MOLINARI, Ettore
MOLINARI, Ettore. – Nacque a Cremona il 14 luglio 1867 da Giuseppe, facoltoso proprietario terriero, e da Giuseppa Antonioli.
Trascorsa l’infanzia a Cremona nell’ambiente cattolico e tradizionalista frequentato dalla sua famiglia, nel 1882 il M. iniziò la scuola di viticoltura ed enologia di Conegliano, in provincia di Treviso, da cui venne espulso tre anni dopo perché fu accusato di propaganda rivoluzionaria. Non potendo frequentare nessuna università italiana, nel 1885 si trasferì a Zurigo per iscriversi al Politecnico. Si diplomò nel 1888 e il 6 marzo 1889 si laureò in chimica all’Università di Basilea.
Gli impegni di studio non ostacolarono l’attività politica che trovò stimoli in Svizzera, dove risiedevano numerosi esuli di fede anarchica e socialista, con i quali strinse duraturi rapporti di amicizia (E. Reclus, P.A. Kropotkin, M. Nettlau, J. Gross, J. Grave). Grazie a loro il M. entrò in contatto con un clima politico e culturale dominato dal positivismo evoluzionistico e quindi dalla convinzione che il socialismo avrebbe liberato l’uomo dal dominio degli altri uomini, così come la scienza l’avrebbe affrancato dalla dipendenza dalla natura. Nel settembre 1887 partecipò al terzo congresso del Partito operaio italiano, che si svolse a Pavia, e sostenne l’esigenza di un suo convinto approdo sulle posizioni del socialismo anarchico.
Con questa formazione, e sempre più vicino alle lotte dei lavoratori e delle classi subalterne, nel 1889 si trasferì a Parigi con Elena Delgrossi, una maestra elementare che aveva sposato nel maggio dello stesso anno e da cui avrebbe avuto sette figli (Amile nel 1890, Ribelle nel 1892, Henry nel 1894, Vittorio nel 1896, Alessandro nel 1898, Iride nel 1902 e Libero nel 1906). A Parigi lavorò in una farmacia e frequentò gli ambienti artistici (mosso dall’esigenza di vendere alcuni quadri che aveva ereditato dalla famiglia), ma ebbe modo anche di intervenire, nel luglio 1889, al congresso di fondazione della II Internazionale.
Divenuto uno fra i più noti esponenti dell’anarchismo europeo, il M. nel giugno 1890 dovette lasciare la Francia e si trasferì a Londra, dove conobbe E. Malatesta. Dal dicembre 1890 al settembre 1891 fu poi a Heidelberg, dove lavorò come assistente volontario presso il laboratorio municipale. In quel periodo, oltre a partecipare a diversi convegni, il M. divenne noto ai suoi compagni di lotta per la pubblicazione a Londra sulla rivista francese L’International di alcune istruzioni di chimica per la fabbricazione di ordigni esplosivi.
Alla fine del 1891 tornò in Italia, ponendo le proprie competenze al servizio della ricerca scientifica e della gestione delle industrie chimiche: assistente di chimica inorganica presso la scuola superiore di agricoltura di Milano dal 1892, nel 1895 iniziò a lavorare come chimico presso lo stabilimento tessile di G. Rossi. Non si trattò di aspetti diversi del suo percorso biografico, né di esperienze eterogenee: il M., come anarchico e come chimico, considerava la necessità dello sviluppo della tecnologia una premessa indispensabile per lo sviluppo sociale e per la rivoluzione libertaria. Per questo nel 1895 fu tra i fondatori della Società chimica di Milano e dal 1901 al 1916 diresse la scuola di chimica della Società di incoraggiamento d’arti e mestieri (SIAM), facendovi affluire in poco tempo giovani laureati che trovarono un ambiente formativo e applicativo di grande valore e svilupparono ricerche sperimentali originali.
