MORETTI LARESE, Eugenio
MORETTI LARESE, Eugenio. – Nacque a Venezia nel 1823, secondo quanto risulta da un censimento demografico del 1857 (Lugato, 2003, p. 771). Il nome dei genitori è ignoto. Ebbe un fratello, Lorenzo, anch’egli pittore e decoratore, ma soprattutto noto come scultore (Nani Mocenigo, 1901, p. 247).
Frequentò i corsi di pittura, figura e paesaggio all’Accademia di belle arti di Venezia fra il 1839 e il 1850. Fu allievo di Ludovico Lipparini, Michelangelo Grigoletti e Francesco Bagnara. Le cronache lo descrivono come un giovane dedito alle risse, al bere e alla musica. Sembra che vivesse con altri artisti italiani e francesi in un palazzo diroccato a Venezia, dove era solito ricevere i suoi committenti dell’alta società (Lugato, 2010, p. 123).
Nel 1842 la sua presenza è attestata a Treviso, dove lavorò come incisore (Lanaro, 1991, p. 929). Nel 1844, nell’ambito dei concorsi di seconda classe dell’Accademia di belle arti di Venezia, ricevette una menzione d’onore «per l’azione aggruppata » e un premio «per l’azione semplice » (Atti... , 1844). Nel 1846 partecipò alla mostra annuale dell’Accademia presentando l’opera Susanna e i vecchioni (Pavanello - Stringa, 2000, p. 37 n. 22). È un tema iconografico spesso affrontato dalla pittura veneta, da Paolo Veronese e da Gambattista Tiepolo in particolare; artisti ai quali nel corso della carriera si ispirò più volte. Il quadro venne lodato per l’uso dei colori, ma fu oggetto di critiche per i panneggi «pomposi» della donna e per aver calcato l’aspetto orrido delle due figure maschili (Murani, 1846). Nel 1847, all’Accademia di belle arti di Venezia, espose l’opera intitolata La Pace; l’anno seguente la sua presenza è di nuovo attestata a Treviso dove iniziò a frequentare pittori locali e amatori di pittura (Lanaro, 1991, p. 929). Tornati gli Austriaci si trovò senza lavoro; riuscì quindi a rientrare a Venezia, dove si sposò e continuò a coltivare il linguaggio pittorico appreso all’Accademia (ibid.). Nel 1850 all’Accademia di Venezia espose Donna questuante, Il coscritto liberato incontra la famiglia ed Episodio degli ebrei nel deserto (Lugato, 2010, p. 124). Nel 1854 dipinse il sipario del teatro La Fenice rappresentando Il doge Michiel che disperde l’armata dei saraceni e conquista la città di Tiro nel 1123-1124, sostituito nel 1878 per il precario stato di conservazione (Brusatin - Pavanello, pp. 42, 219, 229). Nello stesso anno eseguì sei riquadri con figure allegoriche nel soffitto di una sala delle I.R. Gallerie di Venezia (Catalogo) e partecipò alle Promotrici di Torino e Genova, come risulta dai cataloghi dell’epoca. Nel 1855 affrescò la VII sala della Galleria d’arte moderna di Venezia in uno stile che guardava a Tiepolo (Lanaro, 1991, p. 929) e, nello stesso anno, venne incaricato di eseguire gli affreschi del soffitto del palazzo Bragadin ai Ss. Giovanni e Paolo a Venezia, per i quali fu celebrato dalla critica contemporanea come un novello Veronese (ibid.). Sempre nel 1855 in villa Condulmer, Grassi-Tornielli a Zerman di Mogliano Veneto, su incarico di Giambattista Tornielli, decorò il salone d’ingresso con scene di vita agreste (Festa nel parco, Concerto sul carro, Cavalcata nel parco, Bagnanti presso una fonte) inserendo nel paesaggio personaggi in costumi rinascimentali, con colori ben armonizzati, preziosi e vivaci. Sono opere, secondo la critica attuale, realizzate con eccellenti doti disegnative e con tinte di una luminosità neo-veroneseiana (Manzato, 2002, p. 184; ripr. ibid., p. 186). Risale agli anni Cinquanta anche il suo intervento nella villa Barbaro a Maser, dove realizzò, su incarico dell’imprenditore Sante Giacomelli, alcuni affreschi raffiguranti la famiglia del committente, rimossi nel 1940 per recuperare le più importanti pitture murali cinquecentesche sottostanti che erano state coperte dal suo intervento (Manzato, 2002, pp. 190-192; Lugato, 2003, p. 771).
Alla metà degli anni Cinquanta dipinse il Ritratto di Michelangelo Grigoletti (Pordenone, Museo civico d’arte).
