ESPOSIZIONE (XIV, p. 361)
Due esposizioni di speciale ampiezza e importanza si sono svolte in questi ultimi anni: la prima, dai risultati assai felici, fu organizzata a Bruxelles nel 1935 a seguito dell'esposizione di Barcellona che era stata la prima organizzazione di questo genere nel dopo guerra. Nello stesso Belgio l'esposizione di Bruxelles era stata preceduta da due altre esposizioni con carattere però di specializzazione: quelle di Anversa e di Liegi, del 1930, il cui successo influì certo favorevolmente sulla decisione della città di Bruxelles, la quale nel 1932 iniziò l'organizzazione della propria Mostra con il duplice scopo di valorizzare l'industria belga e di apprestare un nuovo quartiere della città, anzi di quel complesso di città che costituiscono la grande Bruxelles.
Infatti l'esposizione fu apprestata su un terreno ai margini della città di Laken, su una superficie di 140 ettari, 17 dei quali occupati da un bellissimo e vecchio parco convenientemente sistemato e arricchito di un lago artificiale.
Le costruzioni dell'esposizione e gli annessi occuparono circa 70 ettari; altri 8 ettari circa furono destinati a giardini e colture specializzate fra i quali un roseto veramente imponente e un teatro di verzura di bellissimo aspetto nel quale si svolsero rappresentazioni all'aperto anche di carattere folkloristico.
Fra le costruzioni, le più importanti furono quelle a carattere stabile costituenti nel loro insieme il "Grand Palais du Centenaire" comprensivo di una cosiddetta stazione-modello, interessante più per la grandiosità della sua parte centrale, per il modo di costruzione e l'arditezza delle centine a snodo di cemento armato, che per il materiale espostovi. A queste costruzioni sorte nella parte più elevata dell'esposizione e destinate da allora a ospitare l'annuale fiera internazionale, si accedeva direttamente dall'ingresso principale, di modernissima struttura, attraverso un lungo viale fiorito e ricco di acque correnti.
Attorno al vecchio parco furono sistemati vasti giardini ed eretti padiglioni dei varî gruppi merceologici e delle varie nazioni. Queste adottarono uniformemente il criterio di ospitare tutta la produzione nazionale che vi si volle esporre nei padiglioni eretti a loro spese. L'Italia, in una zona forzatamente ristretta, seppe erigere e sistemare 14 padiglioni di diversa concezione e fattura, alcuni dei quali di grande novità architettonica come quello ospitante le attività del regime, dell'aeronautica, dell'automobile, del turismo, dell'artigianato, dell'agricoltura, delle fibre artificiali, della chimica e della navigazione. Vivo interesse, e fra i maggiori di tutta la mostra, suscitò la riproduzione di una vallata alpina nella quale erano stati sistemati in scala esatta ed in funzionamento ben 14 dei grandi sbarramenti montani d'Italia, con le relative dipendenze. Notevole pure una torre alta più di 100 metri costituita da un traliccio di tubi senza alcuna chiodatura o saldatura e che venne apprestata in meno di un mese.
Anche altri paesi presentarono padiglioni importanti, specialmente la Francia che per la superficie occupata stabilì il primato.
Il modo in cui si attuarono queste partecipazioni ufficiali mutò grandemente la fisionomia che le esposizioni di questo genere avevano avuto per il passato. Molti degli obiettivi commerciali di un tempo cedettero il posto infatti a interessi di altra natura, culturali e didattici, mentre anche la produzione dei singoli paesi fu presentata in maniera più sintetica ma insieme più vasta e organica. Mutamento, d'altronde, perfettamente giustificato dallo sviluppo assunto in questi ultimi due decennî dalle fiere campionarie le cui funzioni commerciali e il rendimento in tal campo hanno dato e dànno, a periodi regolari, risultati di gran lunga più importanti, superiori, per le grandi fiere, a quelli forniti da qualsiasi altra esposizione del passato (v. fiera, App.).
Questa tendenza a rappresentare sempre meglio il complesso delle varie attività nazionali si manifesterà ancor più vivacemente all'esposizione di Düsseldorf del 1935 e a quella di Parigi del 1937.
L'affluenza del pubblico all'esposizione di Bruxelles fu grandissima: furono registrati agl'ingressi circa 20 milioni di visitatori. Il primato giornaliero fu raggiunto il giorno della chiusura, 3 novembre 1935, con 525.000 visitatori.
