essere
1. Le circa 7780 attestazioni dei quasi 125 tipi formali del verbo e. - incluse le forme polisillabiche con apocope della vocale finale, quelle monosillabiche con epitesi di -e e quelle con enclisi di particelle pronominali - non sono distribuite uniformemente nelle opere di D., sia perché variano le frequenze delle singole forme sia perché alcune di queste ricorrono soltanto nella Commedia e nel Fiore (il contrario avviene per pochissime forme).
Lo squilibrio è ancor più acuito dalla particolare incidenza, in una singola opera, delle attestazioni di una voce: nel Convivio ricorrono ben 1884 è, mentre nella Vita Nuova 167, nelle Rime 191 e nella Commedia 776. Inversamente, si trovano 100 fui nella Commedia, 6 nella Vita Nuova, 6 nel Convivio, nessuno nelle Rime; 292 era nella Commedia - ov'è notevole il decrescere tra i 112 era dell'Inferno, i 103 del Purgatorio e i 77 del Paradiso, parallelo all'attenuarsi del contenuto narrativo -, 96 nella Vita Nuova, 72 nel Convivio, 12 nelle Rime, mentre eran ritorna 63 volte nella Commedia - egualmente decrescente, Inferno 27, Purgatorio 25, Paradiso 11 -, 1 nel Convivio, 1 nelle Rime e 2 nella Vita Nuova, ove però si leggono 18 erano contro 14 nella Commedia; nel Convivio sono 263 le attestazioni di sia - 60 delle quali nella congiunzione ‛ con ciò sia cosa che ' -, contro le 79 della Commedia, le 45 della Vita Nuova - 13 nella congiunzione suddetta - e 26 delle Rime.
Questi contrasti non sorprendono chi pensi che esigenze specifiche presiedono a differenze statistiche, chiari riflessi di precise scelte stilistiche: la forma poetica è in stretto rapporto con la quarantina di voci esclusive della Commedia - di questa sola, ad es., sono le tre attestazioni, in rima, di ee, " è " - o, altrove, di limitatissima attestazione. Se fue appare nella Commedia 22 volte, tutte in rima, e, in altra posizione nel verso, 289 volte fu, mentre la preferenza è data nella Vita Nuova a fue (41 contro 9 fu) e nelle Rime a fu (25 volte contro nessun fue) come nel Convivio (106 fu contro 13 fue, di cui 5 in fine di proposizione), la forma atipica risulta fu, mentre fue non soltanto è caratteristica di un particolare uso contestuale, ma ha anche chiari ascendenti siciliani (sin da Giacomo da Lentini) e stilnovistici (ad es., nel Cavalcanti). D'altra parte, la preferenza accordata nella Vita Nuova alle forme di imperfetto (116 volte) rispetto al numero proporzionalmente ridotto di imperfetti nella Commedia (403), contrapposta alla rarità quasi assoluta di passati remoti nella Vita Nuova (63 contro i 591 della Commedia), non è proporzionata con il totale delle voci nelle due opere (rispettivamente di circa 18800 e 100100 voci), ma con il tono d'indugiante rimembranza che caratterizza la Vita Nuova, e che trova la sua espressione formale - nell'incertezza del ricordo sospeso a volte tra realtà e sogno - nell'uso stilistico-aspettivo dell'imperfetto. Col carattere espositivo del Convivio, denso di definizioni, è coerente la frequenza della forma tipica dell'identità, è: mentre il totale delle voci del Convivio è circa tre quarti di quello della Commedia, è vi è attestato assai più del doppio che in questa. D'altronde il rapporto tra le 1884 occorrenze di è contro l'insieme delle voci del Convivio (circa 71500) è ben diverso da quello tra le complessive 776 occorrenze di è, le 3 di ee e le singole attestazioni di èli, emmi, enne, evvi, este (in rima) di contro all'insieme delle circa 100100 voci della Commedia.
1.1. Del presente indicativo i tipi formali sono 22. Alla I singol. e alla III plur. sono è più attestato nella prosa (Vita Nuova 31, Convivio 376) che nella poesia (Rime 21, Commedia 62), mentre il contrario vale per son (Vita Nuova 10, Convivio 17, ma Rime 60, Commedia 238); solo in Rime XLIV 9 si legge certo sonde, acciò ch'amato / per amore aggio (che può intendersi come una citazione antinomica da Iacopo Mostacci Mostrar vor〈 r >ia 13 " vivonde alegro e sonde più dottoso "). Della III plur. sono tipiche le forme enno (secondo il Petrocchi, lectio difficilior in If V 38 e Pd XIII 97, in rima) e èn (la lezione di Pg XVI 121 Ben v'èn tre vecchi è difesa dal Petrocchi): accolte dal Parodi (Lingua 253) tra le forme frequenti negli antichi e non in essi soltanto, suonano arcaicopopolareggianti all'uso toscano. Tra le varianti è notevole sonno (nel codice Ashburnhamiano 828) in Pd XXIV 141 una essenza si una e si trina / che sofferti congiunto ‛ sono ' ed ‛ este ', di non improbabile tradizione umbra o aretina, non diversamente dalla III singol este che vanta, però, anche tradizioni siciliane.
Di questa persona, oltre all'unicum este, a ee (v. 1.) e al normale è (si trascurano ovviamente i casi del latino est), le forme sono emmi, enne (della Commedia), èssi (di Vn XXXI 11 31), èli, " c'è " (in Pd XIX 63, ove l'enclisi è causata dalla posizione in inizio di verso).
Alla II singol. prevale se' (Vita Nuova 10, Rime 10, Convivio 7, Commedia 90) su sei, solo 4 volte nel Convivio; se è indicativo e non congiuntivo il verbo di Pg XXV 32 là dove tu sie, lo si può intendere formato da si' con epitesi di -e, normale in rima.
Alla II plur. i 33 siete predominano su sete, 3 volte nelle Rime, 1 nel Convivio e sostenuto da qualche codice di If XXX 58 0 voi che sanz'alcuna pena siete. Le 16 attestazioni di semo si contrappongono alle 28 di siamo, siam con sicura funzione d'indicativo: con quella di congiuntivo, 3 ne sono i casi nel Convivio e 1 nella Commedia.
1.2. Le altre forme di presente congiuntivo sono: sia, con 413 occorrenze come I, III e anche II persona, della quale sono specifiche sie (1 Vita Nuova, 1 Rime, 7 Commedia; inoltre sie è imperativo in If XVII 81 Or sie forte e ardito, simile a Pg XIII 78 e sie breve e arguto, e XX 10, XXXI 45) e sii (If I 66); con enclisi, soltanto sieti (2 Commedia), con rapporto analogo a quello, nel futuro, tra fia, fie e fieti (v. 1.3.). Alla III plur. siano, che ritorna 50 volte nel Convivio, non sembra documentabile per la Commedia, ove affiora sian, ma prevalgono sien e sieno, assenti nelle altre opere. Solo in Fiore CXVIII 10 si trova siar (v. 11.1.).
1.3. Etimologicamente congiuntivi, ma usati come futuri - per lo più profetici, prescrittivi - sono fia (6 Rime, 13 Convivio, 55 Commedia), fie (2 Rime; per Pd VII 114 fu o fie, cfr. Cv IV XIV 12 fu, e fia sempre la sua memoria), fi' (2 Rime), fieti (Pg XV 32 Tosto sarà ch'a veder queste cose / non ti fia grave, ma fieti diletto / quanto natura a sentir ti dispuose), flan (Pd XIX 134), fiar (Fiore XCVI 8; cfr. Parodi, Lingua 254-255), fieno e fien (2 e 6 volte nella Commedia), fiero (Pg XXV 36) e fier (If III 76 le cose ti fier conte, VI 105, Pg VII 48 ti fier note, XII 124, Fiore CXXVI 4; v. 11.3.). L'intercambiabilità tra queste forme e quelle anche odierne è assicurata, ad es., da If VI 105 esti tormenti / ... o fier minori, o saran sì cocenti?, ove saran è metricamente preferibile a firon (nel codice Ashburnhamiano 828 della Laurenziana), altrove inattestata. Tra le altre forme prevale sarà (3 Vita Nuova, 8 Rime, 28 Convivio, 29 Commedia), con le forme enclitiche saragli, " ci sarà " (1 Commedia), e saranne; quindi saranno (5 Convivio, 9 Commedia) e saran (5 Commedia); sarai (1 Rime, 2 Convivio, 13 Commedia: in piena coerenza con il tono profetico dell'opera); sarò (1 Vita Nuova, 4 Rime, 7 Commedia). Appena attestate, saremo e sarete. Le forme del tema sar- sono, quindi, caratteristiche della prosa, quelle con tema fi- della poesia, tranne fia che ritorna 13 volte nel Convivio (tra cui IV IV 10 né fu né fia, V 8 non fu né fia). Per il tema ser-, v. 11.3.
