ESTER (ebraico 'ester "stella")
Protagonista del libro omonimo biblico, ove è detta chiamarsi anche Hadassah (II, 7 "mirto"). Era figlia di Abihail (II, 15), alla cui morte fu adottata da Mardocheo suo cugino (II, 7,15), un beniaminita esule in Babilonia (II, 5, 6). Assunta a dignità di regina in un concorso di bellezza, dopo che Vasthi fu caduta in disgrazia del re (I, 10; II, 9), fu incoronata (II, 17) e tal festa fu celebrata in un banchetto e con remissione di debiti (II, 18). Tale dignità di regina appare notevolmente mitigata: si ha anche dopo un altro concorso di bellezza (II, 19); E. per entrare dal re deve attendere la sua chiamata (II, 14; IV, 11) o un segno di permesso (V, 2); e non si è mai vista costretta dalla sua intimità a far sapere, per un lungo lasso di tempo, chi fosse e di qual razza (II, 20; VII, 3); è certo ancora che essa abitò "nella casa delle donne", ossia nell'harem, insieme con altre (II, 11,14) nella reggia di Susa. Tutta la trama dell'azione del libro di E. è espressa nel sogno avuto da Mardocheo (X, 6-12, XI, 5-12, nella numerazione della Volgata): essa, piccola polla d'acqua, salva il suo popolo, nel punto che questo doveva subire l'esternnnio per la lotta di due draghi: l'antagonismo tra Mardocheo e il favorito influente Aman ha origine anzitutto nella denunzia fatta dal primo d'una congiura, tramata dai due eunuchi Bagathan e Thares, ai danni del re, non senza la diretta intesa di Aman (II, 21-23; XII, 1-6); costui poi per prendere vendetta del suo avversario che gli negava i segni di rispetto a cui, secondo il protocollo di corte, aveva diritto il capo dei satrapi o primo ministro del re (III, 1-6; V, 9-14; X, 4) chiede al re un decreto di strage contro i Giudei residenti in Persia. Alle sorti (Pūr., III, 7) col mezzo cioè di prismi numerati nelle facce, come i dadi, non si chiede che il giorno dell'esecuzione della strage (III, 10-15) e questo fu fissato per il 13 dell'ultimo mese dell'anno, detto Adar, allora iniziatosi.
E. col suo supplice pregare, avendo trovato grazia avanti al re, riesce ad ottenere l'abrogazione del decreto già firmato dal re stesso (VII, 1, 6), mentre l'assistenza divina invocata aveva disposta già prima una tarda ma opportuna glorificazione di Mardocheo (VI, 1-14), menato in trionfo dallo stesso suo avversȧrio per le vie di Susa, mentre gli si ordiva la trama di morte; in seguito, per decreto del re, i Giudei poterono vendicarsi aspramente sui proprî nemici, nel giorno stesso precedentemente indetto per il loro esterminio (IX,1-16), ed Aman coi suoi dieci figli (VII, 9; IX, 12, 14) fu impiccato. La festa annuale giudaica dei Purīm (v.) non avrebbe altra origine che questa protezione mirabile di Dio, che cambiò in ruina dei nemici del suo popolo tutte le insidie tese (III, 7; IX, 17-32; XVI, 20-23).
