SAVORANI, Eugenia
SAVORANI, Eugenia (coniugata Tadolini). – Nacque a Forlì, dove fu battezzata il 20 luglio 1808, da Filippo Savorani, cancelliere censuario e segretario della municipalità, e da Teresa Landini. Ebbe tre fratelli, Tito, Augusto e Quinto.
Dotata di bella voce di soprano, studiò musica e canto con Luigi Favi e Giovanni Grilli nella città natale, indi a Bologna con Giovanni Tadolini, compositore e celebre maestro di canto, nonché collaboratore e amico di Gioachino Rossini. Tadolini, ben più anziano, la sposò (l’allieva era ventenne), Rossini la mise subito sotto la sua ala protettiva. Savorani si esibì per la prima volta in un’opera alla Società del Casino di Bologna, durante la Quaresima del 1829: fu il Mosè rossiniano, seppur «da cantarsi come Accademia»; nel libretto stampato per l’occasione vi compare con il cognome del marito, che mantenne poi per il resto della carriera. La prima stagione teatrale l’affrontò nel Carnevale 1829-30, al Ducale di Parma: cantò in Giulietta e Romeo di Nicola Vaccaj, Tancredi e Bianca e Falliero di Rossini.
Rossini, coinvolto nell’impresa del Théâtre Italien, agevolò il trasferimento a Parigi della coppia; il 29 giugno 1830, dopo un concerto nella sua dimora bolognese, nel quale la Tadolini si distinse (Rossini, 2000, p. 635), spedì a Parigi i contratti dei due coniugi: l’uno fu ingaggiato come maestro preparatore e concertatore, l’altra come prima donna soprano, con il compito di affiancare e all’occorrenza sostituire le già affermate Henriette Méric-Lalande e Maria Malibran (Mongrédien, 2008, p. 412). Il 22 agosto Rossini spedì due lettere di raccomandazione all’editore Troupenas e alla Malibran; così scrisse a quest’ultima, latori gli stessi Tadolini, in viaggio da Bologna: «io la raccomando a voi caldamente, ella ha bisogno di consigli, e chi meglio di voi puol darcene! ella è principiante, ma le troverete dei bei numeri, e molta modestia» (Rossini, III, 2000, pp. 691 s.).
Nella capitale francese la giovanissima debuttante fu generalmente apprezzata. Così ne scrisse il 25 ottobre 1830 il critico Castil-Blaze, a proposito del Ricciardo e Zoraide di Rossini, dove comparve con il celebre tenore Giovanni David: «La voix de Mme Tadolini est fraîche, légère et pure; son attaque est pleine de franchise et de justesse [...] Sa voix se prêterait difficilement aux grands mouvements tragiques [...] Dans le genre bouffe et le demi-caractère, Mme Tadolini tiendra une place très distinguée. La manière dont elle a secondé Davide en chantant le fameux duo, l’intelligence qu’elle y a montrée en le suivant à la tierce dans les traits agiles dont le mouvement se ralentissait insensiblement, sa fermeté d’intonation en attaquant plusieurs fois le la naturel aigu sans préparation, suffiraient pour constater le succès qu’elle a obtenu et qui ne s’est pas démenti un seul instant» (Mongrédien, 2008, p. 460).
La Tadolini restò a Parigi circa tre anni (ma nell’estate 1831 si esibì anche al King’s Theatre di Londra), cantando al fianco di stelle come Giuditta Pasta, Giovanni Battista Rubini e Luigi Lablache (oltre alla Malibran) nel Matrimonio segreto, Don Giovanni, Anna Bolena (Giovanna), La sonnambula. Tornò in Italia nel 1833, in compagnia del marito (dal quale si separò l’anno dopo) e ancora una volta con una lettera di raccomandazione di Rossini, che la definì «la mia protetta» (26 gennaio 1833, in Rossini, IV, 2016, p. 356); del resto la Tadolini poteva fregiarsi di cantare «abbellimenti insegnati da Rossini» (pp. 608 s.). Dunque non stupisce che il rientro avvenne nel teatro più importante, la Scala di Milano (stagione d’autunno: I due sergenti di Luigi Ricci in prima assoluta, indi Il furioso all’isola di S. Domingo di Gaetano Donizetti, La donna bianca di Avenello di Stefano Pavesi), poi alla Fenice di Venezia nella stagione di Carnevale 1834, ancora al fianco della Pasta (La straniera, Anna Bolena, Emma d’Antiochia di Saverio Mercadante, quest’ultima in prima assoluta). Nell’aprile del 1835 debuttò nel teatro di Porta Carinzia di Vienna, dove trionfò con L’elisir d’amore; sue varianti e variazioni alla parte di Adina rimasero nella tradizione esecutiva viennese per decenni.
