CHINI (Chino, Quino, Kino, Kühn), Eusebio (in religione Eusebio Francesco)
Nacque a Segno, in Val di Non (Trento), dove fu battezzato il 10 ag. 1645, da Francesco e da Margherita Luchi.
Delle varie versioni del suo cognome, Kino, la più diffusa, fu adottata da lui stesso per mantenere in spagnolo la pronuncia italiana; Kühn invece è la versione scelta da alcuni autori che ne hanno rivendicato l'origine tedesca.
La sua famiglia, nobilitata da oltre un secolo, era abbastanza agiata. Egli studiò dapprima nel collegio gesuita di Trento, e poi dal 1663 in quello di Halle, presso Innsbruck. Qui, in occasione di una grave malattia, fece voto a s. Francesco Saverio di entrare nella Compagnia di Gesù e di partire per le missioni. E così fu: il 20 nov. 1665 entrò nel noviziato di Landsberg, in Baviera, e aggiunse al nome Eusebio quello di Francesco, in omaggio al suo protettore. Studiò per un anno logica a Friburgo e poi filosofia a Ingolstadt. Dal 1670 al 1673 insegnò letteratura a Halle, poi tornò a Ingolstadt per studiare teologia. Nel frattempo si dedicava con grande impegno alla matematica, all'astronomia e alla cartografia, tanto che gli venne offerta una cattedra presso quell'università, che egli però rifiutò. La sua ambizione era infatti quella di partire per la Cina, dove era già stato un suo parente, anch'egli missionario gesuita, e la preparazione scientifica doveva servirgli ad entrare in stretto contatto con i dotti cinesi.
Nel 1677 venne ordinato sacerdote e si recò a Oettingen, in Baviera, per l'ultimo anno di noviziato. Lì ebbe la comunicazione che era stato finalmente scelto per le missioni. Ma la meta era ben diversa da quella che egli aveva sollecitato: a lui e a un suo compagno fu offerta la scelta fra Nuova Spagna e Filippine; trassero a sorte e al C. toccò la prima destinazione. La sua delusione fu grandissima, ma per quanto facesse non riuscì ad ottenere di essere inviato in Cina. A causa di vari contrattempi dovette trascorrere circa due anni a Siviglia in attesa dell'imbarco: impiegò questo tempo a studiare tecniche agricole, zootecnia, farmacologia e varie arti manuali che gli sarebbero state utili fra gli Indios.
Partì il 27 genn. 1681. Durante il viaggio studiò una cometa, che aveva già cominciato ad osservare in Spagna alla fine dell'anno precedente, ed appena giunse a Città del Messico pubblicò la Exposición astronómica de el Cometa,Que el Año de 1680. por los meses de Noviembre,y Deziembre,y este Año de 1681. por los meses de Enero y Febrero,se ha visto en todo el mundo..., Mexico 1681.
In quest'opera egli attribuiva fra l'altro influssi nefasti all'apparizione delle comete, suscitando con questa affermazione la polemica reazione di un altro astronomo gesuita, Carlos de Sigüenza y Gongora, che viveva anch'egli a Città del Messico.
Gli interessi del C. si volsero comunque ben presto altrove. Due anni dopo infatti partì per la sua prima missione, accompagnando in qualità di cosmografo regio e di cappellano la spedizione del generale Atondo, che aveva l'incarico di esplorare la bassa California (allora considerata un'isola) e stabilirvi basi militari. Nell'aprile del 1683 venne effettuato un primo sbarco presso l'attuale città di La Paz, sulla costa orientale: i primi approcci da parte degli indigeni furono amichevoli, ma poi i soldati spagnoli uccisero a tradimento alcuni di loro, e in previsione di una ritorsione la base venne abbandonata nel luglio dello stesso anno. Nell'ottobre gli Spagnoli sbarcarono di nuovo più a Nord: sulla costa venne fondata San Bruno, e poco più tardi San Isidro, nell'interno, lungo il Rio Grande. Il C. si diede molto da fare per evangelizzare gli indigeni, ma senza molto successo, e per introdurre alcune coltivazioni: grano, granturco, alberi da frutto, vite. Partecipò anche a una spedizione che in due settimane attraversò tutta la penisola e raggiunse la costa del Pacifico, il 1º genn. 1685, e durante la quale fece importanti rilevamenti geografici. Alla fine dell'anno comunque il corpo di spedizione venne richiamato, perché una prolungata siccità ne rendeva difficile la permanenza e per mancanza di fondi.
