cataforiche, espressioni
Sono espressioni cataforiche in senso stretto quelle espressioni che possono essere interpretate solo attraverso il rinvio a uno specifico elemento presente nel co-testo successivo (➔ contesto), detto elemento susseguente o sorgente. Esse creano un effetto di sospensione dell’interpretazione, che può riguardare l’individuazione di referenti quali persone, oggetti, concetti, ecc., di proposizioni, di atti linguistici o più raramente di forme linguistiche (➔ catafora). Quando la sorgente è costituita da più frasi, le catafore vengono chiamate ➔ incapsulatori.
La sospensione interpretativa insita nelle espressioni cataforiche può essere risolta all’interno della frase. Ciò si verifica per es. quando un pronome presente nella subordinata trova il suo referente nella reggente successiva, nel caso delle dislocazioni a destra (➔ dislocazioni) che aprono un testo, o nel caso di pronomi il cui significato è sciolto in un’apposizione successiva. Queste due ultime possibilità sono illustrate nel seguente incipit:
(1) Lo aspettavano, il prof. Ichino. Lo aspettavano loro, i presunti bierre chiusi in gabbia, sei in tutto, e lo aspettava anche il ristretto manipolo di parenti e amici («Corriere della sera» 24 gennaio 2009)
Più caratteristicamente, l’espressione cataforica trova tuttavia la sua sorgente interpretativa in una dimensione transfrastica; o nella frase immediatamente successiva, come in:
(2) [soggetto sottinteso] aspettavano il professore da più di un’ora. Quando è arrivato, gli amici dei presunti bierre hanno urlato slogan e insulti
oppure, come succede nella narrativa, a distanza testuale maggiore. Tale distanza può essere molto ampia, come ad es. nell’incipit del romanzo Camere separate di Pier Vittorio Tondelli (Opere, Milano, Bompiani, 2000), in cui il referente di una lunga catena di catafore viene svelato a tre pagine dall’inizio; oppure coprire lo spazio di alcune frasi, come nell’apertura di Novecento di Alessandro Baricco:
(3) Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa ... e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire ... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi ... Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo ... la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte ... magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni ... alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare ... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l’America (Alessandro Baricco, Novecento. Un monologo, Milano, Feltrinelli, 1994, p. 11)
Nella loro manifestazione stretta e diretta, le catafore sono tipicamente pronomi, avverbi pronominali, soggetti sottintesi, aggettivi possessivi o modali, sintagmi nominali con significato generico. Se catafora e sorgente non sono a contatto, si forma una catena cataforica, simile a quella creata dalle anafore (➔ anafora), entro la quale i diversi tipi di espressione cataforica possono alternarsi. Nel caso dell’incipit riprodotto in (4), la sorgente Obama è anticipata successivamente da gli, lo e il nuovo presidente, a cui si aggiunge per associazione il sintagma le famiglie Obama e Biden:
(4) «Che la forza sia con te» gli ha detto, fissandolo negli occhi, il vescovo episcopale T.D. Jakes. Mancavano tre ore al giuramento e le famiglie Obama e Biden, con pochi altri intimi, erano nella chiesetta di St. John, a due passi dalla Casa Bianca, per la funzione mattutina. Dopo aver invocato l’aiuto di Dio, Jakes ha spiegato che le sfide che attendono il nuovo presidente sono talmente dure da indurlo a citare – come avrebbe fatto il figlio quattordicenne del vescovo – non le Sacre Scritture, ma Guerre Stellari: «Questo è il momento delle decisioni difficili, non della correttezza e della buona educazione. Tu vedrai la luce, ma prima dovrai sentire il calore delle fiamme». Obama non si è scomposto: lo sa già da tempo («Corriere della sera» 21 gennaio 2009)
Come illustra questo testo, la catena cataforica può costituire una progressiva specificazione del referente evocato dalla prima catafora: l’individuo a cui si riferiscono i pronomi gli e lo si specifica dapprima attraverso il sintagma le famiglie Obama e Biden, poi grazie a il nuovo presidente e, infine, in modo definitivo, col nome proprio Obama. Il brano (4) mostra inoltre che l’individuazione del referente della catafora poggia anche su conoscenze enciclopediche, che permettono di anticiparne l’identità prima ancora che essa riceva una conferma testuale.
