etimologia
L’etimologia (gr. etymología, lat. etymologĭa) è lo studio dell’origine delle parole. La sua tradizione risale a più di 2500 anni fa: riflessioni etimologiche si conoscono già dai tempi degli antichi Indiani (Yāska, Nirukta), dei Greci (Platone, Cratilo) e dei Romani (Varrone, De lingua latina).
La storia dell’etimologia si divide in una fase prescientifica (dalle origini al Settecento) e in una fase scientifica (a partire dall’Ottocento). Per una panoramica storica e metodologica (con ampia bibliografia) si vedano Pisani (1947), Zamboni (1976), Pfister & Lupis (2001) e Schweickard (2003).
Presso gli antichi era diffusa l’opinione che le cose avessero ricevuto il nome conformemente alla loro natura (gr. phýsei, lat. secŭndum natūram) e non per convenzione (gr. nómōi, lat. se-cŭndum plăcĭtum). Gli antichi etimologi partivano quindi dal presupposto che tra forma e significato esistesse un legame naturale. Tramite meticolose analisi cercarono di cogliere il senso primitivo delle parole e di scoprire su questa via la vera natura delle cose (il gr. étymos significa «vero»). Tale concezione etimologica raggiunse il suo culmine con la linguistica ‘speculativa’ del medioevo cristiano. Dato che, secondo la tradizione cristiana, il mondo intero risentiva dell’ispirazione divina (harmonĭa mundi), lo studio etimologico delle denominazioni delle cose doveva contribuire a ‘decifrare’ la volontà di Dio. Il rappresentante archetipico dell’etimologia cristiana fu Isidoro di Siviglia, che nel VII secolo all’interno dei suoi Etymologiarum sive Originum libri XX intraprese l’analisi etimologica dell’intero vocabolario latino sulla base di assonanze e congruenze del tipo «aquila ab acumine oculorum vocata» (Etymologiarum XII, vii, 10).
Alle Etymologiae isidoriane seguirono parecchie altre opere di impostazione metodologica analoga, come le Magnae Derivationes di Uguccione da Pisa (redatte alla fine del XII secolo), il Catholicon (1286) di Giovanni Balbi, il De analogia huius nominis «verbum» et quorundam aliorum, et latina lingua grecam antiquiorem non esse di Bartolomeo Benvoglienti (circa 1490) e il Vocabulista (ossia Elementarium doctrinae rudimentum) del lombardo Papia (1496).
Nel Quattrocento le etimologie isidoriane vennero applicate anche ai volgari romanzi. Nel Dictionarium di Firmin Le Ver (1440) si legge: «Eés, mouche qui fait miel dicitur ab a quod est sine, et pes, pedis quia sine pedibus nascitur». Agostino Columbre spiega nella sua Manuschansia (1490): «Et dirimo che nele ethemologie de Isidero et de Papia mostra che questo nome dicto cavallo vene et derivase da cavo pede» (Trolli 1990: 110). In epoca rinascimentale, però, con lo spalancarsi di nuovi orizzonti intellettuali, tali esperienze sopravvissero piuttosto quali reminiscenze dotte e convenzionali delle tradizioni antiche e medievali che come espressione di reali indirizzi epistemologici. In seguito all’emancipazione delle lingue romanze dal latino, le ricerche sulle origini mitiche delle parole cominciarono a cedere il passo allo studio delle relazioni genetiche tra le lingue e del loro sviluppo in epoca storica.
A partire dal Cinquecento parecchi autori riuscirono a scoprire la corretta etimologia di singole parole (benché, tutto sommato, la quota delle interpretazioni sbagliate rimanesse ancora alta). Sono da mettere in rilievo per il Cinquecento italiano le opere di Claudio Tolomei (Il Cesano, Venezia 1555), Giacomo Castelvetro (Giunta al primo libro delle Prose di M. Pietro Bembo dove si ragiona della vulgar lingua, Basilea 1572), ➔ Lionardo Salviati (Avvertimenti della lingua sopra ’l Decamerone, prima parte Venezia 1584, seconda parte Firenze 1586) e Ascanio Persio (Discorso intorno alla conformità della lingua italiana con le più nobili antiche lingue, & principalmente con la greca, Bologna 1592), mentre per il Seicento spiccano i nomi di Celso Cittadini (Trattato della vera origine, e del processo, e nome della nostra Lingua, scritto in vulgar Sanese, Venezia 1601), Angelo Monosini (Floris Italicae linguae libri novem, Venezia 1604) e Ottavio Ferrari (Origines linguae Italicae, Padova 1676).