Nel 1687 il C. partì per la sua seconda missione, che lo impegnò per tutto il resto dei suoi giorni: teatro fu la Pimeria Alta, regione compresa fra gli attuali Stati dell'Arizona e del Nuovo Messico (negli Stati Uniti d'America) e del Sonora (in Messico).
Questa missione doveva conformarsi alle disposizioni di una recente cedola reale, del 1686, che indicava ai viceré il comportamento da seguire nelle future spedizioni al fine di ottenere una migliore penetrazione fra gli indigeni: bisognava curare in primo luogo la loro conversione, che andava completamente affidata ai missionari perché particolarmente adatti a un'azione persuasiva e cattivante, e bisognava incoraggiare gli indigeni promettendo loro che se si fossero convertiti sarebbero stati esonerati per venti anni dal pagamento di tributi e dal lavoro nelle fattorie o nelle miniere.
Il C. pose la sua base principale a Nuestra Señora de los Dolores, riuscì dopo poco tempo a battezzare uno dei cacicchi più influenti della regione e stabilì buoni rapporti con gli Indios Pimas. Intraprese numerosi e lunghi viaggi esplorativi, fondando altre ventiquattro basi missionarie con annesse fattorie e introducendo l'allevamento del bestiame. Tutto andò bene fino alla primavera del 1695, quando i Pimas, esasperati dalle angherie e dalle violenze dei rancheros spagnoli, si ribellarono, devastarono le missioni ed uccisero un confratello del C., Francesco Saverio Saetta (Saeta). Il C. si precipitò allora a Città del Messico per spiegare l'accaduto e impedire la chiusura delle missioni: mise in luce le responsabilità degli Spagnoli, difese i Pimas dalle accuse di furto e di rifiuto del lavoro, sostenne che la ribellione era stata opera solo di un piccolo gruppo di loro e denunziò la repressione, che aveva mietuto vittime innocenti. Riuscì così a convincere le autorità governative. Molte critiche gli venivano però mosse allo stesso tempo nell'ambiente gesuita: in particolare lo si accusava di battezzare gli indigeni senza istruirli seriamente nella fede e di essere troppo severo nei confronti dei suoi compagni. Il padre provinciale decise perciò di trattenerlo. Il C. si appellò allora al preposito generale, Tirso Gonzalez, che gli diede fiducia incondizionata scagionandolo da ogni accusa: nel 1696 poté così tornare in Pimeria e riprendere la direzione della missione.
In quel periodo osservò che gli Indios della regione usavano a scopo ornamentale delle conchiglie azzurre che egli aveva trovato sulla costa pacifica, della bassa California e mai su quella orientale. Ne dedusse che la California non poteva essere un'isola, e intraprese due spedizioni verso NO per trovare il passaggio per via di terra, una via a cui egli era fra l'altro molto interessato perché avrebbe facilitato i collegamenti con la missione nella bassa California, da poco ripresa. L'impresa ebbe successo, e il C. ne pubblicò subito i risultati nell'anno 1701 con il libro dal titolo Paso por tierra a la California y sus Confinantes Nuebas Naciones y nuevas Missiones de la Compañia de IHS en la America Septentrional.
Nel 1703 il C. inviò una memoria al viceré per convincerlo a sviluppare la colonizzazione della regione. Facendo un bilancio della sua attività egli rilevava come tutte le missioni fondate fossero economicamente autosufficienti, perché la regione era molto fertile e adatta alle coltivazioni e all'allevamento: perciò le nuove fondazioni non avrebbero richiesto l'investimento di grossi capitali. In particolare egli sollecitava la fondazione di un grosso centro presso la foce del Colorado. Gli Indios Pimas, circa 17.000, avevano un atteggiamento amichevole verso gli Spagnoli, erano laboriosi e accettavano volentieri il Vangelo, come dimostravano le circa 3.500 conversioni. Egli pensava ora di evangelizzare le tribù confinanti, i Cocomaricopas, gli Yumas, i Quíquinas e quelle dell'Alta California. Altre tribù invece, come gli Janos e gli Apaches, erano ostili, e avevano anche attaccato più volte i Pimas, ma erano state sconfitte. Aveva comunque bisogno dell'aiuto di altri dieci missionari, perché al momento tutto il peso della missione gravava sulle sue spalle e su quelle di un altro confratello, e di una guarnigione di una ventina di soldati. Concludeva lo scritto affermando che estendendo la colonizzazione verso Nord lungo la costa del Pacifico si sarebbe potuto raggiungere il Giappone, e lungo la costa atlantica la Nuova Francia.
