ZOLLI, Eugenio Maria
ZOLLI, Eugenio Maria (Israel Anton Zoller). – Nacque il 17 settembre 1881 a Brody, nella Galizia austroungarica (oggi in Ucraina), ultimo dei cinque figli di Bernhard Zoller e di Dora Jahr, entrambi ebrei osservanti (la madre discendeva da un’antica dinastia di rabbini).
Nel 1887 gli Zoller si spostarono in un’altra città della Galizia, Stanislav (oggi Ivano-Frankovsk, in Ucraina). In quel periodo erano di condizione agiata, poiché Bernhard possedeva una seteria a Łódź, nella parte di Polonia allora appartenente all’Impero russo; ma nel 1889 il governo zarista espropriò in quel territorio tutte le imprese appartenenti a stranieri (e in particolare a ebrei).
Zoller frequentò le scuole religiose e parallelamente quelle pubbliche; nel 1899, a diciotto anni, conseguì la maturità magistrale. Subito dopo si trasferì a Lwów/Leopoli (allora nella Galizia austroungarica e oggi in Polonia) per frequentare un corso triennale finalizzato al conseguimento del titolo rabbinico inferiore (il maskil), che gli avrebbe consentito sia di contribuire al bilancio familiare sia di rispettare le volontà della madre. Dal 1902 al 1904 insegnò infatti materie religiose a Leopoli; nel frattempo studiò privatamente per conseguire la maturità classica, titolo necessario per ottenere in seguito la laurea in filosofia, richiesta per accedere al titolo rabbinico superiore, il chakham.
Nel 1903 morì la madre, a cui era molto legato.
Conseguita la maturità classica, all’inizio del 1904 Zoller si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’Università di Vienna, ma – dato il clima antisemita imperante in quell’ateneo – vi rimase solo sei mesi, e decise poi di trasferirsi a Firenze, dove si trovava uno dei più rinomati collegi rabbinici d’Europa. Arrivò in Italia nel 1905 o nel 1906. Nel gennaio 1907 si iscrisse sia alla locale Università (allora Istituto di studi superiori) sia al Collegio rabbinico. In entrambe le scuole Zoller ebbe come insegnante il rabbino Hirsch Perez Chajes (1876-1927), che era nato nella sua stessa città.
Questi, con i suoi studi di critica biblica – che spaziavano dal Primo al Secondo Testamento – dovette avere una certa influenza su Zoller; nel 1899 aveva pubblicato i Markus-Studien (studi sul Vangelo di Marco), in cui sosteneva che una prima redazione dei Vangeli era stata scritta in ebraico e in aramaico.
Zoller si laureò nel luglio 1909, discutendo una tesi in psicologia sperimentale. Nel dicembre 1910 sposò a Leopoli Adele Litvak (nata nel 1888; Adelą Litwak nella grafia polacca); da lei avrebbe avuto la prima figlia, Dora, nata nel settembre 1914.
Nell’agosto 1911 venne nominato vicerabbino di Trieste (città allora appartenente all’Impero austroungarico), in un momento in cui la carica di rabbino capo era vacante; l’anno successivo questa venne assegnata a Chajes.
Con lui Zoller non ebbe rapporti facili, anche a causa delle passioni nazionali che dividevano gli ebrei della città: Chajes, punto di riferimento di quelli filoaustriaci, era benvoluto dalle autorità imperiali, che invece tenevano sotto osservazione Zoller, considerato filoitaliano.
Nel febbraio 1913 Zoller ottenne il titolo di chakham.
Gli anni della Grande guerra furono difficili per Zoller, sia per le sue idealità irredentiste sia per motivi familiari: nel 1915 morì infatti a Leopoli il padre e nel 1917 a Trieste la moglie.
Nel luglio 1918 Chajes divenne rabbino capo di Vienna. Nel febbraio 1920 Zoller venne nominato rabbino capo di Trieste, che nel frattempo era passata all’Italia. Nell’agosto dello stesso anno sposò Emma Maionica, da cui ebbe la seconda figlia, Myriam (o Miriam) Margherita, nata nel luglio 1921. Nel gennaio 1922 ebbe la cittadinanza italiana.
