MEZZABOTTA, Ernesto
– Nacque a Foligno nel 1852.
Nel volume di memorie il M. non fornisce alcuna informazione né sulla sua famiglia né sull’educazione ricevuta, limitandosi a parlare degli studi liceali e del successivo trasferimento a Roma. Qui, mentre alla Sapienza seguiva i corsi di lettere, si manteneva dando lezioni private e alloggiava presso un amico del padre, Stanislao Sterbini, già direttore delle dogane pontificie. Nel 1873 ebbe un posto di «alunno» nella divisione delle scuole secondarie del ministero della Pubblica Istruzione.
Un suo profilo interessante è quello tracciato da Antonio Labriola in una lettera a B. Spaventa del 10 marzo 1874 in cui si dice che il M., «vice segretario del ministero – con 1800 lire di stipendio, e con 1200 lire all’anno come alunno della scuola normale», era «un servitore del Berti [Domenico, preside della facoltà] e come lui cattolico e darwiniano a un tempo. Ripieno di gas enciclopedico – proseguiva Labriola – parla di tutto e piglia verso di tutti gli altri professori un’aria di protettore. Si mangia lo stipendio senza andare al ministero, perché all’Università ha ufficio di figurante» (p. 398). Al ministero il M. non restò molto né diede mai un grosso contributo di lavoro: nel 1874 entrò come bibliotecario (assistente di II classe) alla Biblioteca Alessandrina restandovi fino al 1883.
Intanto era sbocciata in lui la passione per il giornalismo, favorita dalla consultazione serale delle collezioni della Revue des Deux Mondes e dall’ammirazione per un mestiere che ai suoi occhi era soprattutto capacità di affascinare raccontando: «Io – dirà poi – sognavo la gioia di scrivere in un giornale di provincia quell’eterno articolo, intitolato “La situazione” che per tanti anni ho veduto trascinare in prima pagina di tutti gli Echi di Bitonto e di tutte le Sentinelle di Massa-Lombarda» (Memorie di un giornalista, p. 6). Prese allora a frequentare un caffè di fronte al teatro Valle che era all’epoca luogo di ritrovo dei giornalisti giunti da varie parti del Regno dopo il 20 sett. 1870. Fra le personalità da lui più ammirate vi erano il direttore del Fanfulla, B. Avanzini, il drammaturgo G. Costetti, G. Turco, allora segretario di redazione del Fanfulla e in seguito direttore del Capitan Fracassa. Fu appunto a Turco che il M. propose un suo articolo poi pubblicato nella cronaca di Roma del Fanfulla sotto lo pseudonimo di «Sergio», uno dei tanti da lui adottati secondo un costume all’epoca abbastanza diffuso.
Ebbe così inizio un’attività che lo portò a collaborare con numerose testate, dapprima con Il Bersagliere, poi con Il Capitan Fracassa e Il Fanfulla, più oltre con Il Messaggero, Il Corriere, La Domenica letteraria, La Ribalta, Italia coloniale, Tito Vezio. Quando si fu affermato si diede anche lui a fondare o a dirigere alcuni fogli, di solito dalla vita breve per mancanza di fondi: La Scintilla (1880: con lui anche P. Cossa, L. Castellazzo, R. Giovagnoli), Il Moschettiere (1885), La Sera (1890).
Memore del suo primo impiego e più tardi segretario particolare di D. Berti, già ministro della Pubblica Istruzione, e poi di M. Coppino, il M. tornò di tanto in tanto sui temi dell’educazione, per esempio prendendo posizione in favore dei maestri, denunciando – in una lettera a R. Bonghi, pubblicata ne La Scuola italica nel novembre 1875 – le cattive condizioni della scuola primaria e sollecitando il governo a intervenire. Rientrò in questo filone di segnalazione della gravità di alcuni problemi di interesse pubblico la sua esperienza di direttore del settimanale La Provincia di Roma. Eco dei Municipi italiani, che si pubblicò – anche se con cadenze irregolari – dal dicembre 1886 al marzo 1887.
