POLLONE, Eugenio
POLLONE, Eugenio. – Nacque a Torino il 4 maggio 1849 da Giovanni Giacomo, appartenente a una famiglia di proprietari terrieri, e da Emilia Vandero.
Studiò materie economiche con specifica attenzione a quelle bancarie. Decisivo per la sua formazione e la sua carriera fu l’incontro a Torino con Luigi e Vincenzo Marsaglia, con i quali fondò nel 1875 il Banco Fratelli Marsaglia.
Questo Banco, come molti Banchi privati torinesi dell’epoca, si occupava principalmente di erogare credito alle imprese di area piemontese. Grazie a scelte diversificate e oculate riuscì a superare indenne la crisi bancaria ed edilizia della fine degli anni Ottanta, trasformandosi nel 1895 in ditta Luigi Marsaglia. Fondamentale, nel periodo successivo, fu la partnership, durata circa quarant’anni, con la Banca commerciale italiana (Comit). Già poco dopo la fondazione di quest’ultima (ottobre 1894), il banco Marsaglia fu il suo primo azionista italiano, acquistando mille azioni e divenendo protagonista nel processo volto a rimpiazzare, nel giro di un decennio, gran parte dei soci fondatori austro-tedeschi. Un altro fratello Marsaglia, Giovanni, nel 1895 fu consigliere della nuova banca milanese. Il banco, come rappresentante della Comit sulla piazza torinese, seguì negli anni successivi le principali operazioni di credito industriale, consigliando gli affari più redditizi e guidandone gli aumenti di capitale.
Grazie all’esperienza maturata in un quindicennio presso i Marsaglia, all’inizio degli anni Novanta Pollone aveva accumulato una serie di cariche, che ne fecero una delle figure di spicco del mondo finanziario torinese, prima per conto dei Marsaglia, poi sempre più in maniera autonoma. Iniziò intorno al 1890 come consigliere di sconto della sede di Torino della Banca nazionale nel Regno d’Italia – progenitrice della Banca d’Italia – divenendo poi censore nel 1892 e reggente nel 1894; e fu anche consigliere della Compagnia di assicurazione contro i danni degli incendi, della Banca di Torino e poi del Credito industriale.
Il momento decisivo della sua carriera fu l’entrata, nel febbraio 1897, nel Consiglio della Comit al posto di Giovanni Marsaglia: con Ferdinando Siccardi e Federico Selve fece parte del gruppo di influenti consiglieri torinesi che parteciparono in seguito a numerose operazioni finanziarie per conto della Comit, fungendo – in particolare – da raccordo con la Cassa di risparmio di Torino, di cui era diventato condirettore per il collocamento dei fondi. Una spia della posizione assunta nella finanza torinese fu la nomina, nel marzo 1897, di consigliere superiore della Banca d’Italia, quale delegato della sede di Torino, carica abbandonata già nel dicembre 1897 a favore dell’impegno nella Comit.
Tra il 1896 e il 1914 si interessò al settore dei trasporti: fu, in ordine di nomina, consigliere delle Strade ferrate del Mediterraneo, della Società torinese di tramways e ferrovie economiche, delle Strade ferrate secondarie della Sardegna, della Navigazione generale italiana e della Navigazione alta Italia. Fu inoltre consigliere del Cantiere navale di Muggiano, dei Cantieri navali riuniti, della Fiat San Giorgio, delle Bonifiche ferraresi, delle Concerie italiane riunite (CIR), delle Fecolerie italiane riunite e del Lanificio di Pianceri. Nel settore siderurgico il suo ruolo fu più strategico, partecipando, per volontà del direttore generale della Comit Otto Joel, alle travagliate vicende di un settore che già in quegli anni sopravviveva grazie al sostegno dello Stato: fu eletto consigliere, intorno al 1903, della Siderurgica di Savona, ma ancor più significativa fu la sua entrata nella Terni nel 1907 al posto del finanziere e speculatore Ferruccio Prina, implicato pesantemente nella crisi bancaria di quell’anno. Prese parte anche, su indicazione di Joel, ad affari che non andarono in porto, come quelli del cartello delle società produttrici di iuta nel 1898 e dell’acquisizione del Banco di sconto e sete di Torino nel 1902.
