NATHAN, Ernesto
– Nacque a Londra il 5 ottobre 1845 da Moses Meyer e da Sara Levi.
Il padre, nato il 22 aprile 1799 a Rodelheim, presso Francoforte sul Meno, era un agiato mercante e agente di cambio, che dopo aver a lungo soggiornato a Parigi si era stabilito a Londra, dove il 4 luglio 1850 aveva ottenuto la cittadinanza inglese. Sara Levi, nata a Pesaro il 7 dicembre 1819, era figlia di Angelo e di Ricca (Enrichetta) Rosselli. Dopo la prematura morte della madre fu ospitata a Livorno da un parente, Emanuele Rosselli, ricco commerciante con un ufficio di rappresentanza a Londra. Fu probabilmente lui a combinare il matrimonio con Moses Meyer, che fu celebrato il 29 maggio 1836, secondo la tradizione delle comunità ebraiche che favoriva le unioni fra correligionari. La coppia si stabilì a Londra ed ebbe, oltre al quintogenito Ernesto, altri undici figli: David (1839), Henry (1840), Janet (1842), Adolf (1843), Harriet (1847), Joe (1848), Philip (1850), Walter (1852), Alfred (1854), Adah (1856), Beniamino (1859).
Per mezzo dei Rosselli i Nathan conobbero a Londra Giuseppe Mazzini, con il quale strinsero una solida e duratura amicizia, facendo della loro casa a Middleton Square uno dei luoghi di ritrovo degli esuli politici italiani di fede democratica. Negli anni Cinquanta Moses Meyer fu uno dei più attivi finanziatori del movimento mazziniano e fu lui a organizzare le principali raccolte di fondi intraprese in Inghilterra dal patriota genovese. Sara Levi, a sua volta, divenne una strettissima collaboratrice di Mazzini, che coadiuvò nell’attività organizzativa e propagandistica per l’indipendenza italiana e per l’affermazione degli ideali repubblicani. Uno dei rifugiati italiani, Maurizio Quadrio, tra i più fedeli discepoli di Mazzini, al momento del suo arrivo a Londra nel novembre 1857 fu accolto in casa Nathan e divenne istitutore dei loro figli. A Ernesto, che frequentava la University College School, impartì lezioni di latino e di francese.
Il legame fra i Nathan e i Rosselli si sarebbe poi ulteriormente rafforzato attraverso numerosi matrimoni, che dettero vita, col passare delle generazioni, a un complicato intreccio familiare. Nel 1861 Janet Nathan sposò Pellegrino Rosselli, figlio di Emanuele, e fu colei che nella sua casa di Pisa ospitò Mazzini negli ultimi giorni prima della morte, avvenuta il 10 marzo 1872. Nel 1866 la sorella Harriet (Enrichetta) si unì invece in nozze con Sabatino Rosselli, fratello di Pellegrino, ed ebbero due figli, Ada e Joe, che fu padre di Carlo e Nello Rosselli. Il 16 giugno 1867 Ernesto Nathan sposò Virginia Mieli, figlia di Annina, sorella di Sabatino e Pellegrino Rosselli. Infine nel 1883 Philip Nathan sposò Clelia Rosselli, figlia di Raffaello, fratello di Pellegrino e Sabatino.
Nell’agosto 1859 la morte di Moses Nathan produsse una svolta nella vita della famiglia, che decise di trasferirsi in Italia, dapprima a Pisa, dove Ernesto si iscrisse come uditore all’Università, l’anno seguente a Firenze e più tardi a Milano. La madre, che si immerse progressivamente nell’azione politica e cospirativa a fianco di Mazzini, pensò di avviare Ernesto alla carriera commerciale e lo fece entrare come apprendista presso i banchieri e commercianti di seta milanesi Warchez Garavaglia e C. Nell’autunno del 1862 Nathan si recò poi in Sardegna, dove si impegnò in una società per la coltivazione del cotone e la vendita di prodotti sardi che non ebbe esito fortunato (a Caprera ebbe anche modo di incontrare Garibaldi, convalescente per le ferite riportate ad Aspromonte). Alla fine dell’anno, dopo un breve periodo trascorso a Genova presso il fratello Adolfo, che era impiegato come ingegnere al cantiere Ansaldo, si ricongiunse con la famiglia nel Canton Ticino. La madre, ormai conosciuta come mazziniana e sorvegliata dalla polizia, aveva infatti preferito abbandonare l’Italia per la più sicura Lugano, dove nel 1865 acquistò una grande villa che, come già era accaduto con la casa londinese, divenne un luogo di incontro e di soggiorno di numerosi patrioti e democratici, a cominciare da Mazzini. A Lugano viveva da tempo anche Carlo Cattaneo e fu in questo ambiente, intriso di fermenti patriottici e repubblicani, che Nathan si avvicinò alla politica.
