ETIOPICI
I popoli che abitano la regione dell'Africa nord-orientale posta fra il 25° parallelo N. e il 6° S. e comprendente quasi tutta la costa occidentale del Mar Rosso e quella dell'Oceano Indiano dal Golfo di Aden fino a Zanzibar, limitata a ovest dal Nilo, dal Bahr el-Ghazāl, dal ciglio occidentale dell'altipiano etiopico e dai laghi Rodolfo e Vittoria, alla fine del secolo passato (R. Verneau, 1899), furono riuniti in un tipo somatico detto etiopico e quindi compresi nel nome complessivo di Etiopici. Sono assai numerosi ma i principali e più noti si possono così distinguere: gruppi a lingua camitica: Ababdeh, Barabra, Bisciari, Hadendoa, Habab, Beni Amer, Saho, Danachili, Ghimira, Sidamo, Galla, Somali, Bileni, Agau; gruppi a lingua semitica: Amhara, Tigrè; gruppi a lingua nilotica: Baria, Cunama, Turcana, Elgumi, Suk, Camasia, Andorobo, Laikipia, Masai; gruppo a lingua ottentotta: Wassandawi: all'infuori dell'area sopra indicata sono da riunirsi agli Etiopici anche i Wahima degli altipiani a SO. del Lago Vittoria.
Antropologia. Le opinioni degli antropologi intorno all'origine della cosiddetta razza etiopica sono piuttosto divergenti e hanno dato e ancora continuano a dar luogo a molte discussioni; considerata, dapprima, in gran prevalenza, come il risultato di un incrocio tra Negri e Bianchi, fu da Giuseppe Sergi (1897) definita come una stirpe autonoma che comprende le popolazioni accantonate dall'Egitto alla Somalia fra il Nilo e il Mar Rosso e che egli distinse con il nome di camitica. A questa concezione che considerava gli Etiopici come un gruppo umano puro, immune da incrocio, si accostarono altri studiosi sebbene con vedute un po' differenti, giacché, mentre il Sergi ritiene che gli Etiopici rappresentino una stirpe autonoma, originaria però del continente africano, altri (V. Giuffrida-Ruggeri, A. Mochi), pur concordando in tale concetto d'autonomia, pensarono che questo ceppo umano fosse giunto in Africa, in tempi antichissimi, dall'Asia sud-orientale, dove ancor oggi in tipi umani assai primitivi, quali sono in massima parte i Dravida, si noterebbero caratteri somatici assai simili a quelli degli Etiopici. In contrasto con tali opinioni, altri studiosi difendono con argomenti e indagini più recenti il vecchio concetto dell'incrocio tra Negri e Bianchi, anche se non sempre concordano intorno all'identificazione dei due gruppi ancestrali: così G. Montandon e P. Lester ritengono che il prodotto dell'incrocio risalga a epoca antichissima quando gli antenati erano ancora morfologicamente molto primitivi, mentre R. Biasutti (Studi sulla distribuzione dei caratteri e dei tipi antropologici, Firenze 1912, p. 147) ritiene che l'incontro dei due tipi sia recente, essendosi fissati negli Etiopici caratteri piuttosto recenti tanto africani (colore molto scuro della pelle, macroscelia, dolico-ipsicefalia) quanto caucasici (faccia lunga, naso sottile e prominente). Alla conclusione che gli Etiopici rappresentino il prodotto di un incrocio arriva chiaramente anche E. Fischer, per il quale, però, l'elemento primitivo a pelle chiara sarebbe il mediterraneo orientale. Le varie popolazioni che costituiscono il gruppo etiopico, pur conservando un insieme di caratteri fondamentali comuni, presentano differenze assai spiccate attraverso alle quali apparisce chiaramente la tendenza verso due tipi differenti: l'uno con una certa affinità con la morfologia negra (capelli lanosi, naso largo a dorso concavo, labbra sporgenti), l'altro più vicino ai caratteri di affinamento proprio delle popolazioni caucasoidi (capelli cresputi, a spirale larga, naso stretto a dorso rettilineo, labbra sottili). Questa distinzione di tipi non si trova soltanto limitata a quelle zone periferiche confinanti con le regioni abitate dai gruppi umani dei quali t. iascun