EUPHRANOR (Εὐϕαράνωρ, Euphranor)
Artista greco del IV sec. a. C., ad un tempo pittore, scultore (nelle varie tecniche) e teorico dell'arte, avendo lasciato anche alcuni volumina de symmetria et coloribus (Plin., Nat. hist., xxxv, 128; Vitruv., vii, praef., 14).
Sulla fede di Plinio (ib., 128) che lo dice Isthmius, si è a lungo creduto che patria di E. sia stata Corinto. Ma, come si è poi considerato, quello potrebbe essere stato un semplice appellativo onorifico, riguardante l'attività artistica di E. in rapporto al santuario di Posidone Istmio. D'altra parte tutti i dati noti della sua carriera si riferiscono di preferenza all'ambiente ateniese.
Di qui le maggiori probabilità che E. fosse nativo di Atene (cfr. Plut., De gloria Ath., 2a). Riguardo ai termini cronologici della vita, va ricordato che l'acmè della carriera artistica si poneva alla 104a Olimpiade (364-361 a. C.). La nascita di E. sarebbe quindi circa il 395-390, la sua morte tra il 330 e il 325. Il figlio Sostratos lavorava come scultore in Atene intorno all'anno 320.
Le opere ricordate di E. scultore sono: 1) un Paride, nel quale si riconosceva insieme il giudice delle dee, l'amante di Elena e l'uccisore di Achille (Plin., Nat. hist., xxxiv, 77); 2) un'Atena Catuliana, cosiddetta perché dedicata a Roma, sotto il Campidoglio, da Q. Lutazio Catulo; 3) un Trittolemo, detto anche Agathòs Dàimon, o Bonus Eventus, che teneva nella destra una patera e nella sinistra una spiga e papaveri; 4) una Latona (nel tempio della Concordia a Roma) con in braccio i due gemelli Apollo e Artemide; 5) un Klitikòs (atleta in atto di flettersi) oppure una Klidoùchos (cioè una sacerdotessa con la chiave del tempio: lesione incerta) di esimia bellezza; 6) un gruppo colossale, allegorico, della Virtus militare e dell'Ellade; 7) una statua di donna "ammirante e adorante" (mulierem admirantem et adorantem, Plin., loc. cit.: espressione variamente interpretata, come relativa a una o a due statue diverse); 8) una statua di Apollo Patròos (Paus., i, 3, 4) in un tempio sito nell'agorà di Atene (v.); 9) una statua di Efesto (Dio Chrysost., xxxvii, 43); 10) un Dioniso, di cui si ammirava l'originale o la copia sull'Aventino, donde proviene la base iscritta del 298 d. C. (J. Overbeck, Schriftq., 1801; E. Loewy, I. G. B., n. 495); 11-12) statue di Filippo e di Alessandro in quadrigis (Plin., loc. cit.); inoltre quadrighe e bighe.
Come pittore E. eseguî: 1) una pittura murale con la battaglia di Mantinea (362 a. C.) degli Ateniesi e degli Spartani alleati contro i Tebani (in Atene nella Stoà Basìleios, Plin., Nat. hist., xxxv, 129; Paus., 1, 3, 4) della quale una copia era a Mantinea (Paus., viii, 9, 8); 2) altra coi dodici Dèi (pure nella Stoà Basìleios); 3) l'apoteosi di Teseo tra le personificazioni della Democrazia e del Popolo (Paus., i, 3, 3); 4) una pittura su tavola, a Efeso, con Ulisse che si finge pazzo per non partecipare alla guerra di Troia e aggioga un bove e un cavallo, e insieme dei palliati pensierosi e uno stratego che ripone la spada, cioè Palamede (Plin., Nat. hist., xxxv, 129; Lucian., De domo, 30).
Plinio, nel ricordarlo come pittore, riporta anche il giudizio della sua fonte relativo alle caratteristiche plastiche, alla sua attività di scultore. Lo dice docilis, cioè assimilatore versatile, e laboriosus, laborioso e paziente, insuperabile in qualsiasi genere d'arte e sempre all'altezza del suo nome. Sembra che sia stato il primo ad esprimere l'aspetto dignitoso degli eroi, cioè ad aumentarne i corpi rispetto a quelli degli altri uomini (Val. Max., vii, xi, ext. 5), e ad usare scientificamente la simmetria. Questo suo canone si prestava peraltro a critiche perché le sue corporature, nel complesso, risultavano troppo esili, e troppo grandi la testa e le articolazioni. Come pittore molti elementi lo ricollegano a Parrasio: l'amore per la simmetria, l'eleganza delle chiome, tanto che Luciano (Imag., 7) ricorda quelle della Hera di E., i temi degli eroi, della pazzia di Ulisse, di Teseo, che sembrava nutrito di carne nel quadro di E. e di rose in quello di Parrasio, definendo il diverso temperamento dei due artisti, attraverso le analogie. La symmetria, il pondus, la dignitas sembrano i caratteri fondamentali della sua personalità complessa (circa plurium artium species praestantem, sed in omnibus quae in quoque laudantur eminentissimum: Quint., xii, 10, 6, 12).