1.4. Le circa 400 forme d'imperfetto indicativo sono dominate da era (cfr. 1.), che come I e III singol. ritorna 96 volte nella Vita Nuova, 12 nelle Rime, 72 nel Convivio, 291 nella Commedia (er' di fronte ad anco, If XII 2, e alto, Pg IV 40). Deciso è lo scarto fra il tipo scorciato eran (2 Vita Nuova, ma in poesia [III 11 5] e nella citazione successiva, 2 Rime, 1 Convivio, 63 Commedia), ed erano, eletto dagli editori 18 volte nella Vita Nuova, 9 nel Convivio e 14 nella Commedia. L'unico eràmo (Pg XXXII 35) si oppone ai 27 eravam, eravamo, tutti nella Commedia: secondo il Parodi (l. cit.), è provenzalismo o latinismo, attestato anche nelle Laude Cortonesi. Interessante è savamo nel cod. Cortonese, in luogo di eravamo, in Pg IX 8 (cfr. Petrocchi, ad l.).
1.5. Le circa 800 forme di passato remoto sono distribuite tra una ventina di tipi, il più frequente dei quali è fu (Vita Nuova 9, Rime 25, Convivio 106, Commedia 289), con i derivati fue (rispettivamente 41, 0, 13, 22; cfr. 1.), fuci (Pg XXIX 66, in rima), fumi (Pd XIII 33, in rima), fummi (in Pg XXI 98 la qual mamma / fummi, e fummi nutrice, poetando, l'incertezza tra fummi e fumi è risolta dall'enjambement che lega mamma con fummi, con enclisi di particella all'inizio del verso, per una legge affine a quella Tobler-Mussafia, applicata qui anche dopo e), funne (Pg XXXII 139 e funne ricoperta: la maggioranza dei codici reca però fune), fusi (Pd III 108, in rima). Alla III plur. sono esclusivi della Commedia fuor (41; anche nel Fiore) e fuorono (If XXII 38); fuoro, che vi torna 14 volte ed è da preferirsi a foro che traspare nelle varianti e che già il Parodi (Lingua 258-259) riteneva forma non specificamente fiorentina, è 6 volte nella Vita Nuova, tutte in prosa; fur è 21 volte nella Commedia, 4 nel Fiore e 1 nelle Rime, come furo (rispettivamente 9, 1, 1); furon, 24 volte nella Commedia, è 1 volta nella Vita Nuova, ma in poesia, 2 nelle Rime e 1 nel Convivio, ove si leggono 17 furono di contro all'unica attestazione probabile nella Commedia, Pg XVI 132. Alla I singol. fu' - 12 volte nella Commedia di fronte a io, con soggetto posposto, in Rime LXXXIX 12, e nella clausola fu' mi in Pg XXII 90 e Pd XXVI 123 - ritorna altre 8 volte nella Commedia (cfr. Pg XVI 46 Lombardo fui, e fu' chiamato Marco). Fummo è solo della Commedia (23 volte), e appena attestati sono fosti e foste, rarissimo, questo, anche come congiuntivo imperfetto.
1.6. In questo, tra le circa 340 forme, prevalgono fosse - più frequente come III singol. (33 Vita Nuova, 17 Rime, 97 Convivio, 80 Commedia) che come I singol. (5 Vita Nuova, 1 Rime, 3 Commedia), fossi (come I singol. 4 Vita Nuova, 2 Convivio, 19 Commedia; come II singol. 2 Vita Nuova, 6 Commedia; come III singol. 1 sola volta, Pg XXIV 136, in rima; cfr. Parodi, Lingua 256-257). Foss' si legge 3 volte (Rime CII 45 così foss'ella, If XXII 68 così foss'io, XXVI 11 Così foss'ei). Inaccettabili sembrano le forme con -u-, quali fusse e fussimo, pur nelle varianti; è notevole che su 9 attestazioni di fossero, 7 ricorrano in inizio di verso nella Commedia, mentre più varia è la posizione di fosser (16 volte).
1.7. L'uso del condizionale è limitato a 11 casi nella Vita Nuova, mentre sale a 91 nella Commedia, 72 nel Convivio (con 63 sarebbe). Il tipo formato col perfetto latino di habeo è esclusivo di Convivio e Vita Nuova, ove pur appare un timido sariano; anche tra gli 11 casi delle Rime, 2 sono dati da saria. Nella Commedia, oltre ai doppioni sarebbe (28) saria (15) e sariesi (1), sarebbero (3), sarebber (2) e sarian (1), sarien (2), sarieno (2) e allo scorciato sare' (2) di contro e sarei (11), compaiono 18 fora per la III singol. - 4 volte anche nelle Rime - e 1 per la I singol. (Pg XXVI 25, in rima; cfr. Parodi, Lingua 260) e 2 foran. Per il tema ser-, v. 11.6. e 12.
1.8. Non pongono problemi l'infinito (esse è forma latina in Pd III 79 e XIII 100), né il gerundio. I 161 casi di esser nella Commedia, ove essere torna 20 volte (2 nelle Rime), si contrappongono ai 337 di esser nel Convivio, ove il tipo scorciato ritorna 40 volte (23 nelle Rime).
2. La distinzione tra forme omofone di e., soprattutto di I e II singol., è deitticamente attualizzata - sebbene sia semanticamente irrilevante - dai rispettivi pronomi personali con funzione di soggetto: il fenomeno, diffuso nella lingua di D., che prepone quasi costantemente pronomi personali anche alla I e II plur., nelle forme suddette ha un rilievo particolare.
Nella Commedia, sia è sempre preceduto da pronome (cfr. l'incipit di If XXI 59 che tu ci sia), e, nella Vita Nuova, nelle due attestazioni come I singol. (XIX 16 io non sta impedito, XXXI 16 69 qual ch'io sia). Sie, invece, in quanto forma specifica di II singol. (v. 1.2.), è preceduto raramente da pronome (ma vedi Pg V 70 che tu mi sie), mentre lo è sii nell'unica attestazione di If I 66. Nella Commedia, inoltre, son è preceduto 54 volte su 73 da i', io; fora, da io nell'unica attestazione come I singol., Pg XXVI 25; fossi, come I singol., lo è nelle sue tre occorrenze; era, invece, non è specificato da io in 11 casi su 48 (specialmente nell'incipit già era, If XVI 1, XXXIV 10, Pg XXIII 37; e v. Pg VIII 117). Nella Vita Nuova la forma sono I singol.) è preceduta da io 3 volte su 4, e son lo è in tutte le quattro sue occorrenze; fossi è sempre preceduto dai pronomi rispettivi, sia come I che come II singolare.
3. Le funzioni sintattiche di e. ne comprendono l'uso quale ausiliare (v. 4.), quale mezzo per esprimere qualità (v. 5.) o identità di un dato soggetto (v. 6.) e per situarlo in una data realtà, concreta o immaginaria (v. 7.-9.).
Nei primi due tipi, pur nella varietà di combinazioni che caratterizzano specie il secondo (statisticamente più frequente), e. non può essere sostituito né spiegato da altro verbo, perché, fondamentalmente asemico, è il simbolo di una relazione tra oggetti o tra oggetti e categorie qualitative o quantitative, sempre espressa nelle opere di D., in cui non si constata mai l'uso di frasi cosiddette nominali, e, con la sua frequenza nel secondo tipo, è indice di una concezione statica, definitoria della realtà. Nel terzo tipo, il valore situazionale-ambientale di e. ne permette la spiegazione tramite altri verbi, dai significati o statici (" stare ", " trovarsi ") o processivi (" avvenire ", " derivare "), a seconda dei complementi che da e. dipendono.
4. La combinazione di una forma di e. con un participio passato che la precede o segue immediatamente o che ne è distanziato all'interno della proposizione, è identificata per lo più con una delle funzioni primarie del verbo, quella ausiliare, per formare sia preteriti di verbi intransitivi sia la diatesi passiva e riflessiva e i rispettivi preteriti.
Ad es., nella Commedia, fia è ausiliare 11 volte su 55, fora 3 su 18, fue 6 su 22, fui 28 su 100, eran 14 su 63 ed erano 5 su 14, era (I singol.) 14 su 48 e (alla III singol.) 25 su 99 nel solo Inferno, mentre queste ultime due forme fungono da ausiliare 14 volte su 72 nel Convivio e 32 su 94 nella Vita Nuova. Spesso le combinazioni di e. + participio non danno luogo né a un tempo preteritale né a un passivo (tale, invece, in Cv I X 2 la esperienza non è mai avuta, " non è stata mai realizzata "; If XXIII 94 I' fui nato e cresciuto; Rime dubbie X 7 lo cor... per forza conven ché morto sia / per un gentil disio ch'Amor vi tene, nonostante i valori dei verbi corrispondenti) né a un riflessivo (quale, invece, in If XIII 95 dal corpo ond'ella stessa s'è disvelta), ma all'espressione di una sorta di condizione del soggetto, in cui il participio ha funzione qualificante, affine a quella di un aggettivo (v. 5.). Cfr. Pd VII 56 ma perché Dio volesse, m'è occulto, ove il participio latino è ormai disgiunto da un paradigma volgare, e V 52 L'altra, che per materia t'è aperta; XIX 67 Assai t'è mo aperta la latebra; XIV 138 ché 'l piacer santo non è qui dischiuso; XXVIII 43 Mira quel cerchio che più li è congiunto, ove non è facile distinguere la funzione verbale-processuale da quella aggettivale-qualificatoria. Inversamente, nonostante i chiari latinismi, il sintagma e. + participio ha valore verbale e non qualificatorio in Pd XII 113 l'orbita che fé la parte somma / di sua circunferenza, è derelitta; XIII 34 Quando l'una paglia è trita (valore passivo), e VII 5 fu viso [" sembrò "] a me cantare essa sustanza, XXXII 63 nulla volontà è di più ausa, " ha osato di più " (valore attivo).
