ALLODOLI, Ettore
Nacque a Firenze il 6 febbr. 1882 da Egisto e Margherita Nesi. Frequentando le scuole elementari conobbe G. Papini del quale divenne amico e collaboratore nella redazione che i due ragazzi curarono insieme di alcuni giornaletti manoscritti, come ricordarono, a distanza di molti anni, in Cinquantenario di un'amicizia. Laureatosi in lettere presso l'Istituto di studi superiori di Firenze, fu docente di lettere nelle scuole medie prima (a Sarzana, Roma, Lanciano, Fermo, Palermo) e quindi nei ginnasi e licei, finché divenne, nel 1940, titolare della cattedra di letteratura italiana presso la facoltà di architettura dell'università di Firenze.
Spinto dall'amico Papini pubblicò, a soli sedici anni, una piccola antologia di letteratura portoghese, Pegueño livro de leitura portogueza (Milano 1898) e quindi una Storia della letteratura giapponese (ibid. 1905), a cui seguì lo studio Giovanni Milton e l'Italia (Prato 1907) e un diligente lavoro di edizioni di testi classici della letteratura italiana (Scritti politici di V. Alfieri, Lanciano 1920; Le carte parlanti di P. Aretino, ibid. 1916; L'Adamo di G. B. Andreini, ibid. 1913; Le prose di C. R. Dati, ibid. 1913; Le più belle pagine dei poeti burleschi del Seicento, Milano 1925, ecc.). Nel 1921 pubblicò la sua prima opera narrativa, Il domatore di pulci e altri fatti della mia vita (Firenze), che venne segnalata dalla critica per il tono delicato e intenso, lo stile limpido e finemente ironico. Si tratta di bozzetti e memorie dell'infanzia dell'A., ricordi di figure bizzarre, come appunto il domatore di pulci del titolo che impressionò la fantasia del bambino accompagnato dal nonno alla fiera domenicale; e ancora suggestioni ed evocazioni della Firenze di fine secolo, di affetti familiari, velate di malinconia e di un pacato tono crepuscolare che suggerì a P. Pancrazi l'attribuzione alla prosa dell'A. di una prevalente ispirazione di "pessimismo inerte".
Nella scrittura dell'A. confluiscono le esperienze della narrativa naturalistica, specialmente della tradizione toscana, insieme con le prove più finemente modulate della stagione crepuscolare; la lingua è semplice e piana, modellata sulla classicità del fiorentino letterario e, benché l'orizzonte letterario dall'A. sia piuttosto limitato e monocorde, questo libro lo collocò nella schiera degli scrittori italiani che, tra gli anni Venti e Trenta, mantenevano in vita, senza apprezzabili innovazioni, un gusto e una tradizione letteraria che si opponeva, in modo più o meno esplicito e consapevole, non solo alle tendenze di avanguardia, ma in sostanza ai motivi e alle forme della letteratura moderna.
Sulla medesima linea di ricordi, di osservazioni, di rimpianti nostalgici, si collocano le successive opere narrative dell'A.: da Amici di casa (Milano 1923) alla raccolta delle Novelle morali (Firenze 1923), al Collezionista di carta straccia (ibid. 1925), fino ai Racconti di Vallombrosa (Torino-Milano-Genova 1950).
La misura della prosa dell'A. è decisamente consegnata alla forma "novella", di richiamo anche strutturalmente ottocentesco, con la mescolanza, tipica del genere, di note drammatiche e spunti comici, di elementi naturalistici e punte fantastiche, con il ritratto, tra intimista e verista, di piccole figure, di lievi situazioni, di un ambiente insomma tipicamente e perfino, a volte, tragicamente provinciale e piccolo borghese.
A questi volumi vanno aggiunti i libri di narrativa per l'infanzia e l'adolescenza che l'A. pubblicò numerosi, come Ilragazzo risuscitato (Milano 1923); Il romanzo della volpe (Firenze 1925), una riduzione da Goethe; A guisa di stella (Torino 1926), un romanzo pubblicato nella collana per le giovinette "Il fiore"; Cuor di sorella. Eugenia De Guerin (Firenze 1927), edito nella "Biblioteca delle giovani italiane"; Sant'Antonino arcivescovo di Firenze (Torino 1931); IlCastello di Atlante (Firenze 1933), compreso nella "Biblioteca economica per i ragazzi", e altri ancora.
Alla stessa intenzione didattica e pedagogica sono riconducibili i molti manuali e testi scolastici curati dall'A., tra i quali ricordiamo: Storia della letteratura italiana, per i licei classici (Palermo 1923, più volte ristampata nel decennio successivo); Il buon principio, per le scuole elementari (ibid. 1927); Antologia di prosatori e poeti, per le scuole magistrali (Firenze 1931); Antologia di prose e poesie, per i ginnasi (ibid. 1931); Manuale di letteratura italiana per le scuole medie superiori (Torino 1932-1933; in coll. con P. P. Trompeo); Uomini e secoli (ibid. 190-1942); Corso di storia per le scuole d'avviamento professionale (ibid. 1950), ecc.