Dall’inizio degli anni Venti, Zoller fu impegnato in lavori saggistici su vari argomenti: la storia delle religioni – per studiare le antiche iscrizioni votive ebraiche, tra l’ottobre e il dicembre 1925 compì un viaggio in Egitto e Palestina, con il sostegno economico del governo – la filologia semitica, il folklore – collaborò con i più importanti etnografi e folkloristi italiani (in particolare Raffaele Pettazzoni, Paolo Toschi e Raffaele Corso) e partecipò ai due primi congressi nazionali per lo studio delle tradizioni popolari (a Firenze nel maggio del 1929 e a Udine nel settembre del 1931) – la storia degli ebrei italiani.
Nel luglio del 1926 Zoller fece richiesta per avere la libera docenza in lingua e letteratura ebraica. La commissione – composta da Ignazio Guidi, Giorgio Levi Della Vida e Giuseppe Furlani – diede parere favorevole, e nel febbraio del 1927 arrivò l’abilitazione alla libera docenza, con validità quinquennale. Dall’anno accademico 1927-1928 Zoller tenne corsi liberi relativi alla sua materia d’insegnamento presso l’Università di Padova (che nel giugno del 1932 diede parere favorevole per la conferma, ratificata dal ministero nel gennaio del 1934). Nel gennaio del 1932, come docente universitario, giurò fedeltà al re e al regime fascista.
In quel periodo strinse rapporti con importanti studiosi ebrei (come Umberto Cassuto e Levi Della Vida) e cattolici (come Furlani, Ernesto Buonaiuti e Augustin Bea, dal 1930 rettore del Pontificio istituto biblico), e collaborò alla redazione delle voci ebraiche dell’Enciclopedia Italiana; era associato alla Società romana di antropologia, alla Palestine historical and ethnographical society di Gerusalemme, alla Hermann Barth Gesellschaft für Geistige Völkerverständigung und Völkergeistforschungen di Berlino e Vienna. Nella seconda metà degli anni Trenta pubblicò due ampie raccolte di saggi, Israele: studi storico-religiosi (1935) e Il Nazareno: studi di esegesi neotestamentaria alla luce dell’aramaico e del pensiero rabbinico (1938).
I suoi studi di semitistica, improntati a uno spirito critico e scientifico, erano guardati con sospetto nel mondo ebraico italiano, da cui era accusato di eterodossia, soprattutto a causa delle suggestioni antropologiche e psicanalitiche attraverso cui analizzava le tradizioni religiose ebraiche. Veniva inoltre accusato di essere troppo vicino al cristianesimo per i suoi studi sul Secondo Testamento.
Il 3 luglio 1933 italianizzava nome e cognome in Israele Zolli e il 31 luglio, per poter continuare a insegnare all’Università, s’iscriveva al Partito nazionale fascista (PNF).
Nel gennaio di quell’anno il nazismo aveva preso il potere in Germania ed era cominciata la persecuzione degli ebrei tedeschi. Alcuni di questi fuggirono dal Paese, talvolta passando per il porto di Trieste. Zolli entrò in contatto con loro, rafforzando le proprie convinzioni sionistiche. L’incontro con i profughi e i suoi legami con il mondo tedesco (due suoi fratelli vivevano in Germania) lo resero sensibile all’ascesa dell’antisemitismo in Europa, che condannò pubblicamente il 10 aprile 1933 nella sinagoga di Trieste (Rigano, 2006, pp. 95 s.), ricevendo minacce anonime riconducibili ad ambienti filonazisti.
Nel settembre-ottobre del 1938 il regime fascista varò la legislazione antisemita. In conseguenza di ciò, il 18 marzo 1939 Zolli perse l’abilitazione alla libera docenza e la sua attività accademica ebbe termine. Il suo nome era finito nell’elenco degli autori sgraditi al regime e come ebreo non poteva più pubblicare. Il 25 maggio 1939 gli fu revocata la cittadinanza italiana e di conseguenza egli divenne apolide. Il 29 ottobre 1941 fu revocata l’italianizzazione del suo nome.
