CAETANI, Ersilia
Nacque a Roma il 12 ott. 1840 da Michelangelo, principe di Teano poi duca di Sermoneta, e da Callista Rzewuska, di nobile famiglia polacca. Il padre le trasmise ben presto il gusto a studi vasti e vari, la madre l'interesse cosmopolita alle culture europee: tendenze ambedue rarissime nella nobiltà e nel provinciale mondo romano d'allora, ma in un certo senso tradizionali nei Caetani. Educata in casa da L. M. Rezzi al latino, da I. Guidi al greco e al sanscrito, buona conoscitrice di francese, inglese e tedesco, amica degli studiosi amici di suo padre e frequentatori dell'archivio di famiglia, e soprattutto di archeologi e di storici, da G. B. De Rossi a Th. Mommsen, da F. Gregorovius, che esercitò su di lei una profonda influenza, a R. Lanciani e C. L. Visconti, la C. rimase sempre e sostanzialmente un'autodidatta, con una formazione culturale e un curriculum che ricordano singolarmente quelli del contemporaneo D. Comparetti, segnalato, proprio da suo padre per la cattedra di greco all'università di Pisa nel 1859.
Assai giovane la C., che nel 1859 aveva sposato il conte G. Lovatelli, cominciò a occuparsi attivamente di studi archeologici ed epigrafici, partecipando a scavi condotti in Roma, effettuando escursioni e visite di studio in città e fuori, affacciando in via del tutto privata nuove interpretazioni di monumenti figurati e di epigrafi, e stringendo già prima del 1870 personali relazioni con i maggiori antichisti del tempo residenti a Roma. Non dovette quindi apparire del tutto strana la sua designazione a membro onorario dell'Istituto di corrispondenza archeologica di Roma, avvenuta nel 1864 ad opera di J. H. W. Henzen, Th. Mommsen e E. Gerhard. Dopo il 1870 le sue relazioni di amicizia e di studio si allargarono e si infittirono, estendendosi anche a molti esponenti del mondo politico e letterario dell'Italia unita; cosicché le riunioni di amici ed estimatori o semplicemente di curiosi che si svolgevano ormai periodicamente nel suo salotto in palazzo Lovatelli, dato anche l'atteggiamento ostile assunto da buona parte della nobiltà romana nei riguardi del nuovo regime, finirono per assumere un significato quasi pubblico, se non ufficiale. Non a caso perciò Q. Sella, impegnato da tempo nel compito di trasformare Roma in una capitale della scienza e l'Accademia dei Lincei nel massimo organo culturale italiano, fece entrare la C. a far parte del sodalizio linceo il 15 maggio 1879, nonostante le difficoltà costituite dal sesso e dal dilettantismo della candidata. In quello stesso anno la C. aveva perduto il marito; e questa perdita la indusse ancor di più a dedicarsi agli studi.
Nel 1878 la C. aveva pubblicato nel Bullettino della Commissione archeologica del Comune di Roma il suo primo articolo, dedicato all'illustrazione di un'ara funeraria del II sec. d. C. scoperta da poco in via della Pace (riedito in Antichimonumenti illustrati, Roma 1889, pp. 1-21). Si tratta di un piccolo modello di ricerca antiquaria, basato su di una buona padronanza del metodo epigrafico, che indicava già quelli che erano allora - e che sarebbero stati anche in futuro - gli interessi più spiccati dell'attivita letterario-scientifica della C., nonché i suoi limiti. Aliena da interessi propriamente filologici o archeologici, poiché non si occupò mai di critica testuale o di tecniche di scavo, gravata dal gusto, tradizionalmente romano, della erudizione esteriore infarcita di esempi, di confronti e di citazioni libresche; priva di ogni capacità di giudicare e di datare, sulla base di una valutazione stilistica, i monumenti di cui si occupava, la C. riuscì ad acquisire una vera competenza nel trattare argomenti di archeologia minore e di epigrafia privata relativi al cosiddetto instrumentum domestico, agli usi e costumi religiosi, ai giochi circensi. Manifestò anzi la propria intenzione (cfr. ibid., p. 146) di compilare una "compiuta e generale monografia circense", ove avrebbero dovuto essere edite tutte le testimonianze relative ai giochi del circo: ma l'impresa, pure abbozzata in un saggio del 1895 (Di un frammento marmoreo con rilievi gladiatori, riedito in Scritti vari, Roma 1898, pp. 61-105), non fu mai compiuta. Nella sua prima raccolta di saggi edita nel 1889 (Antichi monumenti, cit.) la C. ripubblicava articoli già usciti sui Rendiconti dei Lincei o nel Bullettino della Commissione archeologica comunale, dedicati prevalentemente alla presentazione e al commento di oggetti minori di scavo, di frammenti di mosaico, di piccoli altorilievi o di iscrizioni figurate. Ma già l'anno prima essa aveva edito in veste definitiva un'operetta, rimasta la sua più nota, vasta e ambiziosa, destinata a illustrare il concetto della morte nell'anfichità, greca e soprattutto romana (Thanatos, Roma 1888), nella quale i diversi elementi, quasi esclusivamente epigrafici e figurativi, presi in esame ai fini del discorso, restavano privi di ogni inquadramento cronologico o ambientale e di ogni sussidio critico di ordine filosofico.