I primi repertori generali di etimologie romanze furono compilati dal francese Gilles Ménage (Egidio Menagio), che nel 1650 pubblicò le Origines de la langue françoise (Parigi) e nel 1669 le Origini della lingua italiana (Ginevra). Ménage possedeva ottime conoscenze delle lingue antiche e moderne, fatto che gli permise di risolvere numerosi problemi etimologici. A lui si devono inoltre parecchie innovazioni importanti (fra l’altro si rese conto del ruolo decisivo della bassa latinità per la ricostruzione etimologica di voci romanze). D’altro canto, Ménage commise anche errori clamorosi («Haricot […]. De faba. Faba, fabarius, fabaricus, fabaricotus, faricotus, haricot»), dato che ancora non disponeva degli strumenti metodologici necessari per la ricostruzione esatta dello sviluppo fonetico e semantico delle parole.
Per il Settecento è degno di menzione il Catalogus complurium vocum Italicarum quarum origo investigatur (1739) di ➔ Ludovico Antonio Muratori, che contiene 745 etimologie, spesso corrette, anche di voci di provenienza dialettale.
I dizionari generali cinquecenteschi e seicenteschi presero in considerazione soltanto eccezionalmente l’etimologia delle parole. Una tradizione più stabile di indicazioni etimologiche si sviluppò solo nel corso della pubblicazione delle varie edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612, 16232, 16913, 1729-17384, 1863-19235).
Per lo sviluppo dell’etimologia moderna furono decisivi gli studi indoeuropeistici dell’Ottocento e la nascita del metodo storico-comparativo. Grazie alle conoscenze approfondite dei principi del cambiamento fonetico (Lautgesetze), gli etimologi finalmente ebbero a disposizione la base scientifica che così a lungo era loro mancata. A partire da questo momento, lo sviluppo metodologico dell’etimologia si accelerò notevolmente, anche per merito di altri progressi fondamentali della linguistica diacronica:
(a) le ricerche che vanno sotto il nome di Wörter und Sachen («parole e cose»), grazie alle quali si capirono molto meglio i principi del cambiamento semantico;
(b) le numerose nuove edizioni di testi letterari o di carattere pratico che permisero di farsi un’idea più chiara dello sviluppo storico delle lingue;
(c) l’impetuoso sviluppo della dialettologia e della geografia linguistica, che contribuirono in modo decisivo a superare il primato delle fonti scritte;
(d) l’ampliamento delle conoscenze in altri settori particolari come l’etimologia popolare, le formazioni onomatopeiche, il contatto linguistico e la stratificazione del lessico.
Si intensificarono anche, oltre alle indagini sull’origine delle parole (étymologie-origine), gli studi sulle diverse fasi del loro sviluppo storico, in tutte le loro varianti formali e semantiche (étymologie-histoire du mot).
Le prime tappe dell’etimologia italiana si raggiunsero in un contesto panromanzo. L’opera fondamentale in materia fu l’Etymologisches Wörterbuch der romanischen Sprachen di Friedrich Diez (Bonn 1853, 18612, 1869-18703, 18784, 18875) cui seguì, all’inizio del Novecento, il Romanisches Etymologisches Wörterbuch (REW) di Wilhelm Meyer-Lübke (Heidelberg 1911-1920, 19242, 19353), che segna l’apogeo della ricerca etimologica di quell’epoca e che è possibile consultare con profitto ancora oggi.
A partire dal secondo Ottocento si intensificarono gli studi su problemi particolari dell’etimologia italiana. Furono attivi in questo settore fra gli altri Giovanni Flechia (1822-1899), Costantino Nigra (1828-1907), Napoleone Caix (1845-1882), Silvio Pieri (1856-1936), Ernesto Giacomo Parodi (1862-1923), Clemente Merlo (1879-1960) e Carlo Salvioni (1858-1920). Impulsi importanti provennero anche dall’estero, e soprattutto dagli etimologi dei paesi di lingua tedesca: accanto a Diez e Meyer-Lübke sono da menzionare Hugo Schuchardt (1842-1927), Jakob Jud (1882-1952), Leo Spitzer (1887-1960), Ernst Gamillscheg (1887-1971), Gerhard Rohlfs (1892-1986) e Johannes Hubschmid (1916-1995).
