EUCARISTIA (εὐχαριστία "rendimento di grazie")
Uno dei sacramenti della Chiesa, in cui sotto le specie del pane e vino si contengono il corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo.
Il dogma e la sua teologia. - Il nome. - I vocaboli con cui si designò ciò che più universalmente oggi è detto eucaristia sono moltissimi, quali: "cena del Signore" (mensa Domini, κυριακὸν δεῖπνον); "frazione del pane" (fractio panis, κλᾶσις τοῦ ἄρτου); oblazione"; "sacrificio"; "calice di benedizione" (I Cor., X, 16); anafora"; "liturgia", "eulogia" o "benedizione"; "agape"; "sinassi", ecc. Prevalse, non però sul principio, ma nei secoli III e IV, il termine eucaristia, che è oggi tecnico e universale. Nella grecità classica il vocabolo non ebbe altro significato che "riconoscenza, ringraziamento"; così pure nel greco dei Settanta; ma già in Filone appare in un significato particolare per designare preghiere, inni sacri, sacrifici; nel Nuovo Testamento è frequente insieme con εὐλογία, ma l'atto designato quasi sempre precede la consumazione dei pasti, e non è agevole precisare il valore del termine. Ignazio, Giustino, Ireneo, gli Alessandrini, e prima di essi la Didachè, lo adoperano già in senso tecnico, per il rito cui oggi si dà lo stesso nome. Nel secolo IV era già d'uso comune, sia nelle chiese greche sia nelle occidentali. Nei tempi moderni sono invalsi tra i fedeli altri nomi: il "Santissimo Sacramento" e quindi il "Santissimo"; "Gesù Sacramentato"; e, nei suoi varî momenti liturgici la Messa, la Comunione, il Viatico, il Sacrificio dell'Altare, ecc. (v. agape; eulogia; fractio panis).
Dottrina cattolica: 1: la "presenza reale". - Secondo la dottrina cattolica, nell'Eucaristia sono da considerarsi la "presenza reale", il sacramento e il sacrificio. Circa la prima, il cattolico crede che sotto le specie del pane e del vino, pronunciate che siano le parole della consacrazione, è realmente presente Gesù Cristo con la sua anima, il suo corpo e la sua divinità. Fondamento della sua fede sono: la promessa che dell'Eucaristia fece Gesù Cristo (Giovanni, VI); l'istituzione effettiva della medesima che compì con il connesso precetto che "ciò fosse fatto in memoria di lui" (Matteo, XXVI, 26-29; Marco, XIV, 22-24; Luca, XX, 19-21); il senso in cui presero l'istituzione gli apostoli, in modo particolare Paolo (I Cor., XI, 23-25); l'interpretazione che ne diedero, e di cui vissero, le primitive chiese cristiane, secondo le attestazioni degli scrittori, dei documenti liturgici, dei monumenti archeologici; la fede di tutta la Chiesa postnicena, affermata dai Padri; infine, tutta la tradizione ecclesiastica. Naturalmente, alla base di questa fede nell'eucaristia è la fede nella divinità di Cristo e nel magistero ecclesiastico.
