MONTECUCCOLI, Ernesto
MONTECUCCOLI, Ernesto. – Nacque nel 1582 dal conte Alfonso e da Sidonia de Golgin, probabilmente a Montese, feudo del prozio Girolamo Montecuccoli.
Fu battezzato da procuratori di Elisabetta d’Asburgo (sorella dell’imperatore Rodolfo II e vedova di Carlo IX di Francia) e dal cardinale Luigi d’Este. Mancano dettagli sulla sua formazione: i primi documenti che ne menzionano il nome, nel 1602, ricordano le sue qualità di giostratore. Fra il luglio 1603 e il marzo 1604, accompagnò in Inghilterra il padre Alfonso, che era stato inviato dal granduca Ferdinando I de’ Medici a Londra per congratularsi con il nuovo re Giacomo I Stuart.
Nell’agosto 1604 fu presentato all’imperatore Rodolfo II. Fu presto inviato con le truppe imperiali in Transilvania, dove István Bocsksayi si era fatto proclamare principe e guidava con il sostegno della Porta la rivolta antiasburgica, esplosa in ottobre. Durante questa campagna, Montecuccoli conobbe Giorgio Basta, vicegovernatore dell’Ungheria superiore e autorevole scrittore militare. Montecuccoli rientrò in Italia nel 1607, dopo la morte del padre, e dovette riscuotere i crediti ereditati presso la corte del granduca di Toscana.
Nel 1609 riprese la pratica delle armi. La successione al Ducato di Jülich-Kleve (contesa fra l’elettore Giovanni Sigismondo di Brandeburgo e il duca Volfango Guglielmo del Palatinato-Neuburg) aveva provocato l’intervento delle truppe imperiali nella regione. Montecuccoli si distinse, come «venturiere» (cioè in servizio volontario), nell’assedio di Jülich del settembre 1609, a seguito del quale l’esercito dell’imperatore (che voleva imporsi come arbitro della lite) si impadronì della città. Quindi, nominato tenente colonnello di un reggimento di corazze, passò a combattere i turchi in Ungheria.
Nel 1612 fu fatto prigioniero. Per pagare il suo riscatto offrì una somma anche lo zio paterno Desiderio; alla morte di quest’ultimo, avvenuta poco dopo, Ernesto rientrò in Italia e cercò di guadagnare la successione del feudo di Sassostorno (odierna frazione del Comune di Lama Mocogno). Il contenzioso si risolse nel 1615, anno in cui compì un nuovo breve viaggio in Italia: il possesso del feudo gli fu assegnato insieme a suo fratello Girolamo.
Lo scoppio della guerra di Gradisca fra Venezia e l’Austria gli offrì nuove occasioni di distinguersi. I veneziani avevano raggiunto risultati di rilievo con la presa di Senj e l’occupazione di diversi centri oltre confine. Montecuccoli fu impegnato nella controffensiva asburgica e nel dicembre 1615, durante i combattimenti per recuperare Lucinico, fu ferito.
Il suo ruolo nella corte viennese prendeva intanto sempre maggiore corpo. Nel 1618, fu uno dei tre ufficiali (insieme con Enrico di Dampierre e Rambaldo di Collalto) che, per ordine dell’arciduca Ferdinando, presero prigioniero il cardinale Melchior Klesl, consigliere dell’imperatore Mattia d’Asburgo. All’inizio della guerra dei Trent’anni, gli fu affidato un reggimento di corazzieri. Posto a presidio della Bassa Austria nella prima metà del 1620, prese parte alla battaglia della Montagna Bianca (8 novembre 1620). Conseguito il grado di generale (20 novembre 1621) e l’ufficio di comandante della speciale guardia dell’imperatore Ferdinando II, negli anni successivi fu uno dei luogotenenti di Albrecht von Wallenstein. Durante la fase danese della guerra dei Trent’anni, in particolare durante la campagna in Slesia del 1626, sostituì Wallenstein come comandante in capo.
Nel 1627, i ruoli della corte imperiale mostrano che Montecuccoli aveva assunto la carica di vicepresidente del Consiglio di guerra imperiale. Nel 1628, fu posto con il suo reggimento di stanza a Ulma. L’anno seguente, ebbe il comando di un corpo di spedizione di 17.000 uomini, inviato dall’imperatore Ferdinando II nei Paesi Bassi in aiuto dell’esercito spagnolo impegnato nella guerra con le Province Unite. Sconfisse per tre volte gli olandesi sul campo e conquistò Amersfoort. Dovette tuttavia ritirarsi senza realizzare il suo proposito di far svernare le truppe sul teatro delle operazioni.
Tornato in Germania, fu dapprima impegnato in Slesia nel recupero di alcuni beni ecclesiastici già sequestrati dai protestanti; poi si concentrò nel riunire nuove forze, obiettivo reso urgente dall’inizio della campagna del re svedese Gustavo Adolfo (sbarcato il 4 luglio 1630 in Pomerania). Infine, nel 1631, passò nel Brandeburgo: in aprile, si trovava nella guarnigione di Francoforte sull’Oder quando la città fu presa dall’esercito di Gustavo Adolfo. Solo fortunosamente riuscì a mettersi in salvo. Alla metà del maggio successivo, l’accampamento del reggimento di Montecuccoli fu attaccato a Burgstall (presso Magdeburgo), subendo «una camisata così calda all’improvista […] che fu tagliato in pezzi avanti che potesse mettersi in ordine» (Spanheim, 1634, p. 48). Egli trasferì quindi le sue unità residue in Slesia, insieme con l’esercito di Rudolf von Tiefenbach, e colse qualche risultato combattendo contro l’elettore del Brandeburgo Giorgio Guglielmo di Hohenzollern.
