Vedi EROS dell'anno: 1960 - 1960
EROS (῎Ερως, Amor, Cupido)
Per quanto E. sia nominato e raffigurato un numero infinito di volte, è forse, fra tutti gli dèi greci, la figura meno chiaramente circoscritta e definita nella sua essenza divina e quella che meno ebbe una ricca narrativa mitologica.
In Omero il vocabolo E. appare come una potenza di desiderio in generale (di mangiare, di bere, di piangere) e viene usato con una certa frequenza (Il., xiii, 638; xxiv, 227), ma non indica una divinità, anche se (Lasserre, p. 21 ss.) nei due passi nei quali E. significa il desiderio amoroso (iii, 442; xviii, 294 ss.), Omero lo rappresenti quasi in azione come un personaggio. In questi due passi insieme a E. è ricordato anche Himeros. In Esiodo, E. appare come terza delle "non generate, non formate, primordiali potenze" dopo Caos e Ghe; figlio di nessuno, ma chiaramente indicato come una divinità (Theogon., 120) e una seconda volta, insieme a Himeros, nella nascita di Afrodite. Anche altre genealogie, in parte di origine più tarda, trovano menzione letteraria: E. figlio di Afrodite e Urano (Saffo, Schol. Apoll., 3, 26 b); di Afrodite e Ares (Simonide); di Ilizia, di Hermes e Artemide, ecc. (v. Kerényi, Hermes als Seelenführer, 70). Dalla cerchia orfica deriva l'E. cosmogonico nato dall'uovo universale. In età tarda, Luciano (Salt., 7) distingue un E. "arcaico", primigenio, da un altro di età più recente, figlio di Afrodite. Nella poesia alessandrina (Lasserre, p. 139 ss.) le genealogie di E. divengono motivo letterario e in Pausania (ix, 27, 2) le troviamo enumerate. Viene menzionato soprattutto dai poeti lirici, poiché un lirico mistero avvolge i contorni della essenza di E., onnipresente e onnipotente; con il che è verosimile connettere il fatto (come dicono Eurip., Hipp., 535 ss. e Plat., Symp., 177 a) che E. non ricevette veramente un grande culto. Come luoghi di culto vengono menzionati: Tespie (la patria di Esiodo) il più antico, con una pietra bruta come insegna del culto e, più tardi, le feste Erotidie (Pauly-Wissowa, vi, c. 48 ss.); Parion sull'Ellesponto e Samotracia dove E. veniva venerato come Pothos (v.) insieme ad Afrodite. Va subito detto che le sole raffigurazioni plastiche di E. che abbiano avuto reale importanza artistica e delle quali abbiamo notizia, sono connesse con questi tre luoghi di culto. Sembra dunque che la sorprendente scarsità di grandi creazioni di scultura sia in gran parte in dipendenza della mancanza di santuarî ufficiali. Né a Creta né a Sparta, dove all'E. dell'amore maschile venivano offerti sacrifici prima delle battaglie, sono conosciuti speciali luoghi di culto (Athen., xiii, p. 561 e). Ma senza dubbio ha importanza il fatto che nei ginnasi sorgevano altari dedicati a E., come è attestato per Samo, Elide, e, specialmente dalla fine del VI sec. a. C., per Atene, dove E. veniva spesso venerato insieme a Hermes e ad Eracle. Ateneo (xiii, p. 561 e; Pauly-Wissowa, vi, c. 490) riferisce comunanza di culto anche con Atena. Insieme ad Afrodite, E. era venerato nel santuario di questa dea sulle pendici settentrionali dell'Acropoli (Hesperia, i, 1932, p. 31 ss., p. 43; ii, 1933, p. 329 ss.).
Queste, a grandi linee, le scarse premesse mitologiche e culturali per quello che fra gli dèi della Grecia è stato probabilmente raffigurato più sovente di tutti sino all'età moderna, il ποικιλομῆχαν᾿ ῎Ερως ("dalle variopinte astuzie": iscrizione votiva). Particolare importanza assume pertanto il fatto che nelle più antiche raffigurazioni che ci rimangono, E. è presentato sempre insieme a Himeros e ad Afrodite, come presso Esiodo, non senza un ricordo della connessione di E. in Omero.
Forse la più antica raffigurazione che sembra lecito interpretare come E. si trova nei frammenti di una lamina bronzea, già centro di uno scudo, raccolti nell'isolato tumulo sepolcrale etrusco di Montecalvario presso Castellina in Chianti (Siena), della fine del VII sec. a. C.