Il primo dizionario etimologico dell’Ottocento dedicato solo all’italiano è il Vocabolario genetico-etimologico della lingua italiana di Giovan Battista Bolza (Vienna 1852), che però non tenne conto degli sviluppi metodologici nell’ambito della linguistica storico-comparativa. Neanche il Vocabolario etimologico italiano di Francesco Zambaldi (Città di Castello 1889), il Vocabolario etimologico della lingua italiana di Ottorino Pianigiani (2 voll., Roma - Milano 1907) e il Vocabolario etimologico della lingua italiana di Enrico Levi (Livorno 1914) segnarono progressi particolarmente significativi sul piano scientifico.
Solo a partire dalla metà del Novecento si pubblicarono dizionari etimologici che corrispondono alle esigenze dell’etimologia moderna. Il più importante è il Dizionario etimologico italiano (DEI) di Carlo Battisti e Giovanni Alessio (5 voll., Firenze 1950-1957), che prende in considerazione in larga misura anche i linguaggi settoriali e le attestazioni dialettali. Le discussioni etimologiche sono di alto livello e spesso innovative. Importante inoltre il Vocabolario etimologico italiano (VEI) di Angelico Prati (Torino 1951) che registra anche molti prestiti. Ambedue i dizionari si consultano ancor oggi nell’ambito dell’etimologia specialistica.
Degne di nota, benché tutto sommato meno riuscite, sono altre pubblicazioni degli anni Cinquanta e Sessanta, come il Prontuario etimologico della lingua italiana di Bruno Migliorini e Aldo Duro (Torino 1950), il Dizionario etimologico italiano, concordato coi dialetti, le lingue straniere e la topo-onomastica di Dante Olivieri (Milano 1953) e l’Avviamento alla etimologia italiana di Giacomo Devoto (Firenze 1966). Di primaria importanza sono invece le Postille italiane al «Romanisches Etymologisches Wörterbuch» di W. Meyer-Lübke comprendenti le «Postille italiane e ladine» di Carlo Salvioni di Paolo A. Faré (Milano 1972).
L’indiscussa opera di riferimento dell’etimologia italiana moderna è il Dizionario etimologico della lingua italiana (DELI) di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli (5 voll., Bologna 1979-1988; nuova edizione in volume unico, 1999). Il DELI si distingue per lo spoglio di numerose fonti nuove, il controllo scrupoloso di tutte le datazioni e le chiare e approfondite discussioni etimologiche. Contemporaneamente al primo volume del DELI (1979) uscì il primo fascicolo del Lessico Etimologico Italiano (LEI), fondato da Max Pfister (Wiesbaden), che si prefigge come scopo lo studio etimologico dell’intero lessico italiano, comprese tutte le varietà dialettali. Per ulteriori dati su quest’opera, ➔ dizionario.
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Eccetto parole onomatopeiche come miao, chicchirichì, ecc., le quali rappresentano in parte gli ‘oggetti’ denominati, sono immotivate gran parte delle parole del lessico di base, come acqua, pane, fuoco, cielo, cane, gatto, bosco, mentre acquaio, panificio, focolare, canile, pescecane sono motivate, cioè sincronicamente ‘spiegabili’ tramite analisi basate sulla ➔ formazione delle parole (Belardi 2002: 451 segg.). Data la storicità del linguaggio, e perciò delle singole lingue, le parole non motivate non possono essere analizzate come quelle motivate e così presentano un ostacolo per la comprensione. La loro spiegazione è allora affidata all’etimologia, che studia l’origine delle parole, e che ha una lunga tradizione di studi.
