eticita
Termine che traduce il ted. Sittlichkeit, con cui Hegel designa quel complesso di istituzioni (famiglia, società civile, Stato) in cui la libertà si realizza oggettivandosi, ossia passa gradualmente dalla sua astratta espressione individualistica alla universalità concreta. Nel complesso e articolato sistema di Hegel, esposto nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, (1817) (➔) l’e. rappresenta il terzo momento dello Spirito oggettivo, dopo quelli del diritto astratto e della moralità (questo stesso tema verrà trattato in modo più analitico da Hegel nei Lineamenti di Filosofia del diritto, 1821).
Nello sviluppare il suo concetto di e. Hegel ha presente, fin dagli anni giovanili, il modello dell’e. antica, al quale si era ispirato soprattutto Hölderlin. Ma anche Schiller, nelle Lettere sull’educazione estetica (1795), in partic. la sesta lettera, aveva l’e. antica come punto di riferimento. L’influenza di questi due autori si avverte nella costante polemica di Hegel contro la filosofia morale e la filosofia del diritto di Kant, considerato il maggior rappresentante di quelle che nella visione di Hegel sono concezioni solo intellettualistiche, e perciò astratte, dei rapporti fra individuo e Stato. La morale individualistica kantiana, la morale della pura intenzione, viene criticata duramente da Hegel perché mette l’uomo in lotta con sé stesso. Il dovere per il dovere è l’universale astratto della volontà, che ha la sua diretta opposizione nella natura, negli impulsi sensibili, negli interessi egoistici, nelle passioni, e in tutto ciò che, in una parola, si chiama animo e cuore. Questa morale – dice Hegel – può sembrare un progresso rispetto alla moralità tutta esteriore dell’ebraismo e del cattolicesimo romano, perché essere il padrone di sé stesso e il servo di sé stesso sembra presentare un vantaggio rispetto alla situazione in cui l’uomo è servo di un estraneo. Ma quando, come accade nella Metafisica dei costumi (1797) di Kant, ciò che comanda è posto nell’uomo stesso e in lui si trovano in netta opposizione uno che comanda e uno che obbedisce, disaccordo e scissione assoluta vengono a costituire l’essenza dell’uomo, che diventa in tal modo un essere «anfibio». Questa morale individualistica trova il suo corrispettivo nell’atomismo dello Stato di diritto moderno, in cui – dice Hegel anticipando Marx – l’individuo gode soltanto la libertà del bourgeois, non quella del citoyen. La libertà del bourgeois, in questo significato, è appunto il fare a meno dell’universale, e quindi è il principio dell’isolamento e del reciproco antagonismo (un tema trattato a lungo da Hegel nei paragrafi della Filosofia del diritto dedicati all’analisi della società civile moderna). Occorre invece ritrovare – senza perdere il principio della soggettività infinita dell’individuo, ma radicandolo in un terreno più congeniale – lo spirito della «bella comunità» antica, la polis greca, il cui scopo precipuo era quello di rendere superflue le leggi grazie ai costumi, e le sregolatezze della vita insoddisfatta grazie al godimento santificato (Hegel ha presente soprattutto le feste della Grecia antica, in partic. quelle legate ai culti dionisiaci).
La realizzazione concreta di questo programma di rinnovamento dell’antico nel moderno, tuttavia, è apparsa generalmente – in partic. a Marx, che l’ha criticata aspramente negli anni giovanili – piuttosto deludente in confronto alle aspettative suscitate. Nella Filosofia del diritto, infatti, il compito di superare l’atomismo e l’antagonismo della società civile (conseguenza delle teorie politiche liberali) è affidato a una istituzione caratteristica della condizione di arretratezza economica e sociale della Prussia, della quale la Francia si era sbarazzata dal 1789, vale a dire la corporazione. Nella Filosofia del diritto, che riflette sostanzialmente la situazione della Prussia, lo Stato descritto da Hegel è ancora uno Stato per ceti (Stände) ossia uno Stato corporativo. L’esistenza dei ceti, secondo Hegel, ha un significato razionale, perché essi sono un elemento di ‘mediazione’ (concetto la cui importanza è vitale nella Logica hegeliana e quindi in tutto il sistema) fra lo Stato e i singoli individui. Il ruolo di mediatori è assolto in partic. dai componenti del ceto industriale (artigiani, imprenditori e commercianti), che attraverso le rispettive corporazioni superano l’atomismo della società civile. Ciò accade sia dal punto di vista economico, perché il singolo ritrova nel ceto rispettivo una comunità che lo assiste e gli dà sicurezza, sia dal punto di vista politico, perché partecipa al potere legislativo (nella camera bassa) inviando deputati che sono espressione di una volontà collettiva di ceto. Il fatto che questi deputati non siano forniti di mandato imperativo (cioè non siano semplici esecutori di istruzioni) imprime certamente un tratto di modernità alla filosofia politica di Hegel (essendo questo principio rivoluzionario recepito da quasi tutte le costituzioni moderne, cominciando da quella francese), ma non riesce ad alterare il carattere profondamente conservatore di tutta la costruzione edificata nella Filosofia del diritto.