CHIESA, Eugenio
Nato a Milano il 18 nov. 1863 da Filippo e Maria Chiesa, percorse nella città natale gli studi elementari e secondari fino al conseguimento del diploma di ragioniere; si dedicò, in seguito ad una modesta attività industriale. Manifestò assai presto le sue convinzioni repubblicane aderendo alla Società democratica della gioventù e collaborando, con un articolo polemico contro il moderatismo governativo, al numero unico Il Quarantotto (18 marzo 1883), pubblicato da tale associazione. La sua firma compare, nei medesimi anni, nel 6 Febbraio, numero unico di un'altra società d'ispirazione repubblicana e mazziniana, La Nuova Italia, (6 febbraio del 1886).
Sono gli anni in cui si cerca di concretare una nuova struttura organizzativa del movimento repubblicano ed il C. va collocato tra gli homines novi (G. De Rosa, 1972, p. 238) che pongono le basi per la fondazione di un partito che, richiamandosi al pensiero mazziniano, potesse contrapporsi alle forze conservatrici e moderate e servisse, nel medesimo tempo, a contenere l'avanzata socialista tra le classi popolari. Scrivendo a Napoleone Colajanni nel dicembre 1892 (Carteggi Colajanni, p. 411) il C.parla della "nostra nuova organizzazione milanese", che sarà il tema del congresso tenuto a Bologna nel 1893 e dell'iniziativa promossa nello ottobre 1894 dalla Consociazione repubblicana romagnola; così, nell'aprile 1895, nacque il Partito repubblicano italiano di cui il C. divenne uno degli esponenti di primo piano.
Il partito repubblicano assunse un atteggiamento intransigente nei confronti del governo tanto che, nel 1898, quando la reazione conservatrice e militare investì la penisola i circoli repubblicani furono sciolti insieme a quelli socialisti e cattolici. Il C. dovette riparare all'estero; fu prima in Svizzera, poi a Parigi ma rientrò in Italia per presentarsi al processo, dal quale uscì assolto, intentatogli per un violento articolo pubblicato sul Ribelle.
Nell'ottobre 1899 il C. fu tra i promotori della fondazione de Il Crepuscolo, organo settimanale dei repubblicani lombardi sul quale presentò il programma municipale in vista delle elezioni amministrative concordato con A. Ghisleri, L. De Andreis e G. B. Pirolini che erano gli altri maggiori esponenti repubblicani milanesi. Il C. fu eletto in quell'occasione per la prima volta consigliere comunale di Milano, mandato che gli fu successivamente confermato. Al VI congresso nazionale del P.R.I., tenuto a Firenze dal 1º al 3 nov. 1900, partecipò con una relazione che affrontava temi prevalentemente organizzativi.
Nell'agosto 1900 il C. si trovò in posizione contrastante con la Consociazione repubblicana milanese e si schierò contro Giovanni Bovio, non condividendo la sua intransigenza a proposito della partecipazione dei repubblicani alle onoranze funebri del re Umberto I, ucciso a Monza. Egli divenne, comunque, uno dei maggiori dirigenti del partito repubblicano e, nel congresso di Ancona del novembre 1901, fu eletto a far parte del Comitato centrale.
Nel partito repubblicano egli espresse, in quel momento, l'istanza contraria all'accostamento al socialismo, propugnato dauna qualificata minoranza che riteneva di poter accettare persino le soluzioni collettivistiche; nel marzo 1902 il C. futra i sostenitori della candidatura nel V collegio milanese dell'anarchico Pietro Calcagno, confinato a Ventotene, contro il socialista Filippo Turati.
Nel congresso tenuto a Pisa nello stesso anno il C. intervenne sui bilanci militari, affermando che i repubblicani dovevano opporsi nettamente ad essi perché il sistema politico sociale si reggeva sul potere militare, e sullo sviluppo della questione economica, offrendo un'interpretazione paternalistica, sostanzialmente conservatrice, dei rapporti tra produzione e lavoro, tra datori di lavoro e lavoratori, tra le classi sociali. Il C. collaborò all'Italia del popolo, il giornale fondato a Milano da Dario Papa, con una serie di corsivi intitolati Osservazioni che successivamente, nel 1904, raccolse in un volume (Osservazioni per "L'Italia del popolo", Milano 1904).
