MICHEL, Ersilio
– Nacque a Livorno il 17 sett. 1878 da Onorato e da Maria Pannocchia. Dopo gli studi liceali passò a Pisa come studente della facoltà di lettere dell’Università statale e, allievo di A. Crivellucci, si laureò con una tesi subito data alle stampe con il titolo L’ultimo moto mazziniano (1857). Episodi di storia toscana (da memorie inedite del tempo e da documenti d’archivio), Livorno 1903: ne risultava evidente il suo interesse per il passato risorgimentale della Toscana e soprattutto per la componente democratica del movimento nazionale, presto confermato da un’altra monografia, F.D. Guerrazzi e la cospirazione politica in Toscana dall’anno 1830 all’anno 1835, Roma-Milano 1904, e dalla collaborazione a un volume collettaneo su Napoleone all’Elba, Torino 1906. Un terzo aspetto, di natura tecnica, balzava poi agli occhi sin da questi inizi, ed era l’inclinazione messa in mostra dal M. per la ricerca erudita, per il lavoro di scavo in archivi e biblioteche, sulle orme di personaggi e vicende anche di secondaria importanza ma che ai suoi occhi, in quella fase, meritavano una scheda o un approfondimento.
Resteranno queste, unitamente con una certa angustia della prospettiva storica, le caratteristiche preminenti della sua attività di studio, assistita sempre da un metodo di lavoro minuziosissimo destinato infine a sfociare in una serie infinita di contributi, spesso di poche pagine, a riviste e periodici di storia e di varia cultura.
A favorire le sue perlustrazioni d’archivio giunse, dopo la laurea, l’insegnamento delle discipline storiche che nel giro di pochi anni lo portò dal ginnasio di Agrigento (1906) a quello di Grosseto (1907-09), poi a Massa e a Firenze: tutti questi spostamenti gli permisero di realizzare una lunga serie di interventi – principalmente nella Rassegna storica del Risorgimento – volti a illustrare i materiali per la storia italiana recente conservati nelle biblioteche (tra il 1912 e il 1913 la Marucelliana, la Mediceo-Laurenziana e la Moreniana di Firenze, seguite nel 1914 dalla Labronica di Livorno, dalla Casanatense di Roma, dalla Classense di Ravenna e dalla Gambalunghiana di Rimini, con una coda nel 1915 per la Riccardiana di Firenze, la Comunale di Bassano e l’Universitaria di Padova).
L’esperienza fu forse all’origine del comando da bibliotecario assegnatogli nella sezione Risorgimento della Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II di Roma.
L’intenso programma di lavoro del M. fu interrotto dall’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale.
Vi prese parte come sottotenente di complemento degli alpini, e praticamente fu sempre in prima linea, soprattutto quando dal 5 nov. 1916, promosso capitano, ebbe il comando del battaglione Val d’Adige che era stato costituito a Verona nel 1915 e si componeva di tre compagnie più volte decimate nei sanguinosi combattimenti sul Pasubio, sul monte Cimone e poi sulla Bainsizza. Nella difesa del monte Jeza (ottobre 1917) lo stesso M., che intanto era salito al grado di maggiore, restò gravemente ferito mentre gran parte del battaglione veniva accerchiato e fatto prigioniero. Alla fine del conflitto gli rimasero tre medaglie d’argento al valore e una promozione a tenente colonnello e successivamente a colonnello, risultando così – dirà molti anni dopo G. Volpe – «l’unico ufficiale di complemento giunto a questo grado» (Roma, Arch. centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, b. 643, f. 204.918).
La partecipazione al conflitto lasciò qualche traccia anche nella sua attività di studioso, anzitutto come collaboratore del Bollettino dell’Ufficio storico dello stato maggiore del Regio Esercito, per il quale tra il 1926 e il 1927 compilò alcune brevi bibliografie francesi, inglesi e belga della guerra, più tardi dedicando al commilitone Cesare Battisti, nella collana «Gli alpini di fronte al nemico», un opuscolo sul Battaglione «Val d’Adige» (Roma 1940), puntuale ricostruzione delle operazioni del suo reparto esente tuttavia da ogni compiacimento militaristico.
