Troeltsch, Ernst
Teologo, storico e filosofo tedesco (Haunstetten 1865 - Berlino 1923). Fu uno dei massimi esponenti, nel 20° sec., della corrente del protestantesimo liberale, con profondi interessi sociologici. Il lavoro e l’influenza esercitata da T. sono stati particolarmente notevoli nei primi due decenni del Novecento, in Germania e a livello internazionale. Egli pubblicò, nel 1911, quella che rimane la sua opera fondamentale, Die Soziallehren der christlichen Kirchen und Gruppen (1912; trad. it. Le dottrine sociali delle Chiese e dei gruppi cristiani), in cui, sulla scia dello studio di Weber L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-05), ma anche in connessione con l’altro grande esponente del protestantesimo liberale del tempo, J. von Hartnack, egli estendeva l’indagine alla più ampia problematica del rapporto fra cristianesimo e dottrine sociali dalle origini al Settecento. Alcuni tratti fondamentali, dal punto di vista sociologico, filosofico e religioso, del pensiero di T. appaiono già chiaramente in quest’opera. In partic., sul piano metodologico e filosofico, egli prende posizione sul problema dello storicismo (➔) e dei valori su cui era aperto in quegli anni un grande dibattito nella cultura tedesca; l’opera nel suo complesso può così essere considerata come un tipico esempio di ricerca di chiarificazione dei problemi del presente sulla base della ricognizione del passato; viceversa, per T., ogni ricostruzione del passato presuppone un punto di vista, un valore che il ricercatore attinge dall’orizzonte del suo presente storico. Sul piano del contenuto, egli sottolineava il ruolo decisivo del protestantesimo nell’aver favorito la modernizzazione, in partic. grazie allo stimolo impresso allo sviluppo e all’autonomia dell’individuo; nello stesso tempo, egli era però ben consapevole che fra protestantesimo, e, più in generale, cristianesimo da un lato, e modernità dall’altro, esiste, sotto molti punti di vista, una fondamentale opposizione. A conclusione dell’imponente lavoro, T. ritiene comunque di avere dimostrato come i valori etici, metafisici, religiosi costituiscano una base indispensabile anche per la civiltà moderna. Nella sua opera più importante sul piano filosofico, Der Historismus und seine Probleme (1922; trad. it. Lo storicismo e i suoi problemi), in cui T. tenta di operare una sintesi di quanto aveva prodotto fino allora la corrente dello storicismo, egli torna di nuovo sulla questione dei valori, riprendendo e approfondendo la distinzione fra scienze della natura e scienze dello spirito. Queste ultime non hanno a che fare con dati quantitativi e leggi universali, ma con una particolare relazione fra individuale e universale, che Dilthey definisce «totalità individuale» e che comporta che l’elemento individuale non sia comprensibile al di fuori della sua relazione al tutto di cui fa parte; ma in questo modo il concetto di «totalità individuale» implica necessariamente un riferimento a un valore: contrastando le posizioni fortemente inclini al relativismo di cui era stato massimo esponente Simmel, T. ribadisce quindi l’indispensabilità del riferimento a tale concetto; i valori non possono essere completamente storicizzati, anche se T. rifiuta di considerarli come sovrastorici: essi vanno cercati all’interno del processo storico, di cui costituiscono quei punti di coagulazione che egli individua con la categoria della «totalità individuale».