Più di lui subì il fascino delle idee mazziniane il fratello Joe (Giuseppe), che nel giugno 1866 si arruolò nel corpo dei volontari italiani di Garibaldi per combattere ai confini del Tirolo nella guerra contro l’Austria. Subito dopo aderì all’Alleanza repubblicana universale fondata da Mazzini e nei primi mesi del 1869 fu tra gli organizzatori del moto insurrezionale che doveva scoppiare a Milano e in altre città d’Italia per favorire la liberazione di Roma e l’instaurazione della Repubblica. Arrestato e rimesso in libertà poco dopo grazie all’amnistia concessa per la nascita del principe ereditario, nel maggio 1870 armò una banda di esuli che penetrò in Italia dal confine svizzero e cercò di promuovere un sommovimento nel paese. Tratto nuovamente in arresto, quando uscì di prigione decise per qualche tempo di abbandonare la militanza politica attiva e tornò in Inghilterra, dove cominciò a lavorare come ingegnere meccanico. Nel 1873 sposò Ada Staight, ma l’anno seguente la moglie morì di parto insieme alla bambina appena nata. Profondamente segnato da questo lutto, trovò parziale conforto in un nuovo impegno a cui dedicò il resto della sua vita. Entrato in contatto con Josephine Butler, che nel 1875 fondò la British continental and general federation for the abolition of government regulations of prostitutions, si adoperò con successo affinché nel medesimo anno sorgesse a Roma, dove si trasferì, una sezione italiana del sodalizio, di cui egli fu l’animatore e il segretario. La sezione, che ebbe il sostegno di numerosi esponenti della sinistra democratica e del nascente movimento per l’emancipazione femminile, riuscì a organizzare il secondo Congresso internazionale della Federazione britannica, che si tenne a Genova nel settembre 1880. Fu questo l’ultimo importante impegno di Giuseppe Nathan, il quale, minato dalla tubercolosi, morì a Mentone il 14 aprile 1881.
Nel frattempo anche per Ernesto, sebbene più tardivamente e con modalità diverse, iniziò il coinvolgimento nella vita politica attiva. Nel 1865 fece ritorno a Londra per subentrare, insieme al fratello Enrico, nell’impresa commerciale dei Rosselli, rientrati a Livorno, ma anche questa iniziativa economica si concluse con un insuccesso. Dopo il matrimonio del 1867, da cui nacquero le prime due figlie Liliah e Mary, il cambiamento definitivo nella sua vita si ebbe all’indomani della liberazione di Roma, quando Mazzini decise di fondare un giornale nella nuova capitale, La Roma del Popolo, e chiese a lui di assumerne la direzione amministrativa. Nel gennaio 1871 Nathan si trasferì dunque con la famiglia a Roma, dove prese immediato contatto con i vari nuclei repubblicani partecipando anche ad alcune loro iniziative pubbliche, e da allora si dedicò assiduamente alla pubblicazione del giornale, che fu diretto da Giuseppe Petroni e il cui primo numero apparve il 9 febbraio 1871 nell’anniversario della proclamazione della Repubblica romana del 1849. Esprimendosi ancora prevalentemente in inglese, Nathan non collaborò con propri articoli a La Roma del Popolo, che per oltre un anno ospitò gli ultimi scritti di Mazzini e dette voce alle istanze dei repubblicani intransigenti nelle sempre più frequenti polemiche con le frange del movimento democratico che si stavano spostando sulle posizioni dell’internazionalismo anarchico, del socialismo o del radicalismo. La rottura fra questi gruppi si consumò nel novembre 1871 al XII Congresso delle società operaie, svoltosi a Roma e conclusosi, dopo l’abbandono dei lavori da parte degli internazionalisti e il preventivo distacco dei repubblicani ‘evoluzionisti’, con la completa affermazione dei repubblicani ortodossi. Essi approvarono un nuovo Patto di fratellanza fra le società operaie, che da allora rappresentò il quadro di riferimento ideologico e organizzativo del movimento repubblicano di matrice mazziniana.
Il Patto prevedeva fra gli altri obbiettivi la pubblicazione di un nuovo giornale, L’Emancipazione, e lo sviluppo delle cooperative e delle banche popolari di credito. Su entrambe le questioni Nathan svolse un ruolo importante. Cessate le pubblicazioni de La Roma del Popolo subito dopo la morte di Mazzini (l’ultimo numero, listato a lutto, apparve il 21 marzo 1872), egli si adoperò per smussare le divergenze fra i vari esponenti repubblicani ottenendo una sostanziale fusione fra le due testate e facendo sì che L’Emancipazione, il cui primo numero uscì il 1° febbraio 1872 e della quale assunse la direzione amministrativa, si collocasse in stretta linea di continuità con La Roma del Popolo. In quei mesi Nathan lavorò anche alla fondazione di una banca per le Società affratellate e, dopo aver sottoposto le prime idee ad Aurelio Saffi nel giugno 1872, presentò un progetto più articolato al XIII Congresso delle associazioni operaie del 1874. Nel corso dei lavori avanzò la proposta di dar vita a un solido istituto di credito a dimensione nazionale, che gli pareva soluzione preferibile a quella delle banche regionali, le quali, a suo avviso, avrebbero incontrato difficoltà a causa della debole tradizione autonomistica del Paese.