4.1. La disposizione più frequente è data dal seguito di una forma di e. + participio passato. Quella inversa è rara nella Commedia e sottoposta, ivi come altrove, a norme determinate, che già s'intravvedono nella Vita Nuova e che, pur con talune eccezioni, sono tipiche di proposizioni relative (XXII 7 in questo modo che detto è; XXVI 8 per quello che narrato è; 1 Questa gentilissima donna, di cui ragionato è ne le precedenti parole; XIV 3 una gentile donna che disposata era lo giorno; XXXII 2 la quale morta era certamente; XVIII 1 certe donne, le quali adunate s'erano; XXXI 5 la cagione per che tolta ne fue), di proposizioni introdotte da ‛ dove ', ‛ come ' e da congiunzioni composte con ‛ che ' (XXV 9 come detto è; VIII 6 13 lo ciel... / ove l'alma gentil già locata era; e cfr. Pd XXV 122 mentre che detto fu), e dell'inizio di frase (e anche di verso, XXIII 24 56 morta è la donna tua, ch'era sì bella; XXXI 10 15 Ita n'è Beatrice in l'alto cielo), ove la posposizione del verbo e. al predicato - costituito da participio, sostantivo o aggettivo - sembra regolare (v. 5.1.2.). Non si esclude un'eventuale variatio in XXV 7 onde, se alcuna figura o colore rettorico è conceduto a li poete, conceduto è a li rimatori, e una sorta di rima, congiunta con la posizione di e. in ripresa di proposizione - un sostanziale inizio - e dopo un pur lontano che, in XXIV 3 salvo che per sua bieltade, secondo che altri crede, imposto l'era nome Primavera. Alla base di queste distribuzioni formali è avvertibile un modello latino, come quelli che D. stesso offre in II 6 Heu miser, quia frequenter impeditus ero deinceps!, XXVIII 1 Quomodo sedet sola civitas plena populo! Facta est quasi vidua domina gentium, e che traspare in XXVI 2 Questa è una maraviglia: che benedetto sia lo Segnore, che sì mirabilemente sae adoperare! (cfr. Pd XV 47 Benedetto sia tu... trino e uno).
Conferma ulteriore di queste caratteristiche distributive è data dal Convivio, ove alla frequentissima formula come detto è (I IV 13, XII 6, 11, 13, ecc.) con le varianti di I VI 9 come manifestato è di sopra, si affiancano tipi espressivi meno formulari, quali I V 1 Poi che purgato è questo pane, IX 7 la sentenza de le canzoni a le quali fatto è (il comento), XII 12 Provato è adunque, II 9 questa donna che spiritualmente fatta era con la mia anima una cosa. Il modello latino è ovvio in II III 11 Levata è la magnificenza tua sopra li cieli, traduzione di Ps. 8, 2 " elevata est magnificentia tua super caelos ".
Neppure le Rime, pur nella minore frequenza delle attestazioni del costrutto, presentano una struttura diversa: C 27 Fuggito è ogne augel che 'l caldo segue, e 42 Passato hanno lor termine le fronde / ... e morta è l'erba; CXIII 5 Io che trafitto sono in ogni poro / del prun che con sospir si medicina; CXVI 51 ignoranza ed oblio / stato è con lei; LXVII 88-89 perché raccomandati / vi sian li detti miei; XXXIX 9 Destinata mi fu questa finita; CIV 37 Poi che fatta si fu palese e conta; CVI 9 formata fu dal suo decreto antico; L 22 penso... che vul / per man d'Amor là entro pinta sete; CIV 17 Queste così solette / venute son come a casa d'amico; LXXXVI 2 Due donne in cima de la mente mia / venute sono a ragionar d'amore (ma CIV 1 Tre donne intorno al cor mi son venute).
Per l'uso dell'ausiliare ‛ è ' posposto al participio in Inferno e Paradiso, cfr. If 11 63 che vòlt'è per paura, XXIII 118 Attraversato è, nudo, ne la via, XXVII 40 Ravenna sta come stata è molt'anni, XXVIII 31 vedi come storpiato è Mäometto, XXXIV 120 fitto è ancora sì come prim'era, Pd XVI 61 tal fatto è fiorentino e cambia e merca (cfr. Vn XXXIX 95 E fatti son che paion due disiri, Rime CIII 67 le belle trecce... / che fatte son per me scudiscio e ferza), Pd XXII 75 rimasa è per danno de le carte; con il passato remoto di e., in If V 97 Siede la terra dove nata fui, XIV 54 onde l'ultimo dì percosso fui, Pg XXXIII 133, poi che da essa preso fui, XXVI 103, Pd XV 33 e quindi e quinci stupefatto fui (tutti esempi con fui in rima); e Pg XX 49 chiamato fui di là Ugo Ciappetta, XXXI 51 le belle membra in ch'io / rinchiusa , fui, e ché so' 'n terra sparte, Pd VII 136-137 Creata fu la materia ch'elli hanno; / creata fu la virtù informante, XXIX 31 Concreato fu ordine e costrutto, ove - con una sicura analogia con If I 73 Poeta fui, e cantai di quel giusto / figliuol d'Anchise, XIII 37 Uomini fummo, e or siam fatti sterpi, Pd XXII 47 uomini fuoro, accesi di quel caldo - la forma del verbo e. segue a un participio e rispettivamente a un sostantivo - iniziale di verso.
5. Le strutture sintattiche più frequenti di E. - indipendentemente dalla posizione reciproca degli elementi in questione - sono costituite dall'uso qualificatorio, con un aggettivo quale predicato (anche nel tipo, rarissimo, rappresentato da If I 4 Ah quanto a dir qual era è cosa dura, ov'è predicato il sintagma ‛ cosa + aggettivo ' [v. 6.2.]; cfr. invece If III 12 il senso lor m'è duro, e v. 5.1. per la posizione finale di verso del sintagma predicativo), e da quello identificatorio, con sostantivo anche infinito - quale predicato.
5.1. Per alcuni costrutti con aggettivo quale predicato, cfr. If III 43 Maestro, che è tanto greve, e 47 la lor cieca vita è tanto bassa; VIII 124 Questa lor tracotanza non è nova; X 83 perché quel popolo è sì empio, e 103 Quando s'appressano o son, tutto è vano; XXVIII 78 se l'antiveder qui non è vano; XIV 124 Tu sai che 'l loco è tondo; XVIII 7 Quel cinghio che rimane adunque è tondo; XXXI 81 ch'a nullo è noto; XXXIV 129 non per vista, ma per suono è noto (v. 5.).
5.1.1. Il participio presente con funzione di predicato aggettivale forma una sorta di perifrasi con e. in If XVIII 132 e or s'accoscia, e ora è in piedi stante, Pd XXXI 22 la luce divina è penetrante / per l'universo, XX 9 nel benedetto rostro fu tacente, e forse in XIX 57 molto di là da quel che l'è parvente, XXI 18 che 'n questo specchio ti sarà parvente, Cv III IV 12 'l pensiero nostro... è vincente del parlare. In Cv I VI 6-8 si noti l'alternarsi della perifrasi e del verbo corrispondente: Né lo comento latino avrebbe avuta la conoscenza di queste cose, che l'ha 'l volgare medesimo. Che lo latino non sia conoscente del volgare... così si pruova. Quelli che conosce alcuna cosa in genere, non conosce quella perfettamente... Lo latino conosce lo volgare in genere... Onde è manifesto che lo latino non è conoscente de lo volgare.
Nonostante la terminazione etimologicamente participiale, il valore è sicuramente aggettivale in If XVI 99 a Forlì di quel nome è vacante; VI 48 s'altra è maggio, nulla è sì spiacente; Vn III 11 6 Già eran quasi che atterzate l'ore / del tempo che onne stella n'è lucente; Cv III Amor che ne la mente 77 Tu sai che 'l ciel sempr'è lucente e chiaro; Vn XL 9 2 cosa che non v'è presente; Rime dubbie I 6 eran serventi di tal guisa in lui; XXIV 8 vol che di lei non sia benevogliente.