Le due prime rappresentazioni di E. accertate da iscrizioni appaiono su due frammenti ceramici provenienti dall'acropoli d'Atene, della prima metà del VI sec. a. C.: l'uno (circa 580), appartenente ad uno sköphos a figure nere, conserva parte di una figura femminile, identificata dall'iscrizione con Afrodite, che regge sul braccio destro un fanciullo del quale rimane ora soltanto la parte inferiore e la mano destra che si appoggia al braccio di Afrodite. L'altro (di un decennio più tardo), appartenente a un pìnax a figure nere, mostra la parte superiore di una figura femminile che regge due fanciulli in modo molto simile a quello del frammento precedente. L'iscrizione indica uno dei due fanciulli come Himeros; dell'altra rimane la sola lettera E, sufficiente però per un'integrazione in Eros, sicura anche per la stretta somiglianza col fanciullo del frammento precedente. La stessa rappresentazione ricorre su frammenti ceramici anche nel corso del VI sec.: uno del 56o presenta l'iscrizione Afrodite; un altro al British Museum, databile al 540, un terzo ancor più tardo (540-530) e forse un quarto, troppo frammentario però per essere identificato con certezza.
Queste prime raffigurazioni sicure mostrano che E. è rappresentato come divinità non separabile né da Afrodite né da Himeros; che nell'arte attica del VI sec. è rappresentato senza ali (però si veda la coppa del Figlio di Eucheiros con la rappresentazione di una figura alata con lepre). Non è da escludersi che forse una diversa iconografia era presente nell'arte di Sparta, città in cui è attestato un antichissimo culto ad E.: su una coppa laconica del 570-560 è raffigurato un symposium con quattro figure maschili sdraiate e, accanto a ognuna, è un essere alato che reca una corona e un ramoscello: si tratta di due sirene e di due fanciulli nudi simili alle raffigurazioni di E. che ricorreranno frequenti dal 500 in poi. Nessuna denominazione sicura è possibile, data la mancanza di iscrizioni e la pluralità di figurette maschili nude e alate (Hypnos, Thanatos, ecc.); ma il fatto che esistono altri esempî in cui E. viene accostato a sirene rinforza l'identificazione proposta. Sullo stàmnos E 440 del British Museum con l'episodio di Ulisse con le sirene, da una parte sono raffigurate tre sirene, una delle quali indicata con il nome (solo qui usato) di Himeropa, e dall'altra tre eroti volanti sopra le onde: uno di essi è indicato come Himeros. E ancora, nel IV sec. su un coperchio di vaso attico rinvenuto in Crimea, si ha l'accostamento di un E. e una sirena che giocano con una lepre. Tale accostamento si può vedere anche su numerosi specchi di periodi diversi (esempî sono elencati nei Monumenti considerati). Specialmente interessante è il mutamento che appare alla fine del VI sec. nei sostegni di un gruppo di specchi laconici dove alla figura nuda o accompagnata da sfingi, pantere e sirene (dal 560 al 500) si sostituisce - a cominciare dal 530 circa - la figura di Eros. I più antichi appaiono a Corinto (Perachora), ma ben presto tale tipo si diffonde in tutte le parti della Grecia sino alla seconda metà del V secolo. Da tutto ciò si deducono due diverse iconografie di E. nel VI secolo. E. aptero in Attica, e accompagnato sempre con Afrodite; alato nell'arte laconica; esse confluirebbero - entrambe - nell'iconografia, presente nei sostegni per specchi, di E. alato, che diventerà sempre più frequente in seguito. Gli specchi inoltre sono importanti in quanto presentano le prime rappresentazioni plastiche (anche se di piccolo formato) di Eros. Pure nel VI sec. la figura di E. appare anche su pietre incise: in un primo periodo (580-530) l'iconografia segue senza variazione i tipi già descritti; in un secondo periodo invece si può notare un'infinita variazione di invenzioni e rendimento artistico.
