euro
èuro s. m. invar. – Moneta comune dell’Unione Europea (simbolo Є). Introdotto nel 1999 da 11 paesi (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna), l’e. è stato adottato in seguito anche da Grecia (2001), Slovenia (2006), Cipro e Malta (2007), Slovacchia (2008) ed Estonia (2010). Nei primi tre anni l’e. è esistito solo come unità di conto e nel 2002, sotto la supervisione della BCE (Banca centrale europea), sono state introdotte le banconote e le monete in euro. Esiste in 6 tagli di banconote (da 5, 10, 20, 50, 100 200 e 500 euro) e 8 di monete (1, 2, 5, 10, 20 e 50 centesimi; 1 e 2 euro). Malgrado l’orientamento marcatamente antieuro di alcuni paesi, in primo luogo il Regno Unito che ha deciso di non aderire all’Unione economica e monetaria per non rinunciare alla propria sovranità monetaria, nei primi dieci anni di vita della moneta (1999-2008) il bilancio degli effetti dovuti alla sua introduzione è stato positivo. L’inflazione si è infatti mantenuta relativamente stabile in tutti i paesi che hanno aderito, in media attorno al 2%, livello storicamente basso per l’area e anche per la stessa Germania. Nella prima parte di questo periodo, inoltre, il mercato unico dei capitali nell’area dell’e. si è rafforzato e il suo grado di integrazione è aumentato; le condizioni di accesso al mercato, i costi di indebitamento e i rendimenti sui titoli hanno mostrato, all’interno di categorie omogenee, una tendenza a convergere fra i diversi paesi. Con l'adozione dell'e. i tassi interbancari dei paesi membri si sono allineati immediatamente e quelli sui titoli pubblici si sono avvicinati, dando luogo a differenziali di interesse fra emittenti sovrani molto bassi, dell’ordine di pochi centesimi di punto percentuale; questa situazione è andata poi radicalmente modificandosi per gli effetti della crisi finanziaria scoppiata nel 2007 (v. ). I paesi con monete storicamente meno stabili hanno potuto beneficiare di tassi di interesse bassi, con conseguente stimolo dell’attività economica, soprattutto nel settore immobiliare. Infine, l’e. è subito diventato la seconda moneta mondiale per utilizzo come strumento di pagamento e valuta di riserva internazionale, senza però arrivare a insidiare il primato del dollaro statunitense. Al contempo, tuttavia, persistenti differenze nell’inflazione e nelle dinamiche dei costi del lavoro fra i paesi aderenti, non compensate da variazioni del cambio, hanno dato luogo a crescenti differenziali di competitività: in partic., Grecia, Irlanda e Spagna hanno perso competitività rispetto a Germania, Austria e Finlandia. Disavanzi pubblici persistenti inoltre hanno determinato un aumento del debito pubblico, in partic. in Grecia, Spagna e in Italia. Gli squilibri sono rimasti a lungo sopiti nel clima favorevole determinato dalla crescita economica sostenuta e dai tassi di interesse bassi. I mercati finanziari, dominati dall’ottimismo, ne hanno sottovalutato il rischio; è venuto meno così l’incentivo per i governi nazionali a correggere tali squilibri con opportune politiche strutturali di bilancio. Dall’autunno del 2007, la crisi finanziaria iniziata negli Stati Uniti ha esercitato effetti negativi rilevanti sul mercato finanziario dell’eurozona. Si sono riaperti i differenziali di rendimento fra paesi e i flussi interbancari si sono in parte inariditi, soprattutto attraverso le frontiere, a causa dell’aumento dei rischi e nonostante le massicce operazioni di finanziamento a basso costo della BCE. La crisi è cresciuta di intensità dalla primavera del 2010, con il timore di insolvenza imminente della Grecia e il suo salvataggio da parte degli altri paesi. Nel maggio 2010 è stato costituito un nuovo strumento di sostegno finanziario per gli stati sovrani dell’area dell’e., l’European financial stability facility (v. EFSF), di natura temporanea; a breve distanza di tempo Irlanda e Portogallo hanno dovuto farvi ricorso, mentre la BCE è intervenuta con acquisti sui mercati dei titoli sovrani. Nell’estate 2011 la crisi si è estesa alla Spagna e soprattutto all’Italia. Per fronteggiarla, il Consiglio europeo ha deciso, il 21 luglio, di ampliare la dimensione dell’EFSF e di estenderne le potenzialità operative. Veniva anche decisa la creazione di uno strumento finanziario permanente, l’European stability mechanism (v. ESM), la cui base giuridica risiede in un nuovo trattato europeo limitato all’area dell’e., approvato dal Consiglio europeo il 2 febbraio 2012 salvo ratifica da parte dei paesi membri.