Seguendo da vicino gli insegnamenti del suo maestro d’Accademia, Moretti Larese gli rese omaggio mediante una pittura improntata a un marcato realismo psicologico. Il volto, fortemente illuminato, è dipinto con veridicità fotografica nei particolari, tramite l’uso di un sapiente chiaro-scuro, con vivaci tocchi di pennello solo in alcune singole ciocche di capelli. L’immagine si staglia su uno sfondo molto cupo, realizzato a pennellate larghe, al pari dell’abito.
La ritrattistica è il genere in cui emergono, con maggiore evidenza, le abilità dell’artista. Se nella decorazione delle residenze, al pittore convenne adottare un linguaggio ispirato al colorismo dei Veneti del Cinquecento (Veronese e Tiziano, in particolare), nei soggetti di genere invece dominano le influenze dell’arte francese (David, Ingres, Gros, Gérôme).
Nel 1856 partecipò alla mostra dell’Accademia di belle arti di Venezia con varie opere. L’anno seguente, con Eliseo Sala, affrescò casa Rigaglia a Venezia (Lugato, 2003, p. 771). Nel 1858 dipinse i Funerali di Tiziano (Vicenza, coll. priv.; ripr. in Pavanello, 2002, p. 44) e, in una pubblica esposizione a Venezia, presentò un quadro raffigurante una Donna nuda dormiente, non apprezzato dalla stampa dell’epoca per una certa fretta d’esecuzione, che avrebbe tolto realismo alla figura, e per la posizione «indecente» in cui l’artista l’avrebbe dipinta, mostrando al pubblico le parti intime e perfino la pianta del piede (Belle arti. Pubblica esposizione, 1858). Nel 1859 affrescò una stanza del palazzo Lugo Vinanti a Bassano del Grappa, raffigurando il Cocchio di Venere sul soffitto, alcune Divinità nei quattro riquadri sulla fascia perimetrale e Putti con simboli delle stagioni negli ovali a finto mosaico ai quattro angoli (Pranovi - Rigon, p. 274). Nello stesso anno, con Sala, affrescò i soffitti del caffè Quadri in piazza S. Marco a Venezia (perduti) e lavorò anche nelle chiese veneziane di S. Giacomo di Rialto e S. Giovanni Crisostomo (Lugato, 2010, p. 124).
Nel 1860, insieme ad altri artisti, affrescò vari ambienti di palazzo Giovannelli a Venezia, sotto la direzione dell’architetto Giambattista Meduna (Pavanello, 2003, pp. 467 s.); nei medaglioni di una sala verso il giardino affrescò il tema dell’Aurora, opera di impianto essenzialmente neoclassico, derivato dalla scuola francese, con suggestivi effetti di luce nei panneggi (ripr. in Pavanello, 2003, p. 474). Nello stesso anno espose all’Accademia di Venezia: Guerriero; Alessandro Vittoria e Tiziano; Michelangelo rifiuta in faccia ad Alessandro de’ Medici di fortificare Firenze. L’anno seguente, presso la stessa sede presentò: Venere e Amore; Gli ultimi momenti di Lorenzino de’ Medici; Testa di vecchio e Bagnanti. Nel 1862, quando venne nominato socio d’arte dall’Accademia, vi espose ancora varie opere (Lugato, 2010, p. 124). Fra il 1862 e il 1863 decorò la facciata esterna di villa Buzzati a Visome (Belluno) rappresentando il Trionfo di Bacco, Diana, Venere e Cerere (Lucco; ripr. in Ievolella, 2002); committenza avuta grazie al suo maestro Grigoletti (Zerbi, 2010).
Nel 1863 si trovava a Torino per affrescare nel Museo civico la lunetta sulla sinistra dello scalone d’ingresso con La morte di Dante, soggetto che aveva già eseguito su tela (1852-53; Treviso, Musei civici; ripr. in Pavanello - Stringa, 2000, p. 57) per l’imprenditore Giacomelli (Manzato, 2002, pp. 190 s., 209 n. 77). In questa città fu ospite di Antonio Pavan, al quale fece un Ritratto (1864; Treviso, Musei civici; ripr. in Manzato, 2000, p. 131). Nel 1864 espose all’Accademia di Venezia Il Tasso a S. Anna, lavoro che gli procurò un buon successo (Lugato, 2003, p. 771). Nel 1865 partecipò all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Venezia (Nani Mocenigo, 1901, p. 184). Fra il 1867 e il 1868 affrescò la cappella dedicata al musicista Gaetano Mares a ca’ Erizzo a Bassano (Pranovi - Rigon, 2002, pp. 300, 306 n. 71). Dal 1871 al 1873 partecipò alle esposizioni della Società Promotrice di belle arti di Venezia.
