CUMBO, Ettore
Figlio di Diego e di Alcmena Borgia, nacque a Messina nel 1833. Romano d'adozione - fin dall'infanzia visse a Roma con la madre (De Gubernatis) -, studiò con ottimi risultati al collegio della Sapienza di Perugia e, terminato il corso nel 1850, mostrò interesse per le discipline matematiche, con particolare attenzione per l'architettura e l'ingegneria. Nel 1857 abbandonò gli studi di ingegneria per dedicarsi alla pittura, scegliendo il genere del paesaggio, nel quale ebbe come maestro il romano A. Castelli, artista di formazione accadernico-romantica con accenti veristi e paesaggista di discreto successo in quei decenni.
Patriota già da adolescente, al C. non fu possibile partecipare alla seconda guerra di indipendenza (1859) a causa di un'artrite deformante che lo aveva colpito qualche anno prima. Ma per la sua intensa attività di cospiratore contro il governo pontificio venne esiliato a Firenze, dove si stabilì definitivamente praticando con maggiore impegno l'attività di pittore. Scarsi e saltuari sembrano essere stati i suoi contatti con il vivace ambiente artistico fiorentino. Sappiamo che strinse amicizia con S. Ussi, N. Barabino, V. Matteo Corcos (Accascina, 1939, p. 118), ma il suo percorso risulta assolutamente sganciato dal dibattito teorico e dalle nuove correnti artistiche degli anni postunitari.
A partire dal 1870 circa il C. pubblicò i suoi dipinti - soggetti alpigiani, marine, vedute fiorentine, nature morte - affermandosi come pittore di genere. Partecipò inoltre a numerose esposizioni: si ricordano quella internazionale di Londra nel 1874, le regionali d'orticoltura a Palermo nel 1886 e nel 1887 (ottenendo riconoscimenti per i suoi ricercatissinù quadri di natura morta) e la nazionale di Palermo del 1891-92 (medaglia d'argento per il dipinto raffigurante un Paesaggio sull'Appennino, oggi nella collez. del Banco di Sicilia).
Nel 1893 divenne membro dell'Accademia di S. Luca, in qualità di "accademico di merito" (Roma, Arch. dell'Accademia di S. Luca, Verbale dell'adunanza generale del 19 aprile 1893, vol. 157, n. 9; lettera di ringraziamento, autografa del C., in data 20maggio 1893, vol. 157, n. 81).
Il C. morì a Firenze il 16 genn. 1899. Nel 1910 venne allestita a Firenze una retrospettiva delle sue opere.
Artista poco conosciuto, il C. è personalità di difficile definizione critica sia per le avare notizie biografiche sia per la dispersione pressoché totale delle sue opere. Assente nelle raccolte pubbliche italiane, la conoscenza della sua produzione artistica era affidata soprattutto a un buon numero di suoi dipinti conservati a Firenze, in parte presso gli eredi (Angolo di Firenze, Angolodella Loggia del pesce, Piazza del Mercato vecchio, Mare in tempesta, Paesaggio ideale, Paesaggio) e in parte in casa Foligno (Natura morta, Paesaggio, Fiori, Piccola marina, Cielo e mare, Uva, Rose, Grande paesaggio), menzionati dall'Accascina (1936e 1939), ma oggi tutti dispersi. Dalle notizie riportate dai biografi si evince inoltre che molti quadri del C. si trovano già dalla fine del sec. XIX in collezioni private inglesi e tedesche.
L'unica sua opera rimasta in Sicilia è il Paesaggio sull'Appennino (olio su tela, cm 103× 164; firmato in basso a destra) delle collezioni del Banco di Sicilia, premiata all'Esposizione nazionale di Palermo del 1891-92 (v. una prolissa descrizione in Lo Forte Randi, 1892): un paesaggio montano di largo respiro, caratterizzato da un realismo calligrafico e insistito nelle rocce in primo piano, ravvivate da piccoli tocchi d'ocra, che si stagliano su un fondale dalle tonalità livide e brumose.
In una Marina in burrasca, già appartenente alla Galleria moderna di Firenze da identificare probabilmente con l'ex galleria Pisani, ora irreperibile e nota solo attraverso una foto di scarto Brogi, si notano invece la pennellata fluida, sfrangiata, e l'estrema finezza di esecuzione.
Lontano dalle scuole pittoriche siciliane (del resto, la "sicilianità" del C. è soltanto un fatto anagrafico) e solo con qualche punto di contatto con la grande tradizione paesaggista napoletana, il suo stile pacato e diligente appare congelato in una cifra convenzionale, ricca indubbiamente di gusto decorativo, che incontrò comunque il favore della piccola borghesia italiana e soprattutto straniera. Mancano purtroppo anche i quadretti raffiguranti alcuni angoli di Firenze, di sapore quasi impressionistico, e le Marine avvicinate dall'Accascina (1936) agli esiti del Ciardi e di Mosè Bianchi, forse fra le cose migliori del Cumbo. Dai pochi dati superstiti, il C. sembrerebbe configurarsi nel ruolo di pittore di paesaggi e di nature morte, buon disegnatore e colorista di qualità, ma nel complesso una personalità di secondo piano nel panorama artistico italiano dell'Ottocento.
Fonti e Bibl.: A. De Gubematis, Diz. d. artisti ital. viventi, Firenze 1889, p. 151; A. Lo Forte Randi, Una escursione artistica alla Mostra naz. di Palermo, in Natura e arte, I (1892), 13, pp. 6 s.; Palermo e l'Esposizione naz. del 1891-92, Milano 1892, n. 38, p. 302; A. Graves, The Royal Academy of Arts, from its foundation in 1769 to 1904, II, London 1905, p. 223; L. Callari, Storia d. arte contemp. ital., Roma 1909, p. 385; A. M. Comanducci, I pittori ital. d. Ottocento, Milano 1934, p. 170; M. Accascina, Ottocento siciliano. Pittori dimenticati: C. e Coffa, in Giornale di Sicilia, 4 nov. 1936; Id., Ottocento siciliano. Pittura, Roma 1939, pp. 73 s., 118 s.; Invent. delle collezioni del Banco di Sicilia (dattiloscritto, Palermo 1975: scheda a cura di U. Mirabelli); I pittori dell'Ottocento in Sicilia nelle coll. del Banco di Sicilia (catal.), Palermo 1983; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, pp. 192 s.; Diz. encicl. Bolaffi d. pittori e d. incisori ital., IV, Torino 1973, p. 91.