ETRUSCHI (XIV, p. 510)
Durante gli ultimi anni si è andata affermando, sempre più imperiosa, l'esigenza di coordinare lo studio dei diversi problemi riguardanti l'origine, la storia, la religione, le istituzioni, l'arte, la lingua degli Etruschi nell'ambito di una disciplina unitaria, intesa a ricostruire, nei limiti consentiti dalla frammentarietà delle fonti, un quadro sufficientemente completo delle vicende e della civiltà dell'Etruria antica. È prova di questa tendenza la pubblicazione di alcune nuove opere di sintesi ispirate soprattutto a criterî e intendimenti storici.
La questione delle origini si dimostra, col progredire delle ricerche linguistiche e archeologiche, assai più complessa di quanto apparisse ai sostenitori delle teorie correnti, necessariamente unilaterali, della provenienza degli Etruschi dall'Oriente (tesi tradizionale alla quale restano fedeli molti studiosi, specialmente fuori d'Italia, nonostante le gravi obiezioni critiche che le sono state opposte), della discesa dal settentrione (tuttora difesa da L. Pareti) e della autoctonia (la cui affermazione riscuote un numero sempre crescente di consensi). I più recenti studî di glottologia mediterranea, nei quali si sono particolarmente distinti i linguisti della scuola italiana, confermano la posizione intermedia della lingua etrusca fra gl'idiomi indoeuropei e l'antico substrato preindoeuropeo; pur restando incerto e discusso se l'etrusco appartenga ad un gruppo linguistico ben definito ("pelasgico" o "reto-tirrenico" secondo l'ultima terminologia di P. Kretschmer), portato nell'Egeo e in Italia da genti balcaniche, ovvero sia il risultato di commistioni locali (nel senso del "peri-indoeuropeo" di G. Devoto). In ogni caso le osservazioni glottologiche escludono che l'etrusco sia una lingua orientale trapiantata in Italia in epoca storica o protostorica. Anche le ricerche archeologiche sulle culture italiane dell'età del bronzo e del ferro (per le quali ultime si tende ad abbassare la data d'inizio all'VIII sec, a. C.) mostrano l'estrema complessità e varietà degli elementi di civiltà spirituale e materiale che s'incrociano nell'Italia centrale agli albori dei tempi storici, escludendo la interpretazione semplicistica di una invasione da Settentrione o dall'Oriente, come causa determinante della nascita della nazione etrusca. Si consideri ad es. che, secondo le più recenti ricerche di Å. Åkerström e del Pareti, lo sviluppo della cultura geometrica ed orientalizzante in Etruria sarebbe dovuto all'influenza diretta dei navigatori greci. Il problema va quindi posto nel senso di una progressiva formazione etnica, sia pure da fattori convergenti di diversa origine.
Alcune recenti scoperte, di notevole valore documentario, hanno illuminato punti controversi della storia etrusca, confermando i dati della tradizione, per ciò che concerne l'espansione degli Etruschi nel Lazio e in Campania. A Roma, in un pozzo di scarico scavato sotto il Clivo Capitolino, è venuta alla luce un'iscrizione etrusca o etruscoide sopra un frammento di vaso di bucchero del sec. VI; mentre a Veio una dedica votiva arcaica reca il nome Avile Vipiennas (Aulo Vibenna), identico a quello di un noto personaggio del ciclo leggendario di Mastarna, l'eroe etrusco che Claudio identificava con il re Servio Tullio. La lunga disputa sulla presenza degli Etruschi a Pompei si è risolta, in senso favorevole alla tradizione di Strabone, con il rinvenimento, nel sottosuolo della città, di frammenti di buccheri inscritti in etrusco. Le intime correlazioni fra gli Etruschi e gl'Italici e la formazione di una koinè culturale centro-italica sono state chiarite con maggiore evidenza, non soltanto nel campo religioso e artistico, ma anche in quello delle pubbliche istituzioni e dell'evoluzione costituzionale, con particolare riguardo al passaggio dall'antica monarchia al potere militare (che sembra presentare analogie con la tirannide delle città greche) e alla repubblica oligarchica.