Una lettera sull’Emancipazione del 30 marzo 1872 segnò la prima uscita pubblica di Nathan. Opponendosi a una proposta della commissione direttiva delle società operaie, che intendeva lanciare una sottoscrizione per erigere a Roma un monumento in onore di Mazzini, egli sostenne l’opportunità di destinare invece i fondi alla realizzazione di scuole, biblioteche e sale di lettura, attraverso le quali diffondere il pensiero del patriota ligure e mantenerne viva la memoria.
Fu questa in effetti una delle principali attività alle quali si dedicarono negli anni seguenti la madre e dopo la sua morte, avvenuta a Londra il 19 febbraio 1882, il figlio Ernesto. Con i soldi raccolti mediante la sottoscrizione popolare venne aperta a Roma la cosiddetta Sala Mazzini, dove a partire dal marzo 1872 si tennero corsi serali per ragazzi e adulti e conferenze settimanali sul pensiero mazziniano. Dall’autunno 1873 cominciò a funzionare regolarmente nel quartiere di Trastevere anche la Scuola Giuseppe Mazzini, una scuola elementare femminile privata e non confessionale, che intorno al 1880 arrivò ad avere quasi 100 alunne. Nel 1898 Nathan, con l’ausilio dei fratelli, avviò la trasformazione della scuola in istituto professionale femminile, iter che si concluse positivamente nel 1905. Egli ne presiedette ininterrottamente il consiglio direttivo fino alla morte nel 1921, allorché gli subentrò la moglie Virginia, che morì nel 1924. La figlia Liliah fu invece ispettrice della scuola, ove tenne lezioni e conferenze sulle idee mazziniane.
Più in generale, il culto della memoria di Mazzini e la raccolta e diffusione dei suoi scritti fu la missione che Sara assunse su di sé, con la collaborazione soprattutto del figlio Giuseppe, e che poi, dopo la scomparsa in tempi ravvicinati di entrambi, ricadde completamente su Ernesto. Già il 1° aprile 1872 Sara ottenne dalla sorella ed erede di Mazzini, Antonietta, i diritti d’autore su tutti i manoscritti e i testi del fratello e nel maggio seguente dal libraio editore milanese Levino Robecchi quelli sugli scritti editi. Fino al 1890 gli Scritti editi ed inediti di Mazzini furono pubblicati a cura della commissione editrice con introduzioni di Aurelio Saffi, che agì in stretto accordo con Nathan. Dopo la morte di Saffi fu Nathan in prima persona a proseguire il lavoro, pubblicando nel 1891 il diciottesimo volume degli Scritti e alcuni opuscoli.
Nathan mirava però a un obbiettivo più ambizioso, il riconoscimento da parte delle istituzioni monarchiche della grandezza del pensiero di Mazzini e del ruolo da lui avuto nel raggiungimento dell’indipendenza e dell’unità della nazione. Un primo importante passo in questa direzione venne mosso il 29 dicembre 1900, quando siglò l’atto di donazione allo Stato di tutti i manoscritti mazziniani in suo possesso, decisione che scatenò contro di lui le vivacissime proteste delle organizzazioni mazziniane intransigenti. Ma il risultato fu pienamente conseguito nel 1904, quando il re Vittorio Emanuele III, in vista del primo centenario della nascita di Mazzini che cadeva l’anno seguente, firmò il decreto istitutivo dell’edizione nazionale dei suoi scritti, affidandola a una commissione presieduta da Luigi Rava e di cui Nathan fu membro autorevole. Nel 1903, intanto, egli aveva ottenuto un altro importante successo: i Doveri dell’uomo, il volume del 1860 in cui Mazzini aveva condensato le linee fondamentali del proprio pensiero politico e sociale, vennero ripubblicati in un’apposita edizione «per uso delle pubbliche scuole» approvata dal ministero della Pubblica istruzione, che ne raccomandò l’adozione «come libro di lettura nei corsi elementari superiori e negli istituti d’istruzione secondaria» (Levi 1927, p. 95). Anche allora Nathan fu bersaglio delle dure polemiche dei gruppi mazziniani più intransigenti, che lo accusarono di aver supinamente accettato l’espunzione dai Doveri dell’uomo delle parti in cui Mazzini svolgeva le sue considerazioni sulla repubblica come «unica forma logica di governo». Ma a lui interessava ormai non tanto il Mazzini politico, quanto l’«educatore nazionale», il patriota e uomo di pensiero, che poteva essere finalmente liberato dal cono d’ombra in cui le istituzioni dinastiche lo avevano relegato fino a quel momento ed essere ecumenicamente accolto, nell’Italia d’inizio Novecento, come uno dei grandi padri della patria.