Prese parte anche alla battaglia di Breitenfeld (17 settembre 1631), vinta da Gustavo Adolfo. Quindi, si fermò a Golgau (Golgow), in Slesia, dove si pensava si sarebbe concentrata la successiva offensiva svedese. Le sue condizioni di salute iniziarono a peggiorare e fu richiamato a Vienna; partecipò però regolarmente alle sedute del Consiglio di guerra imperiale.
Sul finire del 1631 si recò dapprima al campo di Jan T’Serclaes conte di Tilly; poi – guadagnato il grado di sergente generale di battaglia – raggiunse sul Reno il duca Carlo IV di Lorena, nobile francese che aveva dato il suo appoggio all’imperatore Ferdinando. Tornato Wallenstein al comando dell’esercito imperiale, a Montecuccoli fu offerto il comando di un corpo di 20.000 uomini da mandare nel Ducato di Jülich. Invece, dopo un soggiorno a Vienna, fu di nuovo inviato in Alsazia presso Carlo di Lorena, che continuava a simpatizzare per la causa asburgica sebbene Luigi XIII, con il trattato di Liverdun del 26 giugno 1632, gli avesse ingiunto di rompere le relazioni con l’imperatore.
Montecuccoli tornò in campagna dopo aver incontrato Wallenstein e dopo aver ricevuto a Passau il comando di un nuovo reggimento. Partecipò alle operazioni che dovevano sventare il disegno svedese di unire il fronte danubiano a quello renano. A questo scopo, concentrò le sue forze (che ammontavano a circa 20.000 uomini) a Strasburgo, in Alsazia. Iniziò quindi operazioni nel Baden-Württemberg conquistando Bretten, Durlach e Knittlingen, che fu pesantemente distrutta. In agosto, però, rischiando di essere accerchiato presso Wiesloch (poco a sud di Heidelberg) dall’esercito del generale svedese Gustav Horn e dalle truppe del duca Giulio Federico di Württemberg, dovette spostarsi presso Philippsburg, sul Reno. Infine, dopo aver preso Rein e fatto demolire il ponte sul Reno costruito dagli svedesi, raggiunse Breisach.
Incontrò Wallenstein il 4 settembre 1631. Dopo un nuovo soggiorno a Vienna, fu inviato in Alsazia. Recuperò due forti sul fiume Lech già presi dagli svedesi. Non molto tempo dopo, si adoperò per impedire agli svedesi l’assedio di Landsberg am Lech (in Baviera). Riunite le sue truppe a quelle dell’elettore di Baviera Massimiliano I, preparò l’assalto a Donauwörth, e compì scorrerie nel territorio di Federico V margravio di Durlach, sospettato di relazioni con gli svedesi.
Non partecipò alla battaglia di Lützen (6 novembre 1632). Si trovava infatti a Ratisbona, con l’intenzione di affrontare gli svedesi e i loro alleati sul Lech. La sua ultima campagna militare fu quella dell’estate 1633. Passato con 4.000 uomini a presidiare Breisach (quasi la sola fortezza di rilievo rimasta agli Imperiali), si adoperò per radunare truppe e rifornimenti. Tuttavia, durante una sortita, subì uno scontro (forse un vero e proprio agguato), fu ferito e fatto prigioniero.
Morì a Ensisheim, presso Colmar, dove era stato trasferito, il 18 luglio 1633. Gli è stata attribuita (da Martelli, 1990, pp. 15 s.) la redazione del Libro de’ opuscoli giometrici o più propriamente Trattato di architettura militare conservato a Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, ms. A 551. Si tratta di uno studio sulle fortificazioni (di 28 carte rectoverso), avvertito del metodo matematico e geometrico del XVII secolo.
Fonti e Bibl.: f. Spanheim, Il soldato svezzese. Historia della guerra tra Ferdinando II imperatore, e Gustavo Adolfo re di Suetia, Venetia 1634, pp. 48, 341 s., 373; G. Ricci, De bellis Germanicis libri decem… ab anno 1618 usque ad annum 1648, Venetiis 1648, passim; C. Campori, Raimondo Montecuccoli: la sua famiglia e i suoi tempi, firenze 1876, passim; f. Martelli, Le leggi, le armi e il principe: studi sul pensiero politico di Raimondo Montecuccoli, I, Bologna 1990, ad ind.; G. Schreiber, Raimondo Montecuccoli. Feldherr, Schriftsteller und Kavalier. Ein Lebensbild aus dem Barock, Graz-Wien-Köln 2000, ad ind.; B. Rossi, Raimondo Montecuccoli: un cittadino dell’Europa del Seicento, Pontecchio Marconi 2002, ad indicem.