Una seconda e diversa fase della sua attività di scrittrice di cose antiche fu iniziata intanto dalla C. con la collaborazione a riviste di carattere letterario, quali la Nuova antologia e il Fanfulla della Domenica, cui, dal 1888 in poi, destinò sempre più frequenti articoli di natura elegantemente divulgativa dedicati a illustrare usi e costumi del mondo antico (e romano in particolare), da La festa delle rose a I lumi e le luminarie nella antichità (per citare i più noti editi in Miscellanea archeologica, Roma 1891, pp. 136 e 53-87), ove, accanto a un certo noioso pedantismo, affiora anche una artificiosa vena sentimentale di stampo decadente (cfr. Tramonto romano, ibid., pp. 37-51). Proprio in quel periodo il salotto della C. si apriva a sempre nuovi e diversi ospiti, accogliendo anche letterati e poeti in gran numero, dal Carducci, conquistato intorno al 1885, a F. Martini, da D. Gnoli a G. D'Annunzio, autore di auliche dediche alla "contessa E. L. che vede il mondo antico con occhi di veggente" (cfr. Bibl. Acc. naz. dei Lincei, Fondo Lovatelli, G. g. 3, G. f. 16 e G. f. 19).
Alla loro diretta o indiretta influenza può essere addebitato non soltanto l'allargamento dei temi trattati dalla C. nei suoi saggi, ma anche il mutamento notevole del suo stile di scrittrice, divenuto da secco e arcaicizzante, qual era all'inizio, più fluido, più spigliato e vario, a volte perfino lussureggiante di aggettivi e di descrizioni. Nell'ultimo decennio del secolo la sua notorietà toccava il suo più alto livello e due raccolte di suoi articoli venivano tradotte in tedesco, con introduzioni biografiche dedicate all'autrice (Römische Essays, a cura di E. Petersen, Leipzig 1891; Antike Denkmäler und Gebräuche, trad. di C. Schöner e introd. di R. Schöner, Leipzig 1896).
All'influenza di amici e frequentatori quali Chr. Huelsen, G. Tomassetti e L. Duchesne, oltre che all'antica passione "romanistica" sempre viva in lei, si dovette probabilmente l'interesse manifestato dalla C. per argomenti di topografia romana antica e medievale, cui dedicò numerosi saggi nei suoi ultimi anni di attività (riediti in Passeggiate nella Roma antica, Roma 1909, e in Aurea Roma, Roma 1915). Ma le sue cose migliori vanno forse ricercate in due raccolte di articoli più propriamente antiquari, pubblicate all'inizio del nuovo secolo a due anni di distanza l'una dall'altra (Ricerche archeologiche, Roma 1903, e Varia, Roma 1905), nelle quali ai saggi illustrativi di piccoli oggetti di scavo o di collezione, stringati e informatissimi, se ne alternano altri equilibrati ed eleganti su giochi, credenze e costumanze del mondo antico (cfr. per es. Ilculto dell'acqua, in Ricerche, cit., pp. 95-127); anche se poi, al confronto con argomenti di più vasto impegno, i limiti di preparazione e di giudizio storico della C. apparivano in tutta la loro gravità, come avvenne, ad esempio, nel singolare articolo su La casa aurea di Nerone, ove, a proposito dell'incendio del 64 d. C., vengono acriticamente ripetute le tesi più tradizionali (ried. in Attraverso il mondo antico, Roma 1901, pp. 137-164).
Assai difficile è valutare su di un piano generale il ruolo e il significato sia culturale, sia più propriamente pubblico, e perciò anche politico, che la figura della C., di famiglia schiettamente liberale, anglofila e anticlericale, può avere assunto nella Roma del suo tempo, attraverso il suo frequentatissimo salotto, centro d'incontro di personalità d'ogni genere, e le sue relazioni personali di carattere nazionale e internazionale. Sembra indubbio che in ambito accademico ella abbia esercitato la sua influenza a favore di determinati studiosi a lei vicini, come per esempio accadde a proposito dell'antichista G. Lombroso, raccomandato a Carducci per una cattedra bolognese nel 1884, o dell'archeologo G. Boni, di cui difese apertamente (ma non nelle pubblicazioni) i metodi e le scoperte, o del nipote carissimo Leone Caetani, il principe orientalista, per il cui successo nel premio reale dei Lincei del 1906 e per la cui designazione a socio di quella Accademia nel 1911 la C. impegnò efficacemente tutto il suo prestigio. Risulta ancora che nel maggio del 1896 fece parte di un comitato di dame romane organizzato per ottenere, attraverso intermediari ecclesiastici, la liberazione dei soldati italiani caduti prigionieri ad Adua; e che nel 1909 si batté per favorire l'elezione del nipote Leone nelle liste democratico-liberali.