tipo è proprio (Etiopici occidentali: Baria, Cunama, Masai, con una certa preponderanza di caratteri negri; Etiopici orientali: Habab, Danachili, Amhara, con una certa preponderanza di caratteri caucasici); ma comparisce anche nelle suddivisioni interne di alcuni gruppi (Somali del sud con una certa preponderanza di caratteri negri, Somali del nord con una certa preponderanza di caratteri caucasici). Esiste tuttavia un tipo somatico proprio della regione e comune a tutti i gruppi etiopici: è caratterizzato da statura piuttosto alta, notevole sviluppo dell'arto inferiore rispetto al tronco (macroscelia), che è a dimensioni trasverse piuttosto scarse, testa lunga e alta (dolicoipsicefalia), fisionomia faciale a tipo caucasico con rostro non molto prominente (4° tipo del Sera), naso ben profilato, lungo e sottile (leptorinia), prognatismo poco frequente, capelli cresputi. A questi caratteri, proprî del classico tipo etiopico, se ne aggiungono altri che compariscono più variabili nella morfologia dei varî gruppi, come il colore della pelle che dal nero molto intenso (Somali) varia fino al brunetto (Amhara); del resto anche gli stessi caratteri che costituiscono la fisionomia essenziale del tipo subiscono, nelle varie genti etiopiche, alcune oscillazioni che valgono a ben delineare ciascun gruppo.
La statura è notevolmente alta nei gruppi più meridionali (Somali, Camasia, Masai, Andorobo), e in alcune popolazioni più centrali (Amhara, Agau), mentre stature un po' meno alte compariscono lungo la riva del Mar Rosso (Ababde, Bisciari, Hadendoa, Beni Amer, Habab, Saho, Danachili), tra i Galla e tra i Ghimira. In conclusione, si nota dunque nei gruppi costieri una spiccata tendenza verso stature più basse di quelle dei gruppi più interni. Sul rapporto dell'arto inferiore rispetto al busto (indice scelico) si hanno fino ad oggi dati piuttosto scarsi; sembra però che un notevole sviluppo (macroscelia) apparisca appena più spiccato nella regione occidentale (Beni Amer, Baria, Cunama, Ghimira) e si spinga fino alla ipermacroscelia fra i gruppi più meridionali (Suk, Andorobo, Wahima): i soli Galla mostrano uno scarso sviluppo dell'arto inferiore rispetto al busto (brachiscelia). La testa è, in tutti i gruppi, lunga e stretta (dolicocefala); questo carattere apparisce esagerato (iperdolicocefalia) nell'Etiopia meridionale (Somali, Turcana, Masai); sembra invece attenuarsi (subdolicocefalia) verso occidente (Agau) e a nord in una regione subcostiera del Mar Rosso (Bisciari). La testa risulta inoltre assai sviluppata in altezza (dolico-ipsicefalia) nei gruppi più meridionali (Galla, Somali, Wahima, Masai), più bassa nella regione subcostiera del Mar Rosso (Barabra, Bisciari, Beni Amer). Una delle caratteristiche somatiche più spiccate negli Etiopici è poi quella di avere in generale la faccia ben sviluppata in altezza, affilata e sottile; questa morfologia faciale risulta infatti molto accentuata (iperdolico e dolicoprosopia) nella gran maggioranza ma si attenua con tendenza della faccia ad accorciarsi e allargarsi (mesoprosopia) in alcuni gruppi meridionali (Wahima, Masai) fino a raggiungere nelle zone occidentali tra gli Andorobo e i Ghimira forme decisamente basse e larghe (brachiprosopia). La morfologia nasale concorda assai da vicino con quella faciale, poiché anche se i nasi veramente molto sviluppati in altezza e sottili (iperleptorini) risultano, nelle medie, presenti solamente nei Somali, si osserva una notevole frequenza di forme nasali assai alte e sottili (mesorinia) nella grande maggioranza dei gruppi etiopici anche meridionali (Masai, Wahima) e soltanto in taluni gruppi più occidentali (Camasia, Suk, Turcana, Ghimira) appariscono chiaramente forme nasali basse e larghe (platirinia) che risultano assai simili a quelle dei vicini gruppi negri.