Alla fine del VI sec. (500 circa) E. diventa una personalità autonoma, rappresentata a sé stante. All'incirca di questo periodo è l'altare dedicato ad E. da Charmos ad Atene, all'ingresso dell'Accademia (Paus., i, 30, 1 e Athen., 561 d; 609 d). Lo sviluppo nell'arte figurativa del V sec., specialmente nella pittura vascolare, è stato messo in rapporto (Greifenhagen) con le creazioni dei grandi lirici. Sarà sufficiente menzionare tre kölikes databili al 530-520, per mostrare la varietà iconografica: E. appare in volo, recante un fiore (Firenze e Londra) o mentre cavalca un delfino (Palermo), punto di partenza per le infinite variazioni del secolo seguente. È interessante poi notare lo studio dei ceramografi per l'attacco delle ali: nelle kölikes di Palermo e Londra esse coprono interamente le spalle di E., mentre su quella di Firenze stanno ben attaccate sul dorso. Ben presto però i pittori vascolari raggiungono un grado di libertà e abilità nella raffigurazione delle ali, tanto da fare di esse un motivo decorativo ed espressivo. Sempre in questo periodo (dal 500 in poi), quando E. non è rappresentato solo, viene raffigurato, a dimostrazione del suo potere sugli uomini, in atto di compiere azioni violente: si veda, ad esempio, l'E. armato di frusta, che insegue un fanciullo fuggente sull'aröballos di Douris ad Atene.
Raro è nel V sec. l'accostamento di E. con Afrodite, avendo assunto il concetto di E. dell'amore maschile (si confrontino le numerose iscrizioni con nomi di καλοί sui vasi attici di questo periodo). Fanno eccezione le raffigurazioni su una kölix di Makron a Berlino dove una schiera di Eroti volano intorno ad Afrodite (si ricordino gli Eroti di Pindaro, Nemea, viii, 6); su un frammento di sköphos a New York e sui vasi della bottega del Pittore di Pentesilea in cui E. appare associato con Afrodite o nel momento della nascita (pisside di Ancona) o nel giudizio di Paride (pisside a New York). In questa ultima raffigurazione E. è rappresentato ritto di fronte ad Afrodite, con il capo all'indietro e i capelli raccolti in un nodo sulla fronte, in tutto simile al cosiddetto Eros Soranzo a Leningrado (conosciuto in altre due repliche frammentarie a Sparta e ad Oxford), l'unica opera statuaria di E. del V sec. interamente conservata. Del VI sec. infatti non abbiamo raffigurazioni di E. a tutto tondo (ad eccezione dei sostegni di specchio), giacché anche la statuetta in pòros datata dal Seltmann alla fine del VI, in realtà si deve datare agli inizî del V secolo. Per le sue piccole dimensioni, tuttavia, è ancor vicina alle figurette dei sostegni di specchio; la prima creazione statuaria di E. a grandezza naturale è la statua in marmo dell'Acropoli (n. 306), datata dallo Schuchhardt al 490 circa, pervenutaci però allo stato di frammento. Altre interessanti creazioni plastiche di piccolo formato, sono le terrecotte di Medma, che mostrano E. insieme ad Afrodite o Dioniso, rappresentato nei più vari atteggiamenti. La scarsità delle rappresentazioni statuarie di E. è forse connessa con la difficoltà di rappresentare la figura leggiadra, librata nell'aria, onnipresente, secondo la tipologia creata dai poeti, ma forse più probabilmente ciò deve dipendere dalla mancanza di un culto vero e proprio, che rende più difficile la creazione di un tipo statuario ben definito. L'interpretazione come E. della figura alata del discusso Trono di Boston è incerta: si avrebbe qui l'unico esempio di un grande rilievo di E. prima di quelli del Partenone, e l'unico esempio di E. raffigurato nell'atto della psicostasia (si tratterebbe di Thanatos, secondo un'ipotesi, espressa a voce, dal Trendall). Intorno alla metà del V sec. le raffigurazioni di E. scarseggiano, e quasi ad un tratto cessano quelle di E. dell'amore maschile: su una coppa a Firenze E. appare librato in volo, tra due figure femminili, nello schema che era usato precedentemente con figure laterali maschili. Nella seconda metà del V sec. definitivamente e quasi esclusivamente E. torna ad esser rappresentato insieme alla madre sua: anche ora mancano le creazioni a tutto tondo, ma si hanno tre importanti raffigurazioni a rilievo, due delle quali appartenenti al Partenone. Infatti è riconoscibile sulla metopa N xxv (molto rovinata) del Partenone, raffigurato sulla spalla destra di Afrodite, nell'atto di porgere una corona (?) a Menelao, intento a inseguire Elena. Il significato è ovvio: è la simbolica rappresentazione del potere di E. - inviato da Afrodite - sull'animo degli uomini (in questo caso sull'animo di Menelao); la stessa raffigurazione ricorre anche in un cratere al Louvre, su una oinochòe al Vaticano, su uno specchio etrusco al Louvre e su una coppa di terracotta da Alessandria. La seconda raffigurazione di E. nella decorazione del Partenone appare con schema nuovo sul fregio orientale, accanto alla madre, in attitudine raccolta e seria (si confronti l'inno del coro nell'Antigone di Sofocle, v. 781; Lasserre, p. 65 ss.). In Euripide (Medea, Hipp.) E. concepito non come persona ma come tema, diventa il vero protagonista; e l'eco di tale concezione si trova nella rappresentazione di E. su alcuni vasi attici (kìlikes a Würzburg, a Berlino; alcuni vasi del Pittore del Bagno; un frammento di loutrophòros con la lotta tra E. e Anteros ad Atene e il calco di una guanciera di elmo decorata a rilievo, conservata a Bonn). Ancora nelle sculture del V sec. E. appare insieme alla madre sul rilievo della base dello Zeus fidiaco ad Olimpia (schema che si ripete su un medaglione dorato da Galaxidi, ora al Louvre) e nel fregio orientale del tempio di Atena Nike sull'Acropoli, dove sta fra Afrodite e un'altra figura femminile (Peitho?).
