PASCAL, Ernesto
PASCAL, Ernesto. – Nacque a Napoli il 7 febbraio 1865 da Stefano, membro di una famiglia francese di commercianti tarasconesi, e da Maria Gaetana Zapegna.
Compì i suoi studi elementari e poi quelli medi presso un istituto privato di Napoli, l’ateneo Cristoforo Colombo, e sostenne gli esami di licenza liceale, nel 1881, quando aveva appena sedici anni, presso il liceo Vittorio Emanuele. Cominciò a studiare fisica presso l’Università di Napoli ma, attratto dagli insegnamenti di Nicola Trudi, Emanuele Fergola e Giuseppe Battaglini, del quale divenne presto allievo prediletto, abbandonò tali studi e conseguì, con lode, la laurea in matematica nel 1887. Nella sua tesi di laurea, dando già prova della sua elevata abilità algoritmica, studiò la risultante di due forme binarie, una cubica e una forma di ordine n, estendendo il metodo applicato da Alfred Clebsch al caso di una quartica e di una forma di ordine n.
Conseguito, sempre nel 1887, anche il diploma di magistero, fu nominato professore presso il ginnasio di Salerno. In quell’anno, tuttavia, grazie a una borsa di perfezionamento, Pascal preferì seguire a Pisa le lezioni tenute da Enrico Betti, Ulisse Dini, Luigi Bianchi e dal giovane Vito Volterra. Con il rinnovo della borsa, nel 1888-89, si recò a Göttingen per proseguire i suoi studi sotto la guida di Felix Klein. Tornò a Napoli nell’ottobre del 1889, avendo ottenuto una terza borsa di perfezionamento e la nomina a professore di matematica presso il collegio militare. Nel dicembre dello stesso anno fu nominato, per concorso, professore straordinario di calcolo infinitesimale all’Università di Pavia, e nel 1895 professore ordinario. Nel 1907 fu chiamato a ricoprire la cattedra di analisi superiore all’Università di Napoli, incarico che conservò, insieme a quello di algebra complementare ottenuto nel 1910 dopo la morte di Alfredo Capelli, fino al suo collocamento a riposo nel 1935.
A Napoli fu più volte preside della facoltà di scienze fisiche, matematiche e naturali, e affrontò con molto impegno due questioni spinose, che si trovavano in quegli anni al centro del dibattito: le finalità dell’università (scientifiche o professionali?) e la deprecabile (a suo parere) separazione creata tra didattica e ricerca (cfr. E. Pascal, La crisi nelle Università italiane. Discorso letto il dì 4 novembre 1912 per la solenne inaugurazione dell’anno accademico 1912-13 nella R. Università di Napoli, in Annuario della Regia Università di Napoli, 1912-13).
Il suo contributo fu concreto: facendo tesoro dell’esperienza tedesca, contribuì sia alla creazione di un seminario matematico, le cui attività (conferenze, lezioni complementari ai corsi o extracurricolari) avevano come scopo il perfezionamento delle conoscenze scientifiche degli studenti del corso di laurea in matematica e in fisica; sia all’istituzione per ciascuna cattedra di matematica di un gabinetto scientifico con una biblioteca e una dotazione propria. La facoltà affermava in tal modo la sua doppia natura di scuola di istruzione e istituto di ricerca. In queste nuove istituzioni furono ideati e realizzati gli integrafi di Pascal (strumenti che permettevano di costruire meccanicamente e con moto continuo la curva integrale di una curva data) e la collezione di modelli meccanici di Roberto Marcolongo. Più tardi, nel 1927, dal gabinetto della cattedra di analisi infinitesimale nacque, per iniziativa di Mauro Picone, l’Istituto per le applicazioni del calcolo.
I primi lavori di Pascal (1887-88) sono tutti dedicati alla teoria invariantiva delle forme algebriche. Particolarmente significativi sono quelli in cui si occupava di generalizzare alle forme algebriche in un numero qualunque di variabili, un teorema dimostrato da Paul Gordan per forme binarie ed esteso da Eduard Study alle forme ternarie: ogni funzione invariantiva relativa a una data forma (o a un dato sistema di forme) può esprimersi razionalmente per mezzo di un numero finito di esse. Pascal ritornerà a lavorare sulle forme algebriche nei primi anni del Novecento estendendo, con nuovi metodi, alcune ricerche di Francesco Brioschi ed Enrico Betti sulle equazioni differenziali relative a certi invarianti e covarianti di forme algebriche, in particolare risultanti e discriminanti di forme binarie. Altre ricerche, sempre in questo ambito, hanno invece come scopo lo studio delle diverse decomposizioni in fattori delle forme algebriche, in particolare le condizioni invariantive perché due forme binarie abbiano più fattori lineari in comune o perché una forma binaria abbia fattori multipli. È del 1904 la sua memoria Contributo alla teoria della forma ternaria biquadratica e delle sue varie decomposizioni in fattori, premiata dalla Reale Accademia delle scienze di Napoli.
