ETANOLO
(v. alcool, II, p. 256; App. I, p. 82)
L'e. (o alcool etilico) si può ottenere per sintesi o per fermentazione di liquidi zuccherini. Nel primo caso i sistemi più importanti sono quelli dell'idratazione dell'etilene (v. alcool, App. I, p. 82; etilene, App. III, i, p. 577) e dell'omologazione del metanolo con gas di sintesi (v. petrolchimica, App. IV, ii, p. 776), che si basa sulla reazione CH3OH + 2H2 + CO → CH3CH2OH + H2O catalizzata da materiali diversi, ma che produce acqua, il che è doppiamente sfavorevole: perché diluisce l'e., che dev'essere poi concentrato per distillazione, e perché metà dell'idrogeno impiegato si perde nella formazione dell'acqua.
Recentemente, adottando un sistema catalitico diverso (ferropentacarbonile e ammina terziaria), si è visto che la reazione di omologazione si può far avvenire diversamente:
CH3OH + H2 + 2CO → CH3CH2OH + CO2
ottenendo la formazione, come sottoprodotto, di anidride carbonica anziché di acqua, con risparmio d'idrogeno e formazione di e. anidro, senza necessità di distillazione.
Con la carbonilazione si arriva dal metanolo all'e. in due successivi passaggi; prima si ha la formazione di acido acetico (CH3OH + CO → CH3COOH) che avviene in presenza di sali complessi di rodio, ma operando in condizioni particolari l'acido acetico mano a mano che si forma si può esterificare con e. dando acetato di etile:
CH3COOH + CH3CH2OH → CH3COOC2H5 + H2O
che per idrogenazione, in presenza di catalizzatore, a circa 200°C, dà e.:
CH3COOC2H5 + 2H2 → 2CH3CH2OH.
Si potrebbe idrogenare direttamente l'acido acetico a e., sotto pressione, ma l'operazione richiede apparecchiature resistenti alla corrosione da parte dell'acido. La produzione mondiale di e. di sintesi supera i due milioni di m3/anno.
Il processo di fermentazione a mezzo di lieviti è antico e sfruttato largamente nella preparazione di bevande alcoliche; i lieviti più usati (Saccaromyces cerevisiae) trasformano gli esosi (alcuni anche i pentosi, ma con rese inferiori) in condizioni sia anaerobiche che aerobiche. Nel primo caso la trasformazione porta a e. e ad anidride carbonica:
C6H12O6 → 2CH3CH2OH + 2CO2
(con resa teorica di 51 g di e. per 100 di zucchero, che scende in pratica al 90% circa); nel secondo caso la trasformazione porta ad anidride carbonica e acqua:
C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2O.
La presenza di ossigeno nella fermentazione è sempre necessaria perché favorisce la crescita del lievito (specie quando si opera in presenza di grandi quantità di zuccheri), ma anche di composti secondari, alcuni dei quali agiscono da stimolatori della riproduzione del lievito. I lieviti agiscono con buona rapidità, in maniera selettiva, quindi con ridotta formazione di composti secondari, presentano buona tolleranza all'alcool, a pH bassi, ecc. Le loro caratteristiche variano però, anche sensibilmente, da tipo a tipo; per il funzionamento richiedono l'apporto di sostanze nutritive (composti azotati, fosfati, sali di magnesio, vitamine, acidi nucleici, amminoacidi, ecc.), di condizioni ambientali determinate (pH acido, temperatura di 38÷40°C, concentrazione di alcool possibilmente inferiore a 10÷11%, ecc.).
Le materie prime. - Poiché si calcola che la materia prima incida notevolmente (fino al 70%) sul costo dell'e. di fermentazione, la sua scelta risulta molto importante; le principali materie prime sono costituite da: saccarosio di barbabietola o di canna, o sottoprodotti della lavorazione (melasso); sostanze amidacee contenute in cereali o tuberi; sottoprodotti agricoli o di loro lavorazioni (vino, vinacce, fecce di vino, frutta, ecc.); soluzioni zuccherine provenienti dall'idrolisi di prodotti contenenti cellulosa; rifiuti domestici o di lavorazioni industriali.