5.1.2. Per alcuni esempi di aggettivo-predicato preposto al verbo e., cfr. Cv I XII 13 E con ciò sia cosa che questa [bontà] sia nel nostro volgare, sì come manifestato è di sopra... manifesto è ched ella è de le cagioni stata de l'amore ch'io porto ad esso; XIII 9 se l'amistà s'accresce per la consuetudine.., manifesto è che essa in me massimamente è cresciuta; II I 9-11 è impossibile venire al dentro se prima non si viene al di fuori: onde, con ciò sia cosa che ne le scritture [la litterale sentenza] sia sempre lo di fuori, impossibile è venire a l'altre, massimamente a l'allegorica, sanza prima venire a la litterale. Ancora, è impossibile però che in ciascuna cosa... è impossibile procedere a la forma... sì come impossibile la forma de l'oro è venire, se la materia.., non è digesta e apparecchiata... Onde con ciò sia cosa che la litterale sentenza sempre sia subietto e materia de l'altre... impossibile è prima venire a la conoscenza de l'altre che a la sua; I VII 4 E però che a l'amaro comandamento è impossibile dolcemente obedire, impossibile è... la obedienza del sovrano essere dolce; II I 12, I VI 4 se 'l servo non conosce... manifesto è..., e 9 se non conosce... impossibile è a lui conoscere; VII 5, VIII 10 E però che biasimevole è invano adoperare, biasimevole è non solamente a porre la cosa in parte dove sia meno utile; II IV 12, Vn XXV 7 Onde, con ciò sia cosa che a li poete sia conceduta maggiore licenza... che a li prosaici dittatori... degno e ragionevole è che a loro sia maggiore licenzia largita, e 8.
Dagli esempi è chiaro che l'aggettivo è preposto a e. all'inizio di proposizione principale successiva a una secondaria, condizionale (cfr. anche Pd II 84 e s'elli avvien ch'io l'altro cassi, / falsificato fia lo tuo parere e l'inversione, per così dire, ritardata in quanto posposta al soggetto, di XIV 43-45 Come la carne... / fia rivestita, la nostra persona / più grata fia per esser tutta quanta) o causale. Altrettanto avviene, anche se con regolarità forse minore, in proposizione secondaria, dopo congiunzioni quali ‛ se ' (Cv I X 4 se lunga è la digressione, III I 9 se non simile è per sé), ‛ sì come ', ‛ come ' (Vn XXII 2 sì come da molti si crede e vero è, XXIII 3 veggendo come leggiero era lo suo durare), ‛ che ' e altre congiunzioni composte con ‛ che ' (Cv I VIII 10, X 14 però che virtuosissimo è, Vn XXIII 3 ancora che sana fosse, XX 2 pensando che... bello era trattare alquanto d'Amore), ‛ e ' (Vn XXIII 10 e si forte era la mia imaginazione), ‛ ma ' (Cv I XI 15 ma biasimevole è commendare) o dopo pronome relativo (II XIV 19 la Divina Scienza, che piena è di tutta pace). È notevole, infine, l'uso in definizioni (Cv I VI 10 sanza conversazione o familiaritade impossibile è a conoscere li uomini), specialmente se non disgiunte dall'andamento ritmico della poesia, nella parte iniziale del verso, in Cv III Amor che ne la mente 49-50 Di costei si può dire: / gentile è in donna ciò che in lei si trova, / e bello è tanto quanto lei simiglia; Pg III 107 biondo era e bello e di gentile aspetto; VIII 45 grazïoso fia lor vedervi assai; Pd III 40 grazïoso mi fia se mi contenti / del nome tuo, o dell'enfasi prosodica di alcuni inizi di proposizione, come in Vn XIII 2 buona è la signoria d'Amore (v. 5.1.3.), e, nella prosa trecentesca, nel solenne incipit del proemio del Decameron, " Umana cosa è l'aver compassione agli afflitti " (§ 2).
Identica struttura sintattica si osserva anche nella prosa latina di VE I II 7 Et si dicatur quod picae adhuc et aliae aves locuntur, dicimus quod falsum est; IV 1 Soli homini datum fuit ut loqueretur, ut ex praemissis manifestum est, e 4 cum nullum gaudium sit extra Deum, sed totum in Deo, et ipse Deus totus sit gaudium, consequens est quod...
5.1.3. Quali predicati, (lo) vero e bene precedono è in inizio di proposizione - e rispettivamente di verso - in Vn XIV 3 E lo vero è che adunate quivi erano, e 14 Vero è che tra le parole dove si manifesta la cagione di questo sonetto; XXIII 8 Vero è che morta giace la nostra donna; XXXVIII 6, Rime dubbie III 5 7 Ver è ch'ad ora ad ora indi discende / una saetta; If IV 7 Vero è che 'n su la proda mi trovai; Pd I 127 Vero è che, come forma non s'accorda; Pg XIV 30, Pd XXVI 6 ben è che ragionando la compense; XV 10 Bene è che sanza termine si doglia. Questi costrutti, in cui il predicato costituito da ‛ vero è ', ‛ bene è ', precede una proposizione dichiarativa, sono assenti nel Convivio, e il secondo è formalmente opposto sia a quello rappresentato soltanto da Vn XIV 14 e però non è bene a me di dichiarare cotale dubitazione, sia a ‛ è buono ', in Vn XIV 11 10 ché forse non è bon sanza lui gire, XXV 3 secondo che è buono a presente, If XII 27 mentre ch'e' 'nfuria, è buon che tu ti cale, Pd XVII 109 per che di provedenza è buon ch'io m'armi; ma con predicato anteposto a inizio di verso, in Pg XII 14 Buon ti sarà, per tranquillar la via, / veder lo letto de le piante tue, XIV 56 e buon sarà costui, s'ancor s'ammenta, e di frase in Vn XIII 2 e 3 (v. 5.1.2.).
5.1.4. Un rapporto qualificatorio estremamente allusivo si osserva in proposizioni introdotte da ‛ quale ' (sia relativo che interrogativo) seguito da e.; con ‛ quale ' con funzione relativa, l'uso ne è frequente nei paragoni (cfr. If I 55 E qual è quei che volontieri acquista; VIII 22 Qual è colui che grande inganno ascolta; XVII 85, XXIV 112 E qual è quel che cade, e non sa como; Pd XXXIII 58 Qual è colűi che sognando vede; If VI 28 Qual è quel cane ch'abbaiando agogna; XII 4 Qual è quella ruina che... / l'Adice percosse); meno frequente è con ‛ quale ' con funzione interrogativa (Vn XXXI 15 60 e quale è stata la mia vita... / lingua non è che dicer lo sapesse; 16 69 Ma qual ch'io sia la mia donna il si vede; Cv II IV 1 Poi ch'è mostrato... quale è questo terzo cielo; If I 4 Ahi quanto a dir qual era è cosa dura; XXXIV 93 non vede / qual è quel punto ch'io avea passato).
5.1.5. E. partecipa all'espressione delle qualità di un dato soggetto in alcuni sintagmi in cui un sostantivo, per lo più astratto, collegato con e. da una preposizione - per lo più ‛ di ' -, svolge funzione predicativa, con valore analogo a quello di un aggettivo qualificatorio, anche se non sempre è agevole individuare di qual aggettivo in particolare il sintagma sia la trasformazione. Tra i casi più ovvi si ricordi Vn XV 2 uno desiderio di vederla, lo quale è di tanta vertude (" potente "); XXVI 11 5 E sua bieltate è di tanta vertute; XIX 22 chi non è di tanto ingegno [" intelligente "] che... la possa intendere; Rime dubbie XII 4 io non pensai / che questa fosse di tanto valore! Tra i casi meno evidenti si ricordi Vn XII 13 25 lo suo core è stato / con sì fermata fede (" fedele "); 13 32 perdonare se le fosse a noia (" gravoso "); Rime LXXV 11 ell'è di molto gran guadagno; XCI 36 nullo amore è di cotanto peso; Pd VII 43 così nulla fu di tanta ingiuria (" offensiva "); VIII 147 fate re di tal ch'è da sermone (" eloquente "); Cv I IV 9 l'uomo è da più parti maculato e, come dice Agustino, nullo è sanza macula (" innocente "); IV VII 11 vivere è per molti modi (" vario ", " multiforme ").
Anche alcuni complementi introdotti da ‛ in ' svolgono un'analoga funzione qualificatoria. Cfr. Rime C 52 sempre / ch' io sarò in vita [" vivo "], s'io vivesse sempre; Cv IV XXIV 17 E se non è in vita lo padre; Rime CIV 15 or sono a tutti in ira ed in non cale (" odiose e indifferenti "); LXXXVII 7 ché non mi fu in piacer alcun disdetto (" caro ", " gradito "); Pd XXV 60 quanto questa virtù t'è in piacere. Evidente calco dal latino, l'espressione ‛ e. in potenza ' (ad es., Vn XX 6, XXI 6) può accogliersi tra questi sintagmi. Un complemento qualificatorio introdotto da ‛ a ', in Cv III Amor che ne la mente 89 Madonna, s'ello v'è a grato, / io parlerò di voi in ciascun lato.