Un problema letterario complesso e caratteristico si riconnette col libro di E.: la materia cosi esposta è quella contenuta nelle versioni greche (giunteci a lor volta in doppia recensione, di varia forma ma sostanzialmente identica), nella versione latina della Volgata, nell'opera di S. Girolamo, che di solito si riporta alla recensione greca più lunga, e nella armena; invece l'attuale testo masoretico, in uso nella chiassosa festa dei Purīm, oltre ad esser privo d'ogni senso religioso, sino a non nominarvisi mai il nome di Jahvè, per cui il sinodo giudaico di Jamnia (90 d. C.) dubitò della sua canonicità, è molto più breve, escludendo il sogno di Mardocheo (Volg., XI, 2; XII, 6; nelle versioni greche messa logicamente al principio con la lettera A), il testo dell'editto del re di massacro dei giudei (Volg., XIII, 1-7; nelle versioni greche con la lettera B dopo III, 13), le parole di Mardocheo spronante E. a intercedere pel suo popolo (Volg., XV,1-3; presso le versioni greche con la lettera C); la loro preghiera a Dio (Volg., XIII, 8-XIV, 19; nelle versioni greche D); Ester davanti al re (Volg., XV, 4-19; nelle versioni greche E); editto del re a favore dei giudei (Volg., XVI, 1-4; nelle versioni greche F), epilogo sull'avveramento del sogno di Mardocheo, e sulla data della versione greca fatta nel 114 a. C. (Volg., X, 4-XI, 1; nelle versioni greche G). Coteste parti, per analogia dette deuterocanoniche, già note ai traduttori greci del sec. II a. C., e rimaste in parafrasi aramaiche, sono necessarie all'integrità e al senso religioso richiesto da un libro sacro. I critici sono divisi, alcuni valorizzando le sole parti contenute nell'attuale testo ebraico, altri ritenendo invece che le deuterocanoniche, originali nel sacro testo, sarebbero state omesse nell'uso sinagogale, allo scopo di evitare profanazioni. Nella Chiesa cattolica esse sono ammesse come ispirate. La miglior ricostruzione ne ha dato F. X. Roiron, Les parties deutérocanoniques du livre d'Esther, in Rech. Sciences Rel., 161 [1916] 3-16.
Il re nominatovi determina la sfera dei fatti narrati: esso è detto nel testo ebraico 'Aḥashwerüsh, reso da Luciano con 'Ασυήρος, dai Settanta con Αρταξέρξης (S. Girolamo usa l'uno e l'altro nella Volgata). Egli, nella disamina dei più, è precisamente Serse I (486-465 a. C.). Il gran banchetto (I, 18) ove erano confluiti ospiti di tutte le parti "al 3° anno del suo regno", si ricollega col convegno dei maggiorenti per decidere sulle modalità della guerra contro la Grecia. Il resto del libro si riferisce al ritorno dalla disastrosa campagna, quando il re voleva dimenticare nel fasto della corte di Susa la sconfitta. Il carattere del re coincide con quello che ci è riferito da Erodoto.
La critica moderna è, in genere, avversa a considerare come storico il libro di E. A parte i seguaci delle teorie mitiche (Jensen, Erbt, ecc.) che ritengono il libro un rivestimento storico d'un mito babilonese (Mardocheo = il dio Marduk; Ester = la dea Istar; ecc.), e che in realtà hanno trovato scarso successo; alcuni lo ritengono pura finzione letteraria; altri, invece, vi scorgono un nucleo storico, ma ampliato da molti rieami fantastici aggiunti secondo la mira del narratore che sarebbe xenofoba e glorificatrice del proprio popolo. A quest'ultima tesi hanno acceduto in parte anche alcuni studiosi cattolici (Prat, Peters, ecc.). Singolare è l'opinione del cattolico A. Scholtz, che, respingendo la storicità del libro, l'interpreta come un'allegoria apocalittica, per analogia con i libri di Tobia e di Giuditta da lui egualmente ritenuti come d'indole apocalittica: in esso cioè sarebbero simboleggiati gli avvenimenti dell'ultima lotta dell'Anticristo (v.) contro il regno del Messia.
Bibl.: A. Niccolai, L'Ester: dissertazioni, Firenze 1765; L. Colletta, Del libro d'E., Napoli 1869; G. B. de Rossi, Chaldaica Estheris additamenta, Roma 1782; A. Scholtz, Commentar über das Buch Esther, Würzburg 1892; W. S. Watson, Authenticity and genuineness of E., in Princeton Theological Review, I (1903), p. 62 segg.; J. Hoschander, The Book of E. in the light of history, Philadelphia 1923; H. Gehmann, Notes on the Persian words in the book of E., in Journal bibl. liter., XLIII (1924), pp. 321-328; R. W. Bernstein, Der E. in der jüdischen Illustration, in Monatsch. Gesch. u. Wiss. Judent., LXXIV (1930), pp. 381-390; J. M. Price, The monuments and Old Testament, Philadelphia 1925, pp. 400-411; P. Haupt, The Book of E.: critical edition of the Hebrew text with notes, Chicago 1911; R. B. Motzo, Ricerche sull'"Ester" greco, in Saggi di storia e letteratura giudeo-ellenistica, Firenze 1924, parte 2ª, pp. 241-311.