Assai più scarsi di quelli raccolti sul vivente sono i dati craniometrici; questa deficienza è dovuta soprattutto alla grande difficoltà che presso tutte le popolazioni musulmane s'incontra per raccogliere il materiale scheletrico proveniente dalle tombe, così che di alcuni popoli etiopici molto importanti (Bisciari, Cunama, Baria, Danachili, Wahima) non si hanno notizie craniometriche sufcienti oppure non se ne hanno affatto.
La capacità cranica è assai scarsa negli Hadendoa, mentre nei Somali si nota la capacità più forte.
L'indice cefalico risulta più basso (e cioè il cranio è più lungo e più stretto) nei gruppi più meridionali (Masai, Somali, Galla), mentre in regioni più settentrionali (Saho, Hadendoa) il cranio tende ad accorciarsi e ad allargarsi. L'altezza è piuttosto notevole nella grande maggioranza che risulta a cranio allungato e alto (dolico-ipsicefalia); questa è infatti la caratteristica cranica degli Etiopici: nei soli Hadendoa e Saho si nota, associato alla dolicocefalia, uno scarso sviluppo in altezza del cranio (dolico-platicefalia). La faccia francamente stretta e allungata (leptoprosopa) apparisce soltanto fra i Tigrè,Masai e Barabra; negli altri gruppi la lunghezza è minore (mesoprosopia); le orbite, basse nei soli Barabra, sono per gli altri gruppi piuttosto alte (mesoipsiconche), mentre il naso che fra gli Hadendoa, i Tigrè, e i Barabra risulta piuttosto corto e largo (platirinia) è negli altri gruppi assai sviluppato in altezza e stretto (mesoleptorinia): il naso più fine (leptorino) si trova fra i Masai.
Le conclusioni alle quali si giunge attraverso la sola indagine craniometrica sono, specialmente per le forme nasali, assai diverse da quelle che si raggiungono con lo studio del vivente, ma ciò dipende in special modo dal fatto che le serie craniche risultano, in generale, assai più scarse delle serie dei viventi che furono oggetto d'indagini antropometriche, donde consegue che sono più attendibili i dati ottenuti da queste ultime.
In conclusione il tipo etiopico più numeroso, che occupa tutta la zona più orientale della regione, risulta il portatore di caratteri antropometrici affini a quelli che si osservano tra gli Arabi (statura medio-alta, faccia stretta e allungata, naso diritto e sottile) e più specialmente nelle regioni meridionali dell'Arabia (Yemen, Hadramaut). Sono dunque caratteri che interessano specialmente la statura e la morfologia faciale e che non compariscono in alcuna delle zone africane confinanti con l'Etiopia. Caratteri di tipo negro sarebbero invece la statura alta di taluni gruppi (Hadendoa, Somali), che trova affinità specialmente nei Sudanesi, la macroscelia e le labbra frequentemente grosse e sporgenti. I Galla a scarso sviluppo dell'arto inferiore, a faccia lunga e stretta, a naso sottile, sembrano, fra i gruppi etiopici, conservare un maggior numero di caratteri degli Arabi del sud, spingendone l'influenza fino alla regione dei grandi laghi. Il gruppo meno numeroso degli Etiopici occidentali ha alcuni caratteri che lo differenziano dal gruppo orientale (torace più largo, faccia bassa e larga, naso corto e largo) e lo avvicinano invece ai gruppi negri specialmente dell'alto Bahr el-Ghazāl, della riva settentrionale del lago Vittoria e della regione del Tana.