Dalla metà del V sec. E. appare frequentemente in funzione di servitore della madre o, insieme alla madre, di altre donne, in atto di portare panni e asciugatoi (ad es., vasi al Louvre, a New York 30, 115, 28); o lega e scioglie i lacci dei sandali (ad es., Trieste, Oxford). E. appare anche in forma "plurale", fatto questo presente già nei poeti (si veda ad es., Pindaro, l. c.; Nem., viii, 6; Euripide, Hipp., 525 e 1270; Bacchilide, Epinic., viii, 73), non usato per nessun'altra divinità: si vedano, ad es., i vasi di Meidias e della sua bottega, dove non mancano mai la figura di E. ed Eroti rappresentati nei varî atteggiamenti; E. per lo più è distinto da una iscrizione nella serie degli Eroti alati. La tipologia meidiaca continua nella produzione ceramica del primo venticinquennio del IV sec. cedendo in seguito alle complesse composizioni dei vasi di Kerč, dove la figura di E. esaltata dal colore bianco, viene usata per lo più in funzione decorativa: di questo gruppo fanno eccezione un'oinochòe a New York dove E. è raffigurato nel vezzoso atto di allacciare il sandalo e un'hydrìa ad Atene in cui E. annaffia fiori, nella tipologia del "giardino di Adone" che ricorre su un gruppo di vasi dalla fine del V al IV secolo. Su un lebete E. appare fanciullino sulle ginocchia della sposa, preludio all'E.-putto dell'età ellenistica. Ma nel IV sec. concezioni e forme nuove nelle raffigurazioni dell'E. non si affermano più sui vasi ma con preferenza nelle opere metalliche, in rilievi e incisioni, sugli specchi o nelle appliques dei vasi metallici.
E. accanto alla madre secondo lo schema del fregio partenonico, appare sullo specchio del 400 circa a. C., del Museo Nazionale di Atene; seduto sulle ginocchia di Afrodite, affine alla rappresentazione su un frammento di coppa a Jena, appare su un altro specchio di poco posteriore, ad Atene; stante, con fiaccola (attributo che appare ora per la prima volta) è su uno specchio al Louvre della metà del IV sec. e, data la sua affinità con l'Apollo del Belvedere, pare derivato da opere della grande plastica, come anche sullo specchio Taylor e nell'incisione di uno specchio di Londra, dove appare nello schema del Pothos. Cavalcante un delfino è l'E. su due specchi a Boston.
Si crea poi nel IV sec. la figura dell'E. arciere; nel campo letterario Euripide (Medea, 630; Iphig. in Aul., 545) pare sia stato il primo a dare ad E. l'attributo dell'arco; nel campo figurativo la più antica rappresentazione probabilmente è quella sull'anfora di Milo, al Louvre con gigantomachia; altre raffigurazioni sono su specchi: arciere accanto ad Afrodite appare su un coperchio di specchio della 2a metà del IV sec., mentre l'incisione dello stesso specchio, lo rappresenta afferrato da una figura femminile. In opere a tutto tondo di notevoli dimensioni la rappresentazione di E. nel IV sec. non è ancora molto abbondante e, per di più, di dubbia interpretazione.
Una figura maschile e giovanile alata è sempre lecito chiamarla E. (si vedano i dubbî per l'imoscapo di una colonna da Efeso, British Museum)? Inoltre rimane dubbio sotto quale forma E. sia raffigurato. Perché E., Himeros o Pothos, sin dalle più antiche rappresentazioni (si veda, ad esempio, il frammento a figure nere dall'Acropoli) sono identici, individuabili solo dall'iscrizione. A questo problema pare alludere Pausania (i, 43, 6) quando descrive il gruppo scopadeo di E. Himeros-Pothos, a Megara, se conclude "se pur vi è differenza nel loro aspetto e nel loro atteggiamento, corrispondente al loro nome".
