GIGNOUS, Eugenio
Nacque a Milano il 4 ag. 1850 da Laurent, commerciante di seta originario del Delfinato, e da Maria Taveggia Brizzolara.
Nonostante le sopravvenute difficoltà economiche della famiglia, legate al declino del commercio della seta causato dalle vicende belliche di quegli anni, il G. poté assecondare la sua inclinazione per il disegno iscrivendosi nel 1864 alla scuola di ornato dell'Accademia di Brera. Dall'anno seguente frequentò, inoltre, la scuola di paesaggio, diretta dal vedutista L. Riccardi, dove rimase fino al 1869. Sotto la guida del maestro, che alternava le lezioni nelle aule braidensi alle gite fuori porta, avviando i propri allievi alla pittura en plein-air ed esortandoli a un confronto diretto con il dato naturale, il G. condusse le sue prime ricerche dal vero, accanto ai compagni A. Tominetti e L. Rossi. Durante gli anni di studio a Brera ottenne numerosi riconoscimenti ed espose regolarmente alcuni studi dal vero nel corso della presentazione al pubblico dei saggi scolastici, tra il 1868 e il 1870.
Per la sua formazione fu tuttavia fondamentale la frequentazione degli esponenti della scapigliatura, soprattutto D. Ranzoni e T. Cremona; a quest'ultimo, in particolare, il G. fu legato da profonda amicizia dall'inizio degli anni Settanta, dopo che la sua famiglia si era trasferita in via Appiani, vicino a porta Nuova, dove si trovava anche lo studio di Cremona, che gliene concesse l'uso. Con i più anziani colleghi il G. frequentò, inoltre, la Società degli artisti e patriottica e la Famiglia artistica, luoghi d'incontro prediletti dagli artisti "scapigliati".
Nel 1870 il G. esordì partecipando alle esposizioni annuali delle società Promotrici di Firenze, Genova e Torino, cui prese spesso parte anche in seguito. Nello stesso anno fu all'Esposizione di belle arti di Brera, dove presentò tre dipinti, tra cui Cortile rustico alla Colombera (Milano, Museo di Milano), prova ancora legata alla lezione di Riccardi, ma vivificata da un'attenta ricerca per gli effetti naturali della luce, fortemente contrastata.
Su tale linguaggio - ben rappresentato anche dai successivi Lavandaia della Magolfa (Fondazione Cariplo di Milano) e Pianura lombarda (acquistato nel 1871 dalla regina Margherita, ora presso il Museo del paesaggio di Verbania) - si innestò poi un più sensibile influsso delle ricerche di Cremona, evidente nella serie di ritratti giovanili (tra cui il Ritratto del fratello, in collezione privata) e in opere quali Pastorella e Cascinale (entrambe presso la Galleria d'arte moderna di Milano), dove la pittura del G. si affranca da ogni rigore accademico, per evolvere verso una condotta più libera, tesa a restituire il mutevole variare delle luci e delle ombre attraverso pennellate vibranti e sfrangiate. Lo stretto legame con il maestro della scapigliatura è inoltre testimoniato dalla tela Tranquillo Cremona in atto di dipingere all'aperto il ritratto di Benedetto Junck (Ibid.), databile al 1874, e da alcuni dipinti generalmente riconosciuti come frutto della collaborazione tra i due artisti, quale Idillio in un giardino (Faust e Margherita nel bosco) del 1872-73 (T. Cremona…, 1938, tav. LXXXVIII).
Negli stessi anni la partecipazione alle esposizioni delle Promotrici consentì inoltre al G. di venire a contatto con le novità delle scuole paesaggistiche regionali. Egli approfondì questi rapporti anche attraverso la frequentazione di E. Rayper e del gruppo di artisti liguri e piemontesi che erano soliti riunirsi a Rivara, nel Canavese, delle cui ricerche risentono sensibilmente opere, quali In cerca di legna (1871) e Il cacciatore (1872), entrambe in collezione privata (ripr. in Nicholls, 1986, pp. 49, tav. 3; 51, tav. 4), dove l'attenzione per gli effetti di chiaroscuro è accentuata da zone di intensa luminosità tra i verdebruni del sottobosco.
Su tali, differenti influssi, il G. elaborò uno stile compiutamente personale, che si affermò con opere quali Primavera (Milano, Galleria d'arte moderna), presentata all'Esposizione annuale di Brera del 1875, e I fiori del chiostro (Ibid., Pinacoteca di Brera); quest'ultimo dipinto, esposto a Brera nel 1877 insieme con Stalla rustica (acquistato da E. Pagliano, ora anch'esso presso la stessa Galleria), fu scelto tra le opere da destinare alle raccolte dell'Accademia di Brera e segnò la definitiva affermazione del G. sulla scena artistica lombarda.