Per quanto riguarda il saccarosio, esso costituisce la materia prima migliore; non si usa di solito come tale ma sotto forma di succhi estratti dalla barbabietola o dalla canna, o sotto forma di melasso che costituisce il residuo dell'estrazione del saccarosio e che ne contiene circa il 50%; il costo dello zucchero di canna è minore di quello di barbabietola; il succo e il melasso di barbabietola contengono più composti azotati, sali, ecc., vantaggiosi ai fini del processo di fermentazione. Il melasso, oltre che nella fermentazione, trova altri impieghi, concorrenziali, specie nella confezione di mangimi. Un altro stelo contenente zucchero è il sorgo zuccherino, che ne ha il 12÷15% (in parte sotto forma di zucchero invertito) e fornisce anche un seme, che trova utilizzazione nella preparazione di mangimi.
Le sostanze amidacee possono provenire da cereali (grano, mais, orzo, segala, ecc.) o da tuberi (patata, cassava, topinanbur, ecc.); in tutti i casi il prodotto ottenuto dalla macinazione deve, prima della fermentazione, essere sottoposto a idrolisi per scindere le catene polimeriche in zuccheri fermentescibili. In passato si ricorreva sempre a un'idrolisi acida (con acidi minerali, che dovevano poi essere neutralizzati); oggi si preferisce ricorrere a enzimi (α−amilasi e glucoamilasi). La sospensione amidacea è prima trattata con αamilasi, a 100÷160°C, poi, dopo raffreddamento a 65÷75°C, con glucoamilasi, e infine, portata a 32°C circa, viene fatta fermentare per aggiunta di lieviti. L'operazione può anche essere effettuata con sistemi continui. La quantità di amido presente varia notevolmente nei semi o farine delle diverse piante: mediamente si può indicare: frumento 70%, avena 60%, mais 55%, manioca 30%, patata, topinanbur 20%. La scelta dipende da diversi fattori (agronomici, economici, disponibilità, ecc.). I cereali che si usano sono prevalentemente quelli avariati (durante i lunghi trasporti via mare, o i prolungati stoccaggi) e conseguentemente inadatti all'alimentazione umana e alla preparazione di mangimi, o anche i surplus di produzione.
Il mais è la materia prima preferita in USA, specie in alcuni stati, dove la produzione è elevata (191 milioni di t/anno su 27 milioni di ha); solitamente solo il 5% circa della produzione viene destinato alla fermentazione; il mais ha il vantaggio di fornire anche il germe, che è ricco di olio, e sottoprodotti (steli, foglie, tutoli) utilizzabili da parte degli agricoltori.
La cassava (o tapioca, o manioca), tipica delle zone tropicali dell'America del Sud, presenta diversi vantaggi: il costo di coltivazione è basso, i tuberi contengono circa il 30% di amido (le varietà recentemente migliorate arrivano anche al 35÷37%), e possono rimanere anche a lungo nel terreno senza deteriorarsi apprezzabilmente.
Altri prodotti e sottoprodotti dell'agricoltura che possono essere utilizzati come fonte di alcool sono rappresentati da surplus di frutta, specie mele e pere, dal siero di latte, che contiene circa il 4% di lattosio (ma che si preferisce utilizzare nell'alimentazione dei suini), dai residui della vinificazione (fecce di vino, vinacce) o vinelli e dallo stesso vino.
Una fonte rinnovabile di vegetali, potenziali fornitori di alcool, ai quali si guarda con sempre maggiore interesse, sono quelli contenenti elevate percentuali di cellulosa. Questo carboidrato, come l'amido, è un polimero del glucosio, nel quale però le molecole sono tenute insieme da legami β−1,4 anziché α−1,4, come nell'amido; ciò le rende meno facilmente idrolizzabili. Inoltre in molti vegetali le catene cellulosiche sono avvolte da lignina che ne rende difficile l'accesso ai microrganismi, agli enzimi e anche a reattivi d'attacco. Occorre perciò operare un pretrattamento che rompa, o allenti, l'associazione fra catene cellulosiche e lignina facilitando l'azione degli agenti idrolizzanti.
Il pretrattamento può essere di tipo meccanico (frantumazione, macinazione), termico (riscaldamento, imbibizione con acqua sotto pressione seguita da rapida decompressione, che provoca una ''esplosione'' all'interno delle strutture vegetali) o anche chimico, con blandi reattivi alcalini. Il legno contiene anche emicellulose, polimeri di vari pentosi ed esosi; i legni duri contengono di solito più emicellulose formate in maggior misura da pentosi, mentre in quelli teneri prevalgono emicellulose formate in maggior misura da esosi e quindi portano a rese più elevate in zuccheri fermentescibili, e quindi in alcool. La saccarificazione del legno con acidi di diversa concentrazione è stata studiata e applicata in passato coi processi Bergius, Scholler, Giordani-Leone (v. alcool, App. II, i, p. 114, e lignina, App. II, ii, p. 200) che non hanno avuto seguito per le difficoltà tecnologiche (apparecchiature resistenti agli acidi, consumi elevati di reagenti, rese di trasformazione basse, ecc.).