Gli Etiopici si devono dunque considerare come il prodotto di un incrocio tra caucasoidi (Arabi) e Negri. Taluni gruppi (Hadendoa, Amhara, Somali) presentano con maggiore frequenza un tipo a statura più alta, a gambe più lunghe e spalle più strette, a muscolatura scarsa, a forte dolicocefalia con forme nasali faciali assai fini. Questo tipo probabilmente è da ritenersi più arcaico e rappresenterebbe la forma più antica dell'incrocio arabo-negro accantonatasi in una posizione geografica che risulta periferica rispetto all'Arabia, che sarebbe uno dei punti di origine delle forme ancestrali.
Un tipo proto-etiopico a caratteri caucasoidi arcaici proveniente, secondo l'opinione di alcuni (Giuffrida-Ruggeri, Mochi, Montandon) dalle regioni sud-orientali dell'Asia, può benissimo esservi stato iϕλοιόςn epoche remote e aver dato origine, a patto però di un incrocio con i Negri, agli Etiopici attuali; ma, basandoci sui dati antropometrici dei gruppi oggi viventi nella regione, i Baria e i Cunama, che gli autori suddetti considerano come il più evidente residuo della forma arcaica proto-etiopica, risultano chiaramente i più inquinati di sangue negro.
Per di più, in molte regioni dell'Etiopia l'incrocio si deve considerare tuttora in atto per il continuo apporto di elementi tanto negri quanto arabi nella zona etiopica.
Etnografia. - In tutta la zona etiopica si può dire che prevalga un tipo unico di cultura, che pur costituendo il fondo comune a tutte le genti di quel territorio, subisce, specie nelle regioni di confine e come avviene per i caratteri somatici, alcuni cambiamenti che sono in diretta correlazione con le forme culturali dei popoli contigui e qualche volta anche, sebbene più raramente, con le condizioni climatiche ed idriche della zona. Il tipo culturale prevalente che, si può dire, costituisce il fondo comune a tutti gli Etiopici, è la pastorizia e più precisamente un tipo di pastorizia che si riconnette strettamente con quello dell'Africa settentrionale con la quale ha in comune, almeno fino al corso del Giuba, anche il possesso del cavallo e del dromedario, che non s'incontrano presso i popoli pastori negri: il dromedario costituisce, insieme con gli ovini e i bovini, la ricchezza di queste popolazioni di pastori, a cui giunse, come nell'Africa mediterranea, in tempi non troppo remoti (fine del 2° millennio a. C.), da regioni orientali. Le condizioni di clima e conseguentemente le condizioni idriche della regione etiopica, ove, esattamente come nell'Africa mediterranea, si osserva una zona montuosa con altipiano alle spalle di una zona costiera di pianura, fanno sì che i periodi di possibile sfruttamento dei pascoli si succedono in varie epoche dell'anno in differenti zone del territorio di ciascuna tribù, rendendo necessarî frequenti spostamenti delle greggi per seguire lo spostarsi delle regioni di pascolo: gli Etiopici pastori sono infatti tutti nomadi e seminomadi, come i pastori dell'Africa mediterranea. Da questo tipo più diffuso di cultura si notano alcune deviazioni che rappresentano, con grande probabilità, residui di culture più arcaiche, sia perché in realtà più primitive (cacciatori), sia perché proprie di popolazioni oggi accantonate in territorî più occidentali (agricoltori), ma che potrebbero aver costituito, in tempi più antichi, il fondo della popolazione dell'Etiopia. Frequente è anche la concomitanza, in uno stesso gruppo, di due tipi di occupazione, cioè della pastorizia e dell'agricoltura, sebbene quest'ultima spesso si riduca nei veri popoli etiopici al solo possesso del terreno, la coltivazione del quale viene di frequente affidata a popolazioni di origine diversa da quella dei proprietarî. Nelle zone di steppa, di prateria e di boscaglia si ha quasi esclusivamente la presenza di popoli pastori nomadi (Hadendoa, Beni Amer, Saho, Danachili, Wahima, Masai); in qualche regione più ricca di precipitazioni atmosferiche (Bileni, Habab, Homran, Beni Sciangul) o