Gli aiuti richiesti non furono tuttavia inviati, e il piano di espansione del C. rimase irrealizzato. Egli trascorse gli ultimi anni continuando tranquillamente la sua attività di missionario e di esploratore instancabile, e si spense a Magdalena, nella regione di Sonora, il 15 marzo 1711.
Oltre alle due opere ricordate, il C. lasciò molti altri scritti riguardanti la sua attività missionaria, che rimasero a lungo inediti. Il più vasto e importante di essi reca il titolo di Favores Celestiales de Jesús y de Maria Santísima y del Gloriosisimo Apostol de las Yndias,Francisco Xavier,experimentados en las nuevas conquistas y nuevas conversiones del nuevo reino de la Nueva Navarra... . Esso venne condensato da J. Ortega e F. Fluviá nel secondo volume della loro opera Apostólicos Afanes de la Compañía de Jesus (Barcelona 1754), e pubblicato integralmente a cura di F. F. del Castillo e di E. Böse sotto il titolo di Las Misiones de Sonora y Arizona, Mexico 1913-1922, insieme ad un altro scritto molto più breve, la Relación Diaria de la Entrada al Norueste. Una versione inglese dei Favores, anch'essa integrale, è stata pubblicata da H. E. Bolton: Kino's Historical Memoir of Pimería Alta. A contemporary Account of the Beginnings of California,Sonora,and Arizona, Cleveland 1919. Un altro scritto molto interessante, composto in occasione della rivolta dei Pimas, è la Inocente,apostólica y gloriosa muerte del venerable Padre Francisco Xavier Saeta,de la Compañía de Jesús, pubblicato da E. J. Burrus col titolo di Vida del P. Francisco J. Saeta,S. J.-Sangre misionera en Sonora, Mexico 1961. Lo stesso Burrus ne ha curato anche, insieme a Ch. W. Polzer, l'edizione inglese: Kino's Biography of Francisco Javier Saeta,S. J., Rome-Saint Louis 1971. In quest'opera, oltre all'esposizione dei fatti che portarono alla morte del Saetta, c'è anche una dettagliata relazione della regione e dello stato degli insediamenti spagnoli. Il diario della spedizione con Atondo è stato pubblicato a cura di W. M. Mathes: First from the Gulf to the Pacific. The Diary of the Kino-Atondo Peninsular Expedition, Los Angeles 1969. La memoria al viceré (Informe del Padre Eusebio Francisco Kino... al Virrei de la Nueva España) è stata pubblicata in spagnolo in F. J. Alegre, Historia de la Provincia de la Compañía de Jesús de Nueva España, a cura di E. J. Burrus-F. Zubillaga, IV, Roma 1960, pp. 484-490, e poi in inglese da E. J. Burrus sotto il titolo Kino's Plan for the Development of Pimería Alta,Arizona & Upper California. A Report to the Mexican Viceroy, Tucson 1961.
Importantissima fu l'attività di cartografo svolta dal C.: le carte da lui disegnate furono pubblicate e conosciute subito anche in Europa. Esse sono riprodotte in due opere di E. J. Burrus: Kino and the Cartography of Northwestern New Spain, Tucson 1965, e La obra cartográfica de la Provincia Mexicana de la Compañía de Jesús, Madrid 1967.
Molte sono anche le lettere del C. pubblicate: P. Stitz, Kalifornische Briefe des P. Eusebio Francisco Kino (Chini) nach der oberdeutschen Provinz,1683-85, in Arch. histor. Societatis Iesu, III (1934), pp. 108-128; P. Tacchi Venturi, Nuove lettere inedite del p. E. F. C. ..., ibid., pp. 248-264; E. J. Burrus, Kino Reports to Headquarters. Correspondence... from New Spain with Rome, Rome 1954; Id., Correspondencia de E. F. Kino,S. J., con los generales de la Compañía de Jesús(1682-1707), Mexico 1961; Id., Kino escribe a la Duquesa. Correspondencia del p. E. F. Kino con la Duquesa de Aveiro y otros documentos, Madrid 1964; Id., Kino writes to the Duchess. Letters of E. F. Kino,S. J., to the Duchess of Aveiro, Rome-Saint Louis 1965.
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