Recentemente le ricerche si sono concentrate sullo studio di microrganismi e di enzimi capaci di idrolizzare la cellulosa. Sono stati studiati diversi enzimi del gruppo delle cellulasi capaci di attaccare in punti diversi le catene cellulosiche e anche presenti in condizioni differenti (in zone amorfe o cristalline). Cellulasi sono prodotte da diversi microrganismi (Trichoderma viride, o resei, Aspergillus awamori, Pseudomonas fluorescens, ecc.), con colture in superficie o sommerse; allo stato attuale più interessante è la produzione da Trichoderma viride, con sistema sommerso in grado di fornire l'enzima con buone rese, a costi relativamente bassi.
Per poter effettuare con quest'enzima l'idrolisi del materiale cellulosico, quest'ultimo deve subire diversi trattamenti: decorticazione, macinazione, possibilità di asportare parte della lignina, ecc.; l'idrolisi risulta fortemente influenzata da questi pretrattamenti, di costo non trascurabile. Il materiale ridotto in particelle dell'ordine dei 50 μ, e anche meno, in sospensione acquosa, a circa 50°C, pH leggermente acido, addizionato di enzima è lasciato fermentare per circa 24 ore ottenendo soluzioni con concentrazioni di zuccheri di 50÷60 g/litro, con rese dell'ordine del 50%. Sono stati anche studiati funghi (Paecilomyces) capaci di far fermentare ad alcool la maggior parte degli zuccheri (esosi e pentosi) presenti negli idrolizzati da cellulosa, da emicellulose. Numerosi sistemi proposti per il trattamento di cellulosa da legno, da scarti vegetali, da rifiuti urbani, ecc., sempre finora allo stato di impianti pilota o sperimentali, non hanno fornito conti economici favorevoli.
L'impiego di rifiuti urbani come materia prima per la produzione di e. ha ricevuto larga attenzione in questi ultimi anni nella speranza di poter risolvere, almeno in parte, il problema del loro smaltimento. Questo sottoprodotto avrebbe il vantaggio di fruire di un'organizzazione di raccolta esistente nelle varie città, che semplificherebbe il convogliamento agli eventuali centri di lavorazione. Questi rifiuti, valutabili in 1÷1,5 kg/persona/giorno, richiedono trattamenti preliminari (frazionamento mediante flottazione o sistemi analoghi) per eliminare alcuni componenti (materiali plastici, particelle fini, ecc.), per ridurne la pezzatura, ecc.: idrolisi mediante aggiunta di acido (a caldo, possibilmente sotto pressione), raffreddamento, neutralizzazione, filtrazione. Le soluzioni ottenute fermentano, per aggiunta di lieviti, a circa 40°C, originando soluzioni diluite di e. (1,5÷2%), che vanno poi concentrate al solito al 95% circa per distillazione. Dagli elementi di un processo capace di trattare 250 t/giorno di rifiuti urbani si ricavano i seguenti dati: produzione e., 36,5 t/giorno; acque di scarico, 91 m3/ora; consumo combustibile, 4 milioni di kcal/ora.
Tecnologie di preparazione. - In questi ultimi anni la tecnologia di preparazione dell'e. per fermentazione, avvalendosi dei progressi compiuti in vari rami della scienza, è notevolmente migliorata. Al posto dei lieviti si cerca di sfruttare l'azione di batteri; quelli termofili possono agire a temperature anche di 60÷70°C e quindi richiedono meno energia per eliminare parte del calore sviluppato nella fermentazione e mantenere l'optimum di temperatura di 35÷40°C; agendo a temperature più elevate si ottengono velocità di formazione dell'e. più alte, che tuttavia tollerano meno l'alcool, per cui occorre asportarlo durante la fermentazione. Particolarmente studiati sono batteri mesofili (Zymomonas nobilis) che operano la trasformazione degli zuccheri secondo un sistema di reazione diverso da quello proprio dei lieviti tradizionali. Non richiedono ossigeno per la crescita e meno zucchero viene consumato nella produzione di cellule; risultano quindi maggiori la resa in e. e la sua velocità di formazione.
