ERODE (‛Ηρώδης, Julius Herüdes) I detto il Grande, re di Giudea
Visse dal 73 circa al 4 a. C. Il padre Antipatro, un ricco Idumeo giudaizzato, parteggiò per il pontefice Ircano II contro Aristobulo che mirava a usurpargli il trono, e gli fu fedele quando Pompeo abbatté il piccolo stato giudaico (63 a. C.), e più tardi, quando Cesare ricostituì lo stato giudaico, e conferì a Ircano la dignità di Etnarca. Ucciso Antipatro, i figli (che erano già stati impiegati da Ircano nell'amministrazione della Giudea) ne vendicarono l'uccisione e, dopo la morte di Giulio Cesare, aumentarono la loro potenza con l'aiuto dei comandanti romani di Siria. Nel 40 a. C. la Siria e la Palestina furono invase dai Parti, che imprigionati Ircano II e Faselo (che si uccise), misero sul trono di Giudea Antigono figlio di Aristobulo. E. corse allora a Roma, dove ottenne l'appoggio di M. Antonio e di Cesare Ottaviano, per proposta dei quali fu nominato re dei Giudei dal Senato. Il regno doveva essere però conquistato: approfittando delle vittorie di P. Ventidio Basso, che costrinse i Parti a sgombrare la Siria, Erode, sbarcato in Tolemaide, raccolse un esercito e ottenne qualche successo contro Antigono, il quale si chiuse in Gerusalemme. Ma le legioni romane condotte da C. Sosio riuscirono a impadronirsi della città, che fu consegnata ad Erode. Questi mandò subito a morte i capi del partito a lui avverso e obbligò la popolazione al giuramento di fedeltà. Già durante la guerra, per legittimare in certo modo la sua successione, aveva sposato Mariamne nipote d'Ircano, mentre teneva sotto tutela il giovane fratello di lei Aristobulo, a cui sarebbero dovuti passare i diritti della dinastia asmonea; più tardi lo fece morire quando lo credette pericoloso. Arbitro dell'Oriente era M. Antonio su cui prendeva sempre maggiore ascendente Cleopatra regina di Egitto, desiderosa della Palestina. E. seppe conservare la benevolenza di Antonio, ma dovette cedere a Cleopatra la regione di Gerico, e più tardi Gaza. A trarlo dalla difficile situazione, pur esponendolo a nuovi pericoli, venne la guerra civile tra Antonio e Ottaviano, alla quale E. non partecipò perché trattenuto da un conflitto con gli Arabi. Dopo la battaglia d'Azio rese omaggio a Ottaviano vincitore e ne ottenne la riconferma nel regno. Secondò quindi le operazioni militari contro l'Egitto, e dopo la morte di Antonio e Cleopatra, ebbe restituite Gerico e Gaza e nuovi territorî: la costa di Ioppe e di Antedone e la Samaria e, al di là del Giordano, le città della Decapoli, Ippo e Gadara. La benevolenza di Ottaviano consolidò lo stato di E. anche all'interno, dove l'insofferenza contro il suo dominio era vivissima. Quello di E. era un duro regime per la natura fiera, selvaggia, diffidente di lui, per il carattere riottoso delle popolazioni su cui regnava e per la necessità in cui si era trovato di sfruttarne tutte le risorse economiche nell'interesse proprio. Col pretesto di congiure i sudditi più ricchi e potenti venivano eliminati; il vecchio Ircano tornato fiducioso dalla prigionia dei Parti era ucciso; e la stessa sorte toccava alla moglie del re, Mariamne, e alla madre di lei, Alessandra, ai più lontani discendenti degli Asmonei, a Costobaro marito della sorella di lui, Salomè, e a quanti dessero ombra.
