EUSTACHIO (al secolo Tommaso di Baldassarre)
Nacque a Firenze nel 1473, da monna Apollonia e da Baldassarre di Tommaso di Gherardo, sarto, abitante vicino all'ospedale degli Innocenti con una bottega presso il mercato vecchio. Ebbe cinque sorelle: Alessandra, Usanna, Antonia, Lucrezia e Giulietta.
Fin dalla giovane età E. si dedicò alla vita religiosa ed alla professione di miniatore. Nel 1487, infatti, a quattordici anni, diventò membro della Compagnia della Purificazione di S. Zenobio, con la qualifica di miniatore; l'anno successivo fu registrato inoltre come sagrestano. A ventitré anni entrò nell'Ordine domenicano nel convento di S. Marco a Firenze e ricevette l'abito di converso dal vicario generale, fra' Girolamo Savonarola, il 6 sett. 1496. L'anno successivo, il 12 sett. 1497, prese i voti solenni a villa Gondi, dove si era ritirata la comunità per sfuggire alla peste. Per tutto il resto della sua lunga vita rimase converso di S. Marco e continuò la sua attività di miniatore, seguendo così i nuovi costumi di vita introdotti dal Savonarola che raccomandava ai conversi di praticare un mestiere.
Malgrado non sia ricordato dal Vasari, secondo la testimonianza di Timoteo Bottoni (cfr. Marchese, 1845, p. 203) contribuì con molte osservazioni alla prima edizione delle Vite di Vasari, stampata cinque anni prima della sua morte.
La prima testimonianza dell'attività di miniatore di E. risale al 1502, quando fu invitato a Siena da Malatesta Sacromoro de' Arimonio, priore di S. Spirito de' predicatori, per miniare l'antifonario dei santi e per restaurare ed abbellire altri corali: questi libri non esistono più, o comunque non sono identificabili (cfr. Marchese, 1846, p. 435). Nel 1505 completò un elaborato salterio per S. Marco (Firenze, Museo di S. Marco, n. 529; la data compare nella prima miniatura) che, al tempo di Marchese (1845-46), era ancora usato nel coro. Nel 1514 furono commissionati ad E. quattro libri da miniare per il coro appena ampliato di S. Maria della Quercia a Viterbo.
E. lavorò, insieme con i maggiori miniatori fiorentini del momento, ai codici miniati per il duomo di Firenze, l'opera più importante della sua carriera. Il Milanesi (1850) fu il primo che provò a distinguere il lavoro dei singoli artisti, basandosi sullo studio dei pagamenti fatti dali, Opera del duomo; la Levi D'Ancona (1962) e la Francini Ciaranfi (1969) hanno completato il suo lavoro. I pagamenti, talvolta direttamente all'artista, talvolta a S. Marco, cominciano dal 1519 (e non 1518 come in Milanesi; cfr. Francini Ciaranfi, 1969) con un graduale (D II 21; Firenze, Museo dell'Opera del duomo) e un antifonario (B 26 7). Nel 1521 e nel 1522 E. fu pagato per tre antifonari (A 31; E 24; F 30, quest'ultimo è datato 1523). Nel 1525 lavorò ad altri due antifonari, di cui uno (G 22, datato 1525) è stato identificato. Seguì un altro antifonario (M 25) datato 1526 ed incarichi per simili manoscritti continuarono nel 1528, 1531 (Antifonario O) e nel 1535. Dei cinquantotto libri miniati dai diversi artisti nel duomo di Firenze solo due sono sopravvissuti all'inondazione del 1966 (E 24; M 25), entrambi opera di E., più un altro che può essere parzialmente ricostruito (F 6), anch'esso probabilmente di sua mano (Francini Ciaranfi, 1969).
La Garzelli (1985) ha avanzato l'ipotesi che E. sia l'autore di un altro manoscritto perduto, il Messale Acciaiuoli, miniato a Firenze intorno al 1510, esposto a Londra nel 1908 al Burlington Fine Arts Club. Stilisticamente questo manoscritto derivava da quello di Monte di Giovanni e presentava molte somiglianze con le opere conosciute di Eustachio.