5.1.6. Di un soggetto si predica la serie di cose o di persone cui appartiene, con la struttura formata da e. + ‛ di ' + sostantivo concreto, formalmente eguale a una struttura considerata in 5.1.5. Cfr. Vn XL 3 s'elli fossero di propinquo paese; XXIX 1 ella fue de li cristiani del terzodecimo centinaio; XXIII 27 78 desideroso vegno / d'esser de' tuoi; If II 139 Or va, ch'un sol volere è d'ambedue; XX 27 Ancor se' tu de li altri sciocchi; Pd XXII 83 quantunque la Chiesa guarda, tutto / è de la gente che per Dio dimanda.
Con la medesima struttura si predicano, inversamente, la categoria o la caratteristica propria di un dato soggetto, in Vn XXXI 11 35 Non è di cor villan si alto ingegno; Cv I XIII 6 è stato meco d'uno medesimo studio. Con diversa struttura formale, ma con analogo rapporto espressivo, la frase di Cv IV VII 6 Una pianura è con certi sentieri.
5.1.7. Se il concetto di appartenenza può intendersi come caso limite di un rapporto qualificatorio, tale rapporto è, invece, ovvio in costrutti formati da e. seguito dalla preposizione ‛ da ' + infinito, intercambiabili, talvolta, con aggettivi indicanti possibilità e necessità, ad es. in Cv I II 4-5 peggio sta biasimare che lodare, avvegna che l'uno e l'altro non sia da fare. La ragione è che qualunque cosa è per sé da biasimare, è più laida che quella che è [" lo è "] per accidente. Dispregiar se medesimo è per sé biasimevole; XI 13-15 E chi vuole vedere come questo ferro è da biasimare... E sanza dubbio non è sanza loda d'ingegno apprendere bene la lingua strana; ma biasimevole è commendare quella oltre a la verità.
Rarissimi nella Vita Nuova (cfr. XX 2 pensando che l'amico era da servire), questi costrutti sono piuttosto frequenti nel Convivio (III IV 10 non è l'uomo da biasimare; cfr. § 6 l'uomo è degno di loda e di vituperio; 11 se io non potea intendere non sono da biasimare; IV VI 10 quello che... per sé di ragione è da laudare; VII 1 Poi che veduto è quanto è da riverire l'autoritade imperiale e la filosofica... è da ritornare al diritto calle de lo inteso processo; VII 4 de li altri tanto è da curare quanto di bruti animali, e 8 è da dire non vile, ma vilissimo; XXVII 5 non è da dire savio chi con sottratti e con inganni procede, ma è da chiamare astuto). Hanno questa struttura alcuni moduli che introducono definizioni e spiegazioni, usati spesso nel Convivio, quali soprattutto l'ossessivo è da sapere (I IV 9, XIII 2, III IV 6 e 11, V 9, IV IX 4 e 5, ecc.; nella Vita Nuova soltanto in XL 7 E però è da sapere che in tre modi si chiamano... le genti che vanno al servigio de l'Altissimo) e i più rari è da vedere (Cv I XII 12, IV VIII 11, XII 13), è da intendere (soltanto in Vn XXV 3), è da notare (Cv II X 3, IV VII 3), non è da maravigliare (IV IX 2), non è da credere né da consentire (IX 16), da considerare è (IX 11), è da dichiarare un dubbio (XI 4), è da rispondere (XII 13 e 20).
Uno sviluppo di questo tipo espressivo può ritenersi quello rappresentato da Vn XIX 6 14 non è cosa da parlarne altrui (v. 5. e 5..2.).
5.2. Nella struttura formata da e. seguito da ‛ cosa ' e da un aggettivo concordato, il sostantivo ‛ cosa ' oltre a formare perifrasi con l'aggettivo successivo (in corrispondenza di un neutro latino), ha funzione identificatoria e non qualificatoria, sia pure nell'ambito di un valore estremamente allusivo e indeterminato, in pochissimi passi delle Rime (dubbie XXVI 6 l'è cosa sì fina, / ch'ella non par umana, anti divina), della Vita Nuova (XXVII 5 14 e si è cosa umil, che nol si crede, XXVII 27 74 tu dei ormai esser cosa gentile, / poi che tu se' ne la mia donna stata, e forse anche XXVI 6 7 e par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare, III 3 pareami con tanta letizia... che mirabile cosa era) e del Convivio: III VII 6 l'angelica natura... è cosa intellettuale, VIII 20 la sua bellezza ha podestade in rinnovare natura in coloro che la mirano; ch'è miracolosa cosa.
5.2.1. Nelle perifrasi formate da e. + ‛ mestiere ' (-i), ‛ uopo ' , il significato di " è necessario, opportuno ", analogamente a quanto avviene nella locuzione attuale ‛ c'è bisogno ', trasforma un rapporto formalmente identificatorio in uno funzionalmente qualificatorio. ‛ È mestiere ' non è infrequente nel Convivio (I I 11 quello pane ch'è mestiere. a così fatta vivanda; VI 3 non vogliono che 'l servo si muova a fare quello ch'è mestiere; II III 18 è mostrato quello che al presente n'è mestiere; XII 10 E non è qui mestiere di procedere dividendo; XIII 1 come e perché questo terzo cielo ci fu mestiere; III XII 1 volgendo lo senso de la lettera là dove sarà mestiere; IV I 11, VI 2 qui è maggiore mestiere di saperlo, IX 8) e, nella Commedia, affiora nell'Inferno (XXIII 119 come tu vedi, ed è mestier che 'l senta; XXXIII 18 dir non è mestieri; XXI 66 mestier li fu d'aver sicura fronte; XXVIII 90 al vento di Focara / non sarà lor mestier voto né preco) ove è uo' appare soltanto in II 81 (alcune varianti recano uopo); è uopo ritorna, invece, in Pg XXVI 19 (in rima), Pd I 18 m'è uopo intrar ne l'aringo rimaso, VIII 114 la natura, in quel ch'è uopo, stanchi, XI 27.
6. Gli esempi di cui ora si è parlato, tutti incentrati sull'uso di e. quale perno della struttura sintattica, possono ritenersi (come quelli considerati in 5.1.7.) al margine tra rapporto espressivo qualificatorio e quello identificatorio-equazionale, dal quale non sono definite o prospettate le caratteristiche del soggetto, ma questo viene posto in relazione immediata con un altro elemento oggettuale della realtà. Se la funzione qualificatoria di e. pone in luce le qualità intrinseche al concetto dal quale procede l'enunciato, quella identificatoria ne dichiara i rapporti estrinseci, e i vari gradi espressivi che essa presenta - dalla connotazione al confronto - corrispondono a una procedura di sistemazione oggettivo-scientifica della realtà, così come poteva esser concepita da Dante. Il grado più notevole di questo processo identificatorio è costituito dai pur pochi casi in cui e. vale " significare ", " corrispondere a ": cfr. Cv IV XVI 6 è falsissimo che ‛ nobile ' vegna da ‛ conoscere ', ma viene da ‛ non vile ': onde ‛ nobile ' è [" vale ", " significa "] quasi ‛ non vile '.
Di scarso rilievo è, in questa struttura sintattica, la considerazione della distribuzione reciproca degli elementi che si succedono quasi sempre nell'ordine: soggetto + e. + predicato, formato da un sostantivo, anche qualificato da un aggettivo.
6.1. Tra le specie di equazioni tra soggetto e predicato, quelle con forma più indifferenziata possono riportarsi a moduli semplicemente definitori (di Cv I IV 11 questo è quello che per l'uomo buono dee la sua presenza dare a pochi; II I 3 questo è quello che si nasconde sotto 'l manto di queste favole, e 5 questo è quello che li lettori deono... andare appostando; III Amor che ne la mente 71 Questa è colei ch'umilia ogni perverso; IV XII 10 E questo è quello che lo testo dice; Rime CVI 87 questo è quello che pinge / molti in servaggio; If VII 91 Quest'è colei ch'è tanto posta in croce) e a moduli interrogativi, quasi nella rappresentazione drammatica dello sforzo d'indagare la realtà (dal caso più semplice di Rime dubbie XXX 10 Chi è quella?, a If III 32 che è quel ch'i'odo?, VIII 84 Chi è costui che sanza morte / va...?, Cv II V 5 Chi è questa che ascende del diserto...?, Vn XXXVIII 9 5 Chi è costui, / che vene a consolar la nostra mente...?). In questi casi sono posti in rapporto alcuni pronomi, e il soggetto è costituito da un pronome dimostrativo o interrogativo, a seconda dell'intenzione espressiva, assertiva o dubitante, della proposizione.