Gli etimologisti preumanisti cercavano di cogliere le motivazioni raggruppando parole formalmente simili; così si avvicinava il lat. canis al verbo canĕre «cantare» perché il cane non canta («canis a non canendo»). Nonostante tale controsenso – le regole della formazione di parole suggerirebbero piuttosto una derivazione di canere da canis – l’esempio mette in evidenza lo sforzo di mettere a confronto parole che si assomigliano foneticamente o graficamente, e di andare oltre il semplice uso di esse, per trovare qualcosa di ‘vero’ (l’etimo).
L’Umanesimo comincia a mettere in rilievo la prospettiva storica sia dell’essere umano in genere sia delle sue tradizioni, comprese quelle linguistiche. Si arriva così a confrontare non solo parole di varie lingue coesistenti – per es., il latino e i volgari romanzi, già presenti nelle ‘etimologie’ medievali – ma anche la loro filiazione e i loro mutamenti attraverso i secoli. Con tali confronti si affina la sensibilità per la distinzione tra parole storicamente stabili, come cane, pane, acqua, pino, ecc., e parole più variabili nella loro forma, come buono, gennaio (< lat. januariu-), pipistrello (< lat. vespertiliu-), o persino per parole non confrontabili a lessemi latini, come guaio, giardino, zucchero.
Lo sviluppo delle scienze filologiche (Schweickard 2003), che raggiunge un primo culmine metodico nella filologia storico-contrastiva, permette di stabilire le regolarità (leggi fonetiche) inerenti ai mutamenti fonici/fonetici, coinvolgendo progressivamente anche sviluppi dei significati e cambiamenti del mondo socioeconomico e fisico che circonda i parlanti e che condiziona le circostanze dell’uso delle varie lingue prese in esame.
Così nascono, durante l’Ottocento e nell’ambito della glottologia indoeuropeistica, leggi fonetiche che permettono di scoprire ‘falsi amici’ diacronici come, per es., lat. habēre e ted. haben, il quale non si connette a habēre ma a capĕre «prendere, tenere in mano». L’insieme dei volgari romanzi, ossia delle lingue e dei dialetti neolatini, assume, in questo contesto, un ruolo esemplare perché la loro base storica latina, e con essa in parte anche il latino parlato/latino volgare, è ben documentata, e persino presente nella ricerca filologica, il che permette di individuare gli sviluppi di gran parte del lessico romanzo.
Con i metodi menzionati si riesce a individuare vari strati storici del lessico, per es. parole di sostrato osco-umbro quale bufalo o tufo, che secondo le leggi fonetiche dei neogrammatici corrispondono al lat. būbalus e tūbus, oppure parole di superstrato germanico come guardare < *wardon «osservare» e giardino < *gard- «recinto», quest’ultimo entrato in italiano attraverso il francese (antico) jardin sotto il dominio carolingio. Oltre a ciò, si individuano lessemi di adstrato, cioè ➔ prestiti da lingue coesistenti con l’italiano e i suoi dialetti, quali zucchero < arabo súkkar, facchino < arabo faqīh («giureconsulto, teologo»), scialuppa < fr. chaloupe, stambecco < ted. Steinbock, che ormai non sono più individuabili come «parole straniere» (Zolli 19952).
Oltre a spiegare l’etimo di parole considerate pienamente italiane – così gioia < ant. fr. joie < lat. gaudia (plur.) è svelato come prestito perché in toscano il lat. gaudiu- avrebbe dato *gòggio; nazione < lat. natio(ne-) è riconosciuta come voce dotta perché lo sviluppo popolare sarebbe stato *nazzone – l’etimologia scientifica si rende conto del continuo apporto latino, che si manifesta nei cosiddetti doppioni come chiesa < greco-lat. ecclesia- «assemblea, riunione» accanto a ecclesiastico, e cacio ([ˈkaʧo]) < lat. caseu- accanto a caseificio, quest’ultimo senza la palatalizzazione del (lat. volg.) -sj- a /ʧ/.
Il metodo della fonologia e fonetica storica permette, da un lato, di stabilire una cronologia relativa degli elementi lessicali, dall’altro lato mette in evidenza la unidirezionalità di cambiamenti fonetico-fonologici nati nel parlare stesso e senza consapevolezza dei parlanti, che in primo luogo fanno uso dei loro sistemi linguistici per comunicare ad altri parlanti informazioni di vario tipo. Perciò i cambiamenti fonetici colpiscono «non il corpo totale della parola, ma soltanto qualche sua parte» (Belardi, cit. in Benedetti 2003: 247, n. 116).