La "via", come dicono i teologi, alla presenza reale è la transustanziazione: cioè Cristo si fa presente nell'eucaristia con la transustanziazione. Questa è definita così dal concilio di Trento (sess. XIII, c. 2): "Mirabile e singolare conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Nostro Signore Gesù Cristo, e di tutta la sostanza del vino nel sangue (di lui)". Il concetto di una totale conversione di sostanza in altra sostanza, senza un lento processo trasformativo, ma in forza di poche parole pronunciate; inoltre, conversione che lascia intatte le proprietà accidentali della prima sostanza, senza far luogo alle proprietà accidentali della nuova sostanza, le quali, pur essendoci, vi restano a modo di sostanza; infine il fatto che la sostanza prima sia pane e vino, e l'altra il corpo, il sangue, l'anima e la divinità di Cristo, costituiscono uno dei più alti "misteri" della vita e del pensiero cristiano. Molto spesso, infatti, l'eucaristia è denominata come "il mistero di fede" per antonomasia; e tutta la filosofia e teologia cattolica rinuncia a indagare quel che possa essere la transustanziazione, trovandosi di fronte a elementi che soverchiano l'intelletto umano e non sono naturalmente, nemmeno per via di analogie, controllabili. Per il cattolico dunque nell'eucaristia non v'è più sostanza di pane e di vino, né può dire che si annulla, ma solo che si "converte" nel corpo e nel sangue di Cristo: e siccome ov'è il corpo e il sangue di Cristo è anche la sua anima e la sua divinità, si converte in Cristo. Quindi "tutto" Cristo è in ambedue le specie, in ciascuna di esse, in ciascun frammento di esse, e in tutte le specie consacrate. Non sarebbe certamente il caso di accennare in questa sede alle molteplici discussioni scolastiche circa precisazioni filosofico-teologiche in materia, e circa le varie tendenze e correnti che anche in questa parte si riscontrano fra gli studiosi.
2: l'eucaristia come sacramento. - L'eucaristia è il più augusto e intimo dei sacramenti della Chiesa. I teologi ritrovano nell'eucaristia tutti gli elementi costitutivi del sacramento (v.): è un segno esteriore (pane, vino, mangiare, bere), che significa e produce l'unione con Cristo stesso, fonte della grazia; e fu istituito da Lui, come afferma tutta la tradizione ecclesiastica fondandosi sui citati passi della promessa e dell'istituzione. La particolarità di questo sacramento è la sua permanenza; gli altri, consistendo in un atto, compiutosi l'atto, si compiono e passano. La sua essenza sta tanto nelle specie del pane e del vino, quanto nel corpo di Cristo. Il pane, richiesto per la validità del sacramento, può essere o azimo o fermentato; il vino dev'essere puro di vite: pane e vino costituiscono la "materia" del sacramento. La "forma" di esso sono le parole dell'istituzione, ripetute dal sacerdote: "Questo è il mio corpo"; "Questo è il mio sangue". I dissidenti orientali ritengono sia l'epiclesi (v.).
Gli effetti proprî di questo sacramento sono: aumento della grazia santificante, remissione dei peccati veniali, preservazione dai mortali, remissione della pena temporale dovuta per i peccati, aumento di devozione cioè di alacrità nell'amore di Dio e del prossimo, unione dei fedeli tra loro. I teologi aggiungono: diminuzione del fomite della concupiscenza, e un germe di risurrezione deposto nel corpo. Circa la necessità di questo sacramento, la dottrina cattolica ritiene che sia necessario per la salvezza eterna, non per necessitȧ di mezzo, come dicono i teologi, perché per la vita eterna è necessaria in questo modo soltanto la grazia, e l'eucaristia non dà la grazia prima ma solo l'aumenta; ma è necessario di precetto, cioè per un espresso comando di Cristo (cfr. Giov., VI, 54) e della Chiesa nel Concilio lateranense IV. Hus e Calvino ritennero obbligatoria la comunione sotto l'una e l'altra specie; la Chiesa cattolica non ritiene necessaria, salvo che per il celebrante, la comunione se non sotto la specie del pane. È stato lungamente dibattuto, in varî secoli, sulla frequenza con cui si deve ricevere l'eucaristia; Pio X troncò la secolare questione, consigliando la massima frequenza, anche quotidiana, e la comunione ai fanciulli, appena incominciano a capire.
3: l'eucaristia come sacrificio. - Il sacrificio è definito dai teologi: "offerta che il legittimo sacerdote fa a Dio di una cosa sensibile, e distruzione - reale o equivalente - di essa, in riconoscimento del supremo dominio di Dio e della soggezione dell'uomo a lui".
L'eucaristia è il vero e proprio sacrificio del Nuovo Testamento; questo sacrificio è celebrato e compiuto nella messa. La teologia cattolica non è tuttavia concorde nell'assegnare la parte essenziale della messa, in quanto sacrificio: chi dice che il sacrificio sta nella consacrazione e nella comunione (Bellarmino), chi nella sola consacrazione (quasi tutti i moderni). Anche minor concordia vi è nello scoprire la ragione formale di sacrificio, ciò che rende sacrificio la messa: le opinioni sono varie.