La revoca della cittadinanza mise una seria ipoteca sulle trattative (iniziate nel marzo del 1939) per il suo trasferimento a Roma, dove – per le sue qualità di mediatore tra le diverse anime dell’ebraismo italiano – era stato chiamato a ricoprire la carica di rabbino capo, su iniziativa del presidente della comunità, Aldo Ascoli, legato alla corrente antisionista e fascista sorta sin dal 1934 nel mondo ebraico italiano. Il 28 settembre 1939 Zolli fu nominato rabbino capo della capitale, ma il ministero dell’Interno non diede il suo placet, essendo egli ormai apolide. I problemi con la comunità invece cominciarono quando la corrente sionista, il 22 febbraio 1940, fece cadere il Consiglio della comunità per mancanza del numero legale e dalle elezioni, svoltesi il 30 dicembre, uscì vincitrice una lista frutto dell’alleanza tra i sionisti e la borghesia ebraica assimilata riavvicinatasi alla comunità. Le divisioni si radicalizzarono, e Zolli, benché non avverso al sionismo, venne considerato come un’eredità della vecchia amministrazione; inoltre la sua cultura accademica lo rendeva poco compatibile con la religiosità popolare degli ebrei romani.
Il punto più alto dello scontro venne raggiunto nei giorni immediatamente successivi all’occupazione tedesca della città (8 settembre 1943). Il rabbino capo sostenne che bisognava nascondersi, utilizzando la cassa della comunità per dare un sussidio ai più poveri, distruggendo gli elenchi degli iscritti e chiudendo i luoghi di culto. Il presidente della comunità, Ugo Foà, e il presidente dell’Unione delle comunità israelitiche italiane, Dante Almansi, sostennero invece che non bisognava prendere iniziative che potessero suscitare il panico tra gli ebrei, nella presunzione che gli alleati sarebbero arrivati presto.
Zolli, sentendosi particolarmente esposto, dato il ruolo che ricopriva e la perdita della cittadinanza, decise di lasciare il suo appartamento con la famiglia, trovando inizialmente ospitalità in casa della famiglia Anav. Il 17 settembre, al termine del servizio liturgico, prese congedo dai fedeli. Tra il 22 e il 25 lasciò l’appartamento degli Anav per essere ospitato presso la famiglia Pierantoni, legata alla Resistenza.
Il 26, il colonnello delle SS Herbert Kappler impose la ‘taglia dell’oro’ agli ebrei: entro il 28 avrebbero dovuto consegnarne 50 chili. Zolli si recò in Vaticano per chiedere un aiuto, ma alla fine questo non fu necessario, perché gli ebrei romani raccolsero l’oro richiesto. Il 29 i nazisti invasero gli uffici della comunità, asportando documenti e la lista dei contribuenti che era servita per organizzare la raccolta dell’oro. Pochi giorni dopo vennero asportate anche le inestimabili biblioteche della comunità e del Collegio rabbinico. Il 2 ottobre i nazisti irruppero nell’appartamento del rabbino capo, trovandolo vuoto: fu la prima violazione di una proprietà privata ebraica a Roma operata dai tedeschi.
Il 16 ottobre, dall’alba alle 14.00, si scatenò la caccia agli ebrei romani: il 18 ottobre, dalla stazione Tiburtina, partì il convoglio di carri merci che trasportò milleventiquattro ebrei romani ad Auschwitz.
Il 18 febbraio 1944 Zolli lasciò la casa della famiglia Pierantoni e si nascose in casa di amici della figlia Dora, i Falconieri, dove rimase fino alla liberazione della città.
Sempre in febbraio Zolli fece giungere a Foà la richiesta di avere almeno parte degli stipendi dei mesi passati, ma, riunito in clandestinità quel che restava della Giunta della comunità, il 2 aprile Foà dispose l’allontanamento del rabbino dal suo ufficio per aver abbandonato il suo posto.
Il 4 giugno 1944 Roma venne liberata dagli alleati e al rabbino capo venne notificata la delibera del 2 aprile. Il 7 luglio, però, il Governo militare alleato (Allied military government, AMG), considerando le istituzioni ebraiche compromesse con il regime fascista, sciolse il Consiglio della comunità e nominò come commissario straordinario Silvio Ottolenghi, che pure in passato aveva sostenuto gli ebrei antisionisti e fascisti. Sembra che Zolli non fosse estraneo a quella scelta; in ogni caso, gli alleati in quel momento si ispiravano in generale a una linea politica antisionista, per contrastare l’emigrazione ebraica in Palestina.