6.2. Nella sua forma più astratta questo rapporto equazionale si realizza in ‛ ciò è ', ancora collegato con le condizioni semantiche originarie e non ancora usato come avverbio esplicativo, come dimostrano le pur rare forme con il verbo e. coniugato rispetto al tempo, di Cv I X 10 quelli che transmutò lo latino de l'Etica - ciò fu Taddeo ipocratista, e II V 4 La prima cosa e lo primo secreto che ne mostrò, fu una de le creature predette: ciò fu quello suo grande legato che venne a Maria. Varianti di ciò è sono altri sintagmi equazionali, attestati in Cv II III 8 lo cielo Empireo, che è a dire cielo di fiamma o vero luminoso; V 5, IV 5 ‛ idee ', che tanto è a dire quanto forme e nature universali; IX 5, VII 5 Dico adunque che vita del mio core, cioè del mio dentro, suole essere un pensiero soave... che se ne gia spesse volte a' piedi del sire... ch'è Iddio: ciò è a dire, che io pensando contemplava lo regno de' beati; III XV 15, IV VI 18 Amate lo lume de la sapienza, voi tutti che siete dinanzi a' populi. Ciò è a dire: Congiungasi la filosofica autoritade con la imperiale; III XI 5 ché tanto vale in greco ‛ philos ' com'è a dire ‛ amore ' in latino.
6.3. La sospetta latinità di questi sintagmi, specialmente nella forma interrogativa (v. 6.1.), è evidente in Vn XII 5 Che è ciò, segnore, che mi parli con tanta oscuritade?, il cui inizio ricalca il latino quid est quod?, " perché? ".
6.4. Nello sviluppo di questi moduli il predicato è semanticamente definito da un sostantivo (come in Cv I VII 15 questa è la cagione per che...; II III 11 Questa è quella magnificenza de la quale parlò il Salmista; IX 1 Questo è quello speziale pensiero; III II 2 chi è questo ragionatore), mentre più raramente un sostantivo definisce il soggetto ed è predicato un pronome (come nella severa conclusione di Cv IV VII 13 Colui è morto che non si fè discepolo, che non segue lo maestro; e questo vilissimo è quello).
In ambito esclusivamente sostantivale, tra i casi più evidenti di un processo identificatorio che si concretizza a volte in arditi accostamenti metaforici e offre la soluzione di alcune allegorie, si ricorderà Vn XXIX 3 Lo numero del tre è la radice del nove... se lo tre è fattore... del nove, e lo fattore... de li miracoli è tre, cioè Padre e Figlio e Spirito Santo... questa donna... era uno nove, cioè uno miracolo, la cui radice... è solamente la mirabile Trinitade; Rime CII 29 l'acqua è donna / ...per cagion del freddo; Cv I I 1 la scienza è ultima perfezione de la nostra anima; II 11 lo consentire è uno confessare; II III 17 L'epiciclo... è uno cielo per sé; VII 4 lo pensiero è propio atto de la ragione, e 11 la vista de li occhi suoi è sua salute; X 7 larghezza è una speziale, e non generale, cortesia; III XIII 11 suo ‛ girare ' è suo ‛ intendere '; XIII 10 amore è forma di Filosofia; XV 11 la moralitade è bellezza de la filosofia, e 18 la via de' giusti è quasi luce splendiente; IV IV 1 l'uomo naturalmente è compagnevole animale (cfr. Le dolci rime 41 Chi diffinisce: ‛ Omo è legno animato ' / ... dice non vero); XII 14 lo sommo desiderio di ciascuna cosa... è lo ritornare a lo suo principio. E però che Dio è principio de le nostre anime e fattore di quelle simili a sé... (v. 6.5.); Pd XXIV 64 fede è sustanza di cose sperate / e argomento de le non parventi; XXV 67 Spene... è un attender certo; XVII 59 è duro calle / lo scendere e 'l salir per l'altrui scale; XXII 46 Questi altri fuochi tutti contemplanti / uomini fuoro; XXI 12 'l tuo mortai podere, al suo fulgore, / sarebbe fronda che trono scoscende.
6.5. Alcune perifrasi, formate da e. + sostantivo astratto, hanno come soggetto una proposizione infinitiva o, più raramente, dichiarativa: Vn I le parole le quali è mio intendimento d'assemplare in questo libello; XXX 2 lo intendimento mio non fue... di scrivere altro che per volgare; XXI 7 do a intendere a cui la mia intenzione è di parlare (cfr. Pd XXVII 46 Non fu nostra intenzion ch'a destra mano / d'i nostri successor parte sedesse); VIII 1 fue piacere del segnore de li angeli di chiamare a la sua gloria una donna giovane; XLII 2 se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni; XV 4 4 'l perir t'è noia; Rime XC 39 È sua beltà del tuo valor conforto.
Queste perifrasi conferiscono non soltanto una certa aulicità al dettato, ma una diversa gradazione di aspetto verbale (si provi a sostituire, negli esempi precedenti, le perifrasi con forme finite di ‛ intendere ', ‛ piacere ') al concetto espresso dal verbo che corrisponde al sostantivo. Analogo processo si osserva nelle perifrasi formate da e. + nome di agente (per lo più in -tore, -trice); cfr. Vn XXIX 3, XXII 1 colui ch'era stato genitore di tanta meraviglia; XXVIII 2 converrebbe essere me laudatore di me medesimo; Rime XLII 13 pare / chi non è amato, s'elli è amadore, / che 'n cor porti dolor sanza paraggio; Rime dubbie XXVIII 2 e 3 Non piango tanto il non poter vedere / quella che di mia vita era nutrice, / quanto per tema non sia sdegnatrice / di mia dimora, ch'è contra volere (nell'esempio, le due perifrasi sono in rima); Cv I I 4 due cagioni... l'una de le quali è induttrice di necessitade, l'altra di pigrizia; XIII 4 Questo mio volgare fu congiugnitore de li miei generanti... sì come 'l fuoco è disponitore del ferro al fabbro che fa lo coltello; III III 15 la lingua non è di quello che lo 'ntelletto vede compiutamente seguace (cfr. Rime CVI 64 Chi è servo è come quello ch'è seguace / ratto a segnore); VIII 20 la sua bellezza... è aiutatrice de la fede nostra; XII 6 al secondo verso, lo quale è cominciatore del trattato, è da procedere; IV IX 3 e anche di costei [la natura universale] è limitatore colui che da nulla è limitato, cioè la prima bontade, che è Dio.
Se in taluni casi - quali Cv I X 7 la grandezza de la propia bontade... è madre e conservatrice de l'altre grandezze, IV XII 14 Dio è principio de le nostre anime e fattore di quelle simili a sé, Vn X 2 Quella gentilissima... fue distruggitrice di tutti li vizi e regina de le virtudi
la costruzione perifrastica è collegata con l'endiadi, in quelli sopra ricordati, invece, le perifrasi con il nome di agente insistono sulle caratteristiche non puntualmente localizzabili nel tempo di determinati soggetti - specialmente entità astratte o trascendenti - che vengono così configurate come ricorrenti, potenzialmente pronte, ora come nel passato, a realizzarsi in un'azione specifica, determinata.
7. Tra i sintagmi formati da pronomi e da avverbi relativi + e., alcune sono attribuibili sia alla tradizione latino-scolastica sia alla preferenza, in qualche caso connessa almeno parzialmente con quella, accordata all'espressione analitica. Oltre i tipi ‛ (e) qual è quei ', variante di ‛ (e) come quei ', e ‛ che è ciò che ' (v. 5.1.4. e 6.2.2.), si ricordino alcuni costrutti in cui si osserverà (cfr. 7.2.) anche il valore esistenziale-situazionale di ‛ essere '. L'incidenza di questi sintagmi è statisticamente piuttosto bassa, ma può caratterizzare stilisticamente alcune parti dell'opera di D., inserendole in una tradizione logico-filosofica ben determinata.
7.1. ‛ Che è ', " la quiddità ", " il valore ", " il significato ": Cv IV VIII 11 è da vedere che è ‛ reverenza '; XVI 2 s'intende mostrare che è questa nobilitade, XX 1.
‛ Quale è ', " la qualità ", " le caratteristiche ": Cv II IV 1 è mostrato... quale è questo terzo cielo; Rime XCI 90 se vuoi saver qual è la sua persona; CXVI 56 E mostra poi la faccia scolorita / qual fu quel trono che mi giunse a dosso; " con le caratteristiche di ", in Cv IV XV 3 sempre è l'uomo tale quale nasce, e tale nasce quale è lo padre.
‛ Quanto è quello ', " come quello ": Rime XCI 36 ché nullo amore è di cotanto peso, / quanto è quel che la morte / face piacer, e 78; ‛ come è quella ', con lo stesso valore: Cv II IV 10 non pur una beatitudine abbia, ma due, si com'è quella de la vita civile e quella de la contemplativa.
‛ Chi è che ', " chi ": Vn XXXVII 4 manifestando chi è che così parla.
Soggetto + ‛ è quello che ': Pg IV 10 altra potenza è quella che l'ascolta / e altra è quella c'ha l'anima intera; IX 126 perch'ella è quella che 'l nodo disgroppa.