Nelle elezioni politiche dello stesso anno il C. fu eletto per la prima volta al Parlamento essendo riuscito a prevalere, in ballottaggio, sul candidato costituzionale C. Binelli nel collegio di Massa e Carrara, in una consultazione caratterizzata dalla massiccia astensione degli anarchici notevolmente forti in quella zona. Partecipò con continuità ai lavori della Camera intervenendo nei dibattiti con lucidità ed incisività. Nel giugno 1907 si segnalò per la vivace denuncia di scandali scoppiati alla Borsa di Genova. Quasi contemporaneamente egli ribadì nel dibattito parlamentare la opposizione repubblicana alle spese militari (Discorsi parlamentari, pp. 23-41). Nell'ottobre firmò con socialisti e radicali un telegramma a Giolitti per protestare contro il comportamento dei carabinieri che avevano sparato agli operai in sciopero. Nel luglio 1908 condusse, insieme a Claudio Treves, le trattative per comporre una vertenza sindacale interessante gli operai delle cartiere di Fabriano. Nell'ottobre 1909 interpellò il governo perché protestasse per l'espulsione dal Trentino di Mussolini che, come propagandista socialista, si era reso inviso all'autorità austriaca. Nel giugno 1911 denunciò il regime di monopolio delle assicurazioni sulla vita. Fu tra gli oppositori della campagna di Libia e nel febbraio 1912, mentre si discuteva il decreto di annessione del territorio africano, criticò severamente il governo per le gravi repressioni poste in atto nei confronti delle popolazioni libiche (Discorsi parlamentari, pp. 176-192). Fu promotore di un progetto di legge per il riconoscimento dello status degli impiegati privati.
Nell'aprile 1912 suscitò sorpresa e polemiche la sua solidarietà con gli operai di Piombino che erano stati sconfitti in una vertenza sindacale dal trust siderurgico. Quasi contemporaneamente si trovò in disaccordo, a Carrara, con i socialisti a proposito della Cassa pensione degli operai del marmo, sostenuta dalla Camera del lavoro, ma non adeguatamente appoggiata dal C., forse per la contrarietà del sindaco di Carrara ad assicurare alla Cassa il contributo richiesto all'amministrazione comunale.
Nel febbraio 1913 intervenne a Iesi ad una grande manifestazione contro il rinnovo della Triplice alleanza. Nel giugno interrogò il ministro di Grazia e Giustizia per sapere se fosse stata emanata qualche disposizione che vietava l'iscrizione dei magistrati alla massoneria; il C., notoriamente massone, invocava un atteggiamento univoco da parte del governo che, egli dichiarava, tollerava che un pretore portasse il baldacchino in processione. In un intervento alla Camera protestò per il modo in cui l'insegnamento religioso era impartito in alcune scuole elementari milanesi. In occasione dello sciopero generale che era stato proclamato nell'agosto dalla Camera del lavoro di Milano, egli invitò Giolitti a fare opera di mediazione, servendosi del prefetto, tra lavoratori e padroni. Il C., come una parte dei repubblicani, guardava con simpatia all'Unione sindacale che rappresentava il sindacalismo rivoluzionario di matrice soreliana. Molto attivo nella vita politica e parlamentare condusse battaglie civili per la libertà di pensiero e di espressione e per l'aggiornamento della legislazione del paese agli orientamenti più moderni.
Nelle elezioni politiche dell'ottobre 1913 si presentò quale candidato repubblicano in sei collegi; nel I di Milano riuscì a entrare in ballottaggio con il liberale De Capitani; soccombette nella seconda consultazione, ma ritornò egualmente alla Camera essendogli stata riconfermata la fiducia dagli elettori di Massa e Carrara.
In occasione dell'eccidio di Ancona del giugno 1914 fu tra i deputati dell'opposizione che attaccarono maggiormente il governo ritenendolo responsabile di quanto era accaduto; partecipò al funerale delle vittime. Dopo la "settimana rossa" fu tra i deputati che cercarono di comporre la grave frattura determinatasi tra il governo e l'estrema sinistra che intendeva porre in atto l'ostruzionismo parlamentare.
Lo scoppio della prima guerra mondiale vide il C., assieme al gruppo dirigente repubblicano, allineato immediatamente a favore dell'intervento italiano nel conflitto; ma, come vecchio oppositore della Triplice alleanza, egli sostenne che l'Italia avrebbe dovuto schierarsi, a fianco della Francia e dei suoi alleati, contro gli Imperi centrali. Egli si adoperò addirittura per creare il casus belli tra l'Italia e l'Austria-Ungheria, tanto che il suo nome si trova compreso in un promemoria inviato dall'ambasciata austriaca a Roma al ministero degli Esteri italiano per denunciare coloro i quali avrebbero fatto parte di un comitato segreto sorto per coinvolgere l'Italia nella guerra contro l'Austria minacciando, se ciò non fosse avvenuto, la rivoluzione e la decadenza della monarchia (De Felice, Mussolini il rivoluzionario, pp. 304 s.).
