ESPOSIZIONE (XIV, p. 361; App. I, p. 562)
La tendenza a concepire e realizzare le esposizioni in modo che, una volta chiuse, esse possano lasciare edifici, o per lo meno opere pubbliche, permanenti si era già affermata da tempo (già, per es., con l'esposizione di Roma del 1911 cui si deve lo sviluppo del quartiere tra il Ponte del Risorgimento e la Piazza Mazzini, o con quella di Parigi del 1900, con il Grand Palais e il Petit Palais). Indubbiamente influiscono in tal senso considerazioni di natura economica, ché per quanto grandi possano essere i vantaggi indiretti (intensificazione del movimento turistico, pubblicità per prodotti, ecc.) di un'esposizione, le ingentissime spese, appena in minima parte coperte da entrate, si giustificano realmente solo se destinate a fini di utilità pubblica, o se compensate indirettamente in altro modo, o se entrano in gioco considerazioni di carattere, in senso ampio, urbanistico e talvolta politico.
Parallelamente, infatti, si è ancora accentuato nelle più recenti esposizioni il carattere, mai del resto assente dalle esposizioni del sec. XIX, propagandistico, politico-culturale, di glorificazione di regimi o sistemi politici, di esaltazione nazionale attraverso la celebrazione di date o avvenimenti storici, o reputati tali, ecc., che contraddistingue appunto le esposizioni dalle fiere, in cui tale carattere può essere presente, ma lo scopo principale è pur sempre quello di facilitare la conclusione di affari commerciali.
Questi due aspetti delle esposizioni recenti si sono manifestati, com'è ovvio, nell'architettura, specie là dove gli scopi urbanistici e l'intenzione di costruire edifici stabili hanno avuto la prevalenza. Ma ovunque si è notata la tendenza ad imprimere alle esposizioni una maggiore e più profonda unità, sia con lo studio accurato della planimetria e della disposizione generale della zona, sia con l'eliminare, per quanto possibile, la varietà dei concetti e degli stili e la loro giustapposizione in un singolo edificio.
L'esposizione di San Francisco. - Fu inaugurata il 28 febbraio e chiusa il 2 dicembre 1939. Si intitolò Golden Gate International Exhibition, o anche "fiera mondiale dell'Occidente" (Wold's fair of the West). L'uno e l'altro nome indicano chiaramente lo scopo: dar rilievo al progresso compiuto dagli stati dell'Ovest e al tempo stesso celebrare il compimento del grandioso ponte che unisce San Francisco a Oakland, sottolineando così lo sviluppo delle grandi linee di comunicazione (comprese quelle aeree attraverso il Pacifico) e anche, mediante il tema della "ricreazione, come dono fatto all'uomo da un'età meccanica", quello della cinematografia, delle radiotrasmissioni e della televisione.
L'esposizione sorgeva su un isolotto artificiale di oltre 3 kmq. - chiamato "l'isola del tesoro" (Treasure island) - costruito in mezzo alla baia di San Francisco a metà strada del nuovo ponte. Principale motivo architettonico d'esposizione era la Torre del sole, che si specchiava in un laghetto, e la cui guglia era sormontata da una fenice, simbolo tradizionale di San Francisco. Particolarmente curato il giardinaggio col famoso "tappeto persiano" di fiori costituito da un milione e mezzo di steli fioriti per un'estensione di dieci ettari. Il palazzo delle belle arti e dell'aviazione sono i due soli edifici sopravissuti; quest'ultimo serve agli uffici dell'aeroporto della PanAmerican Airways. L'esposizione ha avuto circa 17 milioni di visitatori. È stata accompagnata anche da una mostra di capolavori dell'arte italiana, trasportata poi anche a Chicago e a New York.
L'esposizione di New York. - Questa, chiamata "fiera mondiale di New York" (New York World's Fair) ebbe luogo in occasione del 150° anniversario della Costituzione federale degli S. U. e dell'insediamento di Giorgio Washington a presidente della Federazione nord-americana, avvenuta il 30 aprile 1789. L'Esposizione si aprì perciò il 30 aprile 1939, con l'intervento di 500.000 persone, in un parco appositamente costruito a Flushing Meadows, a Queens (Long Island), bonificando così una località paludosa ed incolta. Per creare tale parco, di circa ha. 500, fu deviato il corso del fiume Flushing, furono creati due laghi artificiali, scaricati 16 milioni di metri cubi di terra e piantati 10.000 alberi.