Riguardo alla statuaria del IV sec. premettendo che ci sono pervenute solo copie di età romana, si hanno cinque tipi importanti: l'E. del Palatino, di Baia, di Centocelle, il Pothos e il cosiddetto Arciere lisippeo; a questi si aggiungono riproduzioni di statue su monete e gemme romane e le notizie letterarie da cui si apprende che Prassitele aveva fatto quattro statue di E. tra cui due per i santuari di Tespie e di Parion (per l'E. di Parion il Laurenzi propone l'identificazione con una statuetta a Coo; l'E. di Prassitele menzionato da Callistrato, sinora noto solo da raffigurazioni su monete, è stato ora identificato, pure dal Laurenzi, con una scultura frammentaria del Museo Arch. di Rodi); che di Skopas si avevano i gruppi di E., Himeros e Pothos a Megara e di Afrodite e Pothos a Samotracia, che di Lisippo era (forse) una statua di E. arciere a Myndos e un E. di bronzo a Tespie. Della prassitelica statua di culto di Parion si conserva l'eco su monete locali che recano l'indicazione Deo Cupidii; anche il Pothos scopadeo è stato probabilmente identificato in una statua di cui si conservano circa 30 repliche, creazione nuova e potente caratterizzata da un equilibrio complesso e fluido che insieme all'E. arciere (anch'esso identificato con sicurezza) mostra il passaggio dall'epoca classica alla ellenistica.
In epoca ellenistica invece la figura di E. assume sempre più carattere puramente decorativo, usato soprattutto come attributo di Afrodite e di altre figure, specie dell'ambiente bacchico; di questo periodo ritornano di nuovo le raffigurazioni plurime di E. in una stessa scena; l'esempio forse più sorprendente è ancora del 400 circa su un aröballos tarantino dove Afrodite con le sue compagne è circondata da sette Eroti in forma di fanciulli alati che paiono usciti dallo scrigno ai piedi della dea: uno allattato al seno di Afrodite, altri giocano a terra. Sono questi E.-putti che paiono preludere ai futuri amorini, ad esempio delle pitture pompeiane, come anche un coperchio, in terracotta, di specchio che mostra al centro Afrodite seduta con a lato un piccolo E. che le porge qualcosa, mentre sul bordo tredici piccoli Eroti, in atteggiamenti varî, fanno cerchio al disco centrale.
Altri specchi ellenistici della prima metà del III sec. mostrano E. puttino-arciere (specchio a Atene); E. suonatore di syrinx (specchio di Canosa; interessante il confronto di un frammento di specchio a Londra del III sec. con due vasi antecedenti di Kerč). Una creazione dell'ellenismo sono le figurine in terracotta di E. volante, fatte per stare sospese mediante un filo, prodotte in quantità tra il III e il I sec. a. C., specie a Tanagra, Mirina, Priene, ecc. Tra le moltissime rappresentazioni ellenistiche si potrebbero citare l'E. incatenato, l'E.-putto che dorme, del quale, oltre le numerose copie e trasformazioni romane, ci è pervenuto anche un originale in bronzo della fine del III sec., di tecnica raffinata, ricco di sfumature significative; E. non è più inteso come raffigurazione di divinità, ma come soggetto di genere (si veda in special modo l'E. dormente in un fiore). Si hanno poi alcuni tipi essenzialmente di carattere "rococò": l'E. cavalcante un centauro o il piccolo E. che corre in aiuto alla madre assalita da Pan. E ancora, sempre in epoca ellenistica, sono frequentissimi gli accostamenti di E. con altri personaggi mitici, sia nel campo figurativo che in quello letterario, specie alessandrino: si conoscono accostamenti con l'ambiente dionisiaco, con Pan, con Eracle (in preferenza nelle scene di Eracle ed Onfale). Ma non mancano accostamenti di piccoli E. con animali sia del repertorio tradizionale come delfini, uccelli, cervi, sia in schemi nuovi. Dal periodo ellenistico a quello romano si ha un passaggio senza soluzione di continuità: numerosi gli E.-putti dell'ellenismo usati in decorazioni architettoniche (fregio del Foro di Traiano; fregio del tempio di Venere nel Foro di Cesare; fregio con putti cacciatori da Villa Adriana, ecc.), su sarcofagi, in pitture, su gemme, nelle oreficerie, lampade, ecc. (si veda l'eccezionale funzione di E. con Saffo nell'abside della "Basilica" di Porta Maggiore).