Altre parole attestate nel lessico latino hanno subito un minore o maggiore cambiamento semantico, il quale non viene spiegato dall’etimologia basata sulle sole regolarità delle leggi fonetiche: tosc. fuoco, sicil. fòcu e lomb. föc sono perfettamente riconducibili al lat. fŏcu- «focolare»; it. cavallo, sardo caḍḍu e spagn. caballo risalgono indubbiamente al lat. caballus «cavallo castrato»; it. bello/bella e fr. beau/belle sono facilmente individuabili come continuatori del lat. bellu- «carino».
Per poter spiegare gli spostamenti semantici nelle parole citate è necessario che l’etimologia abbandoni il metodo esclusivamente fonetico – la cosiddetta etimologia fatta a tavolino (ted. Schreibtischetymologie; Pfister 1980: 60) – e che entri nella storia delle cose, degli oggetti che determinano i concetti semantici; fuoco, bello e cavallo non solo hanno significati leggermente diversi da quelli delle loro basi latine ma hanno anche sostituito i termini generici latini ignis, pulcher e equus. Mentre equus «cavallo (maschio)» ha ceduto il posto a caballu- in tutte le lingue romanze, la forma femminile con il rispettivo referente extralinguistico equa «cavalla» ha potuto mantenersi nello spagnolo yegua, nel romeno iapă o nel sardo ebba. Tali sviluppi sono spiegabili con cambiamenti socioculturali, nel caso citato con il ruolo prominente della cavalla nella riproduzione (Pfister 1980: 52).
Per non dover basare una etimologia sulla sola base fonica, trascurando le possibilità semantiche, si adoperano metodi onomasiologici. L’onomasiologia parte da elementi culturali, spesso oggetti della vita rurale, e indaga sulle varie denominazioni di tali cose («Wörter und Sachen», cioè «parole e cose», secondo Hugo Schuchardt); si inverte, per così dire, la direzione delle indagini, che ‘normalmente’, in procedimenti semasiologici, partono da una determinata parola e ne cercano l’origine e il significato. Tramite impostazioni onomasiologiche, che prendono in considerazione anche denominazioni dialettali, è possibile avere conoscenza della ricchezza del lessico generale, di sviluppi economici e culturali nonché dei processi cognitivi sottostanti. Così si possono individuare, almeno in parte, i motivi per l’origine della distribuzione di ➔ geosinonimi come cocomero e anguria per il Citrullus vulgaris. Il frutto, entrato in Italia e regioni adiacenti dall’Africa, prese nomi diversi di piante simili e botanicamente imparentate, cioè le varietà del cetriolo, in lat. cucŭmere- e in greco angóuria. La voce cocomero dell’area centrale perpetua un significante autoctono, mentre la forma settentrionale, nell’ex-dominio veneziano, preferisce una denominazione greca.
Con entrambi i metodi, semasiologico e onomasiologico, l’etimologia contribuisce non solo a individuare l’origine di significanti («étymologie - origine») ma anche a descriverne i percorsi storici («étymologie - histoire du mot») nonché la loro distribuzione geografica o sociale (Pfister 2001). In tale modo, attraverso la descrizione e la spiegazione della storia individuale dei lessemi, diventa possibile l’aggancio dell’etimologia alle teorie e ai metodi della linguistica strutturale, dunque sincronica.
Scoprire elementi costanti e variabili nelle strutture lessicali di una o più lingue apre la prospettiva su caratteristiche più generali del linguaggio umano. Così Yakov Malkiel ha scoperto la variabilità, oltre alle difficoltà etimologiche a essa inerente, delle denominazioni di animali maschi, come cavallo, o giovani, compresi i giovani esseri umani (Zamboni 1976: 134 segg.): si presentano complesse, per es., le etimologie di ragazzo e degli equivalenti ted. Bub(e), ingl. boy, spagn. niño, catal. nen, fatto che può far pensare a cosiddetti universali etimologici, anche se le denominazioni generiche della femmina dell’Homo sapiens variano sia nelle lingue romanze (it. donna, spagn. mujer, fr. femme), sia in quelle germaniche.