Una completa unità stilistica non si poté raggiungere, comunque risultati assai notevoli furono ottenuti quanto agli effetti coloristici, sia per i materiali impiegati, sia per i sistemi d'illuminazione. La pianta comprendeva grandi piazze, agli ingressi principali, da cui s'irradiavano grandi viali che conducevano al centro topografico e, per così dire, spirituale dell'esposizione. Qui sorgevano il "trilone" (Trylon), l'obelisco triangolare alto 728 piedi (m. 221,894) e, accanto ad esso, la "perisfera" (Perisphere), enorme globo di 180 piedi (m. 54,864) di diametro, che costituivano il "simbolo" dell'esposizione. I padiglioni erano sessantasei: quello italiano (superficie coperta mq. 5.800; costruito con ossatura d'acciaio ad incastri perfetti col sistema iperstatico), dell'arch. M. Busiri-Vici, era dominato da una statua di Roma; dal sommo dell'edificio una cascata d'acqua si riversava in una vasca nel cui centro sorgeva un monumento a Marconi. In un anfiteatro capace di 10.000 spettatori avevano luogo spettacoli di vario genere.
L'Esposizione, intitolata "Il Mondo di domani" (The World of tomorrow) si proponeva di dare un quadro chiaro ed organico della civilità moderna negli ultimi 150 anni, nei suo molteplici aspetti, scientifico, artistico, industriale, sociale, culturale, ecc. e di additare la via verso un migliore domani. Questo tema veniva presentato, svolto e sintetizzato in uno spettacolo della durata di sei minuti che si svolgeva nell'interno della "perisfera". Le mostre dei singoli espositori raggruppate per categorie (comunicazioni, trasporti, chimica, elettricità, assistenza sociale, arte libraria, religione, prodotti alimentari, ecc.) erano integrate da mostre retrospettive e sintetizzanti lo sviluppo attuale di ciascun ramo dello scibile. Notevole la originalissima "mostra del futuro" (futurama) allestita dalla General Motors Co., in cui il mondo dell'avvenire era plasticamente raffigurato in una serie di scene svolgentisi come una visione davanti ai visitatori. L'esposizione, che doveva chiudersi nell'autunno del 1939, si riaprì nella primavera del 1940 e si chiuse definitivamente il 28 ottobre 1940. Il numero dei biglietti venduti ammontava a 45.008.385. Vi parteciparono 62 nazioni. Oggi l'area della World's Fair è adibita a parco pubblico; dei padiglioni, l'unico non posticcio, quello che ospitava la mostra del municipio di New York, ha servito da sede provvisoria alle riunioni dell'Assemblea delle NU.
Altre esposizioni. - Minore importanza delle precedenti, ma non trascurabile, ebbe l'esposizione dell'Impero britannico (Empire Exhibition) inaugurata a Glasgow il 3 maggio 1938. Occupava un'area di circa ha. 71, di cui quasi 10 coperti dai 100 edifici; di essi, il Palazzo dell'arte era destinato a permanere come Galleria d'arte municipale. L'esposizione si chiuse il 29 ottobre ed ebbe 12.593.232 visitatori. Accanto a questa, merita menzione l'esposizione nazionale svizzera, tenutasi nel 1939 a Zurigo.