Per quanto riguarda i lieviti, si studiano mutanti capaci di fermentare pentosi (presenti nei liquidi di saccarificazione dell'amido, della cellulosa), e altri capaci di operare sia l'idrolisi dei polisaccaridi che la fermentazione degli zuccheri risultanti (in questo modo per es. l'amido può dare e. per aggiunta di un solo lievito e quindi con un'unica operazione). Nonostante le ricerche e i tentativi di sostituire il processo di fermentazione discontinuo con altro continuo, le soluzioni proposte non offrono sufficienti garanzie di continuità di funzionamento, specie per le difficoltà connesse alla necessità di mantenere sterile a lungo l'ambiente di fermentazione.
Sono stati realizzati diversi sistemi per aumentare la produttività del processo di fermentazione facendo ricircolare parte del lievito; in questo modo fin dall'inizio dell'operazione si dispone nel fermentatore di un'elevata quantità di cellule e quindi si accelera l'inizio della fermentazione, abbreviando così il tempo necessario per la formazione dell'e.; occorre però provvedere a un maggiore raffreddamento per il più rapido sviluppo di calore.
Anche nei fermentatori si sono introdotte diverse novità; quelli cilindrici tradizionali sono stati sostituiti da altri formati da torri alte e strette, con fondo conico, nelle quali il lievito è mantenuto in sospensione dall'aria che entra dal basso; la sospensione, giunta in alto, trova una zona fortemente allargata nella quale il lievito ha modo di separarsi, tornando in parte nella zona inferiore, mentre la soluzione chiarificata, con 7÷8% di alcool, va alla distillazione. Si hanno fermentatori a membrana, nei quali la camera di fermentazione è suddivisa in due parti da una membrana porosa: in una viene immessa l'alimentazione fresca e avviene la fermentazione, mentre nell'altra parte viene trasferito l'alcool che via via si forma; in questo modo nella zona di fermentazione si mantiene sempre una bassa concentrazione di alcool, ciò che ne favorisce la formazione.
La membrana può anche essere disposta al centro del fermentatore e, avvolta a cilindro, mantenuta in rotazione in modo da limitare il deposito di solidi sulla sua superficie porosa. Si hanno tipi di fermentatori che non richiedono né separazione né ricircolo di cellule poiché queste sono mantenute fisse su un supporto e disposte nel fermentatore sotto forma di strato che viene attraversato dalla soluzione.
Per limitare l'azione inibitrice sulla fermentazione dell'alcool prodotto, questo può essere asportato mano a mano che si forma per aggiunta di un solvente, alto bollente, immiscibile con l'acqua ma che solubilizza l'alcool. Dalla miscela alcool-solvente facilmente separabile dall'acqua si ottiene altrettanto facilmente l'alcool, per semplice distillazione.
Molti i provvedimenti che hanno riguardato la riduzione del consumo di calore sia per la distillazione delle soluzioni provenienti dalla fermentazione che per la produzione di alcool assoluto. Così per la distillazione si fa ricorso a sistemi di distillazione estrattiva, a sistemi a pressione in cascata, a sistemi a multipli effetti, a sistemi a termocompressione, ecc. Per la disidratazione delle soluzioni azeotropiche sono stati studiati miglioramenti nell'efficienza termica dei sistemi di distillazione azeotropica (v. alcool, App. I, p. 83), ma soprattutto sono stati sviluppati sistemi basati sull'adsorbimento selettivo dell'acqua da parte di solidi facilmente rigenerabili (amido di mais in granuli che si rigenera con aria calda a 90°C, setacci molecolari, sali che formano idrati facilmente decomponibili).
Tutti questi sistemi consentono un risparmio di calore, ma richiedono impianti più complessi e maggiori investimenti. In passato i sistemi di distillazione delle soluzioni idroalcoliche consumavano circa 6÷7 kg di vapore per litro di alcool prodotto, al 96%; qui di seguito sono indicati i valori oggi necessari sia per la concentrazione che per la disidratazione:
Produzione e consumi. - La produzione mondiale annua di e. sintetico e di fermentazione è dell'ordine di 8 milioni di m3, dei quali i tre quarti sono di fermentazione. Nella tab. 1 sono riportate le produzioni nelle diverse zone industrializzate e in via di sviluppo. Sono anche indicati il numero degli impianti e le capacità produttive che, come si vede, sono notevolmente più alte delle produzioni effettive (ciò dipende in gran parte dalla necessità di lavorare materie prime stagionali); nel numero degli impianti sono trascurati quelli con capacità inferiore ai 5 m3/giorno. La capacità degli impianti di fermentazione, nel mondo, è più che raddoppiata nel periodo 1975-85. Brasile, USA e India da soli forniscono circa il 60% della produzione mondiale di e. di fermentazione, come risulta dal seguente prospetto:
Nella tab. 2 è riportata la produzione di e. di fermentazione in Italia nel periodo 1981-90, mentre nella tab. 3 è indicata, per gli anni 1988, 1989 e 1990 la produzione ripartita per fonte di provenienza.
