EUTANASIA (dal gr. εὐϑανασία "buona, bella morte")
Nel suo significato primitivo, la parola eutanasia sta a indicare la morte bella, a cui si va incontro come a cosa giusta, con sereno spirito di accettazione, e che quindi può apparire come ideale di perfetto compimento della vita.
Da questo senso, il nome passò ad assumere quello della morte non dolorosa, quale si poteva procurare, riconosciuta ormai l'imminenza della fine, con opportuni farmachi. Tale l'oggetto di un saggio di Francesco Bacone, e insieme quello di vive controversie di teologia morale, che in genere non potevano non condannare tale forma di eutanasia, la quale toglieva spesso all'uomo la consapevolezza proprio nel momerito in cui (per esigenze di raccoglimento religioso, o di conversione, o, come nel caso di condannati a morte, di espiazione) egli ne aveva maggior bisogno. Lo sviluppo più rigoroso di questo concetto dell'eutanasia era poi quello, secondo cui tale nome veniva a significare la dottrina medico-giuridica asserente senz'altro la legittimità di por fine con la morte alle sofferenze di chi non avesse speranza di guarigione. E, infine, esso poteva anche designare la costumanza di alcuni popoli primitivi, poi variamente giudicata anche da moderni moralisti e politici, di sopprimere i fanciulli che non si ritenessero atti alla vita fisicamente e psichicamente normale, o la cui esistenza potesse comunque prevedersi non felice.
La dottrina medico-giuridica dell'eutanasia.- La dottrina che sostiene il diritto di uccidere o di farsi uccidere, nel caso in cui il paziente si trovi in condizioni disperate e in preda ad atroci sofferenze, dà luogo a gravi discussioni. Mentre si può spiegare come, in uno slancio passionale, ci sia chi possa esser tratto, per pietà o per disperazione, a togliere la vita per liberare al più presto la persona amata da intollerabili sofferenze, non è facile trovare una giustificazione morale e giuridica d'un omicidio che possa essere ufficialmente sanzionato, anche se compiuto nelle accennate circostanze. Tuttavia vi furono proposte legislative del genere; progetti che sanzionerebbero il diritto all'eutanasia per le persone inguaribili e sofferenti in seguito ad autorizzazione formulata dal tribunale o da commissioni speciali le quali redigerebbero verbale dimostrativo dell'esito certamente mortale della malattia e l'ammissibilità del diritto a por fine alle sofferenze nel modo che i tecnici stimassero migliore. È degno di rilievo il fatto che i medici sono, in generale, contrarî all'eutanasia; mentre i più caldi fautori si trovano fra letterati, filosofi, artisti, ecc. Nessuno può essere mai sicuro dell'assoluta inguaribilità d'una malattia e il desiderio stesso del paziente che si trova in condizioni disperate non può essere espressione di libera volontà. La tendenza al suicidio non è mai frutto di ragionevole e proporzionata necessità contingente. D'altronde l'eutanasia è, per sé stessa, contro natura e la scienza odierna è bene in possesso di mezzi idonei per alleviare le sofferenze e rendere, in ogni caso, meno dolorosa la morte.
Bibl.: H. G. Rose, in Hastings, Encycl. of Rel. a. Ethics, V, pp. 596-601; E. Morselli, L'uccisione pietosa (Eutanasia) in rapporto alla medicina, alla morale e all'eugenica, Torino 1923; G. Del Vecchio, Morte benefica, Torino 1928; Visco, L'omicidio e la lesione personale del consenziente, Milano 1929.