Poiché il primo degli accennati famosi dipinti appartiene al 361 circa, e ad età ancora più antica si vorrebbero riferire le altre pitture murali, a quella data E. doveva essere ancora al principio della sua carriera. Egli si sarebbe quindi affermato prima come pittore. Così la grande maggioranza, se non la totalità, delle opere statuarie apparterrebbe ad età posteriore al 360. Avendo poi preso le mosse dalla pittura, è verisimile che E., ritenuto del tutto indipendente da influssi di scuola, abbia portato nelle opere di scultura una sua personale visione pittorica: la quale per i volti si esprimeva in una acuta ricerca di effetti psicologici (come a proposito del Paride citato) e per tutto il resto, probabilmente, in una particolare ricerca di movimento e di effetti coloristici. Nonostante la fama di E. e le notizie relative al suo stile e a molte delle sue opere, non è facile identificare queste ultime nelle possibili repliche: troppo poco è stato detto dagli antichi e i giudizî stessi sono variamente interpretabili alla luce della moderna sensibilità. I tentativi fatti attraverso il tempo da numerosi studiosi non hanno fino ad oggi portato a soluzioni del tutto soddisfacenti ed accettabili senza riserve. A parte l'attribuzione ad E. di molte sculture, che non si sa bene a quale maestro o scuola collegare, fatta quindi sulla base di una intrinseca originalità, che peraltro non sappiamo se corrisponda a quella indubbiamente postulabile per E., la critica si è particolarmente esercitata nel tentativo di riconoscere alcune tra le sue statue più celebri: il Paride, la Latona, l'Alessandro, il Bonus Eventus o Trittolemo.
Il Paride è stato volta a volta riconosciuto nella statua di giovane già Lansdowne al British Museum, che ripete la posizione del Pothos scopadeo e del Narciso (Furtwängler); nel Paride seduto della Galleria delle Statue al Vaticano (Amelung) e persino nell'Ares Borghese (Robert), mentre la Bieber lo ha ravvisato nel Perseo da Cerigotto ed ha studiato un gruppo di repliche della testa, che si può raggruppare intorno ad una del museo di Cassel; recentemente si è proposta l'identificazione con il Meleagro Medici (Bielefeld).
L'identificazione della Latona, fuggente con Apollo e Artemide infanti tra le braccia (che come altre statue di E. era a Roma e precisamente nel tempio della Concordia) nelle due copie di proporzioni ridotte del Museo Capitolino e del Museo Torlonia, proposta sulla scorta di rappresentazioni monetarie (Schreiber) è stata respinta principalmente per ragioni stilistiche dal Furtwängler, dal Reisch e dal Mahler; il Niebling ha proposto di vedere il gruppo in quella raffigurazione che compare sulle monete romane da Faustina maggiore in poi, contraddistinto dalla leggenda Fecunditas. La identificazione del Dioniso da Villa Adriana col Dioniso del console Gallo (Furtwängler) è stata avversata dal Sieveking, come pure poco attendibile sembra il riconoscimento della Atena Catuliana nell'Atena Giustiniani.
Per l'Alessandro in quadriga si era pensato all'Alessandro Rondanini di Monaco (Amelung), ma non pare che la posa possa adattarsi alla statua che E. aveva raffigurato sulla quadriga né che lo stile sia quello del maestro.
Non è il caso di accennare ai tentativi fatti per rintracciare la mulier admirans et adorans, dato che molte sono le statue femminili che potrebbero prestarsi a questa generica designazione.
Sulla base delle citazioni di Luciano che dice E. illustre creatore di dèi, e conoscendo la rinomanza della epifania olimpica da lui dipinta nella Stoà Basìleios, varî studiosi han tentato di rintracciare l'eco di quelle pitture e delle sculture in statue a noi note: così si è pensato ad uno Zeus di E. per il bronzetto di Dodona all'Antiquario di Berlino (Neugebauer) e si è fatto il suo nome per l'Apollo del Belvedere e per l'Artemide di Versailles (Amelung).