Esprimevano però più fedelmente la sua personalità gli articoli che nel 1889 scrisse con vari pseudonimi per La Cronaca nera (dove l’aggettivo faceva riferimento al colore dell’abito talare): alle nefandezze e alla corruzione dilagante nell’alto clero il M. contrapponeva qui le virtù e il patriottismo dei parroci. L’argomento, di chiara impronta garibaldina, era tra quelli che gli stavano più a cuore tanto che lo riprese – con l’intenzione di dare ampia diffusione alle notizie sulla miseria del basso clero – in una rubrica, intitolata «Cronaca nera» tenuta nel quotidiano La Sera, da lui diretto con un indirizzo dichiaratamente monarchico costituzionale progressista. Uno dei motivi della breve durata di questi fogli stava nel fatto che di solito servivano a sostenere qualche candidatura e lo facevano con toni assai aspri: in questo caso quella del radicale A. Fortis; lo stesso il M. fece nel 1892 attraverso un altro organo da lui diretto, La Patria, in cui pubblicava i discorsi dei candidati del gruppo radicale legalitario e alcune rubriche di attualità come «Momento politico» o «Ritratto del giorno».
Nel 1893, dopo un anno di lavoro nella Biblioteca nazionale centrale di Roma che aveva messo a dura prova la pazienza del direttore D. Gnoli, il M. passò col grado di sottobibliotecario alla Biblioteca Casanatense. Intanto profittando del suo impiego aveva preso confidenza con i materiali che narravano vicende dei secoli passati appassionandosi in particolare alle trame dense di mistero e ai personaggi morti tragicamente. Dotato di una grande facilità di scrittura, si dedicò allora alla stesura di romanzi popolari trovando a Roma in E. Perino un editore specializzato nel genere nonché disponibile ad accettare le sue storie a puntate e a pagarlo di volta in volta con somme anche modeste ma che servivano al M. per mantenere a sé e alla famiglia un livello di vita in cui una parte importante era presa dai dolciumi e dal gioco ma non erano rari i gesti di generosità verso colleghi in cattive acque.
La tecnica di scrittura era quella del feuilleton: storie interminabili ma capaci di tenere avvinto il lettore di puntata in puntata, in attesa di una fine sempre procrastinata. Molti aneddoti fiorirono sui trucchi usati dal M. per far sopravvivere oltre ogni limite i propri intrecci. In questo lo aiutarono molto il mestiere di giornalista e il piacere dell’affabulazione. Glielo riconobbe tra gli altri L.A. Vassallo che lo aveva avuto come redattore al Messaggero e al Capitan Fracassa: «Non ebbi mai ad incontrare un collaboratore più prezioso e pronto di lui. A qualunque ora, su qualsiasi tema, egli traeva un arsenale di argomenti e raffronti storici da quella biblioteca universale che era il suo cervello, e buttava giù un articolo eccellente nel breve tempo che sia necessario per iscrivere a uno che rapidamente scriva senza esitazioni e senza pentimenti» (Vassallo, p. 69).
Temi e ambientazione prescelti dal M. per i suoi romanzi erano di carattere storico-religioso: su di essi costruiva storie di intrighi e di potere, cari ad un pubblico popolare e spesso utilizzati dal M. come tramite per manifestare il proprio anticlericalismo e diffondere fra i lettori la condanna di una condotta immorale anche dal punto di vista politico. Nulla veniva lasciato inespresso, come è ben evidente ne I cento papi, pubblicato da Perino nel 1887, che inizia con queste parole: «Narrando la storia dei Papi, raccontiamo un terribile dramma d’intrigo e di terrore, che intessuto nei primi tempi dell’era moderna si è venuto a svolgere fino ai nostri tempi. Il papato riassume in sé la storia di tutto ciò che fu sofferto dagli uomini liberi da Cristo in poi».
