causalità, espressione della
Come concetto naturale, la causa è una relazione tra due eventi del mondo fenomenico, e in ciò si differenzia dal motivo, che interessa invece l’ambito delle azioni umane (➔ finalità, espressione della). I due eventi coinvolti (chiamiamoli p e q) sono assunti come reali, e tali che il verificarsi di p provoca il verificarsi di q:
(1) i peschi sono fioriti perché la temperatura si è alzata
La relazione di causa è una struttura concettuale di media complessità, più ricca della successione temporale, che incorpora (p precede necessariamente q), e più semplice delle relazioni concessiva e condizionale, che la presuppongono.
Influenzati da una lunga tradizione filosofica, potremmo essere portati a capovolgere la gerarchia naturale, e a cercare di definire la causa a partire dal concetto di condizione, e cioè come condizione necessaria, o sufficiente, o necessaria e sufficiente. Come fondamento della descrizione linguistica, tuttavia, un’impostazione del genere è criticabile per almeno due ordini di ragioni.
Il concetto di condizione è cognitivamente più complesso del concetto di causa, e lo ingloba, come vede immediatamente chiunque cerchi di spiegarne il funzionamento. Mentre il concetto di causa porta a prendere atto delle conseguenze reali di un fatto reale, il concetto di condizione obbliga a formulare ipotesi su eventi possibili, o irreali, o addirittura controfattuali, per immaginare conseguenze dallo statuto modale a loro volta problematico.
Il filosofo cerca di spiegare la causa a partire dalla condizione, perché per lui il ragionamento causale non si limita a prendere atto di concatenazioni date tra eventi reali, ma punta alla previsione, e quindi alla formulazione di leggi, o almeno di regolarità. Come lo scienziato, il filosofo si muove entro un paradigma non idiografico, interessato alla descrizione di fatti accertati, ma nomologico (Windelband 1894). È proprio questa prospettiva che lo porta a capovolgere le gerarchie del ragionamento naturale e a vedere la causa come una condizione realizzata, piuttosto che la condizione come una causa non reale. Il parlante adotta l’ottica opposta.
Come risulta dallo studio delle relazioni condizionale (➔ periodo ipotetico) e concessiva (➔ concessione, espressione della; ➔ concessive, frasi), anche il parlante è in grado sia di formulare ipotesi su cause non reali (se la temperatura si alzerà i peschi fioriranno) sia di prendere atto della frustrazione di un’aspettativa, dimostrando così di fare affidamento su una certa regolarità delle catene causali:
(2) anche se la temperatura si è alzata, i peschi non sono fioriti
Ma tutti questi ragionamenti più elaborati presuppongono la causalità reale come punto di partenza.
La causa è una relazione concettuale naturale che può essere inferita facilmente anche senza essere codificata, o con un basso grado di codifica. La codifica piena della causa, per parte sua, è un fatto raro. Le congiunzioni dette causali, tradizionalmente descritte come mezzi di codifica elettivi della causa (Wierzbicka 1996: 186), rimangono di fatto al di qua della biforcazione tra causa e motivo, e lasciano quindi all’inferenza l’ultimo tratto del percorso.
In (3) a., in presenza di due eventi del mondo fenomenico, si inferisce facilmente la causa; in (3) b., viceversa, la presenza di un’azione umana porta a inferire il motivo. La causa, dunque, è una relazione elettivamente sottocodificata:
(3) a. i peschi sono fioriti perché la temperatura si è alzata
b. Giovanni ha preso il treno perché l’auto non partiva
I gradi di codifica della causa si dispongono su una scala lineare che include progressivamente i diversi moduli della sua struttura concettuale: l’assenza di codifica (4), la semplice co-occorrenza di due eventi reali (5), la successione temporale (6) e, finalmente, in cima alla scala, la biforcazione tra causa e motivo (7):
(4) la temperatura si è alzata. I peschi sono fioriti
(5) la temperatura si è alzata e i peschi sono fioriti
(6) dopo che la temperatura si è alzata, i peschi sono fioriti
(7) siccome la temperatura si è alzata, i peschi sono fioriti
La progressione lineare dei gradi di codifica conferma l’idea di una relativa semplicità cognitiva della causa, che in ciò si distingue, in particolare, dalla concessione.
Dal punto di vista formale, i gradi di codifica della causa si distribuiscono tra la frase complessa subordinativa, o periodo, e la sequenza, che include la coordinazione e la giustapposizione.