In quegli stessi anni il M. prese posizione all’interno del dibattito che si sviluppò fra le varie componenti del movimento anarchico. In particolare espresse le proprie riflessioni dalle pagine del Grido della folla, il periodico che fondò nel 1902 con G. Gavilli e Nella Giacomelli, un’anarchica di Lodi, che era l’istitutrice dei suoi figli e divenne poi la sua compagna. Il giornale rappresentò il principale luogo di elaborazione dell’individualismo anarchico italiano, i cui sostenitori rifiutavano la violenza, erano liberisti, non teorizzavano il furto e l’illegalità come altre correnti anarchiche e, soprattutto, si battevano in favore di azioni individuali non organizzate e di una prassi politica spontaneista che avrebbe portato all’avvento di una società comunista non organizzata. Per queste ragioni avevano forti contrasti con il resto del movimento, erano decisamente contrari alla fondazione di un partito anarchico, non escludendo l’ipotesi di partecipare alle organizzazioni operaie già esistenti.
L’impegno come anarchico non precluse al M. la carriera universitaria, che egli proseguì brillantemente. Dal 1902 fu incaricato dell’insegnamento di chimica generale e inorganica presso l’Istituto tecnico superiore, il futuro Politecnico di Milano. Nel 1904 gli venne conferita la cattedra di chimica merceologica all’Università commerciale Bocconi di Milano. Nel 1905 divenne libero docente di chimica generale al Politecnico e nel 1906 direttore della neonata scuola professionale per l’industria di saponi e materie grasse.
In questo periodo si dedicò anche alla stesura delle sue opere principali, il Trattato di chimica generale ed applicata all’industria, il cui primo volume, relativo alla chimica inorganica, fu pubblicato a Milano nel 1904, mentre quello sulla chimica organica uscì sempre a Milano nel 1908. Tale opera, più volte ristampata e tradotta in varie lingue, gli valse notevole fama e fece del M. uno dei più stimati chimici industriali del suo tempo. Il M. può inoltre essere considerato il maggiore esperto italiano di esplosivi, un tema sul quale pubblicò insieme con F. Quartieri il volume Notizie sugli esplodenti in Italia (Milano 1913).
Con lo scoppio della prima guerra mondiale iniziò una nuova fase nella carriera di scienziato e di uomo politico del M., che vide i suoi rapporti con il mondo della chimica e dell’industria farsi sempre più difficili. Coerentemente con le posizioni sostenute dal movimento anarchico internazionale, preoccupato per gli impieghi distruttivi della scienza e impegnato nella ricerca di un nuovo modo di intendere lo sviluppo economico, il M. si schierò infatti a favore della causa neutralista. D’altro canto, sin dall’inizio della guerra egli caldeggiò la collaborazione fra l’industria e la cultura tecnico-scientifica, anche perché riteneva indispensabile recuperare il ritardo della chimica italiana rispetto a quella di altri paesi europei. Nel 1915 divenne direttore del laboratorio chimico della Società italiana dei prodotti esplodenti (SIPE) di Cengio, in provincia di Savona, dove il M. lavorava come consulente già dal 1910, grazie ai suoi studi innovativi sugli esplosivi. Oltre a produrre acido fenico per uso farmaceutico e ad avviare a soluzione diversi problemi legati alla produzione dei coloranti che fino ad allora venivano prodotti solo in Germania, alla SIPE il M. perfezionò la lavorazione del tritolo e i suoi sforzi furono talmente importanti che lo stabilimento venne dichiarato ausiliario per la produzione di esplosivi, data la richiesta proveniente dall’esercito. Nel 1916, proprio per questi risultati, il M. entrò a far parte con altri docenti universitari del Comitato nazionale tecnico-scientifico per lo sviluppo e l’incremento dell’industria italiana, nato quell’anno con l’obiettivo di potenziare l’apparato produttivo e di ridurre la dipendenza dall’estero di materie prime e di elaborati.
Di fatto risolvere le contraddizioni non dovette essere semplice. Nel 1917, nella prefazione alla quarta edizione del suo Trattato di chimica generale, scrisse: «Quando tutti i popoli, che pagano con il loro sangue le follie criminose delle classi dirigenti, non si lasceranno più ingannare dalle attraenti vernici idealiste con cui si mascherano i veri reconditi scopi di ogni guerra, allora la chimica cesserà di essere strumento di barbarie e tutta la sua meravigliosa attività sarà indirizzata ad accrescere il benessere materiale ed intellettuale degli uomini di tutto il mondo, senza distinzione di nazionalità e razza».