Tra i suoi molteplici interessi vi fu per un certo periodo anche la carta stampata: intorno al 1900 aveva comprato La Stampa, insieme ad Alfredo Frassati (che ne divenne direttore), dal proprietario della testata Luigi Roux, trasferitosi a Roma per dirigere La Tribuna. Fu inoltre coinvolto, forse per la sua conoscenza diretta di Roux, tra il 1908 e il 1909 anche nell’acquisto de La Tribuna, da parte di una cordata promossa dalla Comit.
Pollone fu tra i primi a cogliere le potenzialità del nascente settore automobilistico, finanziando corse di velocità e acquistando, anche come collezionista, numerose vetture. Si interessò delle vicende della Fiat, che si stava imponendo come principale marchio del settore, sostenuta dalla stessa Comit, intenzionata ad averne l’esclusiva dell’attività bancaria: contribuì, tra le varie operazioni di questi anni tra Fiat e Comit, all’acquisizione nel 1905 delle Officine meccaniche torinesi Michele Ansaldi, trasformate nel 1906 nella Società automobili brevetti Fiat. Nell’agosto 1908 entrò nel Consiglio della Fiat – altra svolta fondamentale della sua carriera – per il salvataggio della società, insieme ad altri fiduciari della Comit, come Dante Ferraris che fu eletto vicepresidente (a causa delle dimissioni di Giovanni Agnelli e dei suoi collaboratori per le accuse di aggiotaggio e alterazione dei bilanci sociali); la Comit, infatti, convinta che le cose si fossero assestate, aveva deciso di proseguire il suo appoggio all’azienda.
Pollone divenne così un uomo di fiducia sia della Comit sia della Fiat e rimase insieme a Ferraris nel Consiglio dell’azienda torinese anche quando, rientrato Agnelli al comando già due anni dopo, l’azienda optò per un rapporto preferenziale con il Credito italiano. Pollone fu utilizzato dalla Fiat anche come collegamento con l’ambiente politico cittadino, come nei primi mesi del 1915 quando funse da mediatore, grazie al suo ruolo di comproprietario de La Stampa, tra Frassati, acceso neutralista, e Agnelli che si stava schierando nel campo degli interventisti.
Significativa fu anche la sua promozione nel 1900 a presidente della Compagnia contro i danni degli incendi. Questa compagnia (la futura Toro assicurazioni) fu guidata da Pollone con prudenza, approfittando della congiuntura favorevole, secondo una linea di continuità con la tradizione. Le vicende belliche cambiarono la situazione e la Compagnia, pur avendo sempre bilanci in attivo, dovette apportare profondi mutamenti, tra il 1919 e il 1921, alle strategie sociali e al vertice della società, comprese le dimissioni di Pollone nel 1920.
La sua ascesa sociale a Torino lo portò ad assumere già dagli anni Novanta un ruolo attivo nei riguardi della sua città. Nel marzo 1896 fu eletto consigliere comunale (56° con 7946 voti) per la lista liberale di Felice Rignon, che fu rieletto sindaco. Il 6 ottobre dell’anno seguente dovette però dimettersi a causa dei suoi numerosi impegni. La sua esperienza politica terminò qui, ma rimase sempre filogiolittiano.