Da questa constatata sostanziale unità di cultura prende lo spunto un nuovo criterio di studio del materiale epigrafico etrusco, ai fini dell'interpretazione dei testi e della conoscenza della lingua: criterio che si aggiunge ai vecchi metodi combinatorio ed etimologico, la cui efficacia ermeneutica, sino a quando non avverranno nuove considerevoli scoperte, sembra essersi in molta parte esaurita. Si tratta di illuminare il senso delle formule funerarie, dedicatorie e rituali etrusche, mettendole a raffronto con le corrispondenti formule di testi latini e umbro-oschi e di determinare la esistenza di veri e proprî "calchi" di parole o di intere espressioni (come nel caso dei gruppi mi qutun = ego (sum) cothon, zilaθ meχl rasnal = praetor Etruriae, ecc.). Risultati particolarmente notevoli si prospettano, con l'applicazione di questo procedimento, per l'interpretazione del liber linteus della Mummia di Zagabria, come si deduce dall'ampio studio ad esso dedicato da K. Olzscha.
Alla pubblicazione e all'analisi di nuove, sia pur brevi, iscrizioni etrusche, che annualmente vengono alla luce, si è aggiunta un'opera intensa ed accurata di critica e di classificazione epigrafica, di cui sono saggi la edizione di un nuovo grosso fascicolo del Corpus Inscriptionum Etruscarum (II, 2, 33, Tarquinia 1936) e il pregevole manuale Epigrafia etrusca di G. Buonamici. Particolarmente notevoli, nel campo epigrafico, la scoperta del valore della lettera + che appare in alcune iscrizioni arcaiche e deve leggersi come una sibilante (E. Fiesel), e lo studio della cosiddetta "punteggiatura sillabica" comune ai testi etruschi arcaici e alle iscrizioni venete (E. Vetter). Nuovi progressi sono stati compiuti anche nel campo della morfologia, con speciale riguardo allo studio delle tendenze grammaticali peculiari dell'etrusco rispetto alle lingue indoeuropee del mondo classico evidenti soprattutto nella formazione delle parole e nella flessione (per es. la sovrapposizione dei suffissi o "rideterminazione", in forme come i genitivi larθ-al-ś, arnθ-al-iśa-la, nella declinazione di forme di genitivi, uni-al-ti "nel (tempio) di Uni", di plurali, ais-er-aś, ha-θ-r-θi, ecc.).
A nuove e più accurate indagini sono stati sottoposti i documenti di dialetti che presentano maggiore affinità con l'etrusco: e cioè il lemnio (B. Hrozný, S. P. Cortsen, P. Kretschmer: frammenti epigrafici inediti pubblicati da A. Della Seta) e il "retico" (J. Whatmough, P. Kretschmer, V. Pisani, C. Battisti).