nella vicinanza del corso di grandi fiumi (Galla, Somali) o presso i grandi laghi (Turcana, Camasia) all'esercizio della pastorizia s'aggiunge quello dell'agricoltura, affidata però quasi sempre a genti ritenute inferiori (Conso, Adone), alcune delle quali, antropologicamente di tipo etiopico (Ualamo, Sidamo, Falascià), vivono però indipendenti esercitando l'agricoltura, che è l'occupazione tanto del gruppo abissino (Amhara) a civiltà più alta, quanto dei due gruppi del bassopiano occidentale eritreo (Baria e Cunama); in tutti questi popoli una forma piuttosto primitiva di allevamento del bestiame accompagna l'esercizio dell'agricoltura. Limitato ai soli etiopici del sud (Elgumi, Andorobo, Laikipia, Wassandawi) è invece l'esercizio della caccia, tollerato nelle regioni più meridionali anche da taluni gruppi in prevalenza pastori (Somali meridionali: Rahanuin). Il tipo d'abitazione più comunemente diffuso tra le popolazioni etiopiche è la capanna emisferica o ad alveare, che presso i nomadi diviene una tenda emisferica costituita di parti trasportabili in modo che si possa smontare (Somali, Danachili, Maria, Beni Amer). La capanna a pianta quadrilatera e a tetto schiacciato che i Masai si costruiscono, coprendone il tetto e le pareti con terra impastata con sterco di vacca, sembra piuttosto strettamente imparentata con la tembe, capanna quadrilatera delle popolazioni del sud-est africano. Al tipo prevalente di capanna ad alveare si trovano spesso associate altre forme di abitazione, come la casa quadrilatera (hudmò) degli agricoltori dell'Hamasen e dell'Acchelè Guzai, coperta da un tetto spianato ricoperto di terra che si protende su di un porticato anteriore, spesso addossata al monte, con ambiente unico diviso però quasi sempre in due stanze per mezzo dei recipienti da grano accostati in modo da formare una parete senza però raggiungere il soffitto: questo tipo di casa sembra ristretto alla zona a minori precipitazioni atmosferiche e da taluno si considera importata dall'Asia.
Un tipo proveniente dalle regioni più occidentali o più meridionali dell'Africa è invece la capanna cilindrica a tetto conico, diffusa presso quelle popolazioni agricole (Somali) che sfruttano per la coltivazione dei campi genti da loro ritenute di casta inferiore, ma delle quali hanno evidentemente adottato la forma di abitazione: a questo tipo si riconnette anche la capanna cilindrica a tetto conico (tucul, agdò) di vecchio uso nel Seraè e nel Tigrè, qualche volta anche a due piani, dei quali l'inferiore è adibito a stalla. Tra i Saho, nomadi, si notano capanne coniche di frasche con una base di muro di pietra costruito a secco; nei loro spostamenti queste popolazioni adoperano ripari provvisorî con tende di tela e stuoie o pelli. Al tipo di capanna cilindrica a tetto conico è strettamente legata l'origine delle capanne rotonde, a forma di cupola con pareti e tetto riuniti e con una tettoia piana all'ingresso, proprie dei Baria e dei Cunama, o di quelle cilindriche con tetto a cupola ben distinto dalle pareti, che si trovano ristrette in piccole zone dell'Eritrea (Bileni) o della Somalia (Bimal). In tutta la zona costiera, così del Mar Rosso come dell'Oceano Indiano, è assai diffusa una capanna rettangolare con tetto di paglia a due spioventi e porte rettangolari aperte nelle pareti più lunghe, che si ritiene proveniente da regioni orientali. La veste originaria degli Etiopici fu probabilmente di pelle grossolanamente conciata; questo tipo persiste sporadicamente presso alcuni gruppi (Saho, Somali-Ogaden, Masai); il vestiario è oggi costituito in massima parte da una pezza di cotonata lunga generalmente sette braccia (un top) che assume i nomi più diversi (sciamma, futa) e che può essere colorata o bianca. A questo che si può considerare il vestito nazionale etiopico, si portano, secondo i varî gruppi e secondo il capriccio personale, modificazioni diverse pur restando sempre identica la parte essenziale.
