GIOVANARDI, Eugenio
Nacque da Antonio e da Rosa Vecchi a San Faustino, località allora non ancora inglobata nella città di Modena, il 19 giugno 1820. A Modena completò l'istruzione classica presso i gesuiti, quindi nel 1846 si laureò in medicina. Durante gli anni universitari aveva dimostrato particolari attitudini alle ricerche morfologiche, culminate con la produzione di alcune preparazioni per il museo di anatomia, tanto che l'anatomista P. Gaddi, direttore della cattedra di Modena, chiese al governo ducale che gli fosse concessa una sovvenzione per perfezionarsi presso A. Alessandrini, titolare dell'insegnamento di anatomia comparata e direttore del museo anatomico dell'Università di Bologna. Il progetto, tuttavia, fu reso inattuabile dagli avvenimenti del 1848, e, sebbene il governo provvisorio si fosse fatto carico dell'impegno assunto nei suoi confronti dal governo ducale e lo avesse nominato settore di anatomia e sostituto alla omonima cattedra, il G., che nel frattempo aveva anche conseguito la laurea in chirurgia, lasciò l'università e dal 1850, dopo il ritorno degli Estensi, si dedicò alla professione privata.
Il G. intraprese di fatto la carriera universitaria il 7 dic. 1859, quando fu nominato dal governo del dittatore delle Romagne, L.C. Farini, professore straordinario di anatomia patologica, insegnamento di nuova istituzione nell'Università di Modena, del quale divenne ordinario l'anno successivo. Il 29 ott. 1861 assunse anche la direzione del relativo gabinetto, al quale si adoperò subito per assicurare una sede più adeguata e che arricchì poi costantemente con nuovi preparati. Dopo la morte del Gaddi, nel 1876 divenne titolare del corso di anatomia umana normale, pur mantenendo nel contempo l'incarico dell'insegnamento di anatomia patologica. Nel 1875 la facoltà medica gli affidò anche l'incarico dell'insegnamento di medicina legale, disciplina coltivata dal G. fin dal 1860, quando era stato nominato perito medico-legale del tribunale di Modena. Nell'ateneo modenese fu preside della facoltà medica nel triennio 1887-89.
Settore brillante e finissimo, insegnante chiaro e ordinato, investigatore acuto e paziente, come lo definì in occasione della sua morte il rettore G. Cesari (Spigolon, p. 130), il G. lasciò una cospicua produzione scientifica, particolarmente nei settori dell'anatomia normale e della medicina legale.
In campo anatomico fu un attento osservatore delle varietà morfologiche che incontrava, delle quali forniva ogni volta un'accurata descrizione tentandone l'interpretazione morfologica e funzionale alla luce delle conoscenze dell'anatomia comparata e della storia dello sviluppo, considerandone sempre le possibili conseguenze cliniche e medico-legali. Così, a proposito della fossetta occipitale media, che individuò in 13 dei 377 crani posseduti dal museo anatomico e in nessuno di quelli di suicidi e delinquenti della sua raccolta personale, studiò il rapporto di tale variante morfologica con il lobo cerebellare, giungendo alla conclusione che nell'uomo non vi è alcuna relazione tra l'esistenza della fossetta e il grado di sviluppo del cervelletto e che con tutta probabilità la variante in questione è correlata a qualche anomala disposizione dei corrispondenti seni della dura madre (Intorno alla fossetta occipitale media, in Lo Spallanzani, IV [1875], pp. 1-8). Estese le sue osservazioni ad alcuni crani di scimmie, di cani, di gatti, di bovini, di cavalli, di maiali, nei quali individuò un rapporto proporzionale tra evidenza della fossetta e sviluppo del lobo medio del cervelletto, che, rudimentario nell'uomo, diviene progressivamente più voluminoso nelle specie inferiori. Interessanti furono anche le ricerche condotte dal G. sul nervo depressore di Cyon, identificato nel coniglio da E. de Cyon e C.F.W. Ludwig nel 1866 e interpretato come una diramazione del nervo laringeo superiore, che egli ritenne dover essere in realtà il nervo laringeo esterno (Intorno al nervo depressoredi Cyon, ibid., VIII [1879], pp. 96-103). Fra le altre numerose osservazioni di tale tipo compiute dal G. si ricordano qui: un caso di assenza delle vene cefalica mediana e omerale, con presenza di una vena omerale interna soprannumeraria e sottocutanea risultante dalla congiunzione della cubitale con due rami della radiale (Anomalia della vena cefalica, ibid., pp. 70 s.); la mancanza della sutura squamosa (Sulla mancanza della sutura squamosa in un uomo di 21 anni, ibid., pp. 71 s.); gli anomali decorsi della carotide (Su alcune anomalie arteriose della carotide, ibid., IX [1880], pp. 130 s.) e della vena poplitea (Rara anomalia della vena poplitea, ibid., p. 243). Meritano di essere ricordate ancora due interessanti osservazioni anatomiche del G.: l'identificazione del muscolo cremastere come entità autonoma, costituito da un fascio interno e inferiore e uno esterno e superiore, in contrasto con l'opinione allora corrente secondo la quale la formazione rappresentava una continuazione delle fibre o dei fasci inferiori dei muscoli piccolo obliquo e trasverso (L'origine, l'andamento e la terminazione del muscolo cremastere, ibid., pp. 252 s.); e l'affermazione che i nervi cutanei mediani del torace e dell'addome non oltrepassano mai il territorio destro o sinistro di appartenenza e che i loro rami terminali non si anastomizzano tra loro, dedotta dalla constatazione che l'eruzione vescicolare dell'herpes zoster interessante il decorso di tali nervi non oltrepassa in alcun caso la linea mediana anteriore (Sulla terminazione dei nervi cutanei, ibid., p. 149).