Le espressioni cataforiche più diffuse sono pronomi. Vi sono anzitutto i pronomi personali di terza persona, come gli e lo in (4), o la in (3). Benché la questione sia piuttosto complessa, possono essere assimilati alla catafora anche alcuni impieghi dei pronomi di prima e seconda persona quando compaiono in un discorso diretto ad apertura di un testo, al quale segue una parte narrativa che permette l’identificazione del parlante, dell’interlocutore o di entrambi.
È così nel caso seguente, in cui, oltre al pronome, sono indicati anche i soggetti sottintesi e l’aggettivo possessivo mie:
(5) «Mi demonizzano. Dicono che [soggetto sottinteso] lo faccio per interesse personale. Così evitano di entrare nel merito delle mie idee, con le quali peraltro [soggetto sottinteso] non mi sono mai arricchito». Pietro Ichino conserva ancora quel sorriso timido che fino a poco tempo fa usava per mettere a loro agio gli studenti quando si sedevano davanti a lui per l’esame («Corriere della sera» 24 gennaio 2009)
I pronomi e la morfologia verbale di prima e seconda persona hanno di solito un’interpretazione deittica, cioè collegata alla situazione concreta dell’enunciazione. Quando la situazione è messa in scena narrativamente, si crea tuttavia un effetto di catafora testuale, la cui peculiarità sta nel fatto che catafora e sorgente si trovano su piani diversi del discorso (➔ discorso riportato).
Possono inoltre essere utilizzati come catafore avverbi clitici quali ci o vi; i pronomi dimostrativi – cfr. l’esempio (6) tratto da Lo Duca & Solarino (2006: 320) – e i pronomi indefiniti in alcuni loro impieghi, come tutti in (7):
(6) questo soprattutto temevo e si è purtroppo verificato: che Maria scoprisse l’amara verità
(7) come ci aspettavamo, tutti ce l’hanno fatta. Gli allievi della quinta A sono davvero eccezionali.
Appartengono alla classe delle espressioni cataforiche anche gli aggettivi possessivi, come la forma suo nell’incipit in (8), e avverbi modali quali così in (9):
(8) Che sia lo stress da abbandono, dopo la madre che lo ha rinnegato alla nascita ora anche il suo tutore è obbligato a prendere le distanze, o la mancanza di pubblico, ma l’orsetto polare dello zoo di Berlino deve mettersi a dieta («La Stampa» 4 agosto 2007)
(9) Ma è così che ero fatto: avevo questa forma di passività intermittente che ogni tanto mi dava l’idea di non aver nessuna responsabilità diretta sulla mia vita [...]. Poi di colpo mi sentivo invece a terra con tutta la responsabilità del mondo sulle spalle (Andrea De Carlo, Uto, Milano, Bompiani, p. 11)
Le espressioni con valore modale (➔ modalità) che anticipano intere proposizioni o sequenze di proposizioni – l’avverbio così ma anche sintagmi generici come in questo modo – combinano spesso il valore cataforico con un valore anaforico. In questi casi, esse riprendono cioè parte del co-testo precedente, ma annunciano nel contempo una sua riformulazione di carattere generale o una sua valutazione. Per es., il brano (9), riportato qui sopra, è preceduto dalla sequenza in (10):
(10) Ero già pentito: perplesso o dubbioso non dice niente di com’ero. Non avevo nessuna voglia di trovare nessun membro della famiglia Foletti a cui consegnarmi in ostaggio; mi sentivo un idiota a essere arrivato a destinazione così [...]. Avrei potuto andare da qualunque parte una volta in America, se solo ci avessi pensato prima e avessi saputo decidere rapido: avrei potuto [...] andare per conto mio alla scoperta del paese e forse di un’intera nuova fase della mia vita, invece di seguire un programma stabilito da altri (Andrea De Carlo, Uto, Milano, Bompiani, p. 11).
