PANCINI, Ettore
PANCINI, Ettore. – Nacque a Stanghella (oggi provincia di Rovigo, allora di Padova) il 10 agosto 1915, secondogenito di Giulio, ingegnere del Comune di Venezia, e di Maria Galeazzi.
Frequentò le scuole elementari e medie a Venezia, quindi il liceo classico al Collegio militare di Napoli. Dopo la maturità s’iscrisse al corso di laurea in matematica dell’Università di Padova, passando, dopo il primo anno, al corso di laurea in fisica. Ricopriva allora la cattedra di fisica sperimentale Bruno Rossi, il quale aveva fatto costruire la nuova sede dell’Istituto di fisica Galileo Galilei, che ospitava attività di ricerca sui raggi cosmici, sul modello della scuola di Arcetri da cui proveniva.
Durante gli anni di Padova, Pancini conobbe Elda Rupil, che sposò nel 1941 e dalla quale ebbe quattro figli, Barbara, Alessandra, Giulio e Alice. Risale al periodo patavino anche l’incontro con Eugenio Curiel della sezione clandestina veneziana del Partito comunista italiano, figura influente sullo sviluppo del suo pensiero politico.
Si laureò nel 1938, avendo come relatore Rossi, poche settimane dopo che questi aveva dovuto lasciare l’istituto di Padova a causa delle leggi razziali. Nominato assistente straordinario, a causa dell’allontanamento di Rossi non poté continuare la ricerca scientifica ad alto livello. Alla fine del 1939 si recò pertanto all’Istituto di fisica Guglielmo Marconi di Roma per cercare di inserirsi nel locale gruppo di ricerca sui raggi cosmici. Su consiglio di Gilberto Bernardini e di Edoardo Amaldi, Antonino Lo Surdo lo assunse nel gennaio 1940 come ricercatore all’Istituto nazionale di geofisica. Nel dicembre dello stesso anno, Pancini divenne assistente di ruolo dell’Ufficio del corista uniforme, formalmente con il compito di controllare la corretta intonazione degli strumenti musicali. Di fatto, lavorava come assistente di Bernardini, svolgendo ricerche sugli elettroni presenti nei raggi cosmici e sulla misura della vita media del mesotrone.
Ispirato dalla comprensione delle forze elettromagnetiche come dovute all’esistenza e alle proprietà del fotone, Hideki Yukawa aveva formulato nel 1935 una teoria delle forze nucleari agenti tra i nucleoni (protoni e neutroni), descrivendo anch’esse come l’effetto di un’ipotetica particella. Secondo la teoria di Yukawa, tale particella doveva avere una massa intermedia tra quella dell’elettrone e quella del protone e fu pertanto detta ‘mesotrone’. Una particella con questa massa fu scoperta nel 1937 da Seth Neddermeyer e Carl Anderson. Le ricerche di Pancini sulla sua vita media si collocavano nel contesto della determinazione sperimentale delle sue proprietà.
Pancini fu chiamato alle armi nel febbraio 1941 come sottotenente dell’artiglieria contraerea, spostandosi tra varie sedi sul territorio italiano. Solo durante l’inverno 1942-43 ebbe un breve periodo di licenza, ottenuto grazie a Lo Surdo, durante il quale lavorò ad alta quota sul Plateau Rosa insieme a Bernardini, Nestore Cacciapuoti e Oreste Piccioni per effetturare ricerche sui raggi cosmici.
Ferito durante il bombardamento alleato di Roma del 19 luglio 1943, si recò in licenza a Venezia, dove lo raggiunse la notizia della firma dell’armistizio di Cassibile. Trovandosi nella parte d’Italia ancora sotto il regime fascista, decise di unirsi alla resistenza partigiana. Con il nome di battaglia di Achille fu il comandante dei Gruppi di azione partigiana di Venezia. Nel 1944 divenne comandante della zona militare di Venezia, organizzando numerosi assalti contro le truppe naziste e fasciste. Arrestato dai tedeschi nell’aprile 1945, dopo tre settimane riuscì a evadere e riprese il ruolo di comandante.
Alla fine della guerra, sciolse i corpi militari partigiani alle sue dipendenze e ritornò a Roma per continuare l’attività di ricerca scientifica, seppure in grandissime ristrettezze economiche. Le ricerche poterono riprendere grazie al recupero di componenti strumentali presso i campi dell’ARAR (Azienda rilievo e alienazione residuati).