Del G. si ricordano pure una breve nota di embriologia riguardante l'evoluzione dell'osso mascellare, nel quale, in accordo con M.P.C. Sappey, riconobbe l'esistenza di 5 punti di ossificazione (Sul processo di evoluzione dell'osso mascellare, ibid., p. 72); e uno studio di interesse teratologico su un caso di anoftalmia doppia congenita con assenza dei nervi ottici, del chiasma e delle bandellette, nonché del corpo genicolato esterno, che ritenne collaterale al mancato sviluppo dei globi oculari e non causato dall'effetto di una atrofia conseguente (Intorno ad uncaso di anoftalmia doppia congenita, in Riv. sperimentale di freniatria e medicina legale, VII [1881], pp. 244-250).
Il G. interpretò l'anatomia patologica, alla quale in realtà non recò contributi di grande rilievo, come complemento essenziale della medicina clinica: per esempio, nello studio della patologia cerebrale, riferì i risultati dei riscontri necroscopici al più vasto quadro della storia clinica dei pazienti (Alcune importanti lesionicerebrali, in Lo Spallanzani, VII [1878], pp. 97-103, 145-154 e in Memorie della R. Accademiadi scienze, lettere e arti di Modena, XVII [1878], pp. 17-35).
Il campo di studi particolarmente privilegiato dal G. fu quello della medicina legale, al quale recò importanti contributi su argomenti allora non compiutamente definiti. Un particolare interesse dedicò alle ricerche sulla docimasia, sia per metterne a punto le più corrette metodiche di esecuzione, sia per dimostrarne l'effettivo valore di prova sufficiente a stabilire l'eventuale sopravvivenza al parto del feto (Intorno ad un nuovo segno per conoscere se un feto abbia respirato, in Riv. sperimentale di freniatria e di medicina legale, III [1877], pp. 738-741; Intorno alla docimasia dell'orecchio, in Lo Spallanzani, VI [1877], pp. 1-66). In seguito ai risultati di una indagine autoptica su un neonato di sesso femminile, sopravvissuto al parto ben 22 ore e nel quale tuttavia ogni prova docimasica aveva dato esito negativo, il G. fu indotto a ricercare altre testimonianze di vita successiva al parto, quale per esempio il reperto di materiale deglutito all'interno dello stomaco (Contribuzione alla dottrina dell'infanticidio, in Memorie della R. Accademia di scienze, lettere e arti di Modena, XIX [1879], pp. 277-304). Invitò i periti a ricercare con il maggior scrupolo possibile gli indizi comprovanti l'eventuale nascita di un feto vivo, osservando con particolare attenzione la posizione del diaframma, lo stato della cavità timpanica, le condizioni dell'arteria polmonare e procedendo all'esame microscopico degli alveoli polmonari (Intorno ad un feto morto, in Riv. sperimentale di freniatria e di medicinalegale, V [1879], pp. 392-400). Tra le numerose perizie medico-legali redatte dal G. meritano di essere ricordate: Una ferita di un ramo del nervo radiale, in LoSpallanzani, V (1876), pp. 296-301; Intorno agli effetti derivati da percossesulla regione addominale, in Riv. sperimentale di freniatria e di medicina legale, IV (1878), pp. 179-188; Intorno ad una frattura del cranio, in Lo Spallanzani, X (1880), pp. 361-371.
Appena un cenno, infine, all'attività clinica del G., testimoniata dalla descrizione di una reazione allergica alla somministrazione di chinino in un giovane affetto da malaria: Un caso di intolleranza al chinino, ibid., pp. 84 s.
Il G. appartenne a numerose società e accademie scientifiche, tra le quali l'Accademia di scienze, lettere e arti di Modena, la Società italiana di antropologia ed etnografia, la Società dei naturalisti di Modena, l'Associazione medica italiana; per 15 anni fu presidente della Società medico chirurgica di Modena. Fu insignito dell'Ordine equestre dei Ss. Maurizio e Lazzaro e nominato cavaliere della Corona d'Italia.
Morì a Modena il 17 febbr. 1896.
Fonti e Bibl.: Modena, Archivio dell'Università, Fascicolo personale; necr. in Annuariodell'Università di Modena, a.a. 1896-97, Modena 1897, pp. 149-151; Atti della Società dei naturalisti di Modena, s. 3, XV (1898), pp. III-X (L. Picaglia); G. Spigolon, Per il centenario della cattedra di anatomia patologica inModena, in Boll. della Società medico chirurgica di Modena, LXI (1961), pp. 130 s.; G. Sperino, E. G., Modena 1899; G.C. Mor - P. Di Pietro, Storia dell'Università di Modena, I, Firenze 1975, p. 256; F. Aulizio, I presidenti della Società medico chirurgica di Modena, in La Società medico chirurgica di Modena: storia della cultura, a cura di E. Cheli, Modena 1988, pp. 129-134.