Uscì certamente dalla sua penna, anche se in forma anonima, un altro testo molto popolare, apparso anonimo, Mastro Titta (Le memorie del boia di Roma. Memorie di un carnefice scritte da lui stesso, Roma 1891): qui il M., che partendo dal taccuino (pubblicato da A. Ademollo nel 1886) su cui il «boia del papa» – al secolo Giovanni Battista Bugatti – annotava puntualmente le esecuzioni portate a termine, raccontava in prima persona i macabri misfatti che avevano condotto i malfattori al patibolo. Un altro titolo, Racconti della Regina Saba (Roma 1885), pubblicato nella collana umoristica dello stesso editore sotto il nome di Adele Mezzabotta, induce a ritenere che lo stesso M. possa avere attribuito alla moglie Adele Briano un prodotto per timore che l’editore potesse dirgli di no. Dalla moglie – che collaborò con lui a Il Monitore con lo pseudonimo di Dorrit – ebbe due figli, Aldo e Fulvia.
Fece parte dell’Accademia filodrammatica Pietro Cossa, nella quale venne eletto membro del comitato di lettura, una sorta di tribunale incaricato di giudicare i lavori dei giovani autori. Tra le collaborazioni fuori dei confini nazionali, va segnalata quella, durata a lungo, al Siècle, con articoli il cui contenuto fu apprezzato al punto da meritargli dal ministro dell’Istruzione francese la palma di dottore accademico. Che in lui si facesse ancora sentire l’interesse per l’attualità politica e per le figure più controverse è dimostrato dai lavori che a metà anni Novanta dedicò a personaggi come G.E. Boulanger, O. von Bismarck, O. Baratieri.
Il M. morì a Roma il 15 luglio 1901.
Scritti del M., tutti editi a Roma: L’amore di un dotto, 1876; Papa Sisto. Racconto storico illustrato, 1883; Il re di Napoli: settembre 1884, 1884; Il congresso delle maschere a Roma. Roba propria e d’altri, 1885; La papessa Giovanna. Romanzo storico romano, 1886 (nuova ed., Firenze 1930); I cento papi, 1887; Memorie di un giornalista. Quindici anni al fuoco, I, 1887; I Vespri siciliani: romanzo storico illustrato, 1890 (nuova ed. Firenze 1933); Boulanger: dalla dittatura al suicidio, 1892; Il processo dei generali [resoconto del processo contro O. Baratieri], 1896; Vita politica diplomatica e aneddotica di Ottone di Bismarck, 1898; Il fior d’Italia. Racconto storico, 1901.
Fonti e Bibl.: Necr., in Il Popolo romano, 18 luglio 1901; Il Nuovo Fanfulla di Roma, 17 luglio 1901; Capitan Fracassa, 17 luglio 1901; Il Messaggero, 16 e 17 luglio 1901; L.A. Vassallo (Gandolin), Gli uomini che ho conosciuto: seguito dalle Memorie d’uno smemorato, Milano 1911, pp. 63-76; R. Marchetti, Mezzo secolo. Ricordi di un giornalista caricaturista, Roma 1940, pp. 25, 27; A. Labriola, Carteggio, I, 1861-1880, a cura di S. Miccolis, Napoli 2000, ad ind.; G. Gaetani, Poeti bibliotecari e bibliotecari poeti, in Fuidoro, III (1956), p. 136; V. Castronovo, Per la storia della stampa italiana, in Nuova Rivista storica, XLVII (1963), 1-2; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell’Ottocento, I-II, Roma 1963, ad ind.; Id., La stampa periodica romana dal 1900 al 1926, I-II, Roma 1977, ad ind.; R. Ugolini, Per una storia dell’amministrazione centrale: il ministero della Pubblica Istruzione 1859-1881, Roma 1979, ad indicem.
P. Bernasconi