Le nostre conoscenze sulla civiltà artistica degli Etruschi, sui singoli centri di produzione e gruppi di monumenti e sul significato stesso dei fenomeni d'arte in Etruria si sono andate ampliando e precisando, non soltanto in seguito alle nuove scoperte (v. tarquinia; veio), ma anche in conseguenza di considerevoli indagini critiche pubblicate nel frattempo. Un repertorio figurato che costituisce il fondamento insostituibile delle ulteriori ricerche, per il numero, la bontà e l'ordinamento cronologico delle riproduzioni, è stato messo a disposizione degli studiosi con L'arte etrusca di G. Q. Giglioli. I saggi di G. Patroni sull'architettura, di G. Hanfmann e di P. J. Riis sulla scultura, di A. Andrén sulle terrecotte architettoniche, di Å. Åkerström sulla decorazione geometrica, di L. Pareti sull'arte orientalizzante, di J. D. Beazley sulla pittura vascolare, di G. A. Mansuelli sugli specchi figurati costituiscono un ulteriore approfondimento e sviluppo dello studio dei prodotti artistici etruschi, considerati sistematicamente nelle loro classi: premessa indispensabile alla sintesi critica sui problemi dell'arte etrusca. Ne risulta una visione sempre più evidente del già rilevato regionalismo di questa esperienza figurata che, anche nell'età della massima fioritura culturale del paese (VII-V sec.), vide elaborare, sotto il preponderante influsso dell'arcaismo greco e particolarmente ionico, singole scuole cittadine, alcune delle quali, tra i moltissimi prodotti di mestiere, ci hanno lasciato veri e proprî capolavori (come a Veio); senza tuttavia che sia possibile determinare la formazione di una tradizione artistica unitaria, dotata di un'autonoma capacità di sviluppo, come in Grecia. Con questa impressione generale, che risulta dalle singole ricerche, concordano alcuni giudizî teorici espressi sull'arte etrusca ed estrusco-italica (per es. da R. Bianchi-Bandinelli), mentre una posizione del tutto diversa è quella di G. Kaschnitz Weinberg, che tende ad affermare l'esistenza di una "struttura" predeterminata alla base della produzione artistica etrusco-italica, in contrasto con la greca.
Bibl.: B. Nogara, Gli Etruschi e la loro civiltà, Milano 1934; M. Pallottino, Gli Etruschi, Roma 1939, 2ª ed. 1940; id., Etruscologia, Milano 1942, 2ª ed. 1947; M. Renard, Initiation à l'étruscologie, Bruxelles 1941. Sul problema delle origini e della cultura etrusca arcaica: M. Pallottino, L'origine degli Etruschi, Roma 1947; Å. Åkerström, Der geometrische Stil in Italien. Archäologische Grundlagen der frühesten historischen Zeit Italiens, in Acta Instituti Rom. Regni Sueciae, IX, Upsala 1943; L. Pareti, La tomba Regolini-Galassi, Città del Vaticano 1948. Epigrafia e linguistica: G. Buonamici, Epigrafia etrusca, Firenze 1932; M. Pallottino, Elementi di lingua etrusca, Firenze 1936; K. Olzscha, Interpretation der Agramer Mumienbinde (Klio-Beihefte 40), Lipsia 1939. Periodici e miscellanee: Studi Etruschi, Firenze (voll. VI-XVIII); Glotta, Vienna (voll. XX-XXX); Studi in onore di B. Nogara, Roma 1937; Scritti in onore di A. Trombetti, Milano 1938. Per l'arte: G. Q. Giglioli, L'arte etrusca, Milano 1935; G. Patroni, Architettura preistorica generale ed italica. Architettura etrusca, Bergamo 1941; G. Hanfmann, Altetruskische Plastik, I, Würzburg 1936; P. J. Riis, Tyrrhenika. An Archaeological Study of the Etruscan Sculpture in the Archaic and Classical Periods, Copenaghen 1941; A. Andren, Architectural Terracottas from Etrusco-Italic Temples (Acta Inst. Rom. Rgni Sueciae, VI), 2 voll., Lund-Lipsia 1939-40; Å. Åkerström, Der geometrische Stil in Italien (Acta Inst. Rom. Regni Sueciae, IX), Lund-Lipsia 1943; J. D. Beazley, Etruscan Vase-Painting, Oxford 1947; G. A. Mansuelli, Materiali per un supplemento al 'Corpus' degli specchi figurati etruschi, in Studi Etruschi, XVI, 1942, p. 531 segg., XVII, 1943, p. 487 segg.; id., Gli specchi figurati etruschi, in Studi Etruschi, XIX (1948), pp. 1-131; R. Bianchi Bandinelli, Storicità dell'arte classica, Firenze 1943; M. Pallottino, La scuola di Vulca, Roma 1945; G. Kaschnitz Weinberg, Bemerkungen zur Struktur der Altitalischen Plastik, in Studi Etruschi, VII (1933), p. 135 segg. e in Römische Mitteilungen, 1944.