Dal punto di vista politico, Nathan era passato dal rigido allineamento sulle posizioni del repubblicanesimo più ortodosso degli anni Settanta, quelle in cui si riconoscevano soprattutto la madre Sara e il fratello Giuseppe, a una concezione politica molto più flessibile e possibilista, vicina a quella dei radicali. Già le scelte dei primi anni Ottanta rivelavano che egli restava fedele all’ideale della repubblica come obbiettivo di lungo periodo, ma nell’immediato accettava il quadro istituzionale vigente e si batteva per riforme sociali e civili di segno democratico. Era, in sostanza, il programma di quella parte dell’estrema sinistra che cominciava a mettere da parte l’ortodossia ideologica del mazzinianesimo per accogliere l’invito dell’ultimo Garibaldi ad affratellare tutte le anime della democrazia all’insegna di un concreto riformismo di matrice laica e progressista. Era questo anche il progetto politico della massoneria italiana, nella quale Nathan sarebbe entrato di lì a poco, divenendone poi il capo e restandone uno dei principali dirigenti fino alla morte.
È possibile cogliere l’evoluzione del suo percorso politico in questi anni isolando alcune tappe particolarmente significative e rivelatrici. La prima è quella che lo vide partecipare, a Genova nel settembre 1876, al XIV Congresso delle società operaie e votare a favore della mozione con la quale le associazioni repubblicane confermavano la loro volontà di astenersi dal voto politico fino a quando non fosse stato concesso il suffragio universale e un’assemblea costituente non si fosse pronunciata sulla forma dello Stato. Questa linea intransigente trovò conferma l’anno seguente nel pieno sostegno da lui dato alla fondazione di un nuovo giornale, Il Dovere, fortemente voluto dalla madre per onorare la memoria di Quadrio, scomparso l’anno precedente, e per offrire ai repubblicani di stretta osservanza mazziniana un efficace strumento di aggregazione e di propaganda politica.
Le prime indicazioni di un parziale cambiamento di rotta da parte di Nathan si ebbero con la sua partecipazione al congresso romano dell’aprile 1879, convocato da Garibaldi, che sancì la nascita della Lega della democrazia, e soprattutto con il ruolo da lui svolto nel 1883, dopo il fallimento dell’esperienza della Lega, per dar vita al Fascio della democrazia, che tentò di aggregare in un’unica formazione politica radicali, socialisti e repubblicani cosiddetti legalitari. Coerente con questa linea fu la decisione, assunta alla fine del 1884, di procedere alla chiusura del Dovere, che da anni era in perdita e viveva ormai grazie soltanto al finanziamento della famiglia Nathan, decisione che gli attirò le critiche dei repubblicani più intransigenti. Che la sua fosse un’evoluzione politica faticosa e tormentata lo rivela però il fatto che nel 1885 fu tra gli artefici del Comitato centrale di corrispondenza, un’organizzazione da lui presieduta insieme a Edoardo Pantano e Antonio Fratti, attraverso la quale i repubblicani, pur non uscendo formalmente dal Fascio, cercarono di recuperare uno spazio politico autonomo.
Nel frattempo in quegli anni raccolse in pieno l’eredità del fratello Giuseppe subentrandogli alla guida della Federazione britannica e impegnandosi strenuamente nella battaglia per l’abolizione dei regolamenti sulla prostituzione. A tale scopo nel 1882 fondò una rivista, La Coscienza pubblica. Periodico mensile del Comitato centrale italiano per la tutela della moralità e dell’igiene pubblica, e vide infine i suoi sforzi parzialmente coronati dall’approvazione nel 1888 di un decreto del governo Crispi che aboliva i sifilicomi e riduceva i vincoli cui erano sottoposte le prostitute. Il decreto crispino, a testimonianza dell’efficacia della battaglia condotta da Nathan, recepiva alcune delle indicazioni da lui avanzate in una pubblicazione (Le diobolarie. Quadro di costumi regolamentati, Roma 1887), in cui denunciava i soprusi cui erano sottoposte le prostitute e l’assoluta inutilità del quadro normativo vigente dal punto di vista della tutela della salute pubblica, svelandone la reale finalità repressiva.