Per la prima volta il passaggio dei visitatori fu controllato agli ingressi mediante il sistema ottico della cellula fotoelettrica, sistema che poi trovò più larga applicazione all'esposizione di Parigi dove il dispositivo fu sistemato in modo da consentire letture immediate e nell'ufficio stesso del funzionario preposto a quel servizio. Grazie a questo procedimento fu possibile conoscere a ogni istante il numero dei visitatori di ogni singola giornata e la somma di tutti i visitatori dal primo giorno di apertura.
Gli espositori all'esposizione di Bruxelles risultarono 8930 di 27 nazionalità diverse.
L'esposizione di Parigi ebbe luogo nel 1937. Doveva essere inaugurata in aprile, ma lo fu alla fine di maggio ed ebbe termine a novembre. Inizialmente concepita come esposizione di arte decorativa e cioè quasi un ampliamento dell'analoga esposizione che aveva avuto vivo successo nel 1925, essa allargò di molto il proprio programma e le proprie basi in conseguenza del successo riportato dall'esposizione di Bruxelles.
Difatti, l'organizzazione, inizialmente basata su un programma limitato e per una superficie di soli 33 ettari fu, a mano a mano che si registrarono adesioni nazionali ed estere, ampliata fino a coprire una superficie di più che 100 ettari.
Sistemata lu11go la Senna, occupò strade pubbliche, piazze, e, dove fu possibile, le poche superficie libere pubbliche e private situate nelle vicinanze del percorso e lungo il corso del fiume per quasi 4 km. Essa finì col comprendere nel proprio recinto anche l'Isola dei Cigni riservata alle partecipazioni coloniali e richiese un "annesso" agreste al Bosco di Boulogne.
Tale sistemazione topografica diede luogo, naturalmente, a molti inconvenienti e inapplicato rimase per gl'infiniti rimaneggiamenti l'annunciato piano architettonico che avrebbe dovuto dare organicità ed equilibrio di volumi e di colori all'insieme delle costruzioni.
Cosiffatte condizioni, aggravate da situazioni locali e politiche di vario genere, intralciarono gravemente il corso dei lavori di apprestamento, permisero solo negli ultimi giorni una visione sintetica dell'esposizione e ne diminuirono certamente, ed in parte anche immeritamente, l'importanza.
Un mese prima della chiusura dell'esposizione taluni padiglioni non erano ancora ultimati; taluni espositori stranieri non avevano ancora completato le proprie mostre e la più grande costruzione dell'esposizione stessa, la nuova sistemazione del Trocadero, non fu pronta interamente neppure per la fine dell'esposizione. Solo mediante adattamenti di carattere provvisorio la cerimonia di chiusura poté effettuarsi nel grande teatro seminterrato che avrebbe dovuto servire come lussuoso ambiente di grandi feste durante il corso dell'esposizione.
Le aree limitate congiuntamente alla loro non felice disposizione topografica imposero costruzioni a varî piani, limitando e rendendo disagevole la circolazione del pubblico e con notevole maggiore spesa di sistemazione e di funzionamento per gli espositori, enti e persone.
L'esposizione fu arricchita da assai belle fontane e getti d'acqua colorati dal Trocadero, completati da altri getti d'acqua sorgenti dal letto stesso del fiume; l'illuminazione, assai ben riuscita in certe zone, mancò o quasi in altre; i mezzi di comunicazione nell'interno del recinto, resi indispensabili dalla grande lunghezza della mostra, riuscirono sufficienti ma vennero giudicati troppo costosi.
All'esposizione parteciparono 44 paesi dei quali 39 con padiglioni proprî, tre riuniti in un padiglione denominato degli Stati Baltici e due, con limitatissima partecipazione, in un padiglione definito "internazionale".
L'esposizione di Parigi, classificata di seconda categoria, in forza di una convenzione internazionale sulle esposizioni, non avrebbe dovuto consentire ai varî paesi l'erezione di padiglioni proprî; ma, in pratica, le cose si svolsero assai diversamente. E fu una fortuna. L'esposizione riuscì infatti a costituirsi e ad essere almeno relativamente pronta (e con un paio di mesi di ritardo), solo in gran parte per gli sforzi compiuti dai varî paesi partecipanti che recarono un contributo di grande importanza sia per il volume della loro partecipazione sia per il modo usato nelle costruzioni che fu di esempio e di sprone al paese ospitante. A questo titolo specialmente interessanti e istruttive riuscirono le partecipazioni dell'Italia, della Germania e del Belgio i cui padiglioni furono i soli a essere pronti per il giorno dell'inaugurazione ufficiale.