Unendosi a Marcello Conversi e a Piccioni, Pancini contribuì alle fasi finali di quelle ricerche sperimentali che la storiografia, riprendendo il suggerimento di Luis Alvarez nella sua Nobel Lecture (Recent developments in particle physics, in Les Prix Nobel of 1968, Stoccolma 1969), indica come l’inizio della fisica delle alte energie.
Proseguendo le ricerche sperimentali sulle proprietà del mesotrone, grazie a un ingegnoso sviluppo della strumentazione elettronica, Conversi, Pancini e Piccioni ottennero il risultato sperimentale inaspettato che in realtà questa particella non interagisce con i nuclei con forze nucleari (On the disintegration of neg-ative mesons, in Physical review, LXXI [1947], 3, pp. 209 s.). Il mesotrone scoperto da Neddermeyer e Anderson pertanto non poteva essere la particella prevista da Yukawa per spiegare le forze nucleari, ma era un’altra particella (detta oggi ‘muone’), simile all’elettrone. La particella, prevista da Yukawa (detto oggi ‘pione’), fu scoperta a Bristol dal gruppo di Cecil Powell e Giuseppe Occhialini.
Oltre alla ripresa delle attività presso l’Istituto di fisica di Roma, anche le ricerche sul Plateau Rosa si avvalsero del contributo di Pancini che, con Bernardini e Claudio Longo, realizzò il laboratorio della Testa Grigia a 3480 m di quota. Pancini ne fu il primo direttore dal 1949 fino al 1953.
Vinto il concorso alla cattedra di fisica dell’Università di Sassari, divenne professore straordinario il 1° novembre 1950. A causa delle scarse risorse, nella nuova sede non poté compiere alcuna ricerca, motivo per cui saltuariamente si recava a Roma per utilizzare i nuovi strumenti a disposizione. Dopo soli due anni lasciò Sassari e nel 1952 successe a Occhialini sulla cattedra di fisica sperimentale presso l’Università di Genova, dove trovò una situazione radicalmente diversa: Occhialini aveva portato da Bristol la tecnica delle emulsioni nucleari per lo studio dei raggi cosmici e aveva costituito un gruppo di ricerca attivo in collaborazioni europee. Pancini proseguì l’opera di Occhialini nello sviluppo dell’Istituto di fisica di Genova, inserendolo nella rete delle istituzioni nazionali di fisica e delle collaborazioni con i gruppi di ricerca di altre sedi universitarie, come l’Istituto nazionale di fisica nucleare e i laboratori di Frascati, dove era in costruzione l’elettrosincrotrone.
Numerosi furono i contributi del gruppo diretto da Pancini nella costruzione di nuovi tipi di strumenti per la fisica delle alte energie e l’analisi isotopica. Un ulteriore sviluppo alle ricerche fu dovuto all’acquisto di un betatrone che permise ulteriori studi in fisica nucleare.
Nel 1961 Pancini si trasferì all’Università e alla sezione dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Napoli, dove rimase fino alla morte, occupando fino al 1978 la cattedra di fisica generale per poi passare alla cattedra di ottica. Le ricerche del periodo napoletano videro in un primo tempo lo studio della gammaradiolisi degli idrocarburi per osservare la formazione di molecole organiche di interesse prebiotico.
Le attività sulle particelle elementari ripresero invece a livello di collaborazione nazionale, data anche la lentezza con cui si riuscì ad acquistare un acceleratore Tandem per la sede napoletana. In particolare, Pancini s’interessò allo studio di magneti per la macchina Adone dei laboratori di Frascati e ai raggi X della luce di sincrotrone prodotta da tale acceleratore. A Napoli, collaborò inoltre con Giulio Cortini in attività di ricerca sull’insegnamento scolastico delle scienze.
Parallela alla sua attività scientifica si svolse la sua vita politica come membro del Partito comunista italiano, di cui fece parte tra l’altro del Comitato centrale. L’impegno politico nel Partito comunista continuò fino alla seconda metà degli anni Cinquanta quando, in seguito alle critiche di Khruščëv al regime stalinista, se ne allontanò. Nel 1969, poi, lo lasciò definitivamente per passare con il gruppo del Manifesto. Partecipò alle elezioni politiche del 1979 e alle elezioni regionali del 1980 come candidato di Democrazia Proletaria.
Morì a Venezia il 1° settembre 1981.
Fonti e Bibl.: E. Amaldi, Ricordo di E. P., in Il nuovo Saggiatore, V (1989), pp. 34-46; C. Castagnoli, I 50 anni del laboratorio della Testa Grigia (a 3500 m s.l.d.m.), in Quaderni di storia della fisica, III (1998), pp. 53-126.