Un'eccezione tra questi E. usati decorativamente è il piccolo E. su delfino dell'Augusto di Prima Porta; nel grande cammeo a Parigi e in altri monumenti, dove il tipo tradizionale riveste un contenuto nuovo, tipicamente augusteo. Si può notare che i tipi tradizionali di E. passano nel mondo romano a rappresentare figure allegoriche, quali il "Genio" alato dell'Apoteosi (base della colonna di Antonino e Faustina), le "stagioni", i "geni della morte" con fiaccola abbassata e altre figure generiche indicate come "amorini", e che tali rappresentazioni continuano sino alla soglia del Medio Evo (v. due dittici di Brescia del V sec. d. C).
Riguardo all'arte etrusca, non è facile stabilire il posto di E. tra i molti dèmoni alati (per esempio si veda il giovane alato della Tomba dell'Orco e forse il "falegname" alato su uno specchio); pare che E. non abbia mai avuto importanza religiosa, sostituito, invece, dalla Lasa; dubitativamente pare un E. la figura alata, con calzari pure alati, in posizione di corsa-volo, su uno specchio arcaico del Museo Gregoriano dove si scorge anche una nota paesistica, indicata da due fiori (di loto?) e da un'anitra, ecc.
Più certo il riconoscimento di E. di tradizione greca su uno specchio a Londra sull'inizio del V sec., con un fiore nella destra e la lyra nella sinistra; sul bordo di uno specchio del IV sec., a Leningrado, dove Eroti volanti insieme a quattro Lase reggono grandi tenie facendo cerchio alla rappresentazione centrale; su un manico di cista del IV-III sec., dove E. appare a lato di una Lasa, e su alcuni vasi falisci: su un vaso al Museo di Villa Giulia l'E. che volando precede la quadriga di Eos e Cefalo segue i modelli greci della fine del V sec.; su uno stàmnos, pure a Villa Giulia, con Atena e Zeus, E. pare avvicinarsi a Zeus porgendogli una corona, nello schema usato per Afrodite in ambiente greco. L'accostamento raro di E. con Zeus si ha anche su di un vaso a New York di provenienza tarantina. E ancora E. del tipo greco del IV sec. segue Afrodite nella scena del Giudizio di Paride su una cista a Villa Giulia come su un sostegno in bronzo, del Museo Gregoriano.
Invece E. appare in una concezione nuova tipicamente etrusca su un frontone frammentario in terracotta a Bologna, affiancato da due Lase, intente a chiudere (o schiudere?) dei tendaggi, in atteggiamenti che preannunziano quelli degli angeli dei monumenti funerari medievali. Compaiono però anche nel mondo etrusco le schiere dei puttini di tipo ellenistico (si vedano ad esempio su uno specchio a Villa Giulia degli Eroti impegnati in una caccia al leone, formando quasi un trait d'union con quelli che poi compariranno in ambiente romano).
Monumenti considerati. - Lamina di Castellina in Chianti (Montecalvario): L. Milani, in Not. Scavi, 1905, p. 236. Fr. di sköphos a fig. nere e frammento di pinax dall'Acropoli: B. Graef, Die antiken Vasen von der Akropolis, i, Berlino 1909, n. 603, t. 29 e n. 2526, t. 104. Fr. ceramico a fig. nere a Londra: J. D. Beazley-H. G. Payne, in Jour. Hell. St., xlix, 1929, p. 262, tav. xv, 24. Fr. ceramico del VI sec., a Londra, British Museum, B 213: C. V. A., iii, He t. 50, 2. Fr. ceramico del 540-530: D. M. Robinson, in Am. Jour. Arch., lx, 1956, p. 6 ss. Fr. ceramico frammentario: Mus. Journal, 1915, P 