LO GATTO, Ettore
(App. II, II, p. 226)
Slavista italiano, morto a Roma il 16 marzo 1983. Professore di Lingua e letteratura russa dal 1941 all'università di Roma, L.G. è stato membro di numerose istituzioni italiane e straniere, tra cui l'Accademia dei Lincei (socio corrispondente dal 1963, socio nazionale dal 1972). Tra i numerosi riconoscimenti si ricordano il premio Viareggio (1960) e il premio ''Presidente della Repubblica'' dell'Accademia dei Lincei (1966). Con G. Maver è stato condirettore della rivista Ricerche slavistiche. Attraverso conferenze e cicli di lezioni di letteratura russa tenuti in molte università italiane e straniere, attraverso trasmissioni radiofoniche, L.G. ha svolto tra l'altro un'importante funzione di organizzatore culturale, di centro animatore di un'intera disciplina.
Dopo la seconda guerra mondiale, L.G. concentrò la propria attività quasi esclusivamente sulla cultura russa (ma vanno comunque ricordati i suoi studi di letteratura boema il cui frutto migliore è forse la bella traduzione di Maggio, di K.H. Mácha, 1950). Vede così la luce una serie di storie della letteratura russa: Storia della letteratura russa contemporanea (1958); Storia della letteratura russa moderna (1960); Profilo della letteratura russa dalle origini a Solženicyn. Momenti, figure, opere (1975). A esse si aggiungono le cinque nuove edizioni − l'ultima è del 1979 − della fortunatissima Storia della letteratura russa del 1942, tradotta anche in spagnolo e francese. Accanto a questa imponente storiografia letteraria, L.G. dà alle stampe lavori dedicati ad altri aspetti essenziali della civiltà letteraria e, in genere, della cultura russa: Grammatica della lingua russa (1950); L'estetica e la poetica in Russia (1947); Storia del teatro russo (1952); ma ritorna poi alla letteratura stricto sensu con Puškin. Storia di un poeta e del suo eroe (1959), il libro che gli valse il premio Viareggio. E fondamentalmente ''letterariocentrici'' sono anche Il mito di Pietroburgo. Storia, leggenda, poesia (1960), Russi in Italia (1971) e l'autobiografico I miei incontri con la Russia (1976). Non meno indefessa in questi anni fu l'attività di L.G. come traduttore. Fra i tanti titoli, vanno menzionate almeno le sue versioni di Puškin − di cui volse in italiano praticamente l'intera opera −, Turgenev, Nekrasov, Bunin, Zamjatin, Pasternak, Osorgin.
Valutata oggi, l'opera di L.G. appare imponente. Il suo lavoro di scavo di un campo sostanzialmente ancora vergine quando cominciò a interessarsene, come gli studi sulla letteratura russa, ha svincolato la cultura italiana da una dipendenza dalla Francia e dalla Germania che, in quest'ambito, era quasi totale. Al suo magistero, prima nell'ateneo padovano poi in quello romano, si è formata un'intera generazione di slavisti: da E. Gasparini ad A. M. Ripellino, da W. Giusti a R. Picchio ad A. Maver Lo Gatto. Grazie alla vastissima serie di autori che egli ha tradotto − o fatto tradurre dai suoi allievi − il pubblico italiano ha potuto conoscere nomi, anche di prima grandezza, che prima erano ignoti o quasi: valga per tutti l'esempio di Puškin. E il fatto che oggi la russistica italiana si sia sviluppata e maturata al punto tale da poter scorgere anche i limiti della gigantesca opera pionieristica di L.G., non fa che sottolinearne ancora di più la portata.