Il 4 aprile 1888, Nathan vide accolta la richiesta di ottenere la cittadinanza italiana, presentata nel 1882, che gli garantì l’acquisizione dei diritti politici e segnò l’inizio di una fase nuova della sua vita, scandita dalla decisione di cimentarsi nelle competizioni elettorali e di svolgere un ruolo politico attivo a livello sia locale sia nazionale. Del resto, fin dal XVI Congresso delle società operaie mazziniane, svoltosi a Firenze nel 1886, i repubblicani avevano di fatto rinunciato alla pregiudiziale astensionista col voto favorevole anche di Nathan, che in quell’occasione, fra l’altro, presentò una relazione sulla questione sociale in cui sosteneva la necessità di diffondere il principio di cooperazione e proponeva l’istituzione delle Camere del lavoro. L’anno seguente, il 24 giugno 1887, fu iniziato alla massoneria nella loggia Propaganda massonica di Roma a opera del gran maestro Adriano Lemmi. Si trattava di una loggia del Grande Oriente d’Italia (GOI) che raccoglieva personaggi eminenti del mondo politico, economico e culturale, affrancandoli da molti obblighi rituali e ponendoli in diretto contatto con il gran maestro. Alla fine del 1888 partecipò inoltre alle prime riunioni preparatorie della Società Dante Alighieri, che si costituì formalmente l’11 maggio 1889 sotto la presidenza di Ruggero Bonghi.
A Nathan, in virtù delle sue apprezzate doti di amministratore, fu affidata la carica di cassiere (nel 1896, dopo la morte di Bonghi e prima dell’insediamento alla presidenza di Pasquale Villari, avrebbe ricoperto pro tempore la carica di presidente). L’associazione, che si proponeva di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana fuori dei confini del Regno, sarebbe divenuta anche un importante centro di diffusione dell’irredentismo, il movimento che si batteva per la liberazione di Trento e Trieste.
Sempre nel 1889, ormai compiutosi il suo passaggio dal repubblicanesimo intransigente al radicalismo, Nathan fu tra i promotori del Circolo radicale di Roma, che intendeva sfruttare le occasioni offerte dalla nuova legge sull’ordinamento comunale e provinciale per presentare una lista unitaria dello schieramento democratico e porre fine all’egemonia clerico-moderata sull’amministrazione municipale capitolina. In effetti la sfida si concluse positivamente: il 10 novembre 1889 fu eletto consigliere comunale di Roma ed entrò come assessore all’Economato e ai beni patrimoniali nella giunta liberal-democratica guidata da Augusto Armellini. Nel maggio 1890 però si dimise da questa carica, precedendo di un mese il sindaco e l’intera giunta, per protesta contro i provvedimenti del governo Crispi in favore di Roma, giudicati lesivi dell’autonomia comunale. Nel novembre 1889 fu eletto anche consigliere provinciale di Pesaro, città natale della madre, dove poi per tre volte si presentò candidato alle elezioni politiche nelle file dei radicali (nel 1890, 1892 e 1895) risultando sempre sconfitto. Sul finire del 1893 terminò anche la sua esperienza di consigliere provinciale e nelle elezioni amministrative del 1894 non venne ricandidato.
Nel maggio 1890 Nathan fu tra gli organizzatori del grande congresso democratico che si tenne nella capitale e si concluse con l’approvazione del cosiddetto Patto di Roma, il documento che da allora rappresentò la piattaforma programmatica del partito radicale. Sul finire di quell’anno presentò senza successo la sua candidatura al consiglio comunale di Roma. Nell’aprile 1891, comunque, l’amministrazione capitolina lo nominò commissario per la Congregazione di carità, il nuovo ente istituito in applicazione della legge Crispi che doveva occuparsi della gestione delle istituzioni pubbliche di beneficenza. È del 1892, invece, la sua nomina a membro del Consiglio delle associazioni federate per la pubblica assistenza a Roma.
Nei primi anni Novanta, in linea con le posizioni assunte dalla democrazia radicale e repubblicana, Nathan accentuò la propria avversione per il governo crispino, di cui criticò la politica di espansione coloniale (a cui pure non era pregiudizialmente ostile), gli squilibri nel carico fiscale, l’ostinato triplicismo e la francofobia, la deriva autoritaria e la stretta repressiva. Soprattutto fece propria la battaglia per la moralizzazione della vita pubblica che culminò nella denuncia dello scandalo della Banca romana e nella pubblicazione di un opuscolo (Il dovere presente, Roma 1895), in cui attaccò duramente il sistema di potere che ruotava intorno a Crispi e in parte a Giolitti. Anticipando di qualche mese la Lettera agli onesti di tutti i partiti di Felice Cavallotti, si qualificò come uno degli esponenti più lucidi dello schieramento democratico, capace però al tempo stesso di interloquire e di trovare punti di accordo, su questi temi, anche con figure del mondo conservatore come Sidney Sonnino.
Sulla base di questo programma nel luglio 1895 Nathan venne rieletto nel consiglio comunale di Roma e nel giugno 1896 subentrò al dimissionario Lemmi come gran maestro del GOI. In Campidoglio restò questa volta per sette anni consecutivi, fino al 1902, e si segnalò per la partecipazione attiva ai lavori del consiglio oltre che per lo spirito duttile e pragmatico con cui interpretò il suo ruolo di oppositore. Nonostante il suo convinto anticlericalismo, non esitò a collaborare su certe questioni con la giunta cattolico-liberale guidata da Emanuele Ruspoli e nel 1900 votò a favore dell’elezione del nuovo sindaco Prospero Colonna.