Un altro importante mezzo per creare una relazione cataforica è il soggetto sottinteso. Ne è un esempio il testo (11):
(11) [soggetto sottinteso] Arriva verso mezzanotte, ma anche prima, [soggetto sottinteso] passeggia per il paese. [soggetto sottinteso] Va in cerca di galline e conigli. Vita facile per un esemplare d’orso marsicano e vita difficile per la gente di Ortona dei Marsi – trecento anime in pieno parco nazionale d’Abruzzo – che tutte le sere deve convivere con le scorribande dell’animale («La Stampa» 4 agosto 2007)
Accanto al soggetto sottinteso, possono avere funzione cataforica anche altri tipi di ellissi, più ampi. Per es. in (12) viene procrastinata l’interpretazione dell’intera frase reggente il nuoto per i bambini va sempre bene:
(12) Per diventare campioni. Per divertirsi. O anche solo per fare contenti mamma e papà. Il nuoto per i bambini va sempre bene («Corriere della sera» 24 gennaio 2009)
Partendo dalle configurazioni illustrate in (11) e in (12), il concetto di catafora può essere esteso ai casi in cui la relazione cataforica non è attivata da una struttura linguistica in senso stretto (cioè da un costituente con un posto predefinito nella struttura linguistica di una frase), ma da un implicito di carattere più generico. Ciò si verifica in casi – molto diffusi nei quotidiani odierni – come il seguente:
(13) «Buon compleanno Valentino, sei un vero campione». Ieri fra i tanti messaggi per i suoi 30 anni Valentino Rossi ha ricevuto anche quello di Tom Cruise («Corriere della Sera» 17 febbraio 2009)
Qui infatti c’è una relazione cataforica in quanto la fonte del discorso diretto, cioè Tom Cruise, viene svelata dopo le parole riportate; mancando la cornice, non si può tuttavia dire che essa sia anticipata da un’espressione cataforica in senso stretto. E lo stesso vale, a fortiori, per un caso come (14), in cui manca la segnalazione interpuntiva del riporto:
(14) Benedetto XVI naviga su Internet. Questa è l’ipotesi dell’arcivescovo Claudio Maria Celli
Questo fenomeno di catafora testuale sprovvista di una vera e propria anticipazione si applica anche ad alcuni tipi di enunciati nominali (➔ nominali, enunciati), che non contengono alcuna marca linguistica del referente poi evocato nel co-testo successivo, come nel caso di (15) o di (16):
(15) Eccezionale. La neve al giorno d’oggi la si può produrre come si vuole: farinosa, bagnata, ghiacciata
(16) Una settimana. Tanto è bastato per trovare l’erede di Enrico Mentana («Corriere della sera» 17 febbraio 2009)
Accanto a quelli illustrati in (15) e (16), ci sono naturalmente anche enunciati nominali che anticipano la sorgente, pur non presentando un vero e proprio soggetto sottinteso. Uno di questi (da Ferrari & Zampese 2000: 344) è in (16); l’accordo al femminile degli aggettivi predicativi può infatti essere considerato una catafora di tipo morfologico:
(17) farinosa, bagnata, ghiacciata. La neve, al giorno d’oggi, la si può produrre come si vuole
Quanto osservato per l’ambito transfrastico vale anche per la catafora interna alla frase complessa. Data l’esistenza di un’effettiva sospensione interpretativa, si può parlare di movimento cataforico anche nel caso delle subordinate costruite con il participio, con il gerundio e con l’infinito, anche se esse non hanno propriamente un soggetto. E lo stesso si può dire dei costituenti appositivi che aprono la frase in (18):
(18) Protagonista nella storia della ‘veduta’, la particolare e autonoma branca della pittura di paesaggio inaugurata alla fine del Seicento dall’olandese Gaspar van Wittel e attecchita in Italia, da Roma a Venezia a Napoli, Canaletto è uno dei pittori più amati nel mondo (Stefano Zuffi, Grande dizionario dei pittori, Milano, Mondadori, 2004, p. 70).