L'adeguamento della legislazione alle normative della CEE ha comportato per l'Italia alcune variazioni, fra le quali: l'abolizione della distinzione fra e. di 1ª e 2ª categoria, che prevedeva un trattamento fiscale agevolato per l'e. di 2ª categoria (ottenuto da vino, vinello, vinacce, frutta, ecc.) rispetto a quello di 1ª (da cereali e da melasso); l'e. di qualsiasi provenienza è oggi gravato (l. 11 marzo 1988 n. 67) dall'imposta di 420.000 lire per ettanidro (ettolitro di e. anidro); dal 1° gennaio 1985 è stata anche variata la temperatura di riferimento dell'alcolometro portata a 20°C anziché i precedenti 15,56 (l. 21 luglio 1984 n. 362); gli spiriti non denaturati destinati al consumo interno debbono avere un contenuto alcolico non inferiore al 95% in vol., quelli denaturati devono avere una gradazione non inferiore a 90°C.
L'e. si usa per bevande alcoliche, nella preparazione di profumi, di estratti ed essenze per liquori, di specialità medicinali e preparazioni farmaceutiche, come solvente, come materia prima per prodotti chimici, come carburante o additivo per miscele carburanti.
L'etanolo come materia prima per l'industria chimica. - Nell'industria chimica organica, le materie prime di base si possono ridurre, essenzialmente, a tre: carbone (e derivati), petrolio (e derivati), carboidrati (zucchero, amido, cellulosa). Molti composti possono essere ottenuti dall'una o dall'altra; la scelta di tali materie è un problema complesso, dipendendo, oltre che dalla loro disponibilità, da altri fattori di natura tecnologica, economica, politica, diversi da paese a paese e anche da periodo a periodo. I prodotti chimici ottenibili dall'e. sono diversi: acetaldeide, acido acetico, esteri, eteri, glicoli, ammine, etilene, butadiene, ecc. Ricordiamo che il polietilene, scoperto in Gran Bretagna, vi fu prodotto per diversi anni su scala industriale utilizzando etilene ottenuto da e. di fermentazione.
In USA nel 1960 si consumavano circa 630.000 t di e. per produrre composti chimici, fra i quali principalmente esteri (acetato di etile, ecc.), eteri, etanolammine, resine, ecc., oltre ad altre 200.000 t di e. impiegato come solvente. Con la crescente disponibilità di etilene da petrolio, il consumo di e. come materia prima si ridusse a circa 1/3 (nel 1979), mentre l'impiego come solvente passò a circa 350.000 t.
In India, il sesto piano quinquennale (1980-85) ha considerato prioritario lo sviluppo dell'industria chimica (oltre ai fertilizzanti derivati organici: elastomeri, materie plastiche, detergenti, fibre, ecc.). L'e. di fermentazione è usato largamente come materia prima per queste produzioni. Durante la seconda guerra mondiale in India si sviluppò la produzione di e. come carburante in mancanza delle normali fonti di rifornimento di petrolio. Nel dopoguerra si pose il problema se continuare a utilizzare o abbandonare il complesso di impianti creati per la produzione di e.; prevalse la tesi dell'utilizzazione, ma destinando il prodotto all'industria chimica, cosa che avrebbe anche consentito di valorizzare la forte quantità di melasso prodotto nel paese, assicurando un buon reddito agli agricoltori. L'e. come carburante è stato abbandonato, sia perché sono ripresi i rifornimenti di petrolio, sia perché la motorizzazione non è molto sviluppata. Nel dopoguerra si è sviluppata anche una chimica basata sul gas naturale e sul petrolio, specie per composti di base, di largo consumo. L'e. viene utilizzato specie per prodotti richiesti in quantità minore, con maggior valore aggiunto, che necessitano di impianti dal costo contenuto; il paese è, dopo il Brasile, il secondo produttore mondiale di canna da zucchero (200 milioni di t/anno).
Il Brasile ha nei suoi programmi l'utilizzo di una parte dell'e. nell'industria chimica; nel 1976-77 con l'e. venivano ottenute poco più di 60.000 t di composti chimici; nel 1980 il paese disponeva di impianti di etilene per 150.000 t, di acetaldeide per 95.000 t, di ottanolo per 3600 t, di butanolo per 6700 t, di butadiene per 33.000 t, di etere etilico, di glicol, di cloruro di etile per oltre 5000 t. Il programma Proalcool prevedeva la destinazione di 1,5 milioni di m3 di e. (anidro) per gli usi chimici.
