PONTIERI, Ernesto
PONTIERI, Ernesto. – Nacque a Nocera Terinese (Catanzaro) il 4 settembre 1896, primogenito di Giuseppe, commerciante, e di Maria Carmela Statti.
Dopo aver frequentato le scuole elementari a Nocera (ma figura fondamentale nella sua educazione fu lo zio paterno Francesco, sacerdote), si trasferì a Nicastro per completare gli studi e si iscrisse poi alla facoltà di lettere e filosofia di Napoli (presumibilmente nel 1915), essendo stato esonerato dal servizio militare per problemi alla vista. Lì insegnavano, tra gli altri, l’italianista Francesco Torraca, gli antichisti Enrico Cocchia ed Emanuele Ciaceri, il giurista Giuseppe Salvioli; forte in città era anche il magistero crociano. Ma Pontieri scelse come guida Michelangelo Schipa, docente di storia medievale e moderna, con cui si laureò con lode nell’anno accademico 1918-19 con la tesi I primordi della feudalità calabrese, poi pubblicata nella Nuova Rivista Storica (IV, 1920, pp. 566-582, V, 1921, pp. 278-299, VI, 1922, pp. 626-645), e conseguì il diploma di paleografia e archivistica presso la Scuola dell’Archivio di Stato di Napoli.
Come molti studiosi della sua generazione, fu subito docente liceale in varie città (Lucera, Palermo, Catanzaro), portando avanti contemporaneamente la ricerca storica sempre su temi di storia calabrese (cfr. La rivolta di Antonio Centeglia e le condizioni delle Calabrie nel sec. XV, premio Tenore per le scienze storiche dell’Accademia Pontaniana di Napoli, 1925). Nel 1926, a trent’anni, ottenne la libera docenza universitaria in storia medioevale e moderna, che esercitò prima a Roma e poi a Napoli, le due città in cui negli anni immediatamente successivi insegnò (rispettivamente al Collegio militare e al liceo Genovesi), con un intervallo al liceo Tasso di Salerno. Questi spostamenti furono in parte motivati da una vita familiare non felice: sempre nel 1926 aveva sposato la catanzarese Maria Mercurio, che nel 1927 morì in seguito a un parto gemellare. Unico a sopravvivere fu il figlio Giuseppe Mario, futuro professore di patologia generale presso la facoltà di medicina della Sapienza di Roma.
La svolta nella sua carriera avvenne nel 1932, quando ottenne il terzo posto in un concorso universitario di Storia moderna dopo Carlo Capasso e Pietro Silva. Dopo un anno di insegnamento accademico a Cagliari, fu destinato (1933) all’Ateneo federiciano, teatro in quegli anni di un generale rinnovamento generazionale con l’arrivo di Corrado Barbagallo, Renato Caccioppoli, Ettore Majorana. Qui rimase fino al 1° novembre 1966.
Produzione scientifica e attività di Pontieri degli anni successivi dimostrano che i due poli di interesse rimasero la Calabria e Napoli. Agli anni Trenta risale, ad esempio, la collaborazione all’Enciclopedia italiana per le voci dedicate ad alcuni centri calabresi, come Amantea, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Mileto, Reggio. Quanto a Napoli, si inserì rapidamente nella vita culturale cittadina. Malgrado l’adesione al fascismo (1926), della quale restano solo tenui tracce storiografiche (Galasso, 1980, pp. 19, 23 s.), resse con equilibrio la Società napoletana di storia patria, inizialmente (gennaio 1935) come secondo commissario prefettizio in seguito allo scioglimento nel 1933 del consiglio direttivo, poi come presidente dopo l’obbligata trasformazione in Deputazione (voluta dal regime), per lunghissimi anni (sino al 1980).