Quanto è stato esposto costituisce, ridotto soltanto alle nozioni schematiche e fondamentali, l'insegnamento della Chiesa circa l'eucaristia. Si vedranno appresso alcune ptecisazioni liturgiche, canoniche, e di culto.
Storia del dogma e della sua teologia. - Nella Bibbia. - Trascurando per ora i tentativi di ritrovare un precedente, anzi una fonte, dell'eucaristia nel totemismo e nell'omofagia (cfr., dal punto di vista cattolico, H. Pinard De la Boullaye, L'étude comparée des religions, II, Parigi 1925, pp. 58-59), i passi essenziali che nel Nuovo Testamento parlano dell'eucaristia sono: 1. Giovanmi, VI, specialmente 25-59. L'esegesi di questo celebre capitolo ha tutta una storia. La Chiesa in nessun documento autentico ha sin qui dichiarato che bisogna vedervi una promessa esplicita dell'eucaristia, ma i teologi sono quasi concordi nel vedercela. La maggior parte dei critici indipendenti accetta la tesi, ma o negando la paternità giovannea del IV Vangelo, o affermando che in quel capitolo si esprimono piuttosto teorie della fine del sec. I che non pensieri e parole di Gesù Cristo. 2. Matteo, XXVI; Marco, XIV; Luca, XXII; I Cor., XI. In questi quattro luoghi è contenuto il racconto dell'istituzione. Sino al sec. XVI, tranne casi rari, non sorse dubbio sopra la verità dell'istituzione nel senso rilevato sopra. Col protestantesimo cominciarono le teorie che, negando la presenza reale, davano alle parole dell'istituzione un significato simbolico.
Un libro del Harnack (Brot und Wasser, die eucharistichen Elemente bei Justin, in Texte und Untersuchungen, VII, 2, pp. 115-144, Lipsia 1891) aprì una nuova epoca per lo studio di quei passi. Un elenco dei migliori critici sull'argomento, con esposizione ragionata, in C. Ruch, Eucharistie d'après la sainte Écriture, in Dictionnaire de théologie catholique, V, 1, coll. 1024-1121. Si citano altri passi biblici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, nei quali si sono voluti vedere, in un modo o nell'altro, accenni o profetici o storici all'eucaristia. Particolare importanza ha Malachia, I, 10-11.
Nella Chiesa primitiva. - Una triplice fonte di attestazioni, in riguardo, l'abbiamo dagli scritti dei Padri, dalle liturgie primitive, dai monumenti archeologici. La Didachè, IX, 2-3, implicitamente; S. Ignazio, esplicitamente e "in senso strettamente realistico", non simbolico (Harnack, Dogmengeschichte, 3ª ed., I, 202); S. Giustino, descrivendo la liturgia eucaristica (Apolog., I, 65-66); S. Ireneo (Adv. Haer., IV, 18; V, 2-3); Tertulliano in molti passi, e S. Cipriano assai più completamente e chiaramente; Clemente d'Alessandria e Origene, raramente e di sfuggita; Dionigi di Alessandria e Ippolito di Roma, riassumono la prima era patristica, tutt'altro che scarsa e priva di valore per il dogma eucaristico. Il sec. IV ha dato luogo a una letteratura estesissima di indagini e ricerche circa i numerosissimi luoghi eucaristici dei Padri di quel secolo; sarebbe evidentemente impossibile tentarne qui anche un compendio. Per le liturgie primitive, v. messa. Per i monumenti archeologici, v. agape.