La Garzelli (1985) attribuisce inoltre a E. un collectarium nella Biblioteca Laurenziana (cod. S. Marco 778), e D'Ancona (1914) il salterio della Ss. Annunziata, conservato nella stessa biblioteca (cod. Conv. soppr., n. 368).
E. eseguì ogni tipo di miniature: principii a tutta pagina, capilettera grandi istoriati, iniziali decorative più piccole e centinaia di ornamenti a penna. Il suo stile, apprezzato dai contemporanei, sebbene modesto e un po' nîve, ècomunque riconoscibile. L'autore della Cronaca di S. Maria della Quercia a Viterbo disse di lui che "fussi eccellente in questa arte"; gli fece eco il suo contemporaneo Bottoni: "Era miniatore eccellente, et fece bellissime opere in questo genere" (cfr. Marchese, 1845, p. 203). Derivò dal Beato Angelico la sua maniera di colorare con pastelli luminosi spesso combinati con oro. L'eclettico stile usato da E. nelle figure è saldamente legato alla pittura toscana della fine del Quattrocento, di cui si trovano talvolta dirette citazioni nelle sue miniature. Le sue figure hanno forme allungate, con teste piccole, guance piatte, abiti ampi e gonfi. Le scene sono inserite in ambienti fiorentini che imitano la campagna toscana o i chiostri rinascimentali, tuttavia non raggiungono il naturalismo delle miniature di Gherardo e di Monte di Giovanni e le figure non hanno le qualità volumetriche che si trovano nelle opere di questi due maestri. Il repertorio ornamentale di E., derivato da Gherardo e da Monte di Giovanni, presenta comunque un fascino originale. Le composizioni comprendono generalmente grandi iniziali con scene figurate, circondate da fogliami a volute, che proseguono intorno al testo scritto; simmetriche ornamentazioni con tralci di vite: foglie di acanto, urne, candelabre, putti che sorreggono tondi, compaiono sempre insieme col marchio composto di rose tutte uguali e ritratti di figure agli angoli.
E. morì a Firenze, nel convento di S. Marco, il 25 sett. 1555.
Fonti e Bibl.: S. Razzi, Istoria degli uomini illustri del Sacro Ordine dei predicatori, Lucca 1596, p. 354; P. V. Marchese, Mem. dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani, I, Firenze 1845, pp. 201-207; II, ibid. 1846, p. 435; G. Milanesi, Nuove indagini con documenti inediti per servire alla storia della miniatura ital., in G. Vasari Le vite..., VI, Firenze 1850, pp. 72, 165, 172 s., 193 ss., 197 s., 201, 203 s., 338; F. Rondoni, Guida del Regio Museo fiorentino di S. Marco, Firenze 1876, pp. 39 s.; J. W. Bradley, A dictionary of miniaturists, illuminators, calligraphers and copysts, I, London 1887, pp. 314 ss.; C. Pinzi, Nuovi documenti, in Arch. stor. dell'arte, III (1890), pp. 305, 320; P. D'Ancona, La miniatura fiorentina, Firenze 1914, I, pp. 102 ss., tavv. C, Cl; II, pp. 811-816, nn. 1600-1609; D. E. Colnaghi, A dictionaryof Florentine painters from the thirteenth to the seventeenth centuries, London 1928, p. 96; G. Sinibaldi, Il Museo di S. Marco in Firenze, Roma 1936, p. 60; Mostra stor. nazionale della miniatura (catal.), a cura di G. Muzzioli, Firenze 1953, p. 339 n. 534; M. Levi D'Ancona, Miniatura e miniatori a Firenze dal XIV al XVI sec., Firenze 1962, pp. 246-250; R. Chiarelli, I codici miniati delMuseo di S. Marco a Firenze, Firenze 1968, p. 62 n. 529; A. M. Francìni Ciaranfi, La miniatura, in Il Museo dell'Opera del duomo a Firenze, a cura di L. Becherucci-G. Brunetti, Milano s.d. [1969], II, pp. 270-276, figg. 239-243; Miniatura fiorentina del Rinascimento, 1440-1525, Un primo censimento..., Inventari e cataloghi toscani, a cura di A. Garzelli, Firenze 1985, pp. 347 ss., figg. 1097-1102; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 90.