Ancora legate a modi cremoniani, ma declinate secondo un prevalente interesse per lo studio della natura indagata nella sua verità, tali opere attestano infatti l'affiorare di quella peculiare sensibilità per il dato luminoso, tradotto in raffinate variazioni tonali, prevalentemente sulla gamma dei verdi e delle terre, che costituirà una delle cifre più caratteristiche dell'arte del Gignous. Alla messa a punto di un linguaggio naturalista pienamente maturo contribuì anche l'esempio di F. Carcano, allora riconosciuto caposcuola del naturalismo lombardo, che il pittore frequentò assiduamente dalla fine degli anni Settanta.
Dopo un viaggio a Roma nel 1878 - di cui rimane testimonianza in una serie di acquerelli (tra cui La ciociara: Colombo, 1985, ripr. p. 47) - il G. si recò nel 1879 sul lago Maggiore in compagnia di Carcano: risalgono a tale data i primi dipinti che ritraggono i luoghi del Verbano (Panorama: vicinanze del lago Maggiore, esposto a Brera nello stesso anno: ubicazione ignota), destinato a divenire il soggetto più amato e frequente nella sua pittura. In compagnia dei due pittori si trovava anche il dottor A. Ferri, appassionato d'arte e amico di numerosi artisti (Francini, 1928, p. 98), padre di Matilde, che il G. sposò il 19 marzo 1881.
In questi anni, il G. condivise le ricerche naturalistiche sul lago Maggiore con molti paesaggisti lombardi, come testimonia l'elevato numero di opere di soggetto verbanese proposte da autori quali U. Dell'Orto, F. Carcano, M. Bianchi, L. Bazzaro, G. Boggiani all'Esposizione nazionale di Milano del 1881, dove egli presentò Dintorni del lago Maggiore: paese e Laveno (ubicazione ignota). Risalgono allo stesso periodo anche i primi soggiorni sulla Riviera ligure, a Varigotti, dove il G. eseguì alcune marine, e a Venezia; nelle vedute della città lagunare, alcune delle quali vennero presentate all'Esposizione di Brera del 1882, l'attenta indagine del variare dei riflessi della luce sull'acqua è affidata all'uso di toni chiari e argentati, influenzato dagli esiti della coeva pittura di artisti veneti quali G. Ciardi.
Sulla base di tale ricchezza di esperienze e della raggiunta padronanza di un linguaggio naturalista solidamente costruito, seppur volto a una trascrizione profondamente "lirica" del vero, negli anni Ottanta il G. si affermò, accanto a Carcano, come uno dei maggiori esponenti del naturalismo lombardo, ruolo riconosciutogli dalla critica e confermato dal successo delle opere che l'artista espose regolarmente alle principali rassegne nazionali, quali Autunno (ubicazione ignota) e Val di Sclave (collezione privata: ripr. in Nicholls, 1986, p. 85, tav. 21), presentate all'Esposizione di belle arti di Roma nel 1883; e La quiete, esposta nel 1884 alla Promotrice di Torino dove venne acquistata dal ministero della Pubblica Istruzione per la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma (nella quale è tuttora conservata).
Sul Mottarone (Milano, Galleria d'arte moderna), esposto a Brera nel 1886, segna uno degli esiti più felici della produzione del G., che ricorre a una fitta, elaborata tessitura tonale di verdi stesi in tocchi rapidi e vibranti per restituire l'evidenza luminosa della natura colta en plein-air. Dalla fine dello stesso anno l'artista si trasferì definitivamente con la famiglia sul lago Maggiore, particolarmente consono alla sua poetica naturalistica. Insieme con i due figli nati nel frattempo (cui se ne aggiungeranno altri quattro) il G. e la moglie si stabilirono a Stresa, allora frequentata da nobili, letterati e artisti. Seppur lontano dall'ambiente milanese, il G. poté dunque intrattenere rapporti con i numerosi colleghi attivi nella regione del Verbano, con alcuni dei quali (Dell'Orto, Carcano e Bazzaro) condivise una stretta comunanza di ricerche.
