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esca

di Enrico Malato - Enciclopedia Dantesca (1970)
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esca

Enrico Malato

Il sostantivo è usato da D. in entrambi i suoi significati fondamentali, nel senso cioè letterale ed etimologico di " cibo ", e nell'altro, derivato com'è noto dal primo, di " materia secca e infiammabile " usata perciò per accendere il fuoco. Di quest'ultimo significato si ha un solo esempio: If XIV 38 la rena s'accendea, com'esca / sotto focile, a doppiar lo dolore; nel primo valore s'incontra in Pg II 128 li colombi adunati a la pastura / ... se cosa appare ond'elli abbian paura, / subitamente lasciano star l'esca.

Nel senso particolare di " cibo con cui si attirano gli animali per catturarli ", e con il valore figurato di " invito ", " lusinga ", è usato invece in Rime CVI 110 Fassi dinanzi da l'avaro volto / vertù... / ma poco vale, / ché sempre fugge l'esca. Così anche in Fiore LVIII 13 ma e' son esca per ucce' pigliare. Da questo significato figurato la locuzione ‛ prender l'e. ', con valore di " cedere alla tentazione ", in Pg XIV 145 Ma voi prendete l'esca, si che l'amo / de l'antico avversaro a sé vi tira, nel senso che il peccato appare lusinghevole e attrae nella rete del demonio gli uomini che si lasciano adescare (i due sostantivi tornano in coppia anche in Petrarca Rime CCXII 14 " In tale stella presi l'esca e l'amo "). Alcuni copisti hanno letto sì che l'esca [" l'esca della vampa "] in luogo di sì ch'ella esca [quindi da " uscire "] in Pd XVII 8; cfr. Petrocchi, ad l.

Vocabolario
ésca
esca ésca s. f. [lat. esca «cibo; fig., allettamento», dalla radice es- (alternante con ed-) di edĕre «mangiare»]. – 1. a. ant. Cibo degli animali e meno comunem. dell’uomo: quasi non rimasono colombi e polli, per difetto d’esca (G. Villani);...
deṡïàbile
desiabile deṡïàbile agg. [der. di desiare], poet. – Desiderabile: Quel vago diletto, onde lusinga Amore, È desiabil esca (Chiabrera).
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