La relazione cataforica può essere realizzata anche con un sintagma nominale avente per testa un nome comune. Quando vi è catafora in senso stretto, il nome può avere un significato generico, come fatto nell’es. (19) o cosa nel testo (20) proposto in Lo Duca & Solarino (2006: 320) (➔ parole generali):
(19) il fatto è sorprendente: le piante sentono gli insetti, reagiscono e, addirittura, scambiano messaggi
(20) la cosa è evidente: con l’introduzione della patente a punti gli incidenti gravi sono sensibilmente diminuiti
Nel caso dei sintagmi verbali, questo tipo di rinvio si ottiene caratteristicamente combinando una forma del verbo fare con un pronome o un altro sintagma generico:
(21) lo farà senz’altro. Questa volta non può evitare di presentarsi all’esame
Il sintagma nominale cataforico può avere anche un significato più specifico di quello associato a fatto e cosa; esso deve comunque essere tale da non poter avere un’interpretazione soddisfacente dal punto di vista testuale senza il contributo della sorgente, collocata nel co-testo successivo. La natura del nome comune che funge da catafora varia in funzione dell’aspetto semantico a cui si rinvia. Per esempio, se il referente è un individuo, la sorgente coincide tipicamente con un nome proprio e la catafora ne indica ad esempio la nazionalità, la professione, il legame di parentela con qualcuno di noto, un soprannome, una valutazione, una rappresentazione metaforica, come nei due seguenti incipit giornalistici (in 23, la catafora lo squalo sorridente è a sua volta anticipata dal pronome mi all’interno del discorso diretto):
(22) La stella nel cielo di Sarkozy è alla fine caduta: Rachida Dati lascia il ministero di Grazia e giustizia («Corriere della sera» 24 gennaio 2009)
(23) “Cambiamenti dopo l’oro? Meno tranquillità e tempo libero, ma in generale non me la passo male”. Il divanetto contiene a stento lo squalo sorridente. Alain Bernard è cresciuto a grappa di pere di papà e allenamenti davanti a questo mare che non conosce l’inverno («Corriere della sera» 24 gennaio 2009)
L’interpretazione di un sintagma nominale cataforico può anche fondarsi su una relazione di associazione; nel testo informativo-pubblicitario (24), ad es., la sorgente la pancia permette di intendere la catafora il profilo come il profilo della pancia:
(24) Inutile insistere con creme e trattamenti anti-cellulite per ritornare a un profilo perfetto. “La pancia non soffre di disfunzioni ormonali o ritenzione idrica ma di adiposità localizzata”, dice Umberto Borellini, cosmetologo. Per questo la cura deve puntare su cure lipotiche («Natural style» gennaio 2009).
Ferrari, Angela & Zampese, Luciano (2000), Dalla frase al testo. Una grammatica per l’italiano, Bologna, Zanichelli.
Halliday, Michael A.K. & Hasan, Ruqaiya (1976), Cohesion in English, London - New York, Longman.
Kesik, Marak (1989), La cataphore, Paris, Presses Universitaires de France.
Lo Duca, Maria G. & Solarino, Rosaria (2006), Lingua italiana. Una grammatica ragionevole, Padova, Unipress.
Sabatini, Francesco (19902), La comunicazione e gli usi della lingua. Pratica dei testi, analisi logica, storia della lingua. Scuole secondarie superiori, Torino, Loescher (1a ed. La comunicazione e gli usi della lingua. Pratica, analisi e storia della lingua italiana. Scuole secondarie superiori, 1984).