Al ritorno dal fronte il M. riprese le sue ricerche fatte prevalentemente di schedature dalle quali ricavava poi brevi note erudite per le riviste che gli aprivano le porte: L’Italia che scrive di A.F. Formiggini, la Rivista popolare di politica, lettere e scienze sociali diretta da N. Colajanni, la Rassegna nazionale, più avanti il periodico Problemi d’Italia. Rassegna mensile dei combattenti. Strinse anche i propri legami con la Società per la storia del Risorgimento italiano che lo volle vicesegretario nel 1919 e segretario nel 1924. Era intanto entrato in contatto con G. Volpe, che pur non vedendo in lui la stoffa dello storico apprezzò molto la sua preparazione filologica e, al termine di un concorso che vide il M. vincitore insieme con N. Rosselli e C. Capasso, lo ammise al primo ciclo della sua Scuola di storia moderna e contemporanea, aggregata al Comitato nazionale per la storia del Risorgimento e dotata di una sede a Roma in palazzetto Venezia. Iniziato il 1° ott. 1926, l’alunnato del M. durò due anni e bastò a Volpe per decidere che egli sarebbe stato il redattore e collaboratore ideale per l’Archivio storico di Corsica. La rivista, fondata a Milano nel 1925, passata poi a Roma, fu utilizzata, al di là degli intenti di studio, come base culturale sulla quale costruire una politica estera contrassegnata da aspirazioni di egemonia sul Mediterraneo. A tale disegno il M., pur impegnato ancora per qualche anno come docente di storia e filosofia al liceo Mamiani di Roma (tra i suoi colleghi d’allora anche F. Chabod), prestò le proprie capacità di indagine.
Indirizzò tali capacità non solo verso la Corsica, i suoi legami passati con l’Italia, l’ospitalità offerta agli esuli durante il Risorgimento, ma più in generale verso i paesi affacciati sul Mediterraneo, secondo una prospettiva che, escludendo altre direttrici d’esilio come la Svizzera, la Francia o la Gran Bretagna, conferiva a questo indirizzo di ricerca un orizzonte più ampio di quello puramente sabaudistico e autoctono ma anche un innegabile significato propagandistico, nel senso, molto caro a Volpe, di quella vocazione di civiltà in un’area specifica che aveva le sue radici appunto in queste correnti migratorie dell’Ottocento (studiare «l’emigrazione politica italiana durante il Risorgimento» – scriverà Volpe nella prefazione a un volume del M. – «è studiare l’elemento più dinamico dell’Italia in via di rinnovarsi»).
Oggetto degli studi del M. divenne dunque la diaspora politica italiana alimentata periodicamente dai fallimenti insurrezionali (il 1820-21, il 1831, il 1848-49, la metà degli anni Cinquanta), costretta a continue peregrinazioni e comunque sempre legata al ricordo dell’Italia nelle organizzazioni cospirative prima carbonare e poi mazziniane, e come tale capace di rispondere, alla prima occasione favorevole, ai richiami del patriottismo, fosse quello di Pio IX nel 1848 o quello del Piemonte sabaudo nel 1859.
Sono da assegnare a questo filone, contraddistinto costantemente dalla stessa periodizzazione (1815-61) e ben nutrito dalle precedenti puntate in archivi italiani e stranieri tutti puntualmente elencati in apertura dei volumi del M., le ampie ricerche sugli Esuli italiani in Algeria (Bologna 1935), sugli Esuli italiani in Corsica (con prefazione di Volpe, Bologna 1938), sugli Esuli italiani in Tunisia (Milano 1941) e sugli Esuli italiani in Egitto (1815-1861), edito postumo a Pisa nel 1958. Altre ricerche di minor mole ma non di minor impegno furono ospitate altrove: quella sugli Esuli politici italiani in Portogallo (1815-1861) come contributo a un volume sulle Relazioni storiche tra l’Italia e il Portogallo della Reale Accademia d’Italia, Roma 1940, pp. 442-468, l’altra sugli Italiani nelle Isole Ionie in un fascicolo della Rassegna storica del Risorgimento. Di molti dei personaggi incontrati durante le sue ricerche il M. tracciò poi la biografia come collaboratore assiduo del Dizionario del Risorgimento nazionale diretto da M. Rosi.