Il padiglione italiano, concepito e disegnato dall'arch. M. Piacentini, riuscì uno dei più armonici e certamente quello che in uno spazio limitatissimo seppe raccogliere il maggior numero di oggetti dimostranti l'attività sociale, industriale e commerciale del paese. In esso trovò anche posto una trattoria di lusso tipicamente italiana che rappresentò un magnifico richiamo turistico per il nostro paese e la più elegante e scelta manifestazione del genere di tutta l'esposizione e della stessa città di Parigi.
L'esposizione costò quasi un miliardo e 600 milioni con un deficit certo di più di un miliardo e 200 milioni. I visitatori furono assai numerosi: e anche più numerosi parvero perché le aree riservate al pubblico risultarono assai ristrette rispetto alle aree occupate dai fabbricati, benché l'affluenza, proporzionatamente alla popolazione parigina, non risultasse mai eccessiva.
L'esposizione era alle dirette dipendenze del Ministero del commercio che vi fu rappresentato da un commissario generale molto efficacemente coadiuvato dai commissariati dei varî paesi ai quali spetta, senza alcun dubbio, il merito maggiore della riuscita della manifestazione. La città contribuì alle spese con circa 250 milioni, in parte però da essa recuperati essendo divenuti di sua proprietà alcuni dei fabbricati di carattere permanente più importanti, come quello del Palazzo dell'arte, e la nuova sistemazione del Trocadero.
L'esposizione era dedicata all'arte e alla tecnica moderna. Oltre i padiglioni nazionali comprendeva alcuni importanti padiglioni di carattere generale, come quello già citato dell'arte moderna, alcuni interessanti gruppi di mestieri (arti e industrie decorative); quello del legno, un altro analogo dei metalli, mentre la produzione regionale era sistemata in varî padiglioni recanti il nome delle vecchie regioni della Francia e ricordanti, pur nella modernità della loro architettura, architetture e motivi decorativi tipici delle varie regioni. Grande successo, forse il maggiore, fu segnato da un padiglione della "scoperta scientifica" disposto con intendimento di volgarizzazione degli ultimi trovati della scienza applicati anche alla vita materiale.
L'esposizione venne suddivisa in 16 gruppi e 75 classi, molte delle quali però furono raddoppiate e anche triplicate per poter accogliere e suddividere convenientemente la produzione industriale.
Gli espositori furono circa 11.000; ma mancano tuttora dati statistici controllati, così come s'ignora il numero esatto dei visitatori che è stato valutato a circa 34 milioni.
Per questa manifestazione avrebbe dovuto cominciare a funzionare per la prima volta la convenzione internazionale per le esposizioni adottata nel 1928 e sottoscritta da 28 nazioni.
Tale convenzione, nata dal desiderio di limitare il numero delle mostre di carattere internazionale e di distribuirle nel tempo per modo da lasciare un congruo periodo tra l'una e l'altra, aveva già incontrato serissime difficoltà, quando l'esposizione di Parigi appunto venne a dimostrare l'inapplicabilità di molte delle sue più importanti disposizioni e la necessità di un'urgente revisione, peraltro difficilissima. Tanto più difficile, in quanto il numero dei paesi che l'hanno sottoscritta è minore di quello degli stati che non l'hanno accettata, sicché la convenzione finisce per legare soltanto chi si è reso parte diligente, lasciando agli altri la più ampia libertà.
Con tutti i suoi difetti, l'atto in parola è però oggi l'unico accordo di carattere internazionale in vigore, onde crediamo non inutile riassumerne qui il contenuto.
Definiti i limiti in cui essa è applicabile e cioè le condizioni per cui un'esposizione può assumere la qualifica di internazionale, la convenzione dà norme circa la durata (non superiore a sei mesi; in casi eccezionali dodici), la frequenza, i termini di preavviso e gl'inviti relativi alle esposizioni. Istituisce un Bureau international des expositions incaricato di vigilare sull'applicazione della convenzione, nel quale sono rappresentati tutti i paesi aderenti, e al cui bilancio essi paesi contribuiscono; stabilisce le facilitazioni doganali di cui beneficiano gli oggetti destinati ad essere esposti; le modalità per la composizione delle giurie e l'assegnazione dei premî ai partecipanti ecc.
Nella convenzione sono naturalmente previste le modalità per il deposito delle ratifiche da parte degli stati aderenti (da farsi presso il Ministero degli esteri di Francia) e per l'adesione di nuovi paesi, nonché i termini per la denuncia.