Essere e il nulla, L' (L'etre et le neant)
(L’être et le néant) Opera di J.-P. Sartre, pubblicata nel 1943, in cui è esposta un’«ontologia fenomenologica» sviluppata come superamento della fenomenologia di Husserl, dell’ontologia di Heidegger e della «concezione dialettica del nulla» di Hegel. L’essere è considerato nel fenomeno (essere del fenomeno) e nella coscienza (essere della coscienza); l’analisi, condotta con metodo fenomenologico, giunge dall’«essere del fenomeno» alla coscienza che, nel «cogito preriflessivo», si rivela come «coscienza (di) sé», il cui «tipo di essere» non è «un possibile prima dell’essere, ma […] la sorgente e la condizione di ogni possibilità». In tale prospettiva è l’«esistenza» stessa della coscienza a implicarne «l’essenza» (Introduzione). La coscienza «è causa del proprio modo d’essere» ed è, al tempo stesso, «coscienza di essere» e coscienza di «non essere ciò di cui è coscienza». Vengono a porsi, in tal modo, due diversi «tipi» o «zone di essere»: l’‘essere-in-sé’ (être-en-soi), ossia l’essere dei fenomeni, statico e atemporale, «massiccio», «opaco» e «brutalmente esistente», che «non può mai essere altro che ciò che è»; l’‘essere-per-sé’ (être-pour-soi), ossia l’essere della coscienza, dinamico e temporale, che si «crea» costantemente e «non può coincidere con sé». L’essere-per-sé, antitetico all’essere-in-sé, in quanto lo nega, delimitandolo e circoscrivendolo continuamente, si configura come non-essere e ciò avvia la riflessione ontologica sul nulla; l’essere-per-sé della coscienza è infatti negazione (négatité) mediante la quale essa genera il «nulla» (néantisation) dentro e intorno a sé; in tale prospettiva: «l’uomo si presenta […] come un essere che fa apparire il nulla nel mondo, in quanto si investe del non-essere a questo scopo» (I, 5). La negazione riposa sulla condizione ineliminabile della «libertà»; l’uomo, per poter porre il nulla, «deve» essere libero, poiché in caso contrario la coscienza apparterrebbe completamente all’essere-in-sé e le modalità dell’interrogazione e della negazione non sorgerebbero: «L’uomo non è affatto prima, per essere libero dopo, non c’è differenza fra l’essere uomo e il suo essere-libero». Tale libertà è presenza del «nulla» dentro di noi, è «angoscia» di essere proiettati verso un cangiante essere-per-sé, cui le «routines» e i comportamenti di «malafede» non possono ovviare; l’uomo è «condannato alla libertà». In tale scenario si colloca la riflessione sul «solipsismo» (III, 2); il per-sé comporta un mondo in cui sono presenti altre coscienze e la relazione con gli altri comporta una reciproca oggettivazione e reificazione, ossia il «per-altri» (par-autrui) rivelato dall’analisi fenomenologica dello «sguardo», della «vergogna», dell’«odio» e del linguaggio, in cui Sartre recupera la riflessione hegeliana della dialettica servo-padrone. L’esistenza degli altri definisce lo scenario in cui l’anelito all’«autenticità» si realizza, diversamente che in Heidegger, mediante l’assunzione della propria libertà e il riconoscimento dell’altro come libertà.