FROLA, Eugenio
Nato a Montanaro, frazione di Torino, il 28 sett. 1906 da Mario e da Maria Pons, si laureò in ingegneria civile presso il politecnico di Torino nel 1929 e in matematica all'università di Torino nel 1933. Fu allievo di G. Albenga e G. Fubini.
Assistente e professore incaricato al politecnico e all'università di Torino di matematiche complementari e geometria descrittiva, nominato nel 1940 socio corrispondente dell'Accademia delle scienze di Torino, fu uno dei fondatori, nel 1947, del Centro di studi metodologici di Torino, ispirato alle idee del neopositivismo logico del circolo di Vienna, anche se, specie verso la fine della sua vita, si trovò, sotto diversi aspetti, molto lontano da tali idee. Al Centro parteciparono tra gli altri, N. Albagnano, B. Buzano, L. Geymonat, E. Persico.
L'aspetto caratteristico della personalità del F. è costituito dall'ampio spettro dei suoi interessi culturali: matematica pura, matematica applicata, questioni metodologiche in campo matematico e fisico, problemi linguistici, filosofia della scienza, problemi ascetico-religiosi. La sua produzione scientifica è quantitativamente limitata - una trentina di lavori - dal momento che egli si spense a soli 56 anni, a Torino il 6 maggio 1962, dopo una lunga malattia.
Nel campo della scienza delle costruzioni il F. generalizzò i teoremi di E. Betti sui corpi elastici e di C.A. Castigliano sulle derivate del lavoro (Su di una generalizzazione dinamica del teorema di Betti diversa da quello di lord Rayleigh, in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, s. 6, XXV [1937], pp. 586-589; L'estensione dei teoremi di Castigliano alla dinamica, in Atti dell'Acc. delle scienze di Torino, LXXIV [1939], pp. 438-447); studiò il moto di travi per mezzo di operatori che rispetto allo spazio si comportano "alla Volterra" (Su certi integrali capaci di risolvere il problema dinamico delle travi inflesse, in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, s. 6, XXIII [1936], pp. 739-743); introdusse inoltre un tipo speciale di vincolo, lo pseudo incastro (Su di un particolare tipo di vincolo per trave inflessa, in Atti dell'Acc. delle scienze di Torino, LXX [1935], pp. 487-497). Sempre con riferimento alla scienza delle costruzioni il F. dimostrò come sia possibile ricavare le equazioni integrali che descrivono il comportamento statico e dinamico delle travi inflesse direttamente dal principio di sovrapposizione degli effetti (Su di una rappresentazione geometrica della teoria delle travi inflesse, in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, s. 6, XVII [1933], pp. 287-292; La dinamica delle vibrazioni libere trasversali delle travi e la dinamica dei punti rappresentativi delle linee elastiche negli spazi ad infinite dimensioni, ibid., XVIII [1933], pp. 465-469).
Egli formulò inoltre una teoria della elasticità non globale lineare, che costituisce una generalizzazione della teoria classica dell'elasticità (Sull'elasticità non globalmente lineare. Principi e fondamenti della teoria, in Atti dell'Acc. delle scienze di Torino, LXXV [1940], pp. 531-540).
In campo strettamente matematico il F. studiò problemi involutori relativi a equazioni integrali singolari e il problema di Cauchy in ampie classi funzionali, fornendo interessanti contributi originali.
L'impostazione metodologica del F. nella sua attività matematica ha avuto una spiccata componente formalistica, in accordo con le "idee viennesi" cui egli parzialmente aderiva. Le sue concezioni sul metodo delle scienze fisiche e matematiche sono scaturite dalla sua attività di tecnico e di scienziato e dal suo impegno nell'insegnamento e nella didattica. Il suo contributo in questo campo ha un carattere personale, diverso da quello di altri metodologici italiani e stranieri. In particolare, il F. coltivò un indirizzo rivolto a una caratterizzazione della matematica come lingua chiusa, autoregolata da criteri interni, tesi a esaltarne al massimo generalità e rigore. A essa si contrapporrebbero la fisica e, in generale, le scienze applicate, contraddistinte da un linguaggio più flessibile e adattabile alle diverse esigenze empiriche, anche se, nel caso della fisica, condizionato dalla strettoia del linguaggio matematico. Per questa identificazione della fisica e, in generale, della scienza, con il linguaggio, che sembrerebbe accomunare il pensiero di F. e quello dei neopositivisti, egli ricavava per altro la convinzione di una pluralità di organizzazioni dei protocolli empirici e della incommensurabilità delle leggi enunciate in linguaggi diversi. Una posizione che oggi ha raggiunto grande notorietà dopo la pubblicazione dei lavori di Thomas Kuhn (cfr. a es. La matematica come lingua chiusa e la conoscenza del mondo fisico, in E. Frola, Scritti metodologici, Torino 1964, pp. 40-53; Critica dei rapporti logici e metodologici tra la matematica e le sue applicazioni tecniche, ibid., pp. 66-83).
La raggiunta consapevolezza metodologica era conciliabile, nelle sue vedute, con il rigore della pratica ascetica ispirata all'antica mistica buddista, e, in questo senso, aveva il singolare significato di una ricerca fondamentale nell'insieme delle grandi attività spirituali rivolte all'elevazione dell'uomo.
Negli ultimi anni le sue idee nel campo della concezione generale dell'uomo e del mondo si erano quindi rivolte verso la visione di tipo ascetico ispirata al buddismo; in questo contesto vanno visti i suoi studi di testi del buddismo antico e la traduzione dei discorsi lunghi di Budda (Canone Buddhista. Discorsi lunghi, I-II, Bari 1960-61).
Per un elenco completo delle opere cfr. Scritti metodologici di E. Frola, Torino 1964, con introd. di L. Geymonat, pp. 7-33, 17-22.
Fonti e Bibl.: Chi è 1948; A. Maros dell'Oro, Il pensiero scientifico in Italia, Cremona 1963, pp. 47 s.; L'immagine della scienza, a cura di G. Giorello, Milano 1977, pp. XXIII-XXVIII, 161 s.