Grazie a lui Croce non fu estromesso dal sodalizio, ma anzi continuò a collaborare indirettamente all’Archivio Storico per le Province Napoletane. Con Pontieri si laureò la figlia del filosofo, Elena, nel 1935 (E. Croce, I Parlamenti napoletani sotto la dominazione spagnuola, in Archivio Storico per le Province Napoletane, LXI (1936) pp. 341-379). Segno della stima nutrita da Croce per Pontieri fu la nomina a membro del consiglio direttivo dell’Istituto italiano per gli studi storici nel 1946.
Pontieri ebbe forte il senso delle istituzioni. Oltre alla Società napoletana, fu alla guida della Deputazione di storia patria per la Calabria dal 1957 al 1972, dell’Accademia Pontaniana (1964-70) e della Società nazionale di scienze, lettere e arti di Napoli (1955, 1959, 1963, 1967, 1971, 1975, 1979). Non gli mancarono i riconoscimenti nazionali (in particolare, fu dal 1949 socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei e dal 1960 socio ordinario), a fronte di un impegno intenso anche su scala nazionale (fece parte per circa un decennio del Consiglio superiore della pubblica istruzione). Di particolare importanza il suo ruolo nelle istituzioni universitarie napoletane: preside della Facoltà di lettere e filosofia dal 1939, fu quindi rettore dal 1950 al 1959 (destinando il compenso a un premio intitolato alla defunta moglie Maria); nonché rettore dell’Università aquilana dal 1967 al 1972, quando si ritirò per limiti d’età. Alla guida della ‘Federico II’, si adoperò senza sosta per il rinnovamento degli edifici, che dotò di moderne strutture; a lui è unanimemente riconosciuta la rinascita materiale dell’Università napoletana dopo il secondo conflitto mondiale.
In età avanzata, diresse la Storia di Napoli in dieci volumi edita dalle Edizioni Scientifiche Italiane (1967-71), preceduta sin dal 1959 dalla cura della Storia Universale edita da Vallardi.
Fra gli anni Trenta e gli anni Settanta, la sua produzione si mosse sostanzialmente lungo le linee tracciate nella giovinezza: saldo possesso dei ferri del mestiere erudito (appreso nell’Archivio e nelle sale della Società storica napoletana), ma netto rifiuto della greve acribia caratterizzante certa produzione positivista. Le tematiche predilette restarono quelle della storia calabrese del tardo Medioevo e del regno meridionale.
Legato da un rapporto quasi viscerale alla terra natale, che ad alcuni sarebbe apparso improntato a una «pietas oleografica e untuosa» (Colapietra, 1983, p. 77), dedicò alla Calabria opere ancora oggi fondamentali (oltre a quelle citate, come Il patrimonio calabrese della Chiesa romana, Napoli 1922; La Universitas di Catanzaro nel Quattrocento, Napoli 1926), pur essendo evidenti la sua consapevolezza dei limiti di una ricerca solo locale e la sua costante volontà di «sprovincializzare la storiografia meridionale» (Del Treppo, 2006, p. 113).
I primi lavori – che erano maggiormente in linea con il cursus schipiano, e incentrati sul Mezzogiorno normanno e prenormanno – furono raccolti nel volume Tra i Normanni nell’Italia meridionale (Napoli 1948). Ma anche per l’influenza di Croce, Pontieri prese progressivamente le distanze dagli orientamenti della ‘scuola economico-giuridica’, nella quale può essere inserito Schipa, per aderire consapevolmente alla storia etico-politica: ne sono testimonianza anche i richiami sempre più stringenti a Giuseppe De Blasiis, di cui recuperò il «mito della bella monarchia» quale paradigma della futura compagine nazionale (Del Treppo, 2006, p. 167). Sin dagli anni Quaranta, il Quattrocento aragonese attirò la sua attenzione, insieme alle lotte per l’egemonia in Italia e in Europa (Per la storia di Ferrante I d’Aragona re di Napoli, Napoli 1947).
