FERRERO, Ermanno
Nacque di doviziosa famiglia, da Nestore e da Sofia Vassalli, a Torino, il 27 ag. 1855. Fece a Torino tutti gli studi medi, quindi iscrivendosi alla facoltà di giurisprudenza di quell'università, dove si laureò il 3 apr. 1876. La dissertazione sui libertini, cui la facoltà decretò, con la lode accademica, la dignità di stampa, fu il suo primo libro (Dei libertini,Torino 1877), e valse al F. l'aggregazione (novembre 1878) alla facoltà di lettere e, ancor prima (5 giugno 1878), la nomina a socio nazionale dell'Accademia delle scienze. Furono l'ambito e l'area d'ogni sua successiva attività scientifica. Perché il domestico censo gli permise di dedicarsi totalmente agli studi: essenzialmente di storia e di archeologia.
Non propriamente storico e neppure archeologo militante il F., ultimo erede di quella tradizione culturalistico-classicistica della élite subalpina, che dal Napione e dallo Sclopis, oltre il Balbo, i Promis e i Baudi di Vesme, si continua fino, ed oltre, E. Ricotti. Che del F. fu il modello più prossimo e il maestro più vero. Ingegno più letterario ed umanistico del Ricotti, come insegnano i lavori del F. nel campo della nostra letteratura (in collaborazione con Giuseppe Müller tradusse la monografia di A. von Reumont su Vittoria Colonna, Torino 1888, e alla memoria del Reumont dedicò, edito sempre in collaborazione col Müller, il Carteggio della marchesa di Pescara, Torino 1888, 2 ediz., con suppl. a cura di D. Torsi, ibid. 1892), dal Ricotti, e, come il Ricotti e i contemporanei di Toscana, dall'italo-germanico Reumont derivò il concetto d'una storia "italiana" in chiave di Staatsgeschichte alla Ranke, nella quale inserì, lezione del presente ed auspicio dell'avvenire, la storia della monarchia sabauda.
Questa iniziava, per il F., con la cosiddetta "prima restaurazione", cioè col rientro di Emanuele Filiberto nel patrio Ducato (ancor nel suo Corso di storia, V, Storia moderna, parte 1, 5 ediz., Torino 1896, p. 38, giudicò "buon risultamento" della pace di Cateau-Cambrésis "restaurare il dominio della casa di Savoia, divenutà poi vindice dell'indipendenza italiaria"). E della storia sabauda trattò specialmente in funzione "europea" (donde, ad esempio, l'edizione, conampio medaglione introduttivo, delle Lettres de Henriette-Marie de France reine d'Angleterre à sa soeur Christine duchesse de Savoie, Torino 1881; e la pubblicazione di numerosi documenti diplomatici).
Il sabaudismo del F., in quanto appunto "europeo", diverge perciò toto caelo dal goffo autoctonismo antifrancese che venne di moda, in specie presso la storiografia municipalistica piemontese, negli anni Venti e Trenta del Novecento. E lo stesso bilinguismo di alcuni fra i maggiori scritti del F., come del suo conterraneo Giacomo Lumbroso, indica il chiaro proposito non solo di trovare una più vasta cerchia di lettori, ma di conservare e di tramandare la migliore tradizione civile della sua terra.
Di origine e di "taglio" francese è anche l'attività del F. nell'ambito delle "notices"o "éloges académiques", per la maggior parte inseriti negli Atti e nelle Memorie dell'Accademia delle scienze di Torino. Inferiori per acume storico e grazia stilistica al modello Mignet, sono cordiali ritratti, un poco esterni e talvolta svagati o prevalentemente biobibliografici, ma onestissimi sempre nell'esporre le idee altrui, anche quando non concordavano con le idee politiche del Ferrero.
La sua generazione, massime nel natio Piemonte, era anteriore alla "scuola storica" e al tecnicismo epigrafico-giuridiconumismatico di Th. Mommsen e dei suoi discepoli. Col vantaggio, bensì, di un'assai maggiore cura ed eleganza letteraria, ma lo svantaggio di un'incertezza nel metodo e, soprattutto, nel fine della propria ricerca. Il maggiore contributo antichistico del R., L'ordinamento delle armate romane (Torino 1878, cui l'autore successivamente dedicò supplementi ed aggiunte; e dov'è stilisticamente notevole che il vocabolo "armate"indichi esclusivamente le forze di mare), se mira a compiutezza nella raccolta del materiale, specialmente epigrafico, non è, peraltro, un contributo alla storia politico-sociale di Roma, non spiega perché dalla fine della prima guerra punica i Romàni abbiano rivendicato ed esercitato il dominio assoluto nel Mediterraneo, stroncando in sul nascere ogni velleità marinara dei Cartaginesi e dei sovrani ellenistici; né, d'altra parte, analizza le origini socio-politiche dei comandanti e delle ciurme, e tanto meno le conseguenze in ambito economico dell'incontrastato dominio romano dei mari.
È curiosamente significativo che, lasciatosi, per così dire, alle spalle i volumi sui Libertini e sulle Armate romane, il F. degli anni Ottanta si sia quasi totalmente dedicato alla storia, vuoi perché supplente del Ricotti nell'insegnamento universitario torinese (1879-1881), vuoi e più, perché impegnato nella redazione per l'editore Loescher dei sei volumi del Corso di storia scritto per le scuole secondarie.
Si è già detto che proposito del F. fu d'inserire la storia italiana nella storia europea, privilegiando la Staatsgeschichte, e la storia militare, che in quegli anni medesimi professava all'Accademia militare di Torino; e privilegiando altresi la storia sabauda, o la funzione dei Savoia nella storia d'Italia. Di qui il carattere monarchico-moderato della sua narrazione del Risorgimento. Il F., tuttavia, fu in genere assai equanime nei suoi giudizi, deplorò, ad esempio, le guerre dei Savoia contro i valdesi e, in genere, le persecuzioni religiose, come onestamente deplorò la corruzione quattrocentesca della Chiesa e dell'Italia, in cui vide la ragione prima della Riforma e della servitù italiana.
Gli anni Novanta e successivi videro il ritorno dei F. agli studi antiquari, anche per la causale contingenza della supplenza prima, della successione poi alla cattedra di archeologia che il Fabretti deteneva nell'ateneo piemontese. Incaricato a novembre del 1894 e professore dal novembre 1895, il F. continuò sino alla morte a insegnare archeologia, occupandosi soprattutto di antichità subalpine, investigando in varie zone del suo Piemonte, ordinando e illustrando i reperti e i risultati delle campagne di scavo: organizzando tutto un lavoro d'indagine e di conservazione mediante società antiquarie provinciali e locali e l'opera della sovrintendenza alle Antichità del Piemonte e della Liguria, affiancandola a quella, da lui già promossa, delle Società di storia patria per le antiche province italiane.
Elegantissima in tale campo, ed elegantemente distesa in francese, la monografia descrittiva L'arcd'Auguste à Suse (Torino 1901), assai notevole contributo non pur all'intelligenza storico-artistica dell'insigne monumento, ma alla storia dell'archeologia, cioè delle indagini condotte con fasi e risultati alterni dal