Dal Medioevo a oggi. - Con il vivo movimento liturgico iniziato da Pipino il Breve e validamente sostenuto e ampliato da Carlo Magno, fu naturale che i maggiori liturgisti dell'età carolingia si occupassero dell'eucaristia. Con il suo De corpore et sanguine Domini, Pascasio Radberto iniziò invece una vera discussione teologica circa l'identità fra il corpo storico e il corpo eucaristico di Cristo: il libro è dell'831. Ratramno di Corbie nell'859 scrisse un trattato con lo stesso titolo. Rabano Mauro verso l'854 attaccò la dottrina di Pascasio. Altri scritti dell'epoca attestano la vivacità degli studî eucaristici nel sec. IX. Anche il sec. X se ne occupò; nel sec. XI, oltre al rifiuto dell'eucaristia da parte dei primi circoli catari, Berengario di Tours (v.) cominciò a negare la transustanziazione e forse anche la presenza reale. Quasi contemporaneamente (sec. IX-XI) si svolgeva la controversia tra greci e latini circa l'uso del pane o azimo o fermentato per l'eucaristia; controversia che ancora oggi costituisce un punctum dolens tra i cattolici e i bizantini dissidenti. Nel sec. XII la teologia eucaristica, pure partendo dai dati precedenti, diviene più ampia, più chiara, più definita, sia pure a costo di nuove ingenuità e imprecisioni. Guitmondo d'Aversa, Algeri di Liegi, Gregorio da Bergamo continuano, nella direzione di Lanfranco, la lotta anti berengariana.
I catari movevano anch'essi, con i gruppi eretici affini, molte difficoltà e negazioni contro l'eucaristia; alcune d'ordine dottrinale e dialettico (e se ne trova l'eco negli anonimi opponitur dei sommisti), altre d'ordine volgare, per far impressione sulle folle. Concilî, lettere e consultazioni di vescovi e dottori, sermoni, opere esegetiche, opere liturgiche (trattati e poesia), scritti di teologi e canonisti sono ricchi di passi circa l'eucaristia, e anche di idee e sistemazioni dialettiche, che insieme formano un materiale ingente.
Il sec. XIII, quello che a buon diritto fu chiamato il secolo d'oro della scolastica, elaborò questi abbozzi, raggiungendo in Bonaventura e Tommaso la linea perfetta e la giusta profondità.
Pure sulla falsariga di Pietro Lombardo, la teologia eucaristica attinge quella perfezione, in molte parti, che resterà definitiva. Nel sec. XIV, verso la fine, sono notevoli le affermazioni ereticali di Wycliffe, che pure ricollegandosi (piuttosto che alla scolastica) a vecchie posizioni catare, preludevano in qualche modo al protestantesimo. Il concilio di Firenze (1438-1445) si occupò dell'eucaristia, massime in rapporto con le chiese orientali; ma non può, per estensione e importanza, paragonarsi al concilio di Trento, il quale, dovendo concludere le innumerevoli discussioni suscitate dalle varie sette protestantiche sull'eucaristia, studiò e discusse a lungo l'argomento, e lo trattò e definì nella sessioni XIII, XXI, XXII e, indirettamente, XXIII.
Per le discussioni tra protestanti intorno alla Santa Cena, alla presenza reale, ecc., v. lutero; marburgo: Colloquio di Marburgo; zwingli.
Dopo il concilio, i libri d'insegnamento ordinario e di edificazione sono innumerevoli. Ma anche i maggiori libri di controversia e i più poderosi trattati teologici ormai non fanno procedere di molto la teologia eucaristica; e di nuovo non ci sono che punti particolari e discettazioni in margine.
Sulla fine del sec. XIX e al principio del sec. XX sono state richiamate in discussione storica e filologica le origini e prime attestazioni dell'eucaristia, come si è rilevato sopra.