La ricerca della documentazione da parte del M. non passò sempre inosservata: per esempio il 3 luglio 1932 la polizia politica italiana ricevette da Parigi una segnalazione relativa a indagini delle autorità francesi sullo studioso, sospettato di svolgere «propaganda separatista in Corsica» e di «aver cercato di mettersi in relazione con degli antifascisti e dei massoni» (Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero degli Interni, Direzione generale della Pubblica Sicurezza, Polizia politica, Fascicoli personali, b. 833 [1927-44], ad nomen). A quanto se ne sa, la cosa non ebbe seguito.
A ogni modo Volpe fu molto soddisfatto del lavoro del M., da lui ricordato dopo la morte in un affettuoso profilo in cui, ridimensionata la figura dello storico («Non domina dall’alto la sua vastissima materia, poco si pone problemi di cultura e di pensiero politico»), un riconoscimento era tributato all’infaticabile «esploratore e ricercatore di archivi pubblici e privati [ …] fotografo di alta classe a cui nessun particolare sfugge, più che artista, interprete, creatore» (Volpe, pp. 201 s.). Volpe avrebbe anche potuto aggiungere che il M., sempre asciutto nella sua esposizione, nulla concedeva alla moda del tempo e nelle prefazioni, che non sempre avvertiva il bisogno di premettere al testo, non inseriva nessun tipo di omaggio al duce del fascismo. Quanto alla sua amicizia con Volpe, il legame tra i due era talmente stretto che entrambi nel giugno 1940, a pochi giorni dall’entrata in guerra dell’Italia, chiesero di essere riammessi in servizio: la domanda fu respinta con il pretesto della sospensione, dal 1° luglio, del richiamo degli ufficiali in congedo.
Nel dopoguerra il M. da Livorno, dove oltre a presiedere il locale Comitato per la storia del Risorgimento aveva fondato nel 1937, in coincidenza con la nascita della sezione livornese della Deputazione toscana di storia patria, il trimestrale Bollettino storico livornese, passò a Pisa per collaborare attivamente con la Domus Mazziniana per la quale pubblicò con A. Mancini ed E. Tongiorgi il Catalogo degli autografi, documenti e cimeli di Giuseppe Mazzini (Pisa 1952) ivi depositati. L’ultima monografia da lui data alle stampe fu costituita da una ponderosa ricerca sui Maestri e scolari dell’Università di Pisa nel Risorgimento nazionale (1815-1870), apparsa a Firenze nel 1949 e apprezzata in sede di recensione da E. Passerin d’Entrèves (Studium, XLVII [1951], pp. 295 s.) non solo per la consueta acribia ma anche per la scelta di seguire la formazione dello spirito patriottico all’interno di una istituzione culturale, calandolo nel vivo delle agitazioni studentesche e nei contrasti di un corpo docente variamente orientato.
Il M. morì a Pisa il 12 febbr. 1955.
Negli ultimi anni aveva provveduto a dividere la sua vasta raccolta di schede, documenti, opuscoli, libri fra varie istituzioni: la Labronica di Livorno, la Domus Mazziniana, l’Istituto per la storia del Risorgimento di Roma. Molto altro materiale rimase all’archivio dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana di Roma.
Fonti e Bibl.: Necr.: W. Maturi, in Rivista storica italiana, LXVII (1955), p. 476; [A. Mancini], in Bollettino della Domus Mazziniana, I (1955), p. 83; E. Berti, E. M., in Rassegna stor. del Risorgimento, XLV (1958), pp. 320-322. Vedi ancora: G. Volpe, Storici e maestri, Firenze 1967, pp. 199-212; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dal 1900 al 1926, I-II, Roma 1977, ad ind.; C. Morandi, Scritti storici, a cura di A. Saitta, IV, Roma 1980, pp. 213-215; U.M. Miozzi, La Scuola storica romana (1926-1943), II, Roma 1984, pp. 135-142; Calendario generale del Regno d’Italia, 1906-12, ad ind.; Guida Monaci, Roma 1930-33, ad indicem.
G. Monsagrati