ETANA
Mitico re della città mesopotamica di Kish, ricordato come "il pastore che è salito al cielo" da un'iscrizione che riporta un elenco di sovrani leggendari.
Il mito di E. è noto solo parzialmente dai testi letterarî, poiché questi ci sono pervenuti frammentari e in redazioni relativamente tarde. La storia di E. può così riassumersi: avendo aiutato un'aquila, ridotta a mal partito da un serpente la cui amicizia essa aveva tradito, E. viene da questa portato in cielo per ottenere una pianta che avrebbe dovuto dargli la possibilità di avere figli. Il testo si interrompe mentre E. e l'aquila sembrano precipitare sulla terra; ma l'esistenza di un figlio di E. e il fatto che il mito sia stato rappresentato sui sigilli, fanno ritenere che l'impresa abbia avuto successo, almeno secondo le tradizioni più antiche.
Il mito di E. occupava un posto notevole nel repertorio di motivi epico-mitologici raffigurati sui sigilli cilindrici del periodo accadico (circa 2350-2150 a. C.). L'arte mesopotamica conobbe in tale periodo una ricchezza di motivi, specialmente mitologici, mai più raggiunta nelle epoche posteriori, e se questi ci sono noti quasi esclusivamente attraverso le scene incise sui sigilli, ciò è dovuto alla perdita della produzione artistica di maggiori dimensioni, dalla quale, con ogni probabilità, dipende la stessa glittica.
Le raffigurazioni della storia di E. colgono il momento più suggestivo del mito, quello dell'inizio del volo. Una mezza dozzina di sigilli riproducono la medesima scena, con alcune varianti che mostrano l'evoluzione dello schema iconografico. La composizione più complessa è offerta da un sigillo del Louvre, nel quale essa si articola in gruppi di figure: E. seduto sull'aquila in volo, con due cani e due uomini che guardano verso l'alto in atto di meraviglia; a fianco è una scena pastorale, con tre capre, seguite da un pastore, che escono dall'ovile e vengono munte da un altro pastore; in alto due pastori sono seduti ai lati di una grossa anfora, mentre un terzo è presso un gruppo di anfore rappresentate convenzionalmente in visione frontale (quelle della prima fila) o viste dall'alto (le rimanenti). La parte superiore della scena reca i simboli celesti, per indicare il volo verso il cielo. Per la composizione di questa scena l'artista si è servito della giustapposizione di schemi iconografici preesistenti: le due scene pastorali ci sono infatti note da altri sigilli contemporanei o più antichi, nei quali manca l'elemento mitologico. Per la scena centrale del volo non si ha il modello, ma la quasi assoluta identità delle raffigurazioni su tutti i sigilli pervenutici (provenienti anche da località diverse) fa supporre l'esistenza di un prototipo comune, forse un rilievo. Un sigillo dei Musei di Berlino (Moortgat, n. 234) è assai simile a quello del Louvre, mancando solo di qualche particolare di minor conto. In altri sigilli mancano invece o l'ovile, o il mungitore, o il pastore presso le anfore o i simboli celesti. La scena più ridotta è data da un sigillo del British Museum, che però è di dimensioni minori degli altri. Su un sigillo trovato a Ur si vede E., seduto sull'aquila, fiancheggiato da due gruppi simmetrici raffiguranti un eroe nudo in lotta con un toro; il simbolismo cosmico di tali gruppi è assai verosimile, pur non potendosi precisare quale elemento essi rappresentino. La progressiva riduzione dei motivi si accompagna d'altra parte ad una stilizzazione di alcuni elementi, che perdono in tal modo il loro carattere naturalistico per diventare semplicemente decorativi; così, ad esempio, i cerchietti che rappresentavano il gruppo di anfore viste dall'alto, diventano un graticcio senza alcuna relazione con il contesto, in due sigilli (Collezione Southesk e Pierpont Morgan Library). L'ultima fase dell'evoluzione iconografica del mito di E. si trova documentata su un sigillo della Collezione Peek; i motivi tradizionali sono fortemente ridotti, mentre ne compare uno nuovo riferentesi ad una fase antecedente del mito. La presenza di un'aquila sopra un albero, alla cui base sono dei leoni, sembra infatti in relazione con la storia delle vicende che legarono l'aquila al serpente. La documentazione iconografica si interrompe così nel momento in cui l'esigenza di una più ampia narrazione creava un nuovo modello figurativo.
Monumenti considerati. - Louvre: L. Delaporte, Catalogue des cylindres. Musée du Louvre, i, Parigi 1920, tav. 5, n. 3 (T. 97). British Museum: O. Weber, Altorientalische Siegelbilder (Der Alte Orient, 17-18), Lipsia 1920, n. 402. Berlino: A. Moortgat, Vorderasiatische Rollsiegel, Berlino 1940, tav. 32, nn. 234, 235 (il secondo sigillo ha una copia in uno della Collezione Peek). Collezione Peek: O. Weber, op. cit., n. 403 (ivi il sigillo è erroneamente attribuito alla Collezione Southesk). Sigillo da Ur: C. L. Woolley, Ur Excavations, ii, Oxford 1934, tav. 205, n. 18o. Collezione Southesk: H. Frankfort, Cylinder Seals, Londra 1939, tav. xxiv, h; Pierpont Morgan Library: E. Porada, The Collection of the Pierpont Morgan Library, Washington 1948, tav. xxxvii, n. 236 E.
Bibl.: In generale: G. Meier, in Reallex. d. Assyriologie, II, Berlino-Lipsia 1938, pp. 481-482, s. v. Per la parte letteraria del mito: E. A. Speiser, in J. B. Pritchard, Ancient Near Eastern Texts Relating to the Old Testament, 2a ed., Princeton 1955, pp. 114-118. In italiano: G. Furlani, Poemetti mitologici babilonesi e assiri, Firenze 1954, pp. 5-16, 63-68. Per la parte artistica: W. H. Ward, The Seal Cylinders of Western Asia, Washington 1910, pp. 142-148; E. Douglas Van Buren, Akkadian Sidelights on a Framgentary Epic, in Orientalia, XIX, 1950, pp. 159-162.