EUGENIO di Palermo
Ammiraglio e letterato siciliano del sec. XII. Di nobile famiglia, nipote dell'ammiraglio Basilio, salì egli stesso alla dignità di ammiraglio o, meglio, di emiro, mentre per la sua dottrina si meritò il titolo di filosofo. Una delle sue poesie fu scritta in prigione: sembra che questo episodio segni la fine della sua carriera pubblica e l'esclusivo ritorno agli studî.
Peritissimo del greco e dell'arabo, buon conoscitore del latino, tradusse dall'arabo l'Ottica di Tolomeo, della quale sono andati perduti l'originale greco e la versione araba; aiutò Enrico Aristippo a tradurre dall'arabo l'Almagesto; voltò dal greco in latino gli Oracoli della Sibilla Eritrea. Conobbe il testo, ora perduto, dei Data, dell'Ottica e della Catottrica di Euclide e della Meccanica di Proclo. Probabilmente ritoccò la versione greca di Kalīlah e Dimnah fatta da Simeone Seth (Στεϕανίτης καὶ 'Ιχνηλάτης). Scrisse in greco, sua lingua materna, 24 poesie, in gran parte epigrammi sulle virtù e sui vizî e di argomenti religiosi. Tre poesie sono dirette a un prete poeta di Brindisi, una descrive una pianta del suo giardino (ninfea), un'altra celebra il re Guglielmo (probabilmente il primo morto nel 1166), la terza confuta l'encomio della mosca composto da Luciano.
Ediz.: G. Govi, L'Ottica di Tolomeo, da Eugenio ammiraglio di Sicilia ridotta in latino, Torino 1885; per le Poesie v. l'ed. di L. Sternbach, E. von P., in Byzantinische Zeitschrift, XI (1902), pp. 406-451; emendazioni al testo, ibid., XIV (1905), pp. 468-478 e XVI (1907), pp. 454-459.
Bibl.: C. H. Haskins, Studies in the History of Mediaeval Science, 2ª ed., Cambridge 1927, pp. 171-176.