Del resto, in una riunione del partito repubblicano tenuta nei primi giorni di agosto, il C. aveva pubblicamente dichiarato che, se la monarchia avesse rotto la neutralità (cioè fosse entrata in guerra a fianco degli alleati della Triplice), sarebbe "giunta l'ora di instaurare in Italia il governo repubblicano". Il 22 agosto redasse una mozione parlamentare a favore dell'intervento contro l'Austria; il 2 settembre rifiutò l'invito rivoltogli dal socialdemocratico tedesco Sudekum a discutere l'eventualità di un accordo che fosse onorevole per l'Italia; al contrario, qualche giorno dopo, appoggiò l'iniziativa dei più impazienti interventisti di avviare trattative col governo francese per l'invio di una schiera di volontari italiani in Dalmazia. Lo stesso C. si recò a Lione e a Bordeaux, ma il governo francese non fu disponibile ad accogliere un'iniziativa che era osteggiata dal governo italiano.
Il comportamento del C. in questo periodo fu coerente con la tradizione risorgimentale, mazziniana e garibaldina, cui s'ispirava; egli sentì molto l'influenza di Salvatore Barzilai, deputato repubblicano anche lui, di origine triestina e grande combattente dell'irredentismo.
Alla fine del 1914, avvertendo come il governo stesse ormai preparando l'intervento in guerra a fianco dell'Intesa, il C. intervenne alla Camera per approvare la tesi salandriana della neutralità attiva. Nelle giornate del maggio 1915 che precedettero la dichiarazione di guerra italiana, egli partecipò alle manifestazioni promosse dagli interventisti di sinistra milanesi. Chiese subito di essere arruolato e di essere inviato al fronte. Durante la guerra fu tra i deputati che maggiormente si preoccuparono di stimolare il governo a fare tutto quanto era necessario per sostenere lo sforzo militare del paese. Nel giugno 1915 chiese alla Camera di sospendere la discussione del bilancio del ministero dell'Interno perché il governo informasse il Parlamento sulla situazione bellica.
Un anno dopo, ritornato dal fronte, dichiarava che l'Italia sarebbe andata incontro a irreparabile disastro se non si fosse provveduto alla sostituzione del Cadorna dal comando supremo. Qualche mese prima di Caporetto si esprimeva ancora molto criticamente sui criteri di conduzione della guerra. Nominato nello stesso anno commissario generale per le forniture militari gli fu attribuita la responsabilità di alcuni acquisti effettuati per la Aeronautica militare dei quali fu messa in discussione la correttezza. Il C. rispose con l'opuscolo L'Aeronautica di guerra nella gestione del Commissariato generale (Milano 1921). Fu nominata una commissione d'inchiesta che concluse i suoi lavori riconoscendo la correttezza politica e amministrativa dell'operato del Chiesa.Intensa fu l'attività del C. nel dopoguerra. Nell'inverno 1918-19 fece parte della delegazione italiana alla conferenza della pace quale capo della commissione per le riparazioni di guerra. Nel febbraio 1919, insieme a Barzilai, s'incontrò a Parigi con il ministro francese Clemenceau, con il quale aveva un'antica amicizia, per invitarlo ad appoggiare la causa italiana alla conferenza della pace. In settembre si recò a Fiume dove assistette al comizio che D'Annunzio tenne il 20 e assicurò che avrebbe messo al corrente la Camera dell'esasperazione che si era creata nella città per la mancata annessione all'Italia.
In questo periodo, accogliendo le posizioni più intransigentemente nazionalistiche, il C. mostrò una "colpevole indulgenza" verso il fascismo che gli fu rimproverata dal Gobetti. Fu tra coloro che si illusero che il fascismo potesse "costituzionalizzarsi". Ma dopo il 28 ott. 1922 egli votò contro i governi di Mussolini e divenne uno degli oppositori più fieri e severi del fascismo, cercando di accostarsi ai socialisti, ma manifestando quelle contraddizioni che indussero il Salvemini a scrivere che "I repubblicani erano pochi e dominati da vecchi imbroglioni parlamentari come il Chiesa" (Scritti sul fascismo, II, p. 212). Nel maggio 1923, membro della commissione per la riforma elettorale, votò contro il progetto Acerbo e nel giugno 1924, dopo il delitto Matteotti, fu tra i primissimi a denunciare la responsabilità del capo del governo (Discorsi parlamentari, pp. 509-514).
Nel 1925 pubblicò La mano nel sacco, "un libro coraggioso di documenti, di denunce contro quelli che aveva scambiato per rinnovatori" (P. Gobetti, p. 858); in esso, tra l'altro, lui, massone, rivelava come un gruppo di alti dignitari dell'ordine avesse versato a Mussolini la somma di tre milioni e mezzo per sovvenzionare la marcia su Roma.