Le frasi subordinate causali (➔ causali, frasi) sono il tipico esempio di circostanziali, e come tali si lasciano staccare e reinserire con accadere:
(8) il ghiaccio si è sciolto. È accaduto perché ha soffiato il föhn
La causali presentano sia una forma esplicita sia una forma implicita. La forma esplicita ha il verbo all’indicativo ed è introdotta da congiunzioni come perché, poiché, giacché, siccome, o da locuzioni come dato che, per il fatto che, dal momento che, in quanto:
(9) si è raffreddato perché ha preso un acquazzone
Quando è introdotta da siccome o dato che, la causale precede la principale; quando è introdotta da perché, la segue; poiché è compatibile con entrambe le posizioni:
(10) dato che [o poiché] ha soffiato il föhn, il ghiaccio si è sciolto
(11) il ghiaccio si è sciolto perché [o poiché] ha soffiato il föhn
La scelta della congiunzione è motivata dalla prospettiva comunicativa: la subordinata anteposta ha valore di sfondo, quella posposta di primo piano, e contiene il focus (➔ tematica, struttura).
La consecutio temporum non tiene conto dei tempi verbali ma della coerenza concettuale. Tutte le combinazioni di tempi che seguono, ad es., sono compatibili con l’anteriorità della causa:
(12) la strada è interrotta perché c’è stato un nubifragio
(13) la strada è interrotta perché è in corso un’alluvione
(14) la strada è stata chiusa perché è in corso un’alluvione
Nell’uso è frequente il ricorso alle forme temporali. A questo proposito, è interessante notare che il valore causale di poiché si è stabilizzato a partire da un arricchimento inferenziale del valore temporale che era ancora vivo ai tempi di Dante:
Poi che la voce fu restata e queta
vidi quattro grand’ombre a noi venire (Inf. IV, 82).
La forma implicita, facoltativa e meno frequente, è introdotta dalla preposizione per seguita dall’infinito, preferibilmente al passato:
(15) si è raffreddato per aver preso un acquazzone
Con le causali negative, quando la negazione è contigua alla congiunzione, si usa il congiuntivo:
(16) la campagna si è allagata non perché sia piovuto molto, ma perché ha ceduto l’argine
Il parlante qualifica una causa presunta come infondata, e fa seguire, introdotta da un ma di rettifica e all’indicativo, quella che per lui è la vera causa. La causa presunta può essere sia un evento che non ha avuto luogo – non è piovuto molto – sia un evento che ha avuto luogo ma non è ritenuto responsabile dell’effetto.
La relazione di causa nella sequenza ammette due forme principali. Nella prima, l’espressione della causa precede l’espressione dell’effetto. Sono ammesse sia la giustapposizione sia la coordinazione con e. Entrambe le forme possono essere rafforzate da un avverbio anaforico come per questo, perciò o quindi. Non frequentissimo, ma ammesso, l’uso di un incapsulatore (➔ incapsulatori) come ragione:
(17) c’è stato un nubifragio; [(e) (quindi) (per questo) (per questa ragione)] la strada si è allagata
Nella seconda, l’effetto precede, e la causa segue dopo una pausa sospensiva (o i due punti nel testo scritto) come conclusione o spiegazione, eventualmente preceduta da un avverbio conclusivo come dunque, quindi. Dall’ordine oggettivo si passa all’ordine soggettivo: dalla percezione dell’effetto si risale alla formulazione della causa. In questo caso, la giustapposizione è ammessa, mentre la coordinazione è coerente solo in presenza di un avverbio conclusivo:
(18) a. la strada è allagata: (dunque) c’è stato un nubifragio.
b. * la strada è allagata e c’è stato un nubifragio
c. la strada è allagata e dunque c’è stato un nubifragio.
Studi
Giusti, Giuliana (1991), Le frasi causali, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 2° (I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione), pp. 738-751.
Gross, Gaston (2009), Sémantique de la cause, avec la collaboration de R. Pauna & F. Valetopoulos, Leuven - Paris, Peeters.
Sosa, Ernest (1975), Introduction, in Id. (edited by), Causation and conditionals, Oxford, Oxford Univerity Press, pp. 1-32.
Wierzbicka, Anna (1996), Semantics. Primes and universals, Oxford - New York, Oxford University Press.
Windelband, Wilhelm (1894), Geschichte und Naturwissenschaft, in Das Stiftungsfest der Kaiser-Wilhelms-Universität Strassburg am 1. Mai 1894, Strassburg, Universitätsbuchdruckerei Heitz & Mündel.