Un aspetto importante della storiografia di Pontieri è legato alle sue convinzioni religiose. Uomo di formazione cattolica (e amico di storici cattolici come Niccolò Rodolico), cercò di sciogliere i nodi irrisolti del concetto di controriforma, preferendogli quello di riforma come spontaneo anelito della Chiesa (Nei tempi grigi della storia d’Italia, Napoli 1949).
Fu inoltre sensibile alla riflessione ‘meridionalistica’. Convinto del fatto che «la realtà storica è tutta conoscibile» (Del Treppo, 2006, p. 166) e che il lavoro di storico ha senso solo se contribuisce al miglioramento delle condizioni sociali ed economiche, lo dimostrò concretamente curando il carteggio tra Giustino Fortunato e Zanotti-Bianco (Giustino Fortunato e Umberto Zanotti-Bianco visti attraverso il loro carteggio, in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, XXXVII-XXXVIII (1969-1970), pp. 3-287).
Rimasto nuovamente vedovo nel 1976 (agli inizi degli anni Cinquanta aveva sposato la vicentina Ofelia Chiodi), due anni dopo si trasferì a Roma presso il figlio e qui, mentre si dedicava a uno studio su s. Bernardino da Siena (San Bernardino da Siena e la città dell’Aquila a metà del secolo XV, in Archivio Storico per le Province Napoletane, XCVIII (1980) pp. 29-42), morì il 4 maggio 1980 per le conseguenze di un ictus cerebrale, subito nel 1979. Le sue spoglie riposano oggi nella cappella di famiglia nel cimitero di Nocera Terinese.
Da sempre affezionato a Nocera Terinese, si adoperò per l’istituzione, negli anni Cinquanta di una scuola di avviamento professionale all’agricoltura, creando sul finire della vita anche una Fondazione Famiglia Pontieri che destinava un premio di nozze in favore di ragazze povere.
Fonti e Bibl.: Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Divisione I, Concorsi 1924-1954, b. 60; documenti su Pontieri sono conservati presso l’archivio storico della Società napoletana di storia patria; presso il figlio il manoscritto su s. Bernardino. Presso la Biblioteca nazionale di Napoli Vittorio Emanuele III si conserva il Fondo Pontieri (circa 5900 opuscoli e 5200 opere monografiche donati nel 1971).
A. Casali, Storici italiani fra le due guerre. La ‘Nuova Rivista Storica’ (1917-1943), Napoli 1980; G. Galasso, Profilo di E. P., in Archivio Storico per le Province Napoletane, XCVIII (1980), pp. 1-27; M. Del Treppo, E. P. (1896-1980), in Clio, XVIII (1982), 3, pp. 437-467 (poi in Id., La libertà della memoria. Scritti di storiografia, Città di Castello 2006); R. Colapietra, Catanzaro e la Calabria nel Pontieri ‘aragonese’: spunti per una discussione, in Rivista Storica Calabrese, n.s. 4, (1983), 1-2, pp. 59-101; Studi storici sulla Calabria medioevale e moderna in memoria di E. P., ibid. e ibid., 3-4; F. Tessitore, Omaggio al rettore P. (ora in Id., Un impegno quotidiano. Cronache di otto anni di Rettorato, Napoli 2002, pp. 305-308); M. Martirano,‘Il senso del concreto’. Contributo ad una storia della cultura napoletana tra Ottocento e Novecento, Soveria Mannelli 2003; M. Del Treppo, Ricordo di E. P, in Rassegna Storica Salernitana, XXII (2004), pp. 215-223; F. Tuccillo, La biblioteca di uno storico: E. P. e i suoi libri, consultabile in http://vecchiosito.bnnonline.it/percorsi/ pontieri.htm (20 aprile 2015). La bibliografia completa delle opere è in E. P. (1896-1980). L’uomo - La storiografia, a cura di P. Dalena, Bari 2014, pp. 43-61, cui si rimanda anche per le pagine biografiche redatte dal figlio Giuseppe Mario (Una storia, una memoria: vi racconto mio padre, pp. 7-14).