L'attività pittorica del G. si svolse qui con serena regolarità, scandita dal trascorrere delle stagioni, sostanziata dall'attento studio di una natura che offriva all'artista infinite suggestioni: in primavera e autunno eseguiva vedute del lago, d'estate saliva sulle montagne circostanti, fino alle vette del monte Rosa e del Sempione, colte in inquadrature panoramiche di ampio respiro e intensa luminosità atmosferica (tra cui Fletchorn: Verbania, Museo del paesaggio; e Prima neve: Piacenza, Galleria Ricci Oddi), spesso soffermandosi presso l'abitato di Macugnaga, raffigurato in una serie di impressioni databili agli anni Novanta, quali Pecetto Macugnaga (Milano, Banco ambrosiano veneto) e La chiesetta di Pecetto a Macugnaga (Novara, Civica Galleria Giannoni). Tra i soggetti favoriti, anche Gignese, sulle pendici del Mottarone (si vedano, per esempio, Gignese presso la Banca popolare di Milano, e Una strada di Gignese a Genova, Galleria d'arte moderna, collezione Frugone), di cui il G. predilesse i dintorni boschivi, che gli consentirono di sperimentare le infinite, sapienti variazioni di bruni, verdi e azzurri, volte a restituire la differente consistenza fisica e qualità luminosa delle foglie, della terra, delle acque dei ruscelli: il dato più suggestivo della sua "poesia del vero". Durante i soggiorni invernali a Venezia, il G. dipinse ancora vedute lagunari; trascorse, inoltre, lunghi periodi sulla Riviera ligure, dove eseguì intense marine (Marina ligure: Milano, Fondazione Cariplo), nelle quali "ritrovò i suoi grigi, ma più freddi, plumbei, più poveri di colore" (Giolli, 1914, p. 200).
Se la frequenza con cui il G. amò ritornare sullo stesso soggetto ha determinato giudizi di ripetitività e monotonia, soprattutto per quanto riguarda la sua produzione ispirata al lago Maggiore (Emporium, 1906), tale condotta è in realtà da intendersi come continuo sforzo di ricerca all'interno di una moderna concezione del paesaggio che trascende il puro intento descrittivo per divenire dato espressivo ed emozionale. L'immagine di "pittore del Lago" (Nicholls, 1986, p. 35) fu peraltro consolidata dal costante successo che accompagnò l'attività espositiva del G., proseguita ininterrotta anche dopo il trasferimento a Stresa.
Nel 1891 due dipinti presentati alla I Triennale di Milano, Marzo e Studio dal vero, furono acquistati dal re Umberto; nel 1895 partecipò con Bosco (ubicazione ignota) alla I Esposizione internazionale di Venezia. Nel 1897 Monte Rosa.Macugnaga, esposto alla Promotrice di Torino, venne acquistato dal ministero della Pubblica Istruzione per la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, dove è tuttora conservato.
Secondo un'evoluzione parallela a quella di altri protagonisti del naturalismo lombardo, quali Bazzaro e Carcano, dall'ultimo decennio del secolo la pittura del G. si indirizzò verso una visione più sintetica, resa da ampie, veloci pennellate, talora cariche di densi impasti di materia, talora appena sfregate sulla tela, sviluppo di cui rimane testimonianza in opere quali Villaggio di pescatori (Milano, Galleria d'arte moderna), dipinto nel 1905 in Liguria, e nelle ultime vedute di Feriolo e dell'Isola dei pescatori (entrambe presso il Museo del paesaggio di Verbania).
Colpito da un tumore alla gola, il G. morì a Stresa il 30 ag. 1906. Negli anni immediatamente successivi, due retrospettive alla Biennale di Venezia (1907) e alla Quadriennale di Torino (1908) ne confermarono il ruolo di protagonista della stagione del naturalismo lombardo tra i due secoli.
Si dedicò all'attività pittorica, seppur con esiti di minor rilievo, anche il nipote del G., figlio di suo fratello Cesare, Lorenzo, il quale - nato a Modena nel 1862 e morto a Porto Ceresio (Varese) il 9 luglio 1958 - si formò all'Accademia di Brera a Milano. Frequentò dal 1876 la scuola d'ornato e, dal 1880, la scuola di prospettiva e paesaggio: si vedano gli Atti della R. Accademia di belle arti di Milano, a stampa, per gli anni 1878 (Milano, p. 42), 1880 (ibid., pp. 77 s.) e 1884 (ibid., p. 53). Lorenzo cominciò a esporre a Milano e a Firenze dal 1880, partecipando in seguito a numerose rassegne nazionali. Raggiunse un discreto successo con opere quali Sesto Calende (Milano, Pinacoteca di Brera: in deposito a Roma, Palazzo di Montecitorio) con cui ottenne, nel 1884, il premio Mylius per il paesaggio storico all'Esposizione annuale di Brera, ma grazie anche a una nutrita serie di paesaggi, in linea con la tradizione del naturalismo lombardo. Lorenzo affiancò l'attività pittorica al suo impiego presso le Ferrovie dello Stato. Sue opere sono conservate presso la Galleria d'arte moderna di Milano, la Giannoni di Novara e la Ricci Oddi di Piacenza.
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