Liturgia e culto. - L'eucaristia è il centro della vita soprannaturale nella Chiesa, e il mistero più alto in cui si accentra la liturgia cristiana. Si spiega pertanto la disciplina dell'arcano, e tutto un insieme di cautele e di riguardi, sia riguardo ai non fedeli sia nel seno della Chiesa. In antico, l'eucaristia era collegata con il battesimo e la cresima, e ancor oggi con tutti i sacramenti. Il cristiano morente riceve l'eucaristia in viatico. L'unico "sacrificio" nel cristianesimo è il sacrificio eucaristico della messa (v.). Nessuna meraviglia che la prima e primitiva liturgia ci apparisca per intero e soltanto eucaristica; la liturgia dell'Ufficio (v. breviario) venne più tardi, e si staccò da quella eucaristica con il monachismo; ma ancor oggi si può vedere come in realtà anche essa costituisca un irradiamento e sviluppo, quasi un'aggiunta, rispetto a quella eucaristica. La liturgia eucaristica è quella del sacramento e del sacrificio: dunque della comunione e della messa (v.). Qui verrà dato solamente un breve cenno del culto extra-liturgico e di alcune particolarità.
Miracoli eucaristici. - Già in Cipriano (De lapsis, 4) sono riferiti miracoli eucaristici; ma tutta la storia della Chiesa ne è ricca nelle varie nazioni e regioni. Per miracoli eucaristici vanno intesi quegli eventi preternaturali, come dicono i teologi, che hanno per causa o per oggetto l'eucaristia. Miracoli del genere raccontano Ottato di Milevi, II, 19; S. Ambrogio (De excessu Satyri); S. Gregorio di Nazianzo (Oratio XI); e così anche parecchi altri. Degno di nota Agostino (Contra Iulianum, III, 16). Il Medioevo, nelle vite dei santi, e anche l'età moderna, ne offrono esempî copiosi. Il duomo di Orvieto è connesso col miracolo famoso di Bolsena (v.).
Conservazione dell'eucaristia. - Nell'insegnamento cattolico, Cristo è presente sotto le specie del pane e del vino da quando il sacerdote pronunzia le parole della consacrazione sino a quaudo le specie non sono consumate o essenzialmente alterate, e non soltanto nell'atto della consacrazione o della comunione. Naturale quindi che l'eucaristia cominciasse ben presto a essere custodita nelle chiese. Nell'antichità si soleva portare agl'infermi e agli assenti; e da alcuni passi (Origene, Gregorio di Nazianzo, Ottato di Milevi, Cirillo d'Alessandria) si può inferire l'esistenza dell'uso di conservarla. Per i malati che da un momento all'altro potevano morire, si usò nel Medioevo conservar parte dell'ostia grande consacrata. Fu in uso, da parte del papa e di alcuni vescovi, inviare parte dell'ostia consacrata ad altre chiese e ad altri vescovi, in segno di comunione ecclesiastica. Inoltre, sino per esempio a Pio VI e anche sino a Pio IX, ci fu il costume di portar con sé l'eucaristia nei grandi viaggi. Nell'antichità, si davano casi in cui la si seppelliva insieme con i morti. E non raramente, oltre all'ostia, si conservava altresì il vino consacrato. Per il luogo nel quale veniva conservata l'eucaristia v. ciborio. Per le discussioni nella chiesa anglicana, v. anglicana, comunione, III, p. 322.
Devozioni eucaristiche. - Dopo il Mille e le grandi discussioni eucaristiche del sec. XI, incomincia in Europa, quasi in opposizione alle insinuazioni delle sette catare, una devozione particolare ed extra-liturgica all'eucaristia. Una delle caratteristiche della pietà cattolica, nel secondo millennio cristiano, è precisamente questa crescente devozione per l'eucaristia. L'altare ove si conserva l'eucaristia, il "Santissimo", è il centro effettivo di ogni chiesa moderna. Sembra posteriore al Mille l'uso di tener sempre accesa dinnanzi a tale altare una lampada: oggi è prescrizione universale. Col prevalere nella Chiesa delle forme individuali di pietà, non è difficile notare che l'attenzione cristiana si è spostata dalle grandi celebrazioni liturgiche agli esercizî e alle pratiche personali di devozione; e questo in particolar modo nell'eucaristia. Una delle pratiche di maggior conseguenza generatasi dallo sviluppo del culto eucaristico fu quella che dal più recente storico di essa è stata definita "il desiderio di veder l'ostia".
