vercurago (prov. di Bergamo) il 4 giugno 1602. Per qualche tempo dopo la sua morte l'Ordine si interessò alla possibilità di istruire un processo di beatificazione.
Fonti e Bibl.: A. Bresciani, Corona di uomini e donne cremonesi in santità, virtù e prelature insigni ed eminenti, Cremona 1625, p. 5; M. Tentorio, Padre E. D. c. r. s., Roma 1958.