Fra le molte opere conservate in collezioni pubbliche, private e nelle chiese (Lugato, 2003, p. 771), si ricordano: nei Musei civici di Treviso i dipinti Un beduino (1854 circa; ripr. in Manzato, 2002, p. 191) e Paggio (1856; ripr. in Pavanello - Stringa, p. 62); a Trieste, presso il Museo Revoltella: il dipinto Tiziano e Irene da Spilimbergo (1856); presso la Galleria internazionale d’arte moderna Ca’ Pesaro di Venezia: il dipinto Il padre di Antonio Betto e il disegno Ritratto di Antonio Betto; nella chiesa di S. Ignazio a Gorizia: affreschi con scene della Vita di s. Ignazio. Nella parrocchiale di Sarone di Caneva (Pordenone) è conservata la pala con S. Antonio in estasi (1869; Dell’Agnese, 1997) e in quella di Vodice (Croazia) un’opera raffigurante Cristo, S. Stanislao Kostka e un santo martire, insieme a un’altra rappresentante la Sacra Famiglia con s. Giovannino, lavoro, quest’ultimo, che coniuga un linguaggio settecentesco con un certo realismo accademico ottocentesco.
Fu membro della Commissione consultiva di belle arti di Venezia (sezione pittura) del ministero dell’Istruzione pubblica (Annuario..., 1869), ma negli ultimi anni di vita, a causa di una malattia polmonare contratta alla fine degli anni Quaranta, fu costretto a rallentare sempre più i ritmi di lavoro (Lugato, 2010, p. 124).
Morì a Venezia nel 1874.
Fonti e Bibl.: Atti dell’Imp. Regia Accademia di belle arti in Venezia per la distribuzione dei premi… il giorno 6 agosto 1844, Venezia 1844, p. 50; P. Murani, Pubblica mostra nell’I. R. Accademia veneta di belle arti, in Giornale euganeo di scienze, lettere e arti, III (1846), agosto, p. 175; Belle arti. Pubblica esposizione II, in L’età presente. Giornale politico letterario, 28 agosto 1858, p. 142; Annuario della Istruzione pubblica del Regno d’Italia del 1868- 69, Torino 1869, p. 418; Catalogo delle RR. Gallerie di Venezia, Venezia 1887, p. 207; F. Nani Mocenigo, Della letteratura veneziana del secolo XIX, Venezia 1901, pp. 184, 220, 247; M. Brusatin - G. Pavanello, Il teatro La Fenice, Venezia 1987, ad ind.; K. Prijatelj, Dvije pale Eugenia M. Laresea u Vodicama (Due pale di E. M. L. a Vodice), in Peristil, XXX (1987), pp. 139-142; M. Lucco, Il Bellunese, in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, Milano 1991, I, p. 203; E. Manzato, Treviso, ibid., pp. 211 s.; A. Lanaro, E. M. L., ibid., II, pp. 929 s; F. Dell’Agnese, La pittura a Caneva dal Rinascimento al XIX secolo, in Caneva, Società filologica friulana, a cura di G.P. Gri, Pasian di Pato 1997, p. 435; G. Pavanello - N. Stringa, Artisti dell’Ottocento nel Museo di Treviso, in Una pinacoteca per l’Ottocento (catal.), a cura di E. Manzato - G.C.F. Villa, Treviso 2000, pp. 21, 27, 31 s., 37; E. Manzato, Acquisti del Comune, ibid., pp. 101, 127; L. Ievolella, Pompeo Marino Molmenti, dall’Accademia al realismo, in Scritti in ricordo di Francis Haskell. Giornata di studio… 2000, Venezia 2002, p. 256; G. Pavanello, Venezia: dall’età neoclassica alla ‘scuola del vero’, in La pittura nel Veneto. L’Ottocento, a cura di G. Pavanello, I, Milano 2002, pp. 42, 44; E. Manzato, Treviso, ibid., pp. 184, 188, 190-192, 196, 209 n. 77; M. De Grassi, Belluno, ibid., p. 259; A. Pranovi - F. Rigon, Vicenza, ibid., pp. 274, 300, 306 n. 71; A. Tomezzoli, Verona, ibid., p. 374 n. 171; G. Pavanello, La decorazione degli interni, ibid., II, 2003, pp. 460, 464, 467 s., 474, 492, 494 s.; I. Zannier, Fotografia e pittura nel Veneto dell’Ottocento, ibid., p. 566; F. Lugato, Cadorin Ludovico, ibid., p. 668; Id., M. L. E., ibid., pp. 771 s.; M. Zerbi, E. M. L., in Ottocento veneziano (catal., Stra), a cura di M. Zerbi, Torino 2010, p. 49; F. Lugato, E.M. L., ibid., pp. 123 s. (con bibl.).