L’ascesa di Nathan al vertice del GOI fu accolta con grande favore dall’ala radical-repubblicana e socialista dell’obbedienza massonica: essa infatti si aspettava da lui una netta discontinuità rispetto alla gran maestranza di Lemmi, che era stata caratterizzata da una piatta adesione alla politica crispina. In realtà, però, gli elementi di continuità prevalsero su quelli di rottura. Come il suo predecessore, egli insistette sulle battaglie per la laicizzazione dello Stato (matrimonio civile, divorzio, abolizione dell’insegnamento religioso a scuola) e contribuì ad accentuare la fisionomia patriottica dell’istituzione liberomuratoria. In un discorso tenuto nel 1898 a Torino definì la massoneria «associazione patriottica ed educativa, non associazione politica» (Il compito massonico. Discorso inaugurale del Gran Maestro E. N. alla Conferenza massonica nazionale. Torino, 20 settembre 1898, Roma 1898). Egli finì così per deludere quegli affiliati che auspicavano una più netta democratizzazione della massoneria e il suo diretto coinvolgimento nelle competizioni politiche e amministrative a sostegno dell’estrema sinistra. Persino durante la crisi di fine secolo Nathan tenne un atteggiamento defilato e prudente e cercò di mantenere il GOI lontano dagli scontri politici e di piazza. Preoccupato dalla crescita del movimento socialista e dal radicalizzarsi della lotta politica, si avvicinò per qualche tempo alle posizioni di Sonnino e subì una svolta in senso moderato che lo portò a vagheggiare un centro laico e liberale capace di emarginare, a sinistra e a destra, socialisti e cattolici.
Gravida di aspettative andate deluse, la sua fu in ultima analisi una gran maestranza di transizione. Fra i pochi successi che poté vantare vi fu il trasferimento del GOI nella nuova prestigiosa sede di palazzo Giustiniani, che fu inaugurata il 21 aprile 1901. Anche la battaglia moralizzatrice per restituire alla massoneria un’immagine di assoluta onestà, che pure egli perseguì con coerenza, fu macchiata da un episodio poco chiaro, il suo coinvolgimento in uno dei casi giudiziari più scabrosi dell’Italia d’inizio Novecento, il caso Murri, che ebbe per oltre un anno larghissima eco sulla stampa. Nathan fu accusato di aver favorito la fuga dall’Italia di un accusato di omicidio, Tullio Murri, figlio dell’illustre clinico Augusto, entrambi esponenti dell’alta borghesia laica bolognese. Nathan riuscì alla fine a dimostrare la propria estraneità alla vicenda, ma l’immagine sua e della massoneria ne uscirono offuscate.
Il 15 novembre 1903 presentò le sue irrevocabili dimissioni da gran maestro e nel febbraio 1904 gli subentrò Ettore Ferrari. Per Nathan si trattò comunque di difficoltà passeggere, che si affiancarono ai successi conseguiti su altri versanti della sua attività, come quelli che lo videro assurgere a protagonista delle celebrazioni per il centenario di Mazzini. Fu lui tra l’altro, il 22 giugno 1905, a svolgere la commemorazione solenne nell’aula magna del Collegio Romano a cui presenziò anche il re. Il discorso che tenne in questa circostanza, per il valore simbolico della cerimonia e per il tono di elevata ufficialità che essa assunse, rappresentò la definitiva consacrazione di Mazzini nel Pantheon dei padri della patria, insieme a Vittorio Emanuele II, Cavour e Garibaldi.
Dopo la svolta liberale d’inizio secolo dei governi Zanardelli e Giolitti, anche per Nathan si aprì una nuova fase politica. Pur serbando una linea di equilibrio e di moderazione, tornò a caldeggiare il progetto di un’alleanza progressista di matrice laica che includesse tutte le forze riformatrici e isolasse il blocco clerico-conservatore. Fu questa in effetti l’alleanza che vinse le elezioni amministrative di Roma in due distinte tornate, il 30 giugno e il 10 novembre 1907, e che il 25 novembre seguente elesse Nathan sindaco della capitale. La componeva un ventaglio di forze politiche comprendente liberali di sinistra, radicali, repubblicani e socialisti.