Del Trittolemo o Bonus Eventus si è riconosciuta l'immagine in monete e gemme.
In questa ridda di attribuzioni spesso contrastanti la più sicura base per una più proficua revisione critica, rimane il trovamento nella zona dell'agorà di Atene di un originale di E.: la statua di Apollo Patròos, ricordata da Pausania nel tempio dell'agorà. La scultura, maggiore del vero, purtroppo acefala e priva della parte superiore del torso, rappresenta il dio nella veste talare del citaredo, in posa statica e solenne accentuata dalla folta cascata di pieghe del panneggio che dà maggior corpo alla figura. Se la mancanza del capo e delle braccia ci priva di un valido elemento di confronto e di giudizio, tanto più che proprio la presenza della veste, mascherando l'anatomia impedisce di confrontare questo Apollo, unico superstite della ricca produzione del maestro, con quelle statue che presumibilmente erano rappresentate nella nudità eroica, non è escluso che, specie se si riuscirà a rintracciare, anche in opere d'arte minore, una eco del simulacro, si possa in seguito procedere a nuove e più certe identificazioni specie nel campo delle creazioni femminili di questo tanto discusso artista.
Bibl.: Paride: A. Furtwängler, Masterpieces, p. 358 ss., fig. 154; W. Amelung, Vat. Kat., II, p. 422, n. 255, tav. 47; C. Robert, in XIX. Hallisches Winckelmannsprogramm, 1898, pp. 21-29; Brunn-Bruckmann, Denkm., p. 63; M. Bieber, in Jahrbuch, XXV, 1910, pp. 159-173; id., Die ant. Skulpturen in Cassel, 1915, p. 22, n. 26; E. Bielefeld, in Wissenschaftliche Zeitschrift der Universität Greifswald, I, 1951-52, pp. 1-82. Latona: Th. Schreiber, Apollon Pythoktonos, tav. I, p. 70 ss.; H. S. Jones, Cat. Mus. Cap., p. 227, n. 31, tav. 85; E. Reisch, Festgruss aus Innsbruck, 1893, p. 151 ss.; P. Johnson, Lysippos, pp. 42-43; A. Mahler, in Rev. Arch., 1906, II, pp. 290-296; G. Niebling, in Forschugen und Fortschritte, XIV, 1948, pp. 290-296; G. Niebling, in Forschungen und Fortschritte, XXIV, 1948, pp. 2-4. Dioniso: J. Sieveking, Brunn-Bruckmann, Denkm., n. 738-739. Alessandro: W. Amelung, in Rev. Arch., 1904, II, pp. 325-347. Zeus: K. A. Neugebauer, in Jahrbuch, IL, 1934, pp. 162-179. Bonus Eventus: A. Furtwängler, Gemmen, tav. 55, 9 ss.; M. Bernhart, Handbuch zur Münzkund der römischen Kaiserzeit, pp. 3, 85, tav. 58, 12, 14. Apollo Patròos: K. Kourouniotis, in Arch. Delt., 1916, p. 80; A. Keramopoullos, ibid., 1929, p. 95, n. 1; H. A. Thompson, in Hesperia, IV, 1935, p. 352 ss.; id., ibid., VI, 1937, p. 107 ss. Rappresentazioni di statue di E. sulle monete: L. Lacroix, Des réproductions des statues sur les monnaies grecques. La statuaire archaïque et classique, Liegi 1949, p. 321.
Opere generali: Thieme-Becker, XI, 1915, p. 78, s. v. (W. Amelung); Pauly-Wissowa, VI, 1909, cc. 1191-94, s. v., n. 8 (C. Robert); J. Six, in Arch. Jahrb., XXIV, p. 7 ss.; C. Picard, Manuel d'archéologie grecque. La sculpture, III, i, 1948, p. 853 ss.; G. Lippold, Die griechische Plastik, in Handb. d. Arcyh., 1950, p. 260 ss. Discussione delle fonti e del gusto: G. Becatti, Arte e gusto degli scrittori latini, Firenze 1951, passim; S. Ferri, Plinio il Vecchio. Storia delle arti antiche, Roma 1946, pp. 192-193; T. B. L. Webster, Plato and Aristoteles as Critics of Greek Art, in Symb. Osl., XXIX, 1952, pp. 8-32.
(G. Bendinelli - Floriani Squarciapino)