Alcool carburante (v. App. I, p. 363). − Si è già avuta occasione di osservare (v. carburanti, in questa Appendice) che l'e., come altri prodotti ossigenati organici, può essere usato come carburante per auto, sia da solo che in miscela con altri carburanti (benzina, ecc.), sia allo stato anidro che in presenza di acqua (miscela azeotropica). La scelta dell'impiego dell'e. anziché della benzina è legato a molti fattori sia economici (disponibilità, costo) che politici (politiche autarchiche, opportunità di sfruttare risorse rinnovabili locali anziché ricorrere a petrolio d'importazione, necessità di potenziare l'agricoltura locale con creazione di nuovi posti di lavoro, ecc.).
L'e., prima e durante la seconda guerra mondiale, è stato usato come carburante in diversi paesi; in Italia lo è stato durante il periodo delle sanzioni economiche (1935-36). Attualmente esso viene utilizzato a questo scopo prevalentemente in Brasile, in misura minore in alcuni stati degli USA. Il problema si è posto, in questi ultimi anni, anche in Italia, oltre che per ridurre il consumo di benzina, per contenere l'inquinamento atmosferico impiegando l'e. come sostitutivo degli antidetonanti a base di piombo. L'uso dell'e. come carburante o come additivo antidetonante incontra difficoltà dovute al suo costo di produzione che risulta sempre elevato, qualunque sia la materia prima usata. Si richiede pertanto una soluzione politica che assicuri interventi statali, esenzioni fiscali, contributi, volti a compensare i maggiori costi di produzione.
In Brasile la miscelazione di e. alla benzina è stata praticata fin dal 1920-30; nel 1931 fu varato un programma Proalcool che prendeva origine dalla necessità di stabilizzare l'industria dello zucchero utilizzando i forti surplus di melasso e di zucchero che si venivano accumulando nel paese. La legge prevedeva l'aggiunta del 5% di e. alla benzina; le quantità prodotte e la percentuale aggiunta variavano in funzione dell'andamento del mercato dello zucchero. Ricerche condotte fra il 1974 e il 1976 indicarono che le auto del commercio potevano consumare benzina miscelata fino al 20% di e. senza presentare inconvenienti; l'aggiunta poteva accrescere il numero di ottano (NOM) della benzina da 73 fino a 81; le condizioni del clima impedivano la separazione di fasi. Così dal 1977, nella città di San Paolo e in altri centri, venne impiegata benzina col 20% di etanolo. Nel frattempo furono studiati veicoli capaci di utilizzare come carburante alcool idrato da solo; iniziò l'applicazione la Compagnia dei telefoni con 400 auto appositamente approntate (il rapporto di compressione veniva variato da 7:1 a 12:1), seguita da altri enti, così che verso la fine del 1978 se ne contavano in funzione 725.
Nel 1980 l'indebitamento del Brasile con l'estero salì notevolmente, raggiungendo 54,2 miliardi di dollari; la bilancia commerciale segnò un deficit di 3,3 miliardi di dollari e l'inflazione salì al 110% su base annua. La responsabilità di questa situazione era in gran parte da attribuire alla spesa per importazione di petrolio, salita a 10 miliardi di dollari, causa l'aumento del prezzo del barile da 27 a 32 dollari. Nel 1981 fu deciso di ridurre del 25% le importazioni, mentre si cercò di diminuire la circolazione delle automobili. Contemporaneamente venne stabilito un piano quinquennale di aumento della produzione di e. che, alla fine del 1985, doveva raggiungere 10,7 milioni di m3, dei quali 1,5 (su base anidra) da destinare all'industria chimica e il rimanente da usare come carburante, da solo e anche in miscela con la benzina. Naturalmente il piano prevedeva l'aumento della coltivazione della canna e la creazione di nuove distillerie; alle 230 esistenti (da migliorare e potenziare) ne dovevano essere aggiunte altre 336, di capacità media di 120 m3/giorno di e., del costo di circa 10 milioni di dollari ciascuna. Per la produzione della materia prima si prevedeva l'utilizzazione di circa 1,5 milioni di ettari (circa 0,2% del territorio del paese). La realizzazione del piano quinquennale prevedeva investimenti per circa 5 miliardi di dollari, mentre altrettanti dovevano essere spesi in successivi due piani quinquennali. Fin dal 1980 era stato previsto l'uso della canna e del melasso, ma anche di altri vegetali rinnovabili, specie della cassava.