La giunta Nathan guidò l’amministrazione municipale di Roma per sei anni, fino al novembre 1913, e lasciò un’impronta indelebile nella storia della città. Potendo giovarsi anche dei provvedimenti finanziari a favore della capitale previsti dalla legge del luglio 1907, avviò un diversificato piano di interventi che toccò tutti gli ambiti della sfera amministrativa introducendo significative innovazioni. Uno dei principali settori su cui Nathan concentrò l’attenzione fu quello delle scuole pubbliche, che versavano a Roma in condizioni particolarmente precarie. Oltre ad avviare un’intensa opera di edilizia scolastica, furono istituiti biblioteche, giardini d’infanzia, scuole all’aperto, corsi estivi di ripetizione, e soprattutto fu difesa la connotazione laica dell’istruzione rifiutando di impartire nelle scuole comunali alcun insegnamento di natura confessionale. Poderoso fu poi l’intervento di municipalizzazione dei pubblici servizi, che, sotto la guida dell’assessore ai servizi tecnologici Giovanni Montemartini, portò alla nascita di aziende comunali in vari settori, fra cui quelli per la gestione delle tramvie e dell’illuminazione elettrica. Come previsto dalla legge del 1903, le delibere relative alla municipalizzazione dei servizi pubblici furono sottoposte a un referendum popolare che si tenne nel 1909, nella data simbolicamente evocativa del 20 settembre. Questa consultazione popolare sancì l’inizio di un processo di crescente coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte dell’amministrazione che si manifestò sia attraverso altri referendum, indetti per decidere questioni specifiche anche a livello rionale, sia mediante la nascita di alcune associazioni di quartiere. Il risultato fu una sorta di inedita «democrazia partecipativa», che accrebbe il consenso intorno alla giunta Nathan. La costruzione di numerose opere pubbliche (palazzi, monumenti, ponti, piazze, strade, sistemi di fognatura), alcune delle quali inaugurate nel 1911 in occasione dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’Unità, e l’ambizioso intervento di recupero igienico e scolastico dell’Agro romano contribuirono ulteriormente a creare un’opinione favorevole intorno all’operato dell’amministrazione bloccarda.
Alcuni interventi andarono però a toccare gli interessi di certi gruppi di potere locali (famiglie aristocratiche proprietarie di terreni e immobili, società costruttrici, banche legate al Vaticano), che alla fine si coalizzarono per far cadere la giunta Nathan. Tali furono il nuovo piano regolatore, approvato nel novembre 1908, l’aumento della tassa municipale sulle aree fabbricabili e più in generale il processo di costituzione del demanio comunale, che fu uno punti più qualificanti dell’attività della giunta popolare e lo strumento di cui essa si servì per combattere le rendite e i monopoli.
La fine dell’amministrazione Nathan fu però decretata soprattutto dai mutamenti sopraggiunti nel quadro politico nazionale dopo la guerra di Libia, con lo spostamento del Partito socialista su posizioni rivoluzionarie (e il conseguente abbandono della politica di alleanza con i partiti ‘affini’), le tensioni interne al Partito repubblicano e l’apertura di Giolitti ai cattolici nelle elezioni del 1913 concretizzatasi nel patto Gentiloni. Nathan vide sfaldarsi il blocco laico-democratico che lo aveva sostenuto e tramontare l’idea, che aveva a lungo coltivato, di poter trasferire l’esperienza romana a livello politico nazionale. L’11 novembre 1913 presentò così le dimissioni da sindaco e le successive elezioni amministrative del giugno 1914, a cui si ripresentò come candidato d el blocco popolare, sancirono la sua sconfitta e il successo dell’alleanza clerico-moderata.
Per Nathan non era però ancora arrivato il tempo della definitiva uscita dalla scena pubblica. Nella seconda metà del 1914, in sintonia con la linea adottata dal GOI, si batté per sollecitare l’intervento in guerra dell’Italia a fianco della Francia e dell’Inghilterra, e nel giugno 1915, appena rientrato da San Francisco, dove si era occupato dell’allestimento del padiglione italiano all’Esposizione internazionale, non esitò ad arruolarsi come volontario. Tuttavia, ormai quasi settantenne, venne presto rimandato a casa con una licenza di convalescenza e non fece più ritorno al fronte. Fu allora attivissimo nel cosiddetto fronte interno, impegnandosi in conferenze propagandistiche e in varie iniziative a sostegno dello sforzo bellico.
Nel giugno 1917 partecipò insieme al gran maestro Ferrari e ad altri dirigenti liberomuratori al congresso delle massonerie dei paesi alleati e neutrali, che si tenne a Parigi e discusse, fra l’altro, dei futuri assetti territoriali dell’Europa. Dell’incontro apparve sulla stampa un resoconto parziale e inesatto, da cui risultava che la delegazione massonica italiana aveva accettato la logica del plebiscito quale criterio per la soluzione delle controversie sui confini e comunque non aveva avanzato alcuna rivendicazione sulla sponda orientale dell’Adriatico. Le cose non stavano in questi termini, ma la polemica che ne seguì indusse Ferrari alle dimissioni e portò nel novembre 1917 all’elezione di Nathan a gran maestro. I suoi sentimenti patriottici erano infatti fuori discussione e, anzi, proprio in quegli anni egli venne accentuando il proprio nazionalismo allontanandosi dalla visione mazziniana e sposando in pieno le richieste di espansione italiana nella Dalmazia. A questi principi, uniti alla denuncia del pericolo bolscevico e del suo «contagio» in Occidente, cui dedicò alcuni articoli pubblicati nel maggio-giugno 1919 sulla rivista Nuova Antologia, si ispirò la sua seconda gran maestranza, alla quale pose termine con le dimissioni presentate proprio nel giugno di quell’anno.