Intanto dal 1916 era diventato libero docente di chimica tecnologica al Politecnico di Milano, dove provvide al riordino dei laboratori per le esercitazioni degli ingegneri chimici e si adoperò per espandere la sezione di ingegneria chimica.
La fine della guerra vide il M. impegnato nella riconversione dell’industria bellica e nelle lotte dell’anarchismo. Insieme con la Giacomelli partecipò al convegno degli anarchici italiani che si svolse a Firenze nell’aprile del 1919 e da cui nacque l’Unione anarchici italiani (UAI). Il M. entrò a far parte del consiglio generale dell’UAI e decise di finanziare un quotidiano che desse voce alle diverse componenti del movimento. Nel febbraio 1920 fondò perciò Umanità nova, affidandone la direzione a Malatesta, e pubblicò Fattori economici pel successo della rivoluzione sociale (Milano).
Nel frattempo la repressione poliziesca si fece più intensa. Controllato dalla polizia sin dalla fine dell’Ottocento, il M. riuscì a evitare la condanna al carcere che all’inizio degli anni Venti aveva colpito la maggior parte degli anarchici e dei socialisti italiani e poté continuare a sostenere i suoi compagni di battaglia. In realtà, la prefettura di Milano il 16 nov. 1920 lo descrisse come «capace di dirigere atti terroristici», anche se nel luglio del 1921 gli venne rinnovato il passaporto per la Germania e la Svizzera, dove andò a visitare laboratori e impianti chimici industriali in vista della creazione di un istituto chimico di perfezionamento. Il 4 genn. 1925 fu promosso docente stabile di chimica tecnologica al Politecnico di Milano. Il 17 luglio 1926 un’informativa prefettizia inviata da Milano al ministero degli Interni lo definiva «anarchico» e «idealista», ma alieno da ogni azione di propaganda e di violenza.
Il M. morì a Milano il 9 nov. 1926.
Fra i scuoi scritti politici, oltre a quelli già citati: Verso l’anarchia. Con lettera polemica di P. Kropotkine, Milano 1907 e Un triste caso di libellismo anarchico. (Risposta ad un turpe libello di Paolo Schicchi), ibid. 1909.
Fonti e Bibl.: Bergamo, Biblioteca civica A. Mai, Archivio Ettore Molinari (l’inventario è disponibile anche on line: www.bibliotecamai.org); Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale; Ibid., Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Istruzione Superiore, II versamento, Serie I, b. 100; ibid., Divisione I, Liberi docenti, Serie II (1910-1930), b. 221; R. Lepetit, E. M., in Giornale di chimica industriale ed applicata, VIII, novembre 1926, pp. 584 s.; P.C. Masini, Il giovane M., in Volontà, XXIX, novembre-dicembre 1976, pp. 469-476; Id., Storia degli anarchici italiani nell’epoca degli attentati, Milano 1981, pp. 199-201; La scienza accademica nell’Italia post-unitaria. Discipline scientifiche e ricerca universitaria, a cura di V. Ancarani, Milano 1989, p. 115; G. Lacaita, L’intelligenza produttiva. Imprenditori, tecnici e operai nella Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri di Milano (1838-1988), Milano 1990, ad ind.; M. Antonioli - P.C. Masini, Il sol dell’avvenire. L’anarchismo in Italia dalle origini alla prima guerra mondiale, Pisa 1999, pp. 74, 76, 134; A. Luparini, Anarchici di Mussolini. Dalla sinistra al fascismo tra rivoluzione e revisionismo, Montespertoli 2001, p. 22; L. Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L’anarchismo in Italia dal biennio rosso alla guerra di Spagna (1919-1939), Pisa 2001, pp. 40-42 e ad ind.; L. Cerruti, Bella e potente. La chimica del Novecento fra scienza e società, Roma 2003, ad ind.; G. Mangini, E. M., in Dizionario biografico degli anarchici italiani, II, Pisa 2004, pp. 195-201; Enc. Italiana, XXIII, p. 562.