85, f. 66. Fr. di coppa del Figlio di Eucheiros al Vaticano: J. D. Beazley, Black-fig., p. 163. Coppa laconica: E. A. Lane, in Br. Sch. Ath., xxxiv, 1933-4, p. 167 ss. Stàmnos Brit. Mus. E 440: J. D. Beazley, Red-fig., p. 177, 1. Coperchio di vaso attico dalla Crimea: E. Buschor, Musen d. Jenseits, f. 42. Specchio con E. e Sirene: The Walters Art Gallery, Baltimora 1936, p. 26. Specchio con E. e Sirene: N. Putortì, Cronache d'arte, ii, 1925, p. 5 e 8; E. Buschor, op. cit., p. 30 e 33, fig. 23; U. Jantzen, in Jahrbuch, Erg., xiii, 1937, p. 21, 25, t. 6, 25; A. Greifenhagen, Griechische Eroten, Berlino 1957, p. 74. Specchio da Corinto: H. Payne, Perachora, Oxford 1940, p. 105, t. 34. Sostegni di specchi: E. Langlotz, Frühgriechische Bildhauerschulen, Norimberga 1927, tav. 15, 16 b, ecc. Pietre incise: G. M. A. Richter, Cat. Engraved Gems, Metr. Mus., n. 41, tav. vii, 41. Kölix a Firenze: C. V. A., Firenze, iii, t. 78, p. 5. Kölix a Londra, Brit. Mus. E 13: Greifenhagen, op. cit., p. 71. Kölix a Palermo, 1518: Greifenhagen, op. cit., p. 33, f. 26 e p. 71. Kölix del Pittore di Telefo: Greifenhagen, op. cit., p. 40 ss. Aröballos di Douris ad Atene: J. D. Beazley, Red-fig., p. 293, n. 210. Kölix di Makron a Berlino: J. D. Beazley, Red-fig., p. 301, 4. Fr. di sköphos a New York: J. D. Beazley, Red-fig., p. 961. Pisside ad Ancona: J. D. Beazley, Red-fig., p. 588, 113. Pisside a New York; J. D. Beazley, Red-fig., p. 588, 112. Eros Soranzo a Leningrado: O. Waldhauer, Die ant. Skulpt. d. Ermitage, Berlino 1928, ii, 85. Replica a Sparta: Todd-Wace, 94; a Oxford: V. H. Poulsen, in Acta Archaeologica, viii, 1937, p. 33. Statuetta di E. in pòros: C. T. Seltmann, in Ann. Br. Sch. Ath., xxvi, 1923-5, p. 91; G. Lippold, Handbuch, Monaco, iii, 1, 1950, p. 76. Terrecotte di Medma: H. Speier, in Röm. Mitt., lxii, 1955, p. 136, t. 53, 2. Trono di Boston: H. Möbius, Zur Problematik d. Bostoner Throns, in Charites, Bonn 1957, p. 47 ss. Kölix a Firenze: C. V. A., Firenze, iii, tav. 106, p. 17. Cratere al Louvre: C. V. A., iii, tav. 23, 4. Brocca al Vaticano (Mus. Gregoriano): J. D. Beazley, Etr. Vase Painting, Oxford 1947, p. 200; Greifenhagen, op. cit., p. 43 ss., 46, 50. Kölix a Würzburg: J. D. Beazley, Red-fig., p. 740, 13. Kölix a Berlino: J. D. Beazley, Red-fig., p. 772. Fr. di loutrophòros: E. Buschor, Bildwelt griechischer Töpfer, Monaco 1954, p. 52. Calco di guanciera di elmo a Bonn: H. Speier, in Röm. Mitt., xlvii, 1932, p. 34. Medaglione da Galaxidi: E. Langlotz, Phidiasprobleme, Francoforte s. M. 1947, p. 48. Fregio E del tempio di Atena Nike: C. Blümel, in Jahrbuch, lxv, 1950, p. 160. Vaso al Louvre: C. V. A., iii, t. 46, 4 e 7. Vasi con E. che lega i sandali: S. Karouzos, in Festschrift A. Rumpf, Krefeld 1952, p. 119 ss. Vaso a Trieste: J. D. Beazley, Red-fig., p. 744, 22. Vaso a Braunschweig: C. V. A., p. 31. Vaso a Oxford: C. V. A., iii, t. iv, 5. Vasi di Meidias: W. Hahland, Vasen um Meidias, Berlino 1930, passim. Vasi italioti: A. D. Trendall, Vasi italioti del Vaticano, Città del Vaticano 1953, i,, t. 10; e 11, t. 32 e 34; id., Frühit. Vasen, Lipsia 1938, t. 23 a; 4 a; 6 a. Vasi di Kerč: K. Schefold, Kertscher Vasen, Berlino 1930, t. 13-14; Untersuch. Kertscher Vasen, Berlino 1934, p. 5, 10. Oinochòe di New York: O. Brendel, in