Sia nei maggiori mistici sia nei ceti popolari, incominciò a farsi vivissimo il desiderio di veder le sacre specie, oltre che riceverle in comunione e assistere alla loro consacrazione nella messa. Questo desiderio diede luogo a eccessi dottrinali e pratici, che ritroviamo corretti nei teologi e nella disciplina ecclesiastica; ma preparò il terreno alle feste processionali, e alle cosiddette "esposizioni" del Sacramento, oggi in largo uso nella Chiesa. Il rito dell'"elevazione" delle sacre specie durante la messa pare debba connettersi con questa corrente devozionale, e fu insinuato da concilî e teologi. La consuetudine di mostrare l'ostia consacrata ai moribondi che non potevano comunicarsi, se non così antica, fu però egualmente comune, specialmente nei secoli XIV-XV. Nel sec. XIV ebbero inizio anche le cosiddette "esposizioni" vere e proprie: ne troviamo attestato l'uso in Umbria nel 1330; ma in Italia e fuori si propagò ben presto. L'uso dell'ostensorio (v.) risale a questo tempo, ma pare servisse piuttosto per la processione. Alcuni umanisti e tutti i protestanti attaccarono come idolatriche e superstiziose codeste usanze. Ma invano: nel 1600, sia pure attraverso polemiche e discussioni, prese voga grandissima la costumanza dell'esposizione anche quotidiana dell'eucaristia nel pomeriggio; nel 1700 era ormai già invalsa in tutta la Chiesa, chiamata in Italia "la visita" o "la benedizione", in Francia "le salut", ecc. Non bisogna dimenticare che, per impulso di S. Giuliana di Mont-Cornillon, nel 1264 fu istituita la festa del Corpus Domini, ben presto diffusasi in tutta la cristianità, con processioni solenni. È noto che l'uffificio liturgico della festa e ottava fu composto da S. Tommaso d'Aquino. Ogni paese ha usanze singolari nella processione. Molte confraternite laicali si raccoglievano sotto il nome del SS. Sacramento, con particolari obblighi di culto verso l'eucaristia. Nella prima metà del Cinquecento ebbe origine la più famosa delle esposizioni del SS. Sacramento, detta delle "Quarantore" appunto per la sua durata. Ne è controversa la paternità, ma pare sorgesse la prima volta in Milano, e fu molto diffusa dai barnabiti e dai cappuccini. Oggi è di uso universale. Altra devozione è l'adorazione perpetua: l'eucaristia è solennemente esposta tutto il giorno, e spesso anche tutta la notte, e i fedeli per turno si avvicendano all'adorazione. Particolari istituti religiosi, specie femminili, si consacrano a questa preghiera perpetua. D'istituzione più recente sono i congressi eucaristici (v. appresso). Tutta questa rigogliosa rifioritura di culto eucaristico non mancò di suscitare sospetti, recriminazioni, censure; è sorta in proposito, non solo una particolare letteratura, ma anche una legislazione canonica e liturgica speciale.
Bibl.: H. Leclercq, Eucharistie, in Dictionnaire d'archéol. chrét. et de liturgie, V, i, coll. 682-86, ove sono elencati tutti i monumenti archeologici relativi all'eucaristia; R.-S. Bour, L'Eucharistie d'après les monuments de l'antiquité chrétienne, in Dictionnaire de théologie catholique, V., i, coll. 1183-1210: con ampia bibliografia; F. J. A. Hort, J. O. F. Murray, Εὐχαριστία Εὐχαριστεῖν in Journal of Theological Studies, 1902, pp. 594-595; F. Cabrol, Eucharistie, in Dictionnaire d'archéol. chrét. et de liturgie, V, i, coll. 686-692. Per un ricco elenco di trattati teologici cfr. Dict. de théol. cathol., V, ii, coll. 1359-1360; fra altri, G. B. Franzelin, De Eucharistiae sacramento et sacrificio, 3ª edizione, Roma 1879; L. Billot, De Ecclesiae Sacramentis, 4ª ed., I, Roma 1906-08. Per le origini: S. Rauschen, L'Eucaristia e la penitenza nei primi sei secoli della Chiesa, trad. ital., Firenze 1909. Per la storia dell'eucaristia, cfr. J. Corblet, Histoire dogmatique, liturgique et archéologique du Sacrement de l'Eucharistie, voll. 2, Parigi 1886 (ricco di dati, ma soggetto a cauzione); D. Stone, A history of the doctrine of the Holy Eucharist, Londra 1909; E. Dumoutet, Le désir de voir l'hostie, Parigi 1926 (v. anche adorazione perpetua).