Grazie al credito acquisito nell’ambiente finanziario poté compiere fortunati investimenti immobiliari, rafforzando il patrimonio familiare con l’acquisto di numerosi stabili nel centro di Torino (in via Galileo Ferraris, dove possedeva tre palazzi, e nelle vie Siccardi, Cernaia e Giannone). Tra le attività di carattere sociale e culturale, la principale fu sicuramente quella presso il nuovo ospedale Maria Vittoria (all’epoca molto all’avanguardia in ostetricia e pediatria), a cui si dedicherà per tutta la vita prima come tesoriere, poi come consigliere e dal 1906 come vicepresidente. Nel primo ventennio del Novecento, fu consigliere dell’Istituto medico torinese per gli infortuni sul lavoro e della Scuola speciale di commercio G.G. Garnier; finanziò il nascente settore cinematografico e teatrale come azionista della Ambrosio film e del Teatro Vittorio Emanuele II. Acquistò altresì numerosi quadri di giovani promettenti artisti e fu in prima fila nelle opere assistenziali, soprattutto durante la prima guerra mondiale.
Nel 1918 Pollone venne coinvolto in prima persona nella difesa della Fiat, attaccata dal gruppo Perrone-Ansaldo, mentre la contemporanea scalata al Credito italiano da parte di Agnelli insieme al finanziere Riccardo Gualino, portò alla definitiva esclusione della Comit dall’ambito Fiat, a vantaggio dello stesso Credito. Nonostante questo, per volere del nuovo amministratore delegato della Comit Giuseppe Toeplitz, Pollone rimase nel Consiglio Fiat come unico fiduciario della Banca commerciale.
Particolarmente significativo fu l’intervento al Consiglio Fiat del 4 novembre 1918, quando criticò apertamente la proposta di un nuovo aumento di capitale della società, proponendo addirittura di sciogliere il Consiglio, ma Agnelli riuscì a fermarlo. Nel maggio 1920, più conciliante, fu il promotore di un altro aumento di capitale della Fiat che ebbe l’appoggio oltre che del Credito italiano, della Comit e della Cassa di risparmio di Torino. Quest’ultima vicenda si intrecciava con le agitazioni sindacali, particolarmente accese nel 1920, prima nel mese di aprile con lo ‘sciopero delle lancette’ e poi nel settembre con l’occupazione delle fabbriche dove Pollone, da antico giolittiano, cercò di assumere una posizione mediatrice, contro l’intransigenza di Agnelli. Nel 1920 fu coinvolto da Toeplitz anche nell’intricata vicenda dello Stabilimento di Dalmine e della Franchi Gregorini che vide fronteggiarsi Fiat e Comit, e poi risolta nella costituzione della società Dalmine.
Intanto, tra il 1918 e il 1920, il Banco Marsaglia era stato invischiato pesantemente nella strategia difensiva della Commerciale – contro i tentativi di scalate del gruppo Perrone-Banca italiana di sconto – soprattutto nella persona di Carlo Parea, nipote di Luigi Marsaglia, e consigliere della Comit dal 1919; ma, diversamente da Parea – che presiedette nel 1920, per conto Comit, il Consorzio mobiliare finanziario detentore delle azioni Comit rastrellate dai Perrone – Pollone si tenne fuori.
Del resto egli, ormai ultrasettantenne, aveva cominciato sin dal 1920 a diradare le sue attività, abbandonando le cariche accumulate nei decenni precedenti.
In quello stesso anno cedette la sua quota de La Stampa ad Agnelli, e alla fine degli anni Venti, diradò ulteriormente i suoi impegni, recandosi saltuariamente alle sedute del Consiglio della Fiat e specie della Comit. Nel marzo 1933 si dimise anche dalla Banca commerciale per motivi di salute non potendosi più muovere da Torino: decisione coincisa con la drastica riduzione dei consiglieri, ratificata il 25 marzo 1933. Fu questo il momento finale del trapasso da banca mista a banca di credito ordinario della Comit, diretta da Raffaele Mattioli. Negli ultimi anni di vita, oltre alla Fiat e alle Fecolerie riunite di cui era ancora consigliere, Pollone fu ancora vicepresidente della CIR, delle Strade ferrate secondarie della Sardegna e dell’Ospedale Maria Vittoria.