Per contro, molte parole, pur essendo cambiate a livello del significante, rimangono stabili sia attraverso le varie lingue sia attraverso varie epoche storiche. Fico < lat. ficu-, olivo < lat. o-līvu- persistono sin dall’epoca preindoeuropea; acqua < lat. aqua, pino < lat. pīnu- sono rimaste pressoché invariate sin dall’antichità; fuoco, bello, guardare, ragazzo invece rispecchiano cambiamenti semantici o formali che devono essere spiegati con l’aiuto di necessità o volontà socioculturali nelle varie tappe storiche percorse da varie comunità linguistiche.
Nuove correnti linguistiche, che coinvolgono nelle loro ricerche semantiche anche conoscenze e metodi delle scienze cognitivistiche, si dedicano soprattutto alla possibile formulazione di principi del cambio semantico (Blank 1997). Si rivelano come stimoli essenziali per tale cambio i principi di similarità/contrasto (metafore) e di contiguità (metonimia), oltre a processi paretimologici (➔ paretimologia) o socioculturali; così si spiegano, per es., it. testa < lat. testa «vaso di terra» come metafora espressiva usata nel latino parlato, e lo spostamento di lat. bucca «guancia» (guancia < germ. *wankja «parte curva di qualcosa») > lat. volg. bócca > it. bocca, spagn. boca, fr. bouche (al posto del lat. os oris, che spiega l’aggettivo orale).
Le conoscenze etimologiche ottenute durante gli ultimi due secoli non solo contribuiscono al sapere metalinguistico sui ‘destini’ individuali delle parole di molte lingue, ma consentono anche di arrivare alla individuazione di strutture e filiazioni lessicali storiche andando indietro fino alla base latina (etimologia prossima) oppure a quella indoeuropea o addirittura preindoeuropea (etimologia remota). Con la descrizione sistematica anche di principi semantici si arriva a livelli epistemologici più alti, con una forza esplanatoria che va oltre la storia delle parole, ma che senza di esse non sarebbe stata raggiungibile.
Belardi, Walter (2002), L’etimologia nella storia della cultura occidentale, Roma, Il Calamo, 2 voll.
Benedetti, Marina (2003), L’etimologia fra tipologia e storia, in Il cambiamento linguistico, a cura di M. Mancini, Roma, Carocci, pp. 209-262.
Blank, Andreas (1997), Prinzipien des lexikalischen Bedeutungswandels am Beispiel der romanischen Sprachen, Tübingen, Niemeyer.
Pfister, Max (1980), Einführung in die romanische Etymologie, Darm;stadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft (trad. it. Introduzione all’etimologia romanza, Catanzaro, Rubbettino, 2001).
Pfister, Max (2001), Etymologie und Wortgeschichte. Étymologie et histoire des mots, in Lexikon der Romanistischen Linguistik (LRL), hrsg. von G. Holtus, M. Metzeltin & C. Schmitt, Tübingen, Niemeyer, 8 voll., vol. 1º/2 (Latein und Romanisch. Historisch-vergleichende Grammatik der romanischen Sprachen), pp. 670-681.
Pfister, Max & Lupis, Antonio (2001), Introduzione all’etimologia romanza, Catanzaro, Rubbettino.
Pisani, Vittore (1947), L’etimologia. Storia, questioni, metodo, Torino, Rosenberg & Sellier (2a ed. Brescia, Paideia, 1967).
Schweickard, Wolfgang (2003), Etymologische und wortgeschichtliche Erforschung und Beschreibung der romanischen Sprachen: Italienisch und Sardisch, in Romanische Sprachgeschichte. Ein internationales Handbuch zur Geschichte der romanischen Sprachen, hrsg. von G. Ernst et al., Berlin - New York, de Gruyter, 3 voll., vol. 2º, pp. 346-357.
Trolli, Domizia (1990), Studi su antichi trattati di veterinaria, Parma, Università di Parma.
Zamboni, Alberto (1976), L’etimologia, Bologna, Zanichelli.
Zolli, Paolo (19952), Le parole straniere: francesismi, anglicismi, iberismi, germanismi, slavismi, orientalismi, esotismi, a cura di F. Ursini, Milano, CDE (1a ed. Bologna, Zanichelli, 1976).