‛ Non è altro che ': Cv II VI 7 questo [spirito] non è altro che uno frequente pensiero a questa nuova donna commendare e abbellire; e questa anima non è altro che un altro pensiero accompagnato di consentimento; II XIV 7, III II 3, IV VIII 11, Vn XII 17, XXV 7 questi dicitori per rima non siano altro che poete volgari; ‛ non è che ': Rime XCI 93 in compagnia che non è che disdetta / di mala fama.
7.2. ‛ È alcuno che ', " c'è qualcuno che ", " qualcuno ": Vn XXVI 3 né alcuno era lo quale potesse mirare lei; Rime dubbie XXIX 5 Ben fu alcun che disse; Cv IV XXI 9 E sono alcuni... che dicono; se ne hanno alcune varianti, come in Rime LXXXIII 20 Sono che per gittar via loro avere / credon potere / capere là dove li boni stanno; Cv I XI 12 sono alquanti, e non pochi, che vogliono che l'uomo li tegna dicitori, 11 Molti sono che amano più d'essere tenuti maestri che d'essere (" esserlo "), e 15 Sono molti che... credono più essere ammirati; Rime LXXXIII 39 altri son che, per esser ridenti, / d'intendimenti / correnti voglion esser iudicati; Cv IV IX 15 Altre leggi sono che sono quasi seguitatrici di natura; I II 8 non è uomo che sia di sé vero e giusto misuratore.
Alla funzione definitoria del sintagma ‛ la ragione è che ' (Cv I II 4 La ragione è che qualunque cosa è per sé da biasimare, è più laida, ecc.) si affianca quella esistenziale della variante in I VI 7 non è ragione che l'uno più che l'altro conoscesse.
‛ Questo (non) è ', " le cose (non) stanno così ": Cv I VI 8 in qualunque uomo fosse tutto l'abito del latino, sarebbe l'abito di conoscenza distinto de lo volgare. Ma questo non è.
7.3. Etimologicamente equazionale, ma, nell'uso dantesco, modulo espressivo analitico in cui e. ha funzione di esistenza, la congiunzione causale ‛ con ciò sia cosa che ', semplice traslitterazione di cum hoc sit causa quod, è attestata 13 volte nella Vita Nuova e 60 nel Convivio. Con il verbo e. coniugato all'imperfetto congiuntivo, la perifrasi ritorna in Vn XX 1 e XXXV 1, e in Cv IV I 8 con ciò fosse cosa che questa mia donna un poco li suoi dolci sembianti transmutasse a me.
8. I rarissimi costrutti verbali dipendenti da e. sono rappresentati dalle perifrasi costituite da e. + ‛ a ' + infinito (Vn XXXII 2 questi fue tanto distretto da sanguinitade con questa gloriosa, che nullo più presso l'era. E poi che fue meco a ragionare, mi pregoe ch'io li dovessi dire alcuna cosa. Ma non si confonda questa perifrasi con Vn XXIII 8 sono a vedere lo principio de la pace, " a vedersi ", " ad essere vista ") e da quella con il gerundio (Rime dubbie I 7-8 più di lor non fui / imaginando ch'elli fosse iddio): ne è probabile un valore di aspetto determinato, puntuativo (" si trovò, si mise a ragionare " e " non mi capitò d'immaginare ").
La perifrasi ‛ puote essere che ', traduzione di fieri potest ut, ne condivide il significato di " essere possibile ", in Vn XXXV 3 E' non puote essere che con quella pietosa donna non sia nobilissimo amore.
9. Di ‛ essersi ', cioè dell'uso riflessivo di e., in strutture con funzioni identificatoria o di esistenza, scarse sono le attestazioni al di fuori del Convivio, ove pure l'uso sembra limitato a locuzioni tipiche, caratterizzate da un tono decisamente assertivo e didascalico.
Cfr. I IV 9 La terza si è l'umana impuritade; VI 3 L'una si è la natura del signore; VIII 16 la terza cosa... si è dare non domandato; V 4 ,Quella cosa che più adorna e commenda l'umana operazione... si è l'abito di quelle disposizioni; X 6, II VI 3, X 3 la cagione per che morta ti pare essere, si è uno smarrimento; I X 6 l'una si è a magnificare l'amato; l'altra è ad essere geloso di quello; II XIII 3 La prima similitudine si è la revoluzione de l'uno e de l'altro, e 9, 11 e 13; III II 10 Lo loco nel quale dico esso ragionare si è la mente; V 8 Lo cerchio... si è quella parte del cielo; VIII 5 quello che è [inizio] e fine di tutti li altri, si è contentarsi, e questo si è essere beato; XIII 4 La prima. si è quando si dice; IV XV 2 l'uno [inconveniente] si è che nulla nobilitade sia, l'altro si è che 'l mondo sempre sia stato con più uomini; XIV 7 e 9.
9.1. Con altre persone del verbo l'uso riflessivo appare soprattutto in proposizioni interrogative indirette e relative indefinite: Cv IV XXIX 2 Come che io mi sia; Pd XV 58 ch'io mi sia e perch'io paia / ...non mi domandi; ma cfr. Cv I VI 6 non sa se s'è cane o lupo o becco; IV IX 8 per non sapere quale .cosa si sia o per non volere quella seguitare; If XV 12 né sì alti né sì grossi, / qual che si fosse, lo maestro felli; Pg IX 36 non sappiendo là dove si fosse.
Nelle affermazioni di Pg XXIV 52 I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, XXVII 101 Sappia qualunque il mio nome dimanda / ch'i mi son Lia, e Pd XII 123 I' mi son quel ch'i' soglio (" solevo "), l'uso riflessivo non è da intendersi mera variante formale di quello senza particella pronominale, ma implica una forte individuazione del soggetto (" essere veramente ", " quanto a sé ", " essere tale e tale ").
10. L'uso sostantivale di e. è limitato a due 'attestazioni nelle Rime: LXXXIII 93 sî come il sole al cui esser s'adduce / lo calore e la luce, e XC 31 Quanto è ne l'esser suo bella, e gentile / ne gli atti ed amorosa, con le quali coincidono semanticamente quelle di Cv I XIII 4 alcuna cagione del mio essere, II IV 3 con ciò sia cosa che loro essere sia loro operazione, III II 7 e però che 'l suo essere dipende da Dio... vuole essere a Dio unita per lo suo essere fortificare, VII 3 secondo lo modo de la sua vertú e de lo suo essere, XI 18, XIII 9, IV VII 11 vivere è l'essere de li viventi (cfr. Arist. Anima II 4, 415b 13 " Vivere autem viventibus est esse "), e 12, X 8, XI 4, XXVI 10 conviensi amare li suoi maggiori, da li quali ha ricevuto ed essere... e dottrina.
Il significato di queste attestazioni si aggira tra " esistenza ", " vita ", " modo di essere ", diversamente dal significato di quelle di Cv IV XXV 40 Quando Polinice fu domandato da Adrasto rege del suo essere [" chi egli fosse "]... elli dubitò prima di dicere... e non nominò suo padre, e dell'unica attestazione della Vita Nuova (XX 7 dico sì come questo suggetto e questa potenzia siano produtti in essere), ove, come in Cv I IX 6 nulla cosa è utile, se non in quanto è usata, né è la sua bontade in potenza, che non è essere perfettamente, e. è usato con il chiaro valore filosofico di " atto ".
Di men unitaria definizione sono le 16 attestazioni di e. nel Paradiso (nelle altre cantiche l'uso sostantivale di e. ricorre soltanto, ma con valore di " stare ", in Pg XXVIII 13), che oscillano tra l'accezione filosofica di " atto " (Pd II 114 si gira un corpo ne la cui virtute / l'esser di tutto suo contento giace; ma al v. 116 lo ciel seguente... / quell'esser parte per diverse essenze, " suddivide attraverso varie nature quella immobile forza generante "; XXIX 23 Forma e materia... / usciro ad esser che non avia fallo, 27 dal venire / a l'esser tutto non è intervallo, e 29 'l triforme effetto del suo sire / ne l'esser suo raggiò) e quelle di " esistenza " (in Pd IV 33 i Serafini, Mosè e Giovanni, in quanto eterni, non hanno a l'esser loro più o meno anni; in XXVI 58 l'essere del mondo e l'esser mio insistono sul fluire continuo della realtà esterna in quella individuale, egualmente processiva, per l'efficace evocazione della duratività, propria del nome verbale e icasticamente raffigurata dal gran mar de l'essere, I 113), " realtà " (Pd XXIV 73 Le profonde cose / ... a li occhi di là giù son sì ascose, / che l'esser loro [" la loro realtà ", " il fatto che esistono "] v'è in sola credenza), " vita ", " condizione " (Pd XXXI 112 quest'esser giocondo, " vita beata ", " stato di grazia "). Il valore è quello di un sostantivo astratto in Pd XXVIII 110 si fonda / l'esser beato [" la beatitudine "] ne l'atto che vede, " nella vista del vero " (cfr. III 79 esto beato esse) e VII 132 in loro essere intero, " nella loro perfezione e interezza ".] L'uso sostantivale di e. sostituisce una frase dichiarativa in Pd III 48 non mi ti celerà l'esser più bella [" il fatto che io sono più bella ", ma anche " la mia bellezza "], / ma riconoscerai ch'i' son Piccarda.
