esecuzione
Attività che concreta un precetto, di qualunque genere esso sia. In campo giuridico si parla, più propriamente, di e. – o, meglio, di e. forzata – per indicare il procedimento attraverso cui il creditore realizza coattivamente il suo diritto in mancanza di attuazione spontanea dell’obbligo da parte del debitore. Ciò può avvenire solo con l’intervento autoritativo di appositi organi dello Stato: il giudice, l’ufficiale giudiziario, la forza pubblica. Nei diversi ordinamenti, infatti, al fine di preservare la pace sociale, l’autotutela del creditore è consentita solo in via eccezionale. Di fronte alla mancata cooperazione spontanea del debitore, al creditore spetta dunque il potere di provocare l’intervento dell’apparato statuale per realizzare in via coattiva il proprio interesse. È la cosiddetta azione esecutiva, il cui esercizio è in genere subordinato alla possibilità di offrire, con l’esibizione del titolo esecutivo, una parvenza esteriore di certezza formale al credito fatto valere. All’azione esecutiva del creditore corrisponde una situazione di mera soggezione del debitore, il quale non può fare altro che subire l’impiego della forza da parte dello Stato.
Nei moderni ordinamenti l’azione esecutiva non si esercita più sulla persona del debitore, come invece avveniva in passato, quando il debitore inadempiente poteva essere arrestato, venduto come schiavo e perfino ucciso. L’azione esecutiva si esercita ormai attraverso l’aggressione del patrimonio del debitore (e. cosiddetta reale), o meglio attraverso l’espropriazione (➔) dei beni che ne fanno parte, i quali, dopo essere stati assoggettati a un vincolo di indisponibilità (pignoramento), sono venduti coattivamente per consentire al creditore di soddisfarsi sul ricavato. L’e. per espropriazione può riguardare, pertanto, solo obbligazioni aventi a oggetto somme di denaro. In caso di inadempimento, tuttavia, ove il debitore non possa provare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per una causa a sé non imputabile, tutte le obbligazioni si convertono nell’obbligazione risarcitoria, che è un’obbligazione pecuniaria. L’e. sui beni del debitore si realizza di regola mediante l’espropriazione di singoli cespiti patrimoniali su istanza di un singolo creditore e con il possibile intervento di altri creditori (espropriazione individuale). L’e. può, tuttavia, avere a oggetto anche l’intero patrimonio del debitore a beneficio di tutti i suoi creditori (espropriazione concorsuale). Quest’ultima eventualità non riguarda, però, qualunque debitore inadempiente, ma è ammessa nei diversi ordinamenti solo in taluni casi, quando è più avvertita l’esigenza di garantire una rigorosa attuazione del principio della parità di trattamento dei creditori. L’ipotesi più importante di espropriazione concorsuale è il fallimento dell’imprenditore commerciale insolvente. Ma non è la sola. In genere, infatti, una procedura di espropriazione concorsuale è prevista anche a vantaggio della massa dei creditori ereditari in caso di acquisto dell’eredità con responsabilità limitata.
All’interno della più ampia categoria dell’e. forzata, il codice civile italiano del 1942 sembra avere introdotto un’inedita distinzione tra espropriazione ed e. in forma specifica. Qust’ultimo genere di e. riguarda gli obblighi di consegnare una cosa determinata (art. 2930 c.c.), quelli di fare (art. 2931 c.c.) e di non fare (art. 2933 c.c.) e quelli di concludere un contratto (art. 2932 c.c.). Una parte degli interpreti è senz’altro dell’avviso che anche quella che il legislatore chiama e. in forma specifica sia un procedimento di attuazione coattiva di crediti, dunque una vera e propria e. forzata. Rispetto all’e. per espropriazione, tale ulteriore forma di e. si caratterizzerebbe, tuttavia, per l’identità tra bene dovuto dal debitore, bene aggredito nel suo patrimonio e bene conseguito dal creditore e riguarderebbe pertanto solo le obbligazioni aventi a oggetto: la consegna di una cosa determinata presente nel patrimonio del debitore; un fare fungibile; un non fare, ove sia possibile eliminare o distruggere quel che si è fatto in violazione dell’obbligo; l’emissione di una dichiarazione di volontà in vista della produzione di determinati effetti traslativi o costitutivi. Un’altra parte degli interpreti nega, invece, che l’e. in forma specifica sia e. in senso proprio. Gli obblighi di dare, fare e non fare di cui essa consente l’attuazione non sarebbero infatti obbligazioni in senso tecnico. Si tratterebbe, piuttosto, del riflesso di diritti reali, cioè di situazioni giuridiche finali, rispetto alle quali la tutela giurisdizionale dell’e. forzata non ha alcun senso. La cosiddetta e. specifica, pertanto, non sarebbe altro che la naturale forma giurisdizionale dell’esercizio di quei diritti. Rispetto a essa si potrebbe allora parlare di e. solo in un senso ampio e generico. Quanto poi all’e. specifica dell’obbligo di concludere un contratto, si tratterebbe di una normale azione di cognizione di tipo costitutivo, cioè di un meccanismo che con l’e. non ha nulla a che vedere.