La cronologia della ventennale carriera della Tadolini e le tante cronache teatrali confermano che le caratteristiche di fondo, evidenziate da Castil-Blaze all’esordio, dovettero rimaner tali anche negli anni a venire, in particolare la preferenza per i generi buffo-brillante e semiserio-sentimentale, piuttosto che per il drammatico a tinte forti. Qualche detrattore talvolta sostenne che alla indiscussa bellezza della figura e del timbro di voce corrispondeva una certa freddezza e un’arte mimica non eccelsa; nessuno contestò mai le sue straordinarie doti: agilità, potenza, flessibilità. Così Felice Romani, a proposito della Straniera di Vincenzo Bellini: «la Tadolini ha troppe grazie per Alaïde, troppa luce ne’ suoi begli occhi, troppi vezzi nel suo sorriso per la misteriosa Straniera. La sua voce volubile, soave, fiorita, è fatta per la gioia, per l’amore che si può consolare, per afflizioni rasserenate dalla speranza, non per gli strazii d’un cuore in tempesta, non pei delirii di un’anima angosciata, non per le grida della disperazione» (Miscellanee..., 1837, p. 407).
Se negli anni Trenta le opere di cartello di Bellini (esclusa Norma) e Donizetti costituirono il nucleo del suo repertorio, importanti furono anche alcune di Mercadante: la già citata Emma d’Antiochia, Le due illustri rivali (La Fenice, Carnevale e Quaresima 1838), Il bravo (Scala, Quaresima del 1839), tutte in prima assoluta.
Nel 1841 – aveva altri dieci anni di trionfi davanti a sé – la Revue et Gazette musicale de Paris le dedicò un profilo biografico e artistico particolarmente significativo: «La Tadolini possède un des sopranos les plus beaux qu’on puisse entendre. L’étendue en est immense; il comprend plus de deux octaves et demie, du sol grave au re suraigu, et même le mi comme note de passage. Les sons graves ont de l’ampleur comme ceux d’un contralto, et les notes aiguës sont éclatantes et pures. L’ensemble de cette voix est d’une belle puissance; mais ce qui la classe à part, au milieu de tous les organes de son genre, c’est sa merveilleuse agilité. C’est une opinion fort à tort accréditée chez certaines personnes, que la puissance de son que possède une voix est incompatible avec le don de vocalisation; la Tadolini est un des nombreux exemples de la fausseté de cet axiome, car sa voix est puissante et son agilité merveilleuse» (VIII, 22 agosto 1841, n. 47, p. 386).
Agli inizi degli anni Quaranta si corroborò il legame artistico con Donizetti, che per la Tadolini compose Linda di Chamounix (première il 19 maggio 1842) e Maria di Rohan (5 giugno 1843), in stagioni trionfali per entrambi al teatro di Porta Carinzia. Così il compositore scrisse a Giovanni Ricordi il 24 maggio 1842: «Jersera dopo il 2° atto altra immensa corona che diedi all’istante davanti al pubblico alla egregia Tadolini. Tutti gli artisti gareggiano in zelo, tutti hanno dove farsi applaudire, la Tadolini s’è risvegliata d’una maniera sorprendente... È cantante, è attrice, è tutto, e figurati che la si applaude al solo comparire al 3o atto. Se credi vedrai Linda colla Tadolini, vedrai veramente una pazza di nuovo genere, che mi è stata così obbediente, a piangere, a ridere, a restar stupita quando le occorreva, che io stesso dico che codesta scena è al disopra (così eseguita) di tutte le scene fatte da me per pazzi» (cit. in Zavadini, 1948, p. 605). L’epistolario di Donizetti fornisce qualche informazione sulla vita privata della Tadolini, tra l’altro sulla morte precoce della figlia Faustina, nata nel 1838 (s’ignora l’identità del padre: lettera del 12 agosto 1842, in Contributo all’epistolario..., 1962; la Tadolini era a Napoli per Maria Padilla, che nell’occasione Donizetti revisionò per lei).