L'ultima sua raccolta di saggi (Aurea Roma), dedicata esclusivamente ad argomenti di topografia urbana, fu pubblicata a Roma nel 1915; seguirono il silenzio e il riserbo più assoluti per dieci anni, fino alla morte avvenuta il 22 dic. 1925 nel suo palazzo di Roma.
Esperta bibliofila, la C., i cui interessi culturali abbracciavano, oltre lo studio del mondo antico, anche quello delle moderne letterature europee, raccolse una pregevole biblioteca di oltre 6.000 pezzi, da lei lasciata per testamento all'Accademia dei Lincei e attualmente conservata nella sede romana di palazzo Corsini nelle originali scaffalature. Un aspetto minore, ma significativo, della sua personalità, è ravvisabile nel gusto raffinato che la guidava nella raccolta e nella rilegatura dei libri, nell'uso di determinate, elegantissime carte da lettera e cartoline figurate, e infine nella cura minuziosa destinata all'edizione delle proprie opere, sempre mirabilmente impaginate, ornate e stampate.
Fonti e Bibl.: Non ci è stato possibile consultare il ricco epistolario della C., conservato in Roma nel palazzo Lovatelli. Sue lettere sono a Roma presso l'Archivio Caetani, presso la Bibl. dell'Accad. naz. dei Lincei e Corsiniana, Archivio di Leone Caetani, fasc. 482 (97 lettere a L. Caetani) e ms. Accademico n. 156 (lettere non num. a Chr. Huelsen); presso la Biblioteca Angelica, Carteggio D. Gnoli (313 lettere); presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, mss. Vat. lat.14238-14298 (419 lettere); presso l'Istituto archeologico germanico (41 lettere); presso la Società romana di storia patria (Carteggio O. Tommasini, busta CA, 14 lettere). Per le lettere di G. Carducci alla C., cfr. G. Carducci, Epistolario (ed. naz.), XIII-XX, ad Indices;per quelle di F. Gregorovius, cfr. S. Münz, Ferdinand Gregorovius und seine Briefe an Gräfin E. C. Lovatelli, Berlin 1896 (trad. tedesca degli originali ital.). Si vedano inoltre: A. De Gubernatis, Dizionario biogr. degli scrittori contemp., Firenze 1879, pp. 649-50; F. Gregorovius, Diari romani, a cura di F. Althaus, Milano 1895, p. 529; F. X. Kraus, Essays. Erste Sammlung, Berlin 1896, pp. 273-80; G. Tomassetti, Archeologia geniale, in Fanfulla della Domenica, 31 maggio 1903, p. 2; Id., E. C. Lovatelli, in Nuova antologia, 1º nov. 1909, pp. 3-10; K. Heinemann, Thanatos in Poesie und Kunst der Griechen, München 1913, pp. 12-13; G. Marchetti Ferrante, E. C. Lovatelli e il suo tempo, in Nuova antologia, 1º febbr. 1926, pp. 220-231; G. E. Rizzo, E. C. Lovatelli, in Rendiconti dell'Accadenda naz. dei Lincei, cl. sc. morali, st. e filol., s. 6, II (1926), pp. 246-267 (con bibl.; ne esiste anche ediz. a parte, Roma 1926, con aggiunte); G. Gabrieli, La libreria di una grande dama romana, in IlGiornale d'Italia, 17 marzo 1926; E. Mancini, La biblioteca e il salotto della contessa Lovatelli, in L'Illustrazione ital., 2 genn. 1927, pp. 12-13; Sfinge (pseud.), E. C. Lovatelli. Ritratto, in La Romagna, XVII(1928), pp. 241-59; E. Tea, G. Boni nella vita del suo tempo, Milano 1932, I, pp. 139, 142, 523; II, pp. 41-42, 180, 203, 506-507; G. Marchetti Longhi, ICaetani, Roma 1942, p. 47 e fig. 21; F. P. Giordani, Nel ricordo di E. Lovatelli, in Strenna dei romanisti, XIII(1952), pp. 167-170; G. Pasquali, Storia dello spirito tedesco nelle mem. d'un contemporaneo, Firenze 1953, pp. 120, 137; O. Pinto, Storia della Biblioteca Corsiniana e della Biblioteca dell'Accademia dei Lincei, Firenze 1956, p. 53; L. Curtius, Deutsche und antike Welt. Lebenserinnerungen, Stuttgart 1956, pp. 367, 473; L. Wickert, Theodor Mommsen. Eine Biographie, I, Frankfurt am Main 1959, pp. 548, 555; II, ibid. 1964, p. 307; III, ibid. 1969, pp. 292, 544; D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, II, Roma 1962, p. 937; G. Levi Della Vida, Fantasmi ritrovati, Venezia 1966, p. 27; Enc. Ital., VIII, p. 253.