ETERNITÀ (fr. éternité; sp. eternidad; ted. Ewigkeit; ingl. eternity)
Nel senso più elementare, è l'infinita estensione del tempo, e in tal senso l'intese la maggior parte dei pensatori greci, per cui eterno è ciò che infinitamente è durato e infinitamente durerà, senza interruzione. Ma già per il primo grande teorico dell'assoluta eternità dell'ente, Parmenide, l'eternità è piuttosto un puro presente, un νῦν, escludente da sé ogni passato e ogni futuro, che non il "sempre", l'ἀεί, somma di passato, presente e futuro, in cui traduce quel νῦν il suo scolaro Melisso; e il concetto è ripreso dai neoplatonici, Plotino e Proclo, che parlano dell'eternità come di una totale e immobile presenza dell'ente a sé stesso. Nella S. Scrittura l'eternità spesso significa lunga durazione e serie di secoli ma attribuita a Dio esclude principio e fine e successione; e in tal senso passa in Agostino e in Boezio (che distingue così l'aeternitas del nunc stans dalla sempiternitas del nunc in tempore, e dà dell'aeternitas la famosa definizione: interminabilis vitae tota simul et perfecta possessio (Consol., l. 6, pr. 6). L'idea dell'eternità come infinita durata e presente senza inizio e fine torna a farsi valere nella teologia medievale (che distingue così, anche, una aeternitas a parte ante da una aeternitas a parte post), pur essendo attribuita solo all'ente perfetto, e trascendendo questo, come tale, l'ordine del tempo. Il concetto dell'eternità come presente eterno torna pure in onore nell'idealismo postkantiano (Schelling, Hegel, Gentile), che, risolvendo le antinomie che intorno al concetto dell'infinità e della finità dell'estensione temporale aveva suscitato il criticismo kantiano, traduce quel concetto in quello della presenza assoluta dello spirito come soggetto trascendentale (v. anche tempo).