Am. Journ. Arch., xlix, 1945, p. 519. Hydrìa di Atene: K. Schefold, op. cit., p. 17, 139, t. 11. Lebete: K. Schefold, op. cit., p. 28, t. 33. Vaso a Karlsruhe: C. V. A., 27. Aröballos: K. Schefold, op. cit., p. 33, 292, t. 18. Due specchi ad Atene: W. Züchner, Griechische Klappspiegel, Berlino 1942, K S 12, K S 10. Fr. di coppa a Jena: W. Hahland, op. cit., t. 22 c. Specchi Louvre, Taylor, Londra, Boston: W. Züchner, op. cit., 101, 13, 14, 27 e 147. Anfora di Milo al Louvre: J. D. Beazley, Red-fig., p. 852, 6. Specchio Louvre con E.-arciere: W. Züchner, op. cit., K S 17, t. 16-17. Colonna di Efeso: P. E. Arias, Skopas, Roma 1952, p. 111. Eros del Palatino, Baia e Centocelle: G. E. Rizzo, Prassitele, Milano-Roma 1932, p. 20, t. 27; p. 41, t. 66; p. 23, t. 31. E. di Parion: L. Laurenzi, in Riv. Ist. Arch. St. Arte, N. S. v-vi, 1956-57, p. 111 ss.; id., in Ann. Sc. Arch. Atene, N. S. xvii-xviii, 1955-6, p. 66 ss., f. 2. E. menzionato da Callistrato: L. Laurenzi, in Arch. Class., x, 1958, p. 172 ss. Pothos: P. E. Arias, op. cit. Arciere lisippeo: G. Lippold, op. cit., p. 281. Gemme o monete: G. E. Rizzo, Monete greche della Sicilia, Roma 1946, t. 62, 93, e 118; P. E. Arias, op. cit., t. 14. Aröballos di Taranto: Rev. Archéol., 1936, p. 146. Coperchio di specchio in terracotta: W. Züchner, op. cit., p. 105. Specchi a Atene e Canosa: W. Züchner, op. cit., f. 3, f. 43, Londra, f. 49. Cratere stile di Kerč: K. Schefold, op. cit., p. 26, 225, f. 54 e 55. Lebete: K. Schefold, op. cit., p. 32, 287, f. 56. Terrecotte con E. volante: D. Burr, Cat. Terracotte, Mus. Boston, n. 34-64. E. incatenato: L. Curtius, in Festschrift Loeb, p. 53. E. dormente: G. M. A. Richter, in Am. Journ. Arch., xlvii, 1943, p. 365; M. Bieber, Sculpt. Hell. Age, New York 1955, p. 145. E. in un fiore: E. Bielefeld, in Jahrbuch, lxv, 1950, c. 47. E. su Centauro e tra Afrodite e Pan: M. Bieber, op. cit., p. 140 e 147. E. e Pan: R. Herbig, Pan, Francoforte s. M. 1940, p. 32 ss. E. su leone: G. E. Rizzo, Pittura ellen.-rom., Milano 1929, p. 46, t. 82. Grande cammeo di Parigi: G. Bruns, in Mitt. d. Arch. Inst., vi, 1953, p. 71 ss. Dittico di Brescia: R. Delbrück, Consulardiptychen, Berlino 1929, p. 278. Specchio etrusco con falegname (?): P. Ducati, Storia dell'arte etrusca, Firenze 1927, t. 244. Specchio a Londra: J. D. Beazley, in Journ. Hell. St., lxix, 1949, t. 1 b. Specchio a Leningrado: G. Q. Giglioli, Arte etrusca, Milano 1935, t. 296, 3. Vaso falisco e stàmnos a Villa Giulia: J. D. Beazley, Etr. Vase-Paint., t. 20, i, e 16, 1; p. 7; 82 e 73. Vaso a New York con E. e Zeus: A. D. Trendall, Frühit. Vasen, p. 13, t. 11, c. Cista a Villa Giulia: A. Della Seta, Museo di Villa Giulia, Roma 1918, t. 61, p. 446. Frontone fittile a Bologna: M. Zuffa, in Miscellanea Calderini-Paribeni, iii, 1957. Specchio a Villa Giulia, con E. e leoni: P. Ducati, op. cit., t. 282.
Bibl.: W. Strobel, Eros (Dissertazione), Erlangen 1952; A. Greifenhagen, Griechische Eroten, Berlino 1957 (con bibl. prec.), v. recens. in Gnomon, XXX, 1958, p. 224; G. M. A. Richter, Erotes, in Arch. Class., X, 1958, p. 255 ss.; S. Papaspiridi Karouzos, in Ephem. Arch. 1959. Monete: E. Rigganer, Zeitschr. f. Numismat., VIII, 1881, p. 71 ss. E. di Parion: L. Laurenzi, in Riv. Ist. Arch. St. arte, V-VI, 1956-57, pp. 111 ss.