In USA un programma di utilizzo dell'e. come carburante si è sviluppato per sfruttare il surplus di cereali creatosi quando ne furono ridotte le vendite all'URSS e per utilizzare le attrezzature di produzione degli sciroppi zuccherini da mais, che si erano sviluppate in occasione della crisi di Cuba. In conseguenza della crisi energetica provocata dal rincaro del petrolio, fu varato un ampio piano di sviluppo di carburanti di sintesi che prevedeva la preparazione di combustibili liquidi da carbone e anche l'utilizzazione dell'e. come carburante. Le materie prime da utilizzare erano prevalentemente i cereali, specie mais, negli stati dello Iowa, dell'Illinois, dell'Indiana, e il melasso di canna negli stati del Sud e della costa. Come incentivo il governo offrì una riduzione di tasse nell'impiego di gasohol (miscela di benzina e 10% di e.). La produzione di e. crebbe con notevole rapidità passando da 800.000 m3/anno del 1982 a 1,5 milioni nel 1983, a 2,5 milioni nel 1986; successivamente però, a seguito del taglio delle sovvenzioni per le ricerche e della sospensione della riduzione delle tasse stabilita dal governo, la produzione prese a scendere, ma più lentamente di quanto era cresciuta.
In Europa i paesi della CEE producono un'eccedenza di cereali, che si cerca di ridurre associando i produttori alle spese di sostegno del mercato nel tentativo di riportare il settore agricolo verso criteri di economicità. L'utilizzazione delle eccedenze, specie di frumento, per produrre e. è sostenuta da più parti, ma non ha trovato consenzienti tutti poiché si teme che possa alimentare un ulteriore eccesso di produzione anziché contenerlo, senza riuscire a risolvere il problema del rifornimento di benzina. Va ricordato che la CEE ha un'eccedenza di produzione di alcool (si calcola che nel 1992 si avranno eccedenze vinicole di circa 22 milioni di hl, pari a circa 2,2 milioni di hl di e.); nei magazzini comunitari si ha una giacenza di oltre 4,5 milioni di hl di e. che si potrebbe utilizzare come additivo per benzina se i paesi si facessero carico della necessaria, elevata, sovvenzione.
Dal 1987 in Francia ai produttori di e. che utilizzino eccedenze di cereali viene riconosciuta un'esenzione dal pagamento dell'imposta di fabbricazione di 1,4 franchi al litro (pari al 40% del costo di produzione). Il governo francese conta di ottenere dalla Commissione di Bruxelles un sussidio. In Italia il problema dell'impiego di e. come additivo antidetonante o come sostituto (parziale) della benzina è stato ampiamente discusso, specie in occasione delle crisi petrolifere degli anni Settanta e dei provvedimenti da adottare per ridurre l'inquinamento ambientale delle città causato in gran parte dai gas di scarico delle auto (eliminazione del piombo, riduzione degli incombusti, dell'ossido di carbonio e dei derivati ossigenati dello zolfo e dell'azoto). L'uso dei composti organici ossigenati, e quindi degli alcooli, elimina l'emissione di piombo, ma non di tutti gli inquinanti (v. carburanti, in questa Appendice). In questa sede interessa esaminare la possibilità e il costo di produzione della quantità di e. sufficiente non già per una sostituzione totale della benzina, ma solo per una miscelazione al 10% circa.
Oggi il consumo di benzina è dell'ordine di 15÷16 milioni di m3/anno e quindi un'aggiunta del 10% in volume richiede una disponibilità di e. di circa 1,5 milioni di m3/anno (l'attuale produzione risulta di circa 400.000 m3/anno). Per un tale quantitativo non si può pensare di ricorrere alle materie vinose o ai sottoprodotti o surplus agricoli poiché non esistono in quantità rilevanti e i pochi disponibili già sono utilizzati per ottenere l'e. attualmente prodotto, come risulta dalla tab. 3. Inoltre, quando si parla di surplus agricoli, a basso costo o inutilizzati, pare si dimentichi che tali prodotti non sono in quantità costante, tale da assicurare il rifornimento a un'industria trasformatrice, e che il loro prezzo rimane basso finché essi rimangono inutilizzati; ma al momento che divengono materia prima di una lavorazione industriale acquistano, per la legge della domanda e dell'offerta, un prezzo allineato a quello delle altre materie prime concorrenti. Infine i surplus sono di solito distribuiti in maniera polverizzata, con un sensibile costo per l'ammassamento e il trasporto. Non si può neppure far conto sui surplus di cereali della CEE che potrebbero essere ottenuti a condizioni vantaggiose fino al loro smaltimento, ma non in seguito. Inoltre va ricordato che l'Italia importa già annualmente cereali per un valore di oltre 2000 miliardi (1500 per frumento, 500 per mais, 250 per segala, avena, orzo). Non rimarrebbe che rivolgersi a coltivazioni ad hoc (non di cereali) e quindi a barbabietola da zucchero (o a sorgo zuccherino). La produzione di 1,5 milioni di m3 di e. per fermentazione da materiali zuccherini richiede una produzione di barbabietole più che doppia dell'attuale.