11. Ricche di varianti formali, le 700 attestazioni di e. nel Fiore sono così distribuite:
11.1 presente, indicativo: 182 è, 73 son (5 sono), 20 se', 5 siete (1 sete), 3 siam (1 siàn, siamo); congiuntivo: 64 sia (7 si'), 33 sie, 3 siate, 1 sìan, siar;
11.2. passato, indicativo: 69 era (2 er', 3 iera), 7 eran (1 eranmi), 30 fu (1 fue), 11 fu' (4 fui), 4 fur (1 furo, fuor), 1 fosti, 2 foste; congiuntivo: 36 fosse (I e III singol.), 3 fossi (II singol.), 3 fosser;
11.3. futuro: 18 fia, 1 fi' (ma vale come congiuntivo, CLXXXIII 10), 7 fie (1 fiene), 1 fiar, fìeno, fìen, fìer, 10 sarà (5 serà), 5 sarai (1 sara'), 2 sarò (1 saroe, in rima), 1 saranno (1 saran);
11.4. condizionale: 1 fora, 15 sarebbe (5 serìa, 4 saria), 4 sarei (3 sare'), 1 saresti;
11.5. infinito: 24 esser (3 essere, 1 esservi); participio: 1 essuto, -a (in rima, CXLVI 1 i' fosse essuta, CCXIII 7 fosse essuto), istata.
11.6. Le forme di e. ricorrono sia in espressioni qualificatorie e definitorie , sia in contesti narrativi ricchi di forme verbali analitiche preteritali (anche passive), preferite a quelle sintetiche corrispondenti per il facile combinarsi dei participi nelle rime del ‛ romanzo ' popolarescamente allegorico. Tale caratteristica si ripercuote e riflette nella frequenza del presente indicativo - in misura minore, dell'imperfetto e del passato remoto - di e., e, nell'ambito del canone dantesco, conferisce al Fiore una fisionomia particolare - non è lontano l'andamento ritmico dell'endecasillabo dell'ottava popolaresca -, resa ancor più spiccata da forme che non compaiono nelle opere di D., quali iera, che, usato non come ausiliare ma con forte rilievo tonico, affiora anche tra le varianti della Vita Nuova; siàn; essuto, sempre in rima; siar e fiar, serà e seria.
Intensità e peculiarità di questi usi, nel rapporto fra forme di e. e rima, sono chiaramente esemplificabili: CLXXXVIII 9 ss. E quand'ella sarà a l'ostel venuta, / sì dica a que' che n'è sì amoroso, / ched ella per su' amor tropp'è arguta [" ingegnosa " e " temeraria "]; / che 'l su' marito n'è troppo geloso, / sì che dubita molto esser battuta; CCXV 1 ss. Franchezza sì s'è de l'oste partita, / e Amor sì l'ha... incaricato / com'egli è a gran rischio de la vita, / e che sua forza è molto infiebolita; / ch'ella faccia che per lei si' aiutato. / Allor Franchezza... dritto a Ceteron sì se n'è ita, / credendo che vi fosse la diessa; / ma ell'er'ita in bosco per cacciare... / Quella sì tosto in ginocchie s'è messa. Colpiscono particolarmente gli esempi in inizio di sonetto: XXXI 1 Bellaccoglienza fu nella fortezza / ... mess'e fermata; XLVI 1 Quando Ragion fu assa' dibattuta / e ch'ella fece capo al su' sermone; CXXXVI 1 Ser Malabocca si fu ripentuto; CCV 1 Allor Bellaccoglienza fu fermata; CCXVIII 1 Di gran vantaggio fu 'l carro prestato. / Venusso ben mattin v'è su salita / e sì sacciate ch'ell'era guernita; CCXXVI 1 Quando 'l castello fu così imbrasciato. In taluni casi l'uso di e. + participio passato s'incrocia con quello dell'ausiliare ‛ avere ', come in CCXXIII 1-5 Venusso la sua roba ha soccorciato / ... e ivi sì s'è un poco riposata. / E riposando sì ebbe avvisata, e s'impone anche in rima, come in CCXVI 9-14 Allor Venusso fu molto crucciata, / e disse... che la fortezza fia / molto tosto per lei tutta 'mbraciata; / " ed a malgrado ancor di Gelosia, / ella serà per terra rovesciata: / no lle varrà già guardia che vi sia ". Sebbene di scarsa diffusione, anche l'uso di sintagmi formati da e. + participio presente (diversi, però, da quelli considerati in 5.1.1.) rientra nelle caratteristiche linguistiche di produzioni popolareggianti e ne colora di echi oltremontani alcuni passi: CXCII 5 I' era di ciascun molto prendente; XVIII che di lui dovess'esser rifusante; CCII 12 Delle sue cose i' non fu' rifusante; CLX IX 13 non sie rifusante; CLXXIII 13 ma guarda che non fossi acconsentente / a nessun; CLXXX 7 ivi non puot'esser dimorante (cfr. anche LXIII 3 ell'è la migliore / dadi gittante). Rare, ma comuni rispetto all'uso del tempo, sono nel Fiore le perifrasi e. + sostantivo deverbale astratto: cfr. XXXIX 1 Di trarreti d'amar non è mia 'ntenza, " intenzione ".
11.7. Oltre ai consueti Ver è che (XXXI 9, XXXIX 9, LVIII 9, CIV 13, CXIII 1, CXLVI 12, CLVI 3, CC 8; la disposizione inversa, Egli è ben ver, in XCIX 9, CIV 11), ‛ è mestiere ' (XCIV 7, XXX 2, XXXVI 9) e ai nessi sed e' non s'è, " a meno che sia " (CLVII 2 e 14), se non è quel, " tranne quello " (CLXXIV 10), tra le locuzioni tipiche si ricordino pezz'è, " da lungo tempo " (CLVII 10), Ond'è ched, " per cui " (CLXI 10); non è cosa che, " nulla " (CLXIX 2); chéd e' non è nessun che non [" tutti "] ti menta, CLXXIX 6; e quell'è quel che molto m'assicura, XXXVIII 14.
11.8. Alcune forme di e. ritornano in espressioni costanti; dei 3 siate, dell'unico sete (CXXXV 5) e di 13 sie su 33 il predicato è certo, certano, -a.
11.9. L'uso riflessivo di e. nell'interrogativa indiretta di XXXIII 13 Non sa che mal si sia, è proprio delle strutture grammaticali del tempo; è, invece, soltanto probabile leggere si e non sì nelle affermazioni emblematiche - cui l'uso di si sembra conferire un'autorevole didascalicità (v. 9.) - di XXXVII 11 su' sornome dritto si è Dolore (ché fa gran torto, secondo la Ragione, chi Dio appella il Die d'amore), e CLVII 2 Donar di femina si è [" è proprio ", " veramente "] gran follia (ché - afferma la Vecchia in versi densi di un misoginismo non giocoso ma pungente e ostentatamente rozzo - è bene lasciare agli uomini... far la larghezza).
12. Nel Detto, 27 attestazioni sulle 75 complessive delle forme di e. sono costituite da è (+ 1 èmmene) che, in sede di rima, si presta al bisticcio (v. 142 Tu mi vuo' trar d'amare / e di' ch'Amor amar è). Le altre forme sono assai più rare (10 sia, 7 son, 3 fu', fia: cfr. v. 80 né fu' né fia di essa) e alcune ricorrono una sola volta, come seria (cfr. 11.6.).
L'uso del participio passato come predicato è assai ridotto (la funzione ausiliare è limitata a una decina di casi), perché il predicato è per lo più un aggettivo o un participio presente (v. 17 Ed egli è sì cortese; v. 172 La sua piacente cera / non è sembiante a cera; v. 358 gli amici e' parenti / no gli son apparenti; v. 211 tant'è bianca e lattata, / che ma' non fu allattata / nulla di tal valuta; v. 254 ben seria foll'o re') o un sostantivo (v. 10 questo, fin assempr'è / a ciascun amoroso; v. 325 Figlia fu a Cuor-Fallito; v. 331 ché Povertat'è insomma / d'ogne dolor la somma). Meno frequente è il sintagma formato da e. + complemento, per lo più con funzione qualificativa (v. 249 ch'ell'è di sì gran pregio; v. 97 egli è di parte / che, chi da lu' si parte, / e' fugge e sì va via; v. 302 Se fai che Veno imprenda / la guerr'a Gelosia, / come che'n gelo sia; v. 108 che si'a diletto / del mi'; v. 54 E' non ha, in nulla, parte / Amor, in nulla part'è / ch'è non sia tutto presto / a fine amante presto).