Le stoffe sono ancora in molte regioni tessute con telai indigeni, benché larghissimo sia, in specie lungo la costa, il commercio di cotonate europee o indiane. La calzatura è dappertutto costituita da sandali di cuoio che, per i terreni pantanosi, sono sostituiti da sandali di legno. Le donne delle popolazioni più ricche e specialmente dei sedentarî agricoltori portano al collo, alle orecchie, ai polsi e alle caviglie pesanti monili d'argento, quasi dappertutto lavorati da orefici arabi; nelle popolazioni più povere l'argento è, nelle collane e negli orecchini, sostituito da conterie di vetro, nei braccialetti dallo stagno: delle sole donne Masai sono proprie le fasciature della gamba e dell'avambraccio con pesanti spirali di fili di ottone, i quali chiusi in varî cerchi concentrici vengono anche adoperati come collane: a pochi gruppi (Baria, Cunama, Danachili) è ristretto l'uso delle cicatrici ornamentali. L'arma più diffusa è la lancia a punta di ferro, innestata a cartoccio, quasi sempre armata di puntale all'estremità opposta.
La forma del ferro della lancia è variabilissima, anche fra tribù e tribù di uno stesso gruppo: dal tipo a foglia di lauro e a foglia di ulivo fino al tipo ad alette. L'arco è usato molto scarsamente soltanto presso tutti i gruppi cacciatori e in quelli che, anche dal punto di vista somatico, mostrano maggiori affinità negre (Somali meridionali, Masai); le frecce sono a punta di ferro, infisse nell'asticciola per mezzo di un codolo, ad alette se per la guerra, a foglia di lauro se per caccia; è piuttosto frequente l'uso di avvelenare il ferro delle frecce che vengono custodite in turcassi di legno a coperchio di cuoio. È comune un piccolo bastone da getto a forma di clava che viene talvolta adoperato per la caccia dei piccoli animali; tra gli Andorobo si trova anche il giavellotto a punta mobile. Spesso è usato come arma il coltello, che assume forme e dimensioni assai differenti (Somali, Amhara, Abissini, Saho) e presso qualche gruppo si hanno anche delle spade che variano dal tipo a lama larga (Habab) fino a un tipo a lama ricurva che rammenta la scimitarra (Abissini). L'arma di difesa è quasi dappertutto lo scudo rotondo di cuoio, con spessori differenti: da sottili quasi flessibili (Baria, Cunama, Danachili) fino a notevolmente spessi (Somali, Abissini) e che è fabbricato, a seconda delle varie popolazioni con pelle di bue, di giraffa, o di ippopotamo: i soli Masai hanno scudi ovali, assai grandi, di pelle, talvolta con sostegno di legno: forma affine a quella in uso presso i gruppi del sud-Africa. Alcuni gruppi dei dintorni di Cassala adoperano, come difesa, delle corazze di stoffa sovrapposta in varî strati cuciti insieme, con le quali non soltanto si difendono i guerrieri, ma anche i cavalli che ne vengono accuratamente ricoperti.
A tutti gli Etiopici è nota la ceramica, che soltanto nella zona nord-orientale della penisola somala (Migiurtinia) sembra sconosciuta; è assai diffuso un tipo di terracotta piuttosto sottile, lavorato a tornio con poche ornamentazioni lineari a stecco: l'arte del vasaio è esercitata dagli uomini, mentre la cottura della terracotta viene fatta spesso dalle donne: nelle popolazioni agricole che sono a contatto con gruppi di origine negra la ceramica è, in genere, più grossolana e di frequente non è nemmeno lavorata a tornio. Molti dei recipienti che presso gli agricoltori sedentarî sono fabbricati in terracotta, vengono sostituiti dai pastori nomadi con recipienti di forma pressoché identica ma fabbricati con fibra di palma dum intrecciata, affumicata e resa impermeabile con una specie d'incatramatura, ottenuta con una mistura di sangue e latte e con il fumo d'euforbia.
In alcune regioni, e specialmente nella Somalia meridionale, è in uso anche l'arte d'intagliare il legno, che viene lavorato con piccole accette costruite appositamente: trattandosi di popolazioni musulmane, l'ornamentazione di questi oggetti di legno, come quella della ceramica, è sempre di motivi geometrici. Tra gli Abissini cristiani è invece in uso una vera e propria arte pittorica con evidente influsso bizantino (v. etiopia).