Nella Roma liberata del 1944 si ricrearono gli stessi schieramenti degli anni Trenta, tra antisionisti e sionisti. Su queste dinamiche si innestarono le polemiche sugli elenchi degli iscritti alla comunità: Foà accusava Zolli di avere abbandonato la comunità prima che vi fossero dei reali rischi e per questo lo voleva allontanare, mentre Zolli accusava Foà di non avergli dato ascolto e di aver lasciato cadere nelle mani dei nazisti gli elenchi degli iscritti, facilitando così la deportazione del 16 ottobre.
Ottolenghi il 23 luglio revocò la delibera del 2 aprile, reinsediando Zolli come rabbino capo. La sua posizione sembrava rafforzarsi sempre più, ma le elezioni comunitarie previste per il 22 ottobre, in cui probabilmente avrebbero prevalso i sionisti, mettevano in forse la sua posizione e la politica degli alleati, ispirata, come detto, a una linea antisionista. Pochi giorni prima della data stabilita, l’AMG rimandò le elezioni, senza dare spiegazioni. Tutto ciò esacerbò sempre più gli animi, mostrando anche a Zolli che la sua posizione era in realtà molto debole, nonostante il sostegno degli alleati e di Ottolenghi. Perciò si giunse a una soluzione di compromesso: Zolli avrebbe rassegnato le dimissioni, ma contestualmente sarebbe stato nominato direttore del Collegio rabbinico.
Zolli aveva nel frattempo ripreso i suoi contatti con il mondo cattolico, in particolare con i gesuiti dell’Istituto biblico e dell’Università gregoriana. Secondo padre Paolo Dezza (rettore della Gregoriana), sin dall’agosto del 1944 Zolli gli avrebbe prospettato la sua intenzione di prendere il battesimo (Eugenio Zolli: da Gran Rabbino a testimone di Cristo, 1881-1956, in La civiltà cattolica, CXXXII (1981), 3136, pp. 340-349).
Nella seconda metà del gennaio del 1945, Zolli riprese la sua attività accademica, con un corso a titolo gratuito di epigrafia e antichità semitiche all’Università degli studi La Sapienza di Roma, grazie all’interessamento di monsignore Ernesto Ruffini.
Nelle sue memorie, Zolli parlò di esperienze mistiche che lo avrebbero indotto al ‘grande passo’ della conversione al cattolicesimo. Il 13 febbraio 1945 egli e la moglie ricevettero il battesimo con i nomi di Eugenio Maria e di Emma Maria. Il papa Pio XII ricevette Zolli in udienza privata il 4 marzo 1945: sembra che in quell’occasione Zolli abbia chiesto al pontefice, ma invano, di eliminare la preghiera Oremus et pro perfidis judaeis dalla liturgia del venerdì santo.
Nel 1945 cominciò a insegnare all’Istituto biblico. Nel 1946 ebbe un incarico retribuito alla Sapienza per il corso di ebraico e lingue semitiche comparate. Oltre all’insegnamento si dedicò a un’intensa attività di conferenziere e pubblicista, facendosi interprete della cultura ebraica nel mondo cattolico.
Nel 1954 scrisse in italiano le sue memorie, che pubblicò nello stesso anno in inglese (con significative differenze rispetto all’originale), con il titolo Before the dawn. Autobiographical reflections (rist. 1996, con il titolo Why I became a catholic); la versione italiana venne pubblicata solo nel 2004, con il titolo Prima dell’alba. Autobiografia autorizzata, a cura di Alberto Latorre.
Zolli si spense a Roma il 2 marzo 1956.
Fonti e Bibl.: Per la bibliografia degli scritti di Zolli si veda G. Rigano, Il caso Z. L’itinerario di un intellettuale in bilico tra fedi, culture e nazioni, Milano 2006, pp. 399-427. Non esiste un suo archivio privato. Documentazione a suo riguardo si trova in molti archivi; si veda in proposito il testo succitato di Rigano.
W.P. Sillampoa, R.G. Weisbord, The Chief rabbi, the Pope and the Holocaust: an era in Vatican-jewish relations, London 1992; Israel-E. Z. Un semitista tra religioni e storia. Atti del Convegno di studi..., Verona... 2008, a cura di P.A. Carozzi, Padova 2009; Il carteggio Z.-Pettazzoni (1925-1952): vicende, collaborazioni, cautele, a cura di A. Latorre, Brescia 2015.