La situazione italiana del settore è riassunta qui di seguito con riferimento, per questi ultimi anni, agli ettari destinati alla coltivazione, al raccolto di bietole, alla resa per ettaro e allo zucchero ricavato:
Per la produzione di 1,5 milioni di m3 di e. occorrerebbero circa 170 milioni di q di bietole corrispondenti a una coltura di 500.000 ha, tenuto conto che i terreni migliori vengono già ora utilizzati; non si può neppure pensare di ricorrere a terreni incolti e scarsamente produttivi come i collinari, che richiederebbero spese notevoli con rese basse. Ricordiamo che l'Italia si trova a uno degli ultimi posti in Europa per la coltivazione della barbabietola (per le basse rese per ha, sia come bietole che come zucchero, e per la qualità delle bietole − basso grado di purezza −, ciò che comporta una maggiore difficoltà, e costo, per l'estrazione dello zucchero).
Una produzione del genere presenta difficoltà e costi notevoli; occorrerebbe trovare i terreni necessari e opportunamente dislocati in relazione all'alcool da produrre e distribuire alle raffinerie di petrolio; tener conto dei terreni necessari per la rotazione; creare le relative distillerie, e tutto ciò con investimenti notevoli, sia per il settore agricolo che per quello industriale. Ricordiamo che in Brasile, per distillerie da 120.000 t/anno, alcuni anni fa si prevedevano costi dell'ordine di 10 milioni di dollari; altre fonti (1986) davano, per gli impianti di distilleria, compresi tutti i servizi, per capacità di 100.000 t/anno un costo di 27 milioni di dollari. Queste cifre sono molto maggiori di quelle indicate in rapporti sull'argomento elaborati in Italia.
Un problema che quasi mai ha avuto adeguata rilevanza (ma molto importante anche per i vincoli di legge che comporta) è quello relativo alle acque di scarico delle costruende distillerie. Si calcola che tali acque avrebbero un volume 12÷15 volte superiore a quello dell'alcool prodotto, pari − nel nostro caso − a circa 20 milioni di m3/anno, con un BOD (Biological Oxygen Demand) che è fra i più elevati, 25÷30.000. Lo smaltimento di una tale quantità di acque, con un così elevato carico inquinante, comporta spese e problemi notevoli. In tutti i paesi è assodato che il costo dell'e. di fermentazione, qualunque sia la materia prima usata, è notevolmente superiore a quello della benzina. Il valore esatto è difficile da individuare perché le situazioni sono diverse da paese e paese e perché i vari calcoli sono effettuati sopravvalutando alcuni fattori e trascurandone altri: lo dimostra l'ampia variabilità dei dati forniti dalle varie relazioni, da 400 a 700÷800 lire/litro. In Francia si calcola che il costo dell'e. superi di 2,5 volte quello della benzina e in USA di 2,6 volte.
Nonostante l'incertezza del costo dell'e., la sua utilizzazione nel campo dei carburanti comporta da parte degli stati che lo adottano la necessità di forti sovvenzioni, sotto forme diverse (alle quali occorre aggiungere il mancato introito delle tasse che in molti paesi gravano sulla benzina: in Italia 15.600 miliardi nel 1990).
Bibl.: CNR, Progetto finalizzato energetica - Etanolo per via fermentativa. Possibilità e convenienza della produzione in Italia per l'uso nel settore autotrazione, Milano 1979; E. Mariani, Chimica applicata e industriale, Torino 1983, pp. 319-51; AA. VV., Ethanol, in Ullman's encyclopedia of industrial chemistry, vol. A9, Weinheim 1987; I. Pasquon, L. Zanderighi, La chimica verde, Milano 1987, pp. 409-93; ENI, Analisi del progetto etanolo per autotrazione quale sbocco delle eccedenze di grano della Comunità Europea, Roma 1987.