Nel 1926 il C. fu costretto a lasciare l'Italia per l'esilio; la sua casa fu devastata, fu dichiarato decaduto da deputato assieme agli altri esponenti dell'opposizione, la sua azienda fu liquidata. Visse ad Annemasse, poi a Sèvres, nelle vicinanze di Parigi, infine a Giverny, in Normandia, dove avrebbe dovuto assumere un modesto impiego di contabile avendo esaurito tutti i suoi averi. Nel 1927, quando il partito repubblicano fu ricostituito in esilio, egli era stato chiamato a far parte della direzione; era stato anche tra i promotori della concentrazione antifascista.
Il C. morì a Giverny il 22 giugno 1930. Le esequie furono celebrate a Parigi con la partecipazione di tutti gli antifascisti in esilio.
Sono stati raccolti in volume i suoi Discorsi parlamentari, Milano 1960.
Fonti e Bibl.: L. Albertini, Venti anni di vita politica, I, Bologna 1950, pp. 291, 302; II, ibid.1951, pp. 166, 224, 227 s., 232, 247, 250 s., 260, 293, 310; III, ibid. 1951, p. 388; IV, ibid. 1952, pp. 238, 411; I periodici di Milano. Bibliografia e storia, I, Milano 1956, pp. 27, 97, 113, 246, 247; II, ibid. 1961, p. 149; O. Malagodi, Conversaz. della guerra 1914-19, a cura di B. Vigezzi, Milano-Napoli 1960, pp. 300, 515; A. Gramsci, Sotto la mole, Torino 1960, p. 68; P. Gobetti, Scritti politici, a cura di P. Spriano, Torino 1960, pp. 381, 488 s., 808, 812 s., 858 s., 1029; G. Salvemini, Scritti sul fascismo, I, a cura di R. Vivarelli, Milano 1961, pp. 123, 194; II, a cura di N.Valeri-A. Merola, Milano 1966, pp. 72, 177, 212; Id., Movimento social. e questione meridionale, a cura di G. Arfé, Milano 1963, pp. 512 s.; P.Nenni, Vent'anni di fascismo, a cura di G. Dallò, Milano 1964, pp. 129, 150, 171, 174, 186, 410; A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Bari 1965, pp. 504, 533; F. Martini, Diario 1914-18, a cura di G. De Rosa, Milano 1966, passim; G.Salvemini, Carteggi (1895-1911), a cura di E.Gencarelli, I, Milano 1968, pp. 113, 142 s., 162, 166, 443; Democr. e social. in Italia, Carteggi di N. Colajanni, a cura di S. M. Ganci, Milano 1969, pp.411 s.; F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, a cura di F. Pedone, Torino 1977, I-VI, ad Ind; I. De Begnac, L'arcangelo sindacalista: F.Corridoni, Milano 1943, ad Ind.; L. Ambrosoli, Il partito repubbl. tra i congressi di Ancona e di Pisa (1901-1902), in Nuova Antol., settembre 1949, pp. 48-63; E. Santarelli, Aspetti del mov. operaio nelle Marche, Milano 1956, p. 100; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 1956, pp. 234, 307, 360, 566, 650; R. Mori, La lotta sociale in Lunigiana 1859-1904, Firenze 1958, p. 263; P. Alatri, Nitti, D'Annunzio e la quest. adriatica, Milano 1959, p. 230; G. Spadolini, Giolitti e i cattolici, Firenze 1960, pp. 102, 236 s., 269 s., 295; A. Bernieri, Cento anni di storia soc. a Carrara, Milano 1961, pp. 177 ss.; G. Marinelli, E. C., in Aspetti e figure della pubblicistica repubbl. ital. (Atti del Convegno dell'Associazione mazziniana italiana, Torino 13-14 ott. 1961), Milano 1962, pp. 127-163; La vita di E. C., a cura di M. e L. Chiesa, Milano s.d. [ma 1963]; G. Spadolini, I repubblicani dopo l'Unità, Firenze 1963, p. 93; G. Carocci, Il Parlam. nella storia d'Italia, Bari 1964, pp. 453, 490, 494, 663 ss.; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario,1883-1920, Torino 1965, pp. 75, 172, 233, 299, 303, 305, 321; Id., Mussolini il fascista 1921-1925, ibid.1966, pp. 451, 525, 620; B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, L'Italia neutrale, Milano-Napoli 1966, ad Ind.; P.Melograni, Storia politica della grande guerra 1915-18, Bari 1969, pp. 11, 190 s., 461; G. De Rosa, I partiti in Italia, Bergamo 1972, pp. 238, 241, 252-54, 256-258; A. Canavero, Milano e la crisi di fine secolo 1896-1900, Milano 1976, pp. 16, 38, 83, 86, 106, 118; A. A. Mola, Storia della massoneria italiana dall'Unità alla Repubblica, Milano 1976, ad Indicem.