Durante il periodo trascorso a Göttingen, Pascal apprese, dalle lezioni di Klein, la teoria geometrica delle funzioni di Riemann, e tra il 1889 e il 1891 pubblicò una serie di memorie che costituiscono un notevole contributo alla teoria delle funzioni σ-abeliane. Queste funzioni, definite da Klein modificando le funzioni θ di Jacobi, giocavano un ruolo importante nella teoria delle funzioni su superfici di Riemann iperellittiche. Pascal studiò le funzioni σ-abeliane, sia pari sia dispari, come funzioni razionali nel campo dei coefficienti delle sette tangenti doppie a una curva del quarto ordine, tangenti che formano una certa configurazione nel sistema di tutte le tangenti doppie alla curva data (‘sistema settenario di Arnhold’). Scopo dei lavori è lo sviluppo in serie delle funzioni σ-abeliane, secondo le potenze crescenti degli integrali di prima specie: Pascal riuscì a determinare il secondo termine dello sviluppo e ad assegnare una formula ricorrente per la determinazione dei termini successivi. Queste ricerche lo condussero anche a determinare l’equazione della superficie di Kummer e delle superfici del sesto ordine tangenti a questa lungo una curva di ordine dodici.
A questi risultati darà una forma definitiva tra il 1895 e il 1896, quando si occuperà anche di funzioni σ-ellittiche. In questi lavori Pascal si avvalse di tutta la sua maestria, acquisita anni prima, nel calcolo simbolico della teoria delle forme.
Frutto dell’esperienza tedesca sono anche i lavori sulle configurazioni pubblicati durante i primi anni di insegnamento a Pavia (1892-93), che si ricollegavano ai lavori di Klein nell’ambito della teoria delle caratteristiche, ossia allo studio delle configurazioni dei diversi sistemi di curve soddisfacenti a certe condizioni, e in particolare alle condizioni di passare per punti dati e di avere molteplicità d’intersezione assegnata con curve date.
Intorno al 1900 Pascal cominciò a occuparsi di equazioni differenziali del secondo ordine, cercando di estendere molte delle importanti proprietà relative ai sistemi del primo ordine. In particolare, si occupò di determinare le condizioni necessarie e sufficienti che devono verificarsi tra i coefficienti dell’equazione data affinché sia completamente integrabile. Nei suoi primi lavori, Pascal considerava equazioni differenziali del secondo ordine in cui mancano i differenziali secondi di alcune delle variabili, poi considerava il caso in cui l’equazione contiene i differenziali secondi di tutte le variabili.
L’estensione di alcuni concetti relativi alla teoria delle trasformazioni di Lie, introdotti per le equazioni differenziali del primo ordine, alle equazioni del secondo ordine gli permise di stabilire una serie di risultati relativi agli invarianti e covarianti simultanei di una forma differenziale del secondo ordine e di una equazione alle derivate parziali sempre del secondo ordine. In questi studi ebbero un ruolo importante certe matrici, i cui elementi si formano con i coefficienti della forma e la cui caratteristica è invariante rispetto alle trasformazioni della forma stessa, alle quali Pascal dedicò anche successivamente alcuni lavori.
La determinazione di ulteriori invarianti e covarianti lo condussero anche a certe espressioni nelle derivate dei coefficienti che estendevano i simboli di Christoffel relativi alle forme differenziali quadratiche; di questi simboli si servirà per studiare l’applicazione di una trasformazione infinitesima a espressioni ai differenziali secondi, analogamente a quanto fatto nella teoria delle ordinarie espressioni pfaffiane.
Fra i notevoli risultati di Pascal nell’ambito delle equazioni del secondo ordine, occorre ricordare anche quelli sulla riduzione di tali equazioni a equazioni con un numero minori di variabili o a tipi speciali, e quelli sull’equivalenza di due forme.
Nel 1909, superando le grandi difficoltà sia concettuali sia formali, Pascal riuscì a generalizzare tutti i suoi risultati costruendo una teoria invariantiva delle forme differenziali di ordine e grado qualunque, che espose in modo sistematico nella memoria La nuova teoria delle forme differenziali di ordine e grado qualunque (in Atti del IV Congresso internazionale dei matematici, Roma 1909). Questa teoria, che presentava analogie con quella per le forme differenziali quadratiche del primo ordine di Ricci-Curbastro, verrà ripresa nel 1923 da Giuseppe Vitali, che la pose alla base di un calcolo assoluto generalizzato.
Altri lavori di Pascal degni di nota sono dedicati all’integrazione di equazioni differenziali di Riccati e all’integrazione doppia nel campo complesso. Pochi sono i contributi originali di Pascal alla teoria dei determinanti: si tratta per lo più delle loro applicazioni e delle loro proprietà all’analisi. Prestigioso in questo ambito è invece il suo manuale, I determinanti. Teorica ed applicazioni con tutte le più recenti ricerche (Milano 1897), che contiene una chiara panoramica sui più importanti e recenti risultati dell’epoca ottenuti applicando la teoria dei determinanti, con tanti riferimenti bibliografici e notizie storiche.
Pascal fu autore di vari manuali, tradotti in diverse lingue, che spesso accompagnarono la sua prima attività didattica: celebri, tra i tanti, sono gli Esercizi e note critiche di calcolo infinitesimale (Milano 1895), la Teoria delle funzioni ellittiche (Milano 1896) e il Repertorio di matematiche superiori (I-II, Milano 1897-1900). Quest’ultimo è una buona, se pur breve, esposizione critica di parte della produzione matematica del XIX secolo: per quasi tutte le principali teorie matematiche, stabiliti definizioni e concetti fondamentali, ed esposti (senza dimostrazione) teoremi e formule, vengono dati essenziali ma esaurienti indicazioni bibliografiche che permettano di risalire alle fonti primarie.
Di grande interesse per Pascal, dal 1908 fino alla sua morte, fu la teoria degli integrafi. Nella memoria I miei integrafi per equazioni differenziali (Napoli 1914) trattava dei presupposti teorici e delle soluzioni tecniche riguardanti i tipi di integrafi da lui progettati e realizzati (grazie alla collaborazione di Pasquale Moreno, meccanico dell’osservatorio astronomico di Capodimonte a Napoli). Questi integrafi erano un’estensione, sia nei principi matematici sia nella portata delle applicazioni, dell’integrafo di Abdank-Abakanowicz: Pascal costruì apparecchi che servivano non soltanto all’integrazione delle funzioni (notevoli in particolare le applicazioni agli integrali di prima e seconda specie), ma anche all’integrazione di alcune classi di equazioni differenziali, non solo lineari, del primo ordine e di ordine superiore. Gli strumenti originali, di modeste dimensioni, erano conservati presso il gabinetto annesso alla cattedra di analisi superiore dell’Università di Napoli; alcuni esemplari furono anche riprodotti per varie istituzioni scientifiche italiane. Per queste ricerche furono conferiti a Pascal diversi riconoscimenti: nel 1911 il diploma d’onore all’Esposizione internazionale di Torino e, nel 1914, due medaglie d’oro dalla Società italiana delle scienze e dall’Istituto di incoraggiamento di Napoli. Fanno parte dell’attività scientifica di Pascal anche numerose recensioni e articoli commemorativi di matematici nazionali e stranieri: la commemorazione di Eugenio Beltrami, tradotta in polacco e tedesco, può essere considerata tra le più complete e profonde monografie sulla produzione classica di questo grande matematico. Occorre inoltre segnalare i suoi originali discorsi pronunciati in diverse occasioni, in particolare per le inaugurazioni degli anni accademici.
Non mancarono i riconoscimenti alla sua opera di scienziato: fu socio effettivo del Regio Istituto lombardo, socio nazionale della Regia Accademia dei Lincei, membro dell’Accademia Pontaniana di Napoli e della Reale Accademia delle scienze di Napoli, presidente della Società reale di Napoli, socio della Società italiana delle scienze detta dei XL, socio dell’Accademia delle scienze di Praga, membro della Berliner Mathematische Gesellschaft, membro del consiglio direttivo del Circolo matematico di Palermo, direttore (dal 1919) del Giornale di matematiche, professore onorario dell’Università di Pavia.
Pascal sposò nel 1893 Albertina Alberti, di nobile famiglia piemontese, e da lei ebbe due figli, Alberto e Mario. Entrambi si laurearono in matematica: Mario divenne uno studioso di meccanica e di fisica matematica; Alberto, che morì in guerra il 28 gennaio 1918, a poco più di 23 anni, aveva cominciato a occuparsi di teoria dei determinanti e di storia della matematica.
Pascal morì nella sua casa di Posillipo, il 25 gennaio 1940.
Fonti e Bibl.: F. Severi, E. P., in Annuario della Reale Accademia d’Italia, X-XII (1937-40), pp. 360-366; L. Berzolari, E. P., in Rendiconti del Regio Istituto lombardo di scienze e lettere, 1939-40, 73, 3, pp. 162-170; M. Picone, E. P., in Rendiconto della Reale Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, 1941-42, 12, 4, pp. 54-82; F. G. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello stato unitario, in Memorie dell’Accademia delle scienze di Torino, s. 4, 1962, 1, ad vocem; R. Gatto, Storia di una ‘anomalia’. Le facoltà di scienze dell’Università di Napoli tra l’Unità d’Italia e la riforma Gentile, 1860-1923, Napoli 2000, passim.