DE GIACOMI, Eugenio
Figlio di Giacomo, avvocato e segretario generale del comune di Modena, e di Clementina Ruffini, nacque a Modena il 30 dic. 1852.
Studiò presso la locale accademia di belle arti, già Atestina, allora dominata dalla grande figura del pittore Adeodato Malatesta. Solo al Malatesta, che fu maestro del D., rimaneva affidato il prestigio di questa scuola che, appunto in quegli anni (1877), vedeva sancito il proprio decadimento con la degradazione a semplice istituto d'arte. L'intera formazione del D. avvenne, dunque, entro tali circoscritti orizzonti municipalistici, ove si perpetuava una tradizione figurativa oramai estenuata, chiusa ai pur esigui messaggi in senso innovativo. Di tale crisi, sia dal versante dell'elaborazione artistica sia da quello istituzionale, appare quanto mai sintomatica l'opera del D. che si specializzò pressoché unicamente su di un filone tematico, la natura morta, ispirata ai nobili prototipi del mondo fiammingo, nonché agli esempi seicenteschi presenti nella Galleria Estense: vale a dire ai saggi del lombardo Pier Francesco Cittadini, a lungo attivo al servizio della corte estense, e ai suoi seguaci autoctoni, come, in particolare, Cristoforo Munari.
Esordì con Frutta e natura morta all'Esposizione triennale di belle arti ed industrie, tenutasi in Modena nel 1877 (p. 11 del catal.) sotto il patrocinio della Società d'incoraggiamento per gli artisti della provincia (già "degli Stati Estensi"), sodalizio che si poneva in parallelo - e non certo in altemativa per contenuti figurativi e di cultura in senso lato - all'esangue istituzione dell'accademia. Alle rassegne promosse dalla Società d'incoraggiamento puntualmente partecipava l'artista con opere che riproponevano, con lievi variazioni, la soggettistica della natura morta, dalla cacciagione ai fiori, alle frutta.
Ricco è il numero delle testimonianze pittoriche pervenute, non senza episodi rimarchevoli per dignità qualitativa, oggi in possesso, spesso, degli eredi degli stessi committenti; varrà, tra le tante, almeno citare, da raccolte private modenesi, Natura morta con casseruola di rame, prugne, fiori, limone (1891), Natura morta con melone, fiasco, fruttiera di mele e uva (1893), Composizione con tenda, tavolo, vaso di fiori e frutta (1901), che rievoca nell'impaginazione compositiva gli aulici precedenti del Cittadini, Natura morta con fruttiera, marzapane, sfoglie e caramelle, e Natura morta con anitra, germano e beccaccia (1908), con qualche memoria dalle creazioni del celebre piacentino Felice Boselli. Tutti saggi condotti con fine otticismo, dagli effetti sub vitro d'impronta fiamminga, virtuosistici nel rendere la trasparenza dei cristalli come la smaltata cromia delle maioliche, su fondali oscuri o neutri.
Localmente, il D. fu il più quotato interprete di questo filone fortunatissimo che, al di là della generica motivazione di un revival neoseicentista, si risolveva in un complemento, decorativo quanto superficiale, di arredi e boiseries; filone al quale attendevano, in quello stesso torno di anni, i carpigiani Lelio Rossi e Andrea Becchi e, tra i modenesi, in particolare Narciso Malatesta, figlio del famoso Adeodato.
Accanto a questo genere prediletto e congeniale, convivono nella produzione dell'artista una vena ritrattistica - così i ritratti dei familiari (Modena, proprietà De Giacomi): della Sorella Maria, in miniatura, della Figlia Antonietta (1916), raffinato disegno a matita, del Padre (1916), a penna, oltre ad un Autoritratto ad olio (1910), prove situabili in un clima di attardata accademia, ancora nell'orbita del Malatesta - e una vena paesaggistica attestata da vari esempi, sia di pittura sia di fine grafica. Notevoli le quattro Vedute di castelli della provincia modenese - Maranello, Castelnuovo, Castelvetro e Levizzano - (1910), destinate a decorare una loggia della villa Bossetti, che comprovano una tenue evoluzione dal gusto intimista, informante le innumerevoli nature morte, al paesaggio pleinair, dall'accademismo più ortodosso a un tratto più liberamente evocativo, non esente da riflessi impressionistici (Guandalini, 1965, p. 3).
Coniugatosi nel 1891 con Iside Rizzatti dalla quale ebbe tre figlie, condusse una tranquilla attività di docente "di disegno, di figura, d'ornato e di paesaggio" - secondo un'attestazione ufficiale a firma di Adeodato Malatesta (in Guandalini, 1965, p. 2) -, insegnando per diciassette anni presso il prestigioso collegio S. Carlo, nonché presso altri istituti cittadini.
Morì a Modena il 15 ag. 1917.
Fonti e Bibl.: Modena, Arch. stor. comunale, Registro dei nati 1853, vol. 1229, n. 11; Società d'incoraggiamento per gli artisti della provincia di Modena, Albo, VI triennio, Modena 1882, p. 55; L'Esposiz. triennale di belle arti ed industrie nella provincia di Modena, 1884, Modena 1886, p. 49; L'Esposiz. triennale di belle arti ed industrie, VIII triennio, Modena 1892, p. 43; Società d'incoraggiamento per gli artisti della prov. di Modena, Albo della mostra, X triennio, Modena 1896, p. 47; Id., Albo della esposizione, XIV triennio, Modena 1906, p. 14;G. Guandalini, Mostra del pittore E. D. (catal.), Modena 1965; Id., Pittori modenesi dell'800 (catal.), Modena 1966, p. 7, n. 23; A. Barbieri, Repertorio bio-bibliografico dei modenesi illustri, in Modena. Vicende e protagonisti, a cura di G. Bertuzzi, Bologna 1971, III, p. 262; Pittori modenesi dell'800 (catal.), a cura di A. Mezzetti, Modena 1974, pp. 12, 36, fig. 12; S. Poletti, I pittori dell'800 in Emilia Romagna, Milano s. d. [ma 1983], p. 26; G. Martinelli Braglia, Dall'accademia al revival. Andrea Becchi (1856-1926) (catal.), con introduzione di A. Garuti, Modena 1983, pp. 40, 114, scheda n. 83; L. Frigeri Leonelli, Pittori modenesi dell'800 (catal.), Modena 1986, pp. 135-40.