L'eucaristia nel rito bizantino.
Nel rito bizantino, la comunione si dà sotto le due specie eucaristiche del pane e del vino, mescolate insieme nel calice, e dal secolo VII distribuite per mezzo di un cucchiaino di metallo prezioso. Per ovvî motivi igienici molti cattolici adoperano oggi il sistema di distribuire la comunione con le dita, essendo la particella di pane consacrato oblunga e l'estremità di essa bagnata nel vino consacrato. I dissidenti si tengono all'antico uso, e questo è certo uno dei motivi della rarità delle comunioni tra loro.
I congressi eucaristici.
Sono adunanze religiose dei cattolici, ordinariamente da 3 a 5 giorni, intese a onorare pubblicamente e socialmente Gesù Cristo nell'eucaristia, con partecipazione collettiva alle varie funzioni del culto eucaristico, con predicazioni, trattazioni e manifestazioni solenni.
La prima idea fu quella dei pellegrinaggi eucaristici, sorta nell'animo di Marie-Marthe-Émilie Tamisier (1834-1910): idea che poi si trasformò in quella dei "Congressi eucaristici internazionali", attuata con l'aiuto di mons. Louis-Gaston de Ségur (1820-1881) e di Filiberto Vrau (1829-1905), che ne ottennero l'approvazione da Leone XIII il 16 maggio 1881. Questo stesso anno, dal 28 al 30 giugno, si teneva il primo congresso eucaristico internazionale a Lilla. In quello di Gerusalemme, nel 1893, si ebbe per la prima volta un cardinale legato, che fu di poi mandato dal papa a quasi tutti i successivi congressi. Interr0tti dalla guerra, furono ripresi nel 1922 e sono celebrati ogni due anni. Sino al 1930 se ne contano 30 nei seguenti anni e luoghi: I, 1881, Lilla; II, 1882, Avignone; III, 1883, Liegi; IV, 1885, Friburgo (Svizzera); V, 1886, Tolosa; VI, 1888, Parigi; VII, 1890, Anversa; VIII, 1893, Gerusalemme; IX, 1894, Reims; X, 1897, Paray-le-Monial; XI, 1898, Bruxelles; XII, 1899, Lourdes; XIII, 1901, Angers; XIV, 1902, Namur; XV, 1904, Angoulême; XVI, 1905, Roma; XVII, 1906, Toumai; XVIII, 1907, Metz; XIX, 1908, Londra; XX, 1909, Colonia; XXI, 1910, Montréal; XXII, 1911, Madrid; XXIII, 1912, Vienna; XXIV, 1913, Malta; XXV, 1914, Lourdes; XXVI, 1922, Roma; XXVII, 1924, Amsterdam; XXVIII, 1926, Chicago; XXIX, 1928, Sydney (Australia); XXX, 1930, Cartagine; XXXI, per il 1932 è assegnato a Dublino. In Italia, anche i congressi nazionali e regionali hanno preso grande incremento. L'opera dei congressi eucaristici internazionali viene promossa e regolata, sotto la dipendenza della S. Sede, dal Comitato permanente dei C.E.I.
Bibl.: J. Vaudon, L'Øuvre des congrès eucharistiques, ses origines, Parigi 1910; Les Congrès euchar. internationaux, de Lille (1881) à Paray-le-Monial (1897), Parigi 1910; P. Feron-Vrau, Les triomphes eucharistiques dans les 25 premiers congrès euchar. internationaux, Parigi 1920.