Poco dopo la Tadolini entrò in contatto con il giovane Giuseppe Verdi, e fu ammirata anche da lui. Creò il ruolo eponimo in Alzira al San Carlo di Napoli (12 agosto 1845), con grande successo personale. La première fu ritardata da una malattia del compositore e dalla gravidanza della primadonna (nel marzo era nato il piccolo Alessandro, sconosciuto il padre; il piccolo morì poi di colera nell’autunno 1855). L’anno successivo cantò in una ripresa di Attila alla Scala, il 26 dicembre 1846, sempre con enorme successo.
Il giudizio più noto sulla Tadolini è dello stesso Verdi, che ne tessé le lodi, paradossalmente, nel dichiararla inadatta alla parte di Lady Macbeth (condividendo nella sostanza quanto affermato dai critici citati): «Voi saprete quanta stima ho della Tadolini; Ella stessa lo sa, ma io credo bene nell’interesse di tutti farvi alcune riflessioni. La Tadolini ha troppo grandi qualità per fare questa parte! Vi parrà questo un assurdo ma non è. La Tadolini ha la figura bella, buona, ed io vorrei Lady Macbet brutta e cattiva. La Tadolini canta alla perfezione, ed io vorrei che Lady non cantasse. La Tadolini ha una voce chiara, limpida, potente; ed io vorrei in Lady una voce aspra, soffocata, cupa. La voce della Tadolini ha dell’angelico, la voce di Lady dovrebbe aver del diabolico» (21 novembre 1848, in Carteggio Verdi-Cammarano..., 2001, p. 84, a proposito di una ripresa di Macbeth al San Carlo, cui la Tadolini prese infine parte a onta della lettera di Verdi, giunta a prove già iniziate). Pochi giorni dopo, il 30 novembre, sullo stesso palcoscenico cantò Poliuto, opera di Donizetti messa in scena per la prima volta a pochi mesi dalla morte dell’autore, seppur composta dieci anni prima; ancora una volta, con grande successo.
Chiuse la carriera all’inizio del 1851 al San Carlo con Folco d’Arles di Nicola De Giosa, melodramma tragico di Salvadore Cammarano. A Napoli prese una lussuosa residenza in Riviera di Chiaia, a fianco del principe Vincenzo Capece Zurlo. Con lui, legato ai Borbone, lasciò la città subito dopo l’entrata di Giuseppe Garibaldi tra l’agosto e il settembre del 1860, destinazione Parigi.
Qui morì l’11 luglio 1872. Venne sepolta nel cimitero del Père-Lachaise, dove le fu eretto un piccolo monumento sepolcrale.
Fonti e Bibl.: Nel Fondo Piancastelli della Biblioteca comunale Aurelio Saffi di Forlì si custodiscono alcune lettere, inviate e ricevute, dalla Tadolini; Miscellanee del Cavaliere Felice Romani tratte dalla Gazzetta Piemontese, Torino 1837; G. Romani, Galleria artistico-teatrale. E. T., in Figaro, XV (10 marzo 1847), n. 20, p. 80; G. Zavadini, Donizetti: vita, musiche, epistolario, Bergamo 1948, ad ind.; Contributo all’epistolario di Gaetano Donizetti, a cura di G. Barblan - F. Walker, in Studi donizettiani, I (1962), p. 87; F. Battaglia, L’arte del canto in Romagna. I cantanti lirici romagnoli dell’Ottocento e del Novecento, Bologna 1979, pp. 151-168; J. Rosselli, Il cantante d’opera: storia di una professione (1600-1990), Bologna 1993, ad ind.; Le prime rappresentazioni delle opere di Donizetti nella stampa coeva, a cura di A. Bini - J. Commons, Milano 1997, ad ind.; G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Ragni, III, Pesaro 2000, ad ind., IV, Pesaro 2016, ad ind.; Carteggio Verdi-Cammarano (1843-1852), a cura di C.M. Mossa, Parma 2001, ad ind.; J. Mongrédien, Le Théâtre-Italien de Paris (1801-1831): chronologie et documents, VIII, Lyon 2008, ad ind.; G. Appolonia, Voce di donna o d’angelo ovvero E. T. soprano (1808-1872), in Malibran: storia e leggenda, canto e belcanto nel primo Ottocento italiano, a cura di P. Mioli, Bologna 2010, pp. 403-430; C. Vellutini, Adina “par excellence”: E. T. and the performing tradition of Donizetti’s “L’elisir d’amore” in Vienna, in 19th-Century Music, XXXVIII (2014-2015), pp. 3-29.