L'esposizione di Roma. - Lo scoppio della seconda Guerra mondiale non fece sospendere (e ciò colpì osservatori stranieri) i lavori - che continuarono anche dopo il giugno 1940 - per l'esposizione di Roma. Questa, ideata nel 1937, e designata con la sigla E 42, avrebbe dovuto celebrare, nel 1942, il ventennio dall'assunzione del potere da parte del fascismo nonché, nelle intenzioni di Mussolini, l'avvento di una nuova era di pace dopo il vagheggiato trionfo sugli stati democratici e l'imposizione di limiti all'imperialismo germanico. Come area, venne scelta quella, di circa ha. 400, lunga circa km. 2,5 e larga 2, sulla sinistra del Tevere a valle di Roma, tra l'antica via Ostiense e l'abbazia delle Tre Fontane. In questa zona, a esposizione ultimata, avrebbe dovuto sorgere un ampio quartiere, determinando così lo sviluppo edilizio di Roma verso il mare, sviluppo facilitato dalle esistenti comunicazioni (ferrovia elettrica Roma-Ostia e autostrada) oltre che da una nuova ferrovia sotterranea di km. 11, congiungente la zona con la stazione di Termini. L'area scelta era assai ondulata, con forti dislivelli (tra i m. 7,69 e i m. 47,89 di quota): ciò rese necessarî grandi lavori, per la sistemazione generale del terreno, trasformato in un'ampia piattaforma, tra una quota minima di m. 14 (per metterla al sicuro dalle piene del Tevere) e una massima di m. 45, nonché per il riempimento delle numerose gallerie sotterranee preesistenti, con un movimento di terra di circa 6 milioni di mc. Si doveva inoltre dotare la zona di tutti i servizî pubblici indispensabili non solo all'esposizione, ma al progettato sviluppo urbanistico. Per la primavera del 1943, erano stati ultimati i lavori di sistemazione generale del terreno, km. 18 di strade, per una superficie di mq. 178.400; fognature per km. 22; gallerie di servizio per km. 17; parchi e giardini per ha. 141, con sistemazione di 25.000 alberi, 85.000 arbusti, 550.000 piante da siepe, alberature stradali lungo km. 18 di viali. La zona doveva essere inoltre abbellita da fontane e specchi d'acqua per circa mq. 100.000, compreso il grande bacino, o "lago", nel centro della zona più monumentale. Gli edifici permanenti dovevano essere più di 40. Di essi, potevano considerarsi ultimati la chiesa e il palazzo nel quale vennero poi allogati numerosi "sfollati". Era inoltre prevista, alquanto più a valle, la costruzione di un grande lago artificiale, alimentato dal Tevere e destinato a servire come idroscalo. La spesa complessiva, al 31 dicembre 1943, era stata di lire 499.274.960, di cui 430 milioni di contributo statale. Al finanziamento si provvide mediante una lotteria a premî. Dopo la fine della guerra, vennero ripresi i lavori della ferrovia sotterranea metropolitana (v. roma, in questa App.) e nell'ottobre 1948 nel consiglio comunale di Roma si parlò dell'opportunità di rivendicare la zona per ovviare alla deficienza di alloggi.
Le esposizioni d'arte. - Alcune di esse, in questo periodo, sono state connesse con lo stato di guerra e le devastazioni da essa compiute: a cominciare da quella dei capolavori della pittura spagnola, sottratti al pericolo di distruzione durante la guerra civile ed esposti nel 1938 a Ginevra. Così, nell'estate del 1945, grandi capolavori dell'arte italiana furono raccolti ed esposti a Roma, nel Palazzo Venezia; e successivamente sono state tenute a Roma e in altre città mostre di restauro, o destinate a presentare opere d'arte locali o di un determinato periodo come p. es. quella della pittura del Seicento e Settecento, a Genova, nel Palazzo Reale, nel 1947; ed esposizioni d'arte italiana hanno avuto luogo a Losanna e Lucerna nel 1947. Ma hanno ricominciato a tenersi anche le esposizioni di arte moderna, le "esposizioni d'arte" più propriamente dette, e cioè, distinte dai musei o gallerie, sia per il carattere temporaneo, sia perché mirano a sottoporre al giudizio del pubblico opere nuove. Da notare tuttavia che in queste esposizioni si viene affermando sempre più la tendenza a includere anche mostre "retrospettive", destinate cioè a presentare la produzione (generalmente scelta) di artisti o gruppi di artisti già noti e, talvolta, anche defunti, benché sempre recenti. Così si sono ricominciate a tenere nel 1948 la "rassegna nazionale di arti figurative", o "quadriennale" di Roma e la XXIV (la XXIII era del 1942) esposizione internazionale d'arte, la ormai famosa "biennale" di Venezia accompagnata da altre manifestazioni, teatrali e cinematografiche (v. cinematografo, in questa App.).