L'A. continuò poi a coltivare, con impegno e diligenza, studi più propriamente filologico-linguistici, sulle orme del metodo di B. Migliorini, sia curando ancora edizioni di classici (Dante, D'Azeglio, Giusti, Goldoni, Machiavelli, Metastasio, ecc.), sia lavorando alla compilazione di strumenti didattici come Esempi di analisi letteraria (Torino 1925: in coll. con C. Trabalza e P. P. Trompeo); La grammatica degli italiani (ibid. 1934; in coll. con C. Trabalza); Nuova grammatica italiana per le scuole medie (ibid. 1948); fino al Vocabolario della lingua italiana (Firenze 1947: in coll. con A. Albertoni), e alla Storia della letteratura italiana con appendice su poesia e musica (ibid. 1953, 2ª ed., riveduta e integrata da G. Buti con un cap. sul Novecento. ibid. 1963).
L'interesse costante e pressoché esclusivo per la lingua e la letteratura italiana animò anche la sua collaborazione alle pagine culturali di riviste e giornali sui quali l'A. intervenne con articoli, recensioni e segnalazioni a volte raccolti in volume. È il caso di Vecchi e novi. Forestieri e nostrali (Milano-Palermo-Napoli 1923, su Alfieri, Aretino, Browning, Dickens, Keats, Marino, Verlaine, ecc.). Sono moltissimi i periodici sui quali comparve la sua firma; ricordiamo la Nuova Rassegna di letterature moderne di Firenze, Il Giornale dantesco, La Vraie Italie, Fanfulla della domenica, Archivio storico italiano, La Lettura, Il Secolo XX, Il Giornale di Sicilia, Il Corriere dei piccoli, Le Opere e i giorni, I Libri del giorno, L'Illustrazione italiana, fino al 1925; e ancora: La Tribuna, Il Lavoro fascista, La Domenica del Corriere, Corriere della sera, L'Avvenire d'Italia, Epoca, La Gazzetta del Mezzogiorno, IlMattino, Il Messaggero, Il Secolo XIX, Il Tempo di Milano, L'Italia che scrive, ecc. Fu critico letterario della Nazione dal 1932 al 1943; collaborò con articoli e rubriche alla Nuova Antologia dal 1931 al 1960; e fu redattore capo di La Rinascita, il periodico, diretto da G. Papini e pubblicato a cura del Centro nazionale di studi sul Rinascimento che l'A. aveva fondato nel 1938 insieme, appunto, con Papini.
Nel 1939 gli fu assegnato il premio dell'Accademia d'Italia; fu addetto alla Soprintendenza bibliografica di Firenze, membro dell'Accademia La Colombaria di Firenze, dell'Accademia Petrarca di Arezzo, e dell'Accademia lucchese di lettere, scienze ed arti.
Sono da ricordare ancora i volumi di biografie che andò pubblicando per diverse collane editoriali: Francesco Ferrucci (Milano 1928); I Medici (ibid. 1928); Michelangiolo (ibid. 1928); Monti (ibid. 1929); Giovanni dalle Bande Nere (Firenze 1929); Savonarola (ibid. 1953), ecc.; come anche la raccolta e la stampa dei suoi corsi universitari sulla letteratura dell'Umanesimo e del Rinascimento pubblicati tra il 1941 e il 1944 a cura del Gruppo universitario fascista di Firenze.
L'A. morì a Firenze il 26 maggio 1960, dopo una ricaduta di una grave forma di esaurimento nervoso, che già l'aveva colpito più volte costringendolo nel 1944 a un lungo ricovero in una casa di cura per malattie mentali.
"Spirito bizzarro, uno studioso, un filologo, se non da cattedra almeno da giornale ed un piacevole conversatore fiorentino", così lo ricordò G. Prezzolini (p. 503); e questi rapidi tratti disegnano bene le linee di una figura modesta e tutta racchiusa in una visione pienamente tradizionale e un po' angusta della pratica letteraria, che si muove tra un esercizio critico di tipo scolastico e accademico sui testi e sugli autori del passato letterario, per lo più connesso a una costante intenzione didattica e pedagogica e, d'altra parte, un esercizio di scrittura narrativa che in modi delicatamente autobiografici e pacatamente fantasiosi, trasmette un'idea di letteratura come pratica accessoria ed evasiva, libera in quanto del tutto superflua, che è stata a lungo coltivata dai letterati italiani.
Fonti e Bibl.: P. Pancrazi, E. A., in Venti uomini, un satiro e unburattino, Firenze 1923, pp. 167-174; G. Papini-D. Giuliotti, Dizionario dell'Omo salvatico, Firenze 1923, I, p. 136; G. Papini-P. Pancrazi, Poeti d'oggi, Firenze 1925, pp. 382-401; U. Ojetti, Firenze trent'anni fa, in Scrittori che si confessano, Milano 1926, pp. 67-75; C. Pellizzi, Lelettere italiane del nostro secolo, Milano 1929, p. 412; G. Papini-E. Allodoli, Cinquantenario di un'amicizia (1892-1942), Firenze 1942; C. Martini, La Voce. Storia e bibliografia, Pisa 1956, p. 84; G. Vaccaro, Panorama biografico degli italiani d'oggi, Roma 1956, pp. 27 s.; R. Ridolfi, Vita di G. Papini, Milano 1957, pp. 18, 33, 57, 391 s.; L. Russo, I narratori (1850-1957), Milano-Messina 1958, pp. 172 s.; G. Prezzolini, Il tempo della Voce, Milano-Firenze 1960, pp. 503, 505; G. Papini, Scritti postumi, II, Pagine di diario e appunti, Milano 1966, pp. 47, 71, 97, 104, 198, 255, 403, 484, 503, 661.