Erode come alleato e amico del popolo romano possedeva un territorio esente da tributo e da guarnigione, aveva un proprio esercito, e pieni poteri nell'amministrazione della giustizia verso i sudditi, ma era sotto il controllo del senato romano e dell'imperatore, non poteva seguire nelle relazioni esteriori una politica diversa dalla romana e per la successione dei figli nel potere aveva bisogno del beneplacito imperiale. E. cercò in ogni modo di conciliarsi l'amicizia di Augusto. Quando nel 27 a. C. Ottaviano ebbe il titolo di Augusto, E. intitolò a lui la città di Samaria che andava ricostruendo e la chiamò Sebaste, e vi costruì un tempio grandioso, onore tanto più notevole, in quanto contrastava con la religione giudaica. E chiamò poi Cesarea la nuova città che costruì sulle rive del mare, nella quale dedicò un tempio a Roma e ad Augusto. Celebrò in Gerusalemme solenni giuochi quadriennali in onore dell'imperatore. La peste e la fame conseguenza di cattivi raccolti avevano travagliato il regno, ma il re compiva il suo dovere di alleato verso i Romani sostenendo nel 25 con sue milizie la spedizione di Elio Gallo in Arabia. In riconoscimento di queste benemerenze, Augusto ingrandì a Oriente il regno di E. aggiungendovi la Traconitide, la Batanea e la Gaulonitide e verso il 20, in occasione di una sua visita in Siria, anche i dominî già posseduti da Zenodoro. La potenza di E. giungeva così al suo apogeo. Egli iniziava verso questo tempo la trasformazione del tempio di Gerusalemme inaugurato nel 10 a. C. Verso il 18 il re si recava a Roma e più tardi riceveva nella sua capitale M. Vipsanio Agrippa e l'accompagnava nelle provincie dell'Oriente, cogliendo l'occasione per ottenere vantaggi ai giudei d'Asia, i cui privilegi venivano da Agrippa confermati. Ma in mezzo a così lieti successi rinascevano le discordie e i sospetti nella famiglia reale: i due figli di Mariamne, Alessandro e Aristobulo venivano accusati d'intrighi contro il padre, che contrapponeva a loro il figlio maggiore Antipatro, natogli da un primo matrimonio, designandolo a suo erede. Verso l'anno 12 la discordia era divenuta così aspra che il re intraprese un viaggio in Italia, e in Aquileia deferì i due giovani ad Augusto, il quale riconciliò i figli col padre. Rientrato nel regno, E. trovava turbate le relazioni con gli Arabi Nabatei. Ne nacque una guerra in cui E. fu vittorioso: ma essa si era svolta senza il beneplacito di Augusto, che non celò ad E. il suo sdegno. Si acuì allora la discordia famigliare. Quando Nicolò Damasceno inviato a Roma riuscì a scolpare E. e a riacquistargli la benevolenza di Augusto, questi lasciò libero il re di agire come meglio credesse con i figli e i due giovani furono giustiziati. Simile sorte toccò poi all'altro figlio Antipatro. Fra il marzo e l'aprile del 4 a. C. E. morì. Prima di morire aveva soffocata una ribellione di Farisei e aveva prese come ostaggi le più autorevoli persone del regno a garantire la tranquillità della successione. Quali eredi nell'ultimo testamento aveva designati il figlio Archelao come re su tutto il regno, e Antipa e Filippo come tetrarchi su parti di esso, salvo il beneplacito di Augusto. Il regno di E. fu per la Giudea un tempo di duro governo, che stimolò le energie e sviluppò le risorse del paese, nell'interesse non tanto degli abitanti quanto del sovrano e della sua corte. L'arte, la cultura e la religione greco-romane penetravano nella Giudea, mentre quasi a compenso la diaspora giudaica nell'impero romano diveniva più numerosa e invadente e la religione giudaica conquistava nuovi proseliti.
Rispettoso della religione e dei pregiudizî giudaici in Gerusalemme, E. si comportò nel resto del regno come un principe ellenistico largo e munifico. Ammirato fuori, egli era odiato dai sudditi; sommosse scoppiarono appena avvenuta la sua morte, e una delegazione giudaica si recò presso Augusto a chiedere l'abolizione della monarchîa e l'annessione della Giudea all'Impero. Nella tradizione cristiana (Matt., II), E. è il tipo del tiranno sospettoso e sanguinario che per non perdere il regno cerca di uccidere il Messia, e non rifugge per questo dall'ordinare la strage di bimbi innocenti.
Fonti: Fonti per la storia di Erode sono la Guerra Giudaica e le Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio, che ha riprodotto gran parte del racconto di Niccolò Damasceno, storiografo di corte di Erode.
Bibl.: Trattano di Erode tutte le storie recenti sul popolo giudaico e sulle vicende storiche del tempo di Cristo. Si vedano fra esse E. Renan, Histoire du peuple d'Israel, V, Parigi 1868; E. Schürer, Geschichte des jüd. Volkes im Zeitalter Jesu Christi, I, 3ª ed., Lipsia 1901; W. Otto, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., Suppl. II, coll. 1-158.