Morì a Torino il 20 febbraio 1936, senza essersi mai sposato e senza lasciare eredi, ma con un ampio cordoglio del mondo della finanza e dell’industria torinese.
Fonti e Bibl.: Torino, Archivio del Comune, Schede anagrafiche, ad nomen; Archivio di Stato di Torino, Atti di società, 1887, f. 223, 306, 369; Roma, Archivio storico della Banca d’Italia, Segretariato, bb. 317, 530-531; Torino, Archivio della sede della Banca d’Italia, Verbali del Consiglio di reggenza, anni 1892-97; Milano, Archivio storico di Intesa Sanpaolo, Patrimonio Banca commerciale italiana, Verbali del Consiglio di amministrazione, voll. 1, 14, 16, Copialettere della Presidenza, Segreteria generale, cartt. 16, 33, Carte personali di Otto Joel, cartt. 3-5, 14; ibid., Copialettere della Direzione centrale, voll. 8, 13; ibid., Copialettere di Giuseppe Toeplitz, voll. 9, 12, 38; Torino, Archivio storico Fiat, Verbali del Consiglio di amministrazione, 1908-1936, riprodotti fino al 1930 in 4 voll., Milano 1987 e 1991, ad nomen (in particolare le schede nel vol. II, 1899-1915, pp. 466 s., e nel vol. I, 1915-1930, pp. 131, 133); Archivio Storico de La Stampa, consultabile all’indirizzo www.lastampa.it/archivio-storico/.
Sulle attività torinesi, specialmente in ambito bancario, si vedano: G. Paravia, Guida commerciale e amministrativa di Torino, Torino, volumi annuali dal 1890 al 1920; Banca d’Italia, Elenco generale dei funzionari in carica, Roma 1894 e 1897; A. Foglino, Amministratori comunali a Torino, in Atti e rassegna tecnica della Società degli ingegneri e degli architetti in Torino, Torino 1979, p. 128; I. Balbo, Banche e banchieri a Torino: identità e strategie (1883-1896), in Imprese e storia, 2000, n. 21, pp. 61-102; Id., Torino oltre la crisi. Una «business community» tra Otto e Novecento, Bologna 2007, ad ind.; Id., Marsaglia, in Dizionario biografico degli Italiani, LXX, Roma 2008, ad vocem; Id., Parea, Carlo, ibid., LXXXI, Roma 2014, ad vocem. Sulle altre attività cfr. G. Berruti, L’ospedale Maria Vittoria nel suo primo ventennio d’esercizio (1887-1906), Torino 1907, pp. 126, 133, 143; V. Castronovo, Agnelli. La biografia del fondatore della FIAT, Torino 1973, ad ind.; A. Confalonieri, Banca e industria in Italia, I-VII, Milano 1974-1997, ad indices; F. Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Torino 1975, p. 87; V. Castronovo, Il Piemonte, in Storia d’Italia. Le Regioni dall’Unità ad oggi, Torino 1977, pp. 178, 189, 281; L. Figliolia, Centocinquant’anni della Cassa di Risparmio di Torino, 1827-1977, Torino 1981, p. 85; N. De Ianni, Gli affari di Agnelli e Gualino 1917-1927, Napoli 1998, pp. 49, 56, 58; V. Castronovo, Fiat 1899-1999. Un secolo di storia italiana, Milano 1999, ad ind.; G.C. Jocteau, La Toro Assicurazioni. Dal Regno di Sardegna alle soglie del Duemila, Torino 2000, pp. 63, 70, 75. Sui rapporti con la stampa cfr. V. Castronovo, La Stampa di Torino, Modena 1962, p. 99; Id., La stampa italiana nell’età liberale, Roma-Bari 1979, p. 340; Id., La ‘Stampa’ 1867-1925. Un’idea di democrazia liberale, Milano 1987, p. 227.