La sola arte il cui esercizio è stimato dagli Etiopici come disonorante è l'arte del fabbro: specialmente fra i Galla e fra i Somali chi lavora il ferro è considerato come un paria e disprezzato, e non può contrarre matrimonio con genti di altri gruppi altro che se questi gruppi sono come i fabbri (tumál) di bassa casta: a questa categoria appartengono i cacciatori (midgàn) e i menestrelli (jebir). Il ferro è lavorato assai accuratamente, sebbene con un'arte che è senza dubbio inferiore a quella dei fabbri delle popolazioni dell'interno dell'Africa: i mantici per la fucina sono costituiti da soffietti a mano fabbricati con otri a cui sono innestati frammenti di corno di antilope, spesso di Oryx perché più diritte.
La forma sociale prevalente, la tribù a ordinamento familiare con patriarcato e con diritto a primogenitura: tracce di un antico matriarcato sembrano tuttavia conservarsi presso i Bisciari, gli Hadendoa, i Beni Amer e i Cunama. La costituz. one politica è in molte parti del territorio (Abissini, Galla) una specie di feudalismo con piccoli stati i cui capi sono sottoposti e dipendenti da un superiore capo unico (stati minori Galla e Abissini nell'impero etiopico); in altre regioni (bassopiano eritreo, Somalia) al di fuori del territorio che fu o è tuttora sotto il dominio di piccoli sultani, ciascuna tribù è sottoposta a un capo che la governa insieme col consiglio degli anziani competenti a giudicare di ogni controversia o a dichiarare la guerra; presso i Masai esiste invece una forma di aristocrazia militare alla quale in gran parte è affidato il governo della tribù. La religione più diffusa nel gruppo etiopico è la musulmana, soltanto fra gli agricoltori e nelle regioni più occidentali si nota la presenza di altre religioni; gli agricoltori dell'altipiano e delle pendici orientali dell'Abissinia sono in massima parte cristiani di rito copto; tra le popolazioni più occidentali i Cunama che occupano il bassopiano occidentale della Colonia Eritrea adorano Annà, essere unico e superiore che creò la terra e quanto esiste su di essa: è una religione che pur non essendo né cristiana né maomettana, nulla ha nemmeno di comune, sembra, con altre religioni negroidi o sudanesi. Presso le tribù Galla dell'impero di Etiopia (Ghimira, Gimma, Caffini), sopravvive una divisione di classi di età (gada) con cerimonie che rammentano quelle dei riti d'iniziazione; l'islamismo, al quale queste genti si sono da poco convertite, risente indubbiamente della conservazione di riti di origine pagana, con cerimonie di sacrifizî e danze rituali con speciali mascherature. L'intreccio così vario di lingue, di religioni e di occupazioni che costituisce l'insieme etnografico delle popolazioni etiopiche sembra confemare la supposizione che emerge dall'esame dei dati somatici: molto probabilmente genti di origini differenti si sono in Etiopia sovrapposte e mescolate: la cultura più antica della regione fu quella dei popoli cacciatori, la traccia dei quali è oggi dispersa in alcune zone isolate: a questa civiltà primitiva si sovrappone in seguito una forma di agricoltura a sedi fisse, civiltà della quale è tipica la capanna cilindrica a tetto conico; i popoli che appartengono a questa civiltà conservano anche oggi la loro antica industria siderurgica, accantonandosi specialmente lungo il corso dei grandi fiumi o nella felice zona climatica di transizione della pendice orientale dell'altipiano. Ambedue queste prime forme di civiltà sono oggi proprie anche di altre popolazioni africane estranee alla regione etiopica; in quest'ultima però in un più recente periodo si diffuse una cultura pastorale nomade in diverse onde (precamitica, camitica, semitica) nella quale largamente e rapidamente si propagò la religione musulmana e della quale è caratteristica la capanna ad alveare smontabile.
V. tavv. LXXIII e LXXIV.
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