Ormai indebolito dall’avanzare dell’arteriosclerosi, morì a Roma il 9 aprile 1921.
Opere: Scritti politici di E. N., a cura di A.M. Isastia, Foggia 1998; Scritti massonici di E. N., a cura di G. Schiavone, Foggia 1998. Entrambi i volumi contengono elenchi dettagliati degli scritti di e su Nathan.
Fonti e Bibl.: la biografia di riferimento resta quella di A. Levi, Ricordi della vita e dei tempi di E. N. (Firenze 1927), che poté consultare l’archivio Nathan, poi andato disperso; essa è stata ristampata a cura di A. Bocchi (Pisa-Lucca 2006) con un’accurata nota bibliografica. Adesso è da vedere anche N. Ciani, Da Mazzini al Campidoglio. Vita di E. N., Roma 2007, anch’essa con esauriente bibliografia. Fra i numerosi studi che in tempi relativamente recenti hanno gettato luce sui vari ambiti dell’attività di Nathan si vedano: M.I. Macioti, E. N. Un sindaco che non ha fatto scuola, Roma 1983; G. Spadolini - C. Ceccuti, E. N. (1845-1921), in I protagonisti dell’intervento pubblico in Italia, a cura di A. Mortara, Milano 1984, pp. 147-177; M. Canali, N. e il movimento operaio romano. La scissione della Camera del lavoro (1907-1910), in Storia contemporanea, XV (1984), 6, pp. 1065-1082; F. Cordova, Massoneria e politica in Italia, 1892-1908, Roma-Bari 1985, ad ind.; Roma nell’età giolittiana. L’amministrazione Nathan, Roma 1986; M. Gibson, Prostitution and the State in Italy, 1860-1915, New Brunswick (NJ) 1986; G. Talamo - G. Bonetta, Roma nel Novecento, Bologna 1987, ad ind.; M. Sanfilippo, La Santa Sede, E. N. e le ripercussioni internazionali delle celebrazioni per il 20 settembre 1910, inArchivio della Società romana di storia patria, CXIII (1990), pp. 347-360; A.M. Isastia, E. N. Un «mazziniano inglese» tra i democratici pesaresi, con appendice di documenti a cura di P.D. Mandelli, Milano 1994; G. Barbalace, Riforme e governo a Roma in età giolittiana, Napoli 1994, ad ind.; P. Salvetti, Immagine nazionale ed emigrazione nella Società Dante Alighieri, Roma 1995, ad ind.; B. Pisa, Nazione e politica nella Società Dante Alighieri, Roma 1995, ad ind.; A.M. Isastia, Ettore Ferrari, E. N. e il congresso massonico del 1917 a Parigi, in Il Risorgimento, 1995, n. 3, pp. 603-643; E. N. Un progetto politico e culturale per la capitale (1845-1921), a cura di M.I. Macioti, fasc. monografico di La critica sociologica, 1997, n. 121, pp. 15-140; B. Pisa, E. N. e la «politica nazionale», in Rassegna storica del Risorgimento, 1997, n. 1, pp. 17-66; E. N. Il pensiero e la figura a 150 anni dalla nascita, a cura di A.M. Isastia, Roma 1998; V. Vidotto, Roma contemporanea, Roma-Bari 2001, ad ind.; Roma capitale, a cura di V. Vidotto, Roma-Bari 2002, ad ind.; G. Orsina, Anticlericalismo e democrazia. Storia del Partito radicale in Italia e a Roma, 1901-1914, Soveria Mannelli 2002, ad ind.; R. Ugolini, E. N. tra idealità e pragmatismo, Roma 2003; F. Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Bologna 2003, ad ind.; M. Finelli, Il monumento di carta. L’Edizione nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini, Rimini 2004, ad ind.; Roma in transizione. Ceti popolari, lavoro e territorio nella prima età giolittiana, a cura di P. Carusi, Roma 2006, ad ind.; R.P. Coppini, Meyer Moses Nathan ed il sostegno all’organizzazione mazziniana, in Studi di storia offerti a Michele Luzzati, a cura di S.P.P. Scalfati e A. Veronese, Pisa 2009, pp. 91-98; A.M. Isastia, Storia di una famiglia del Risorgimento. Sarina, Giuseppe, E. N., Torino 2010; Municipalismo democratico in età giolittiana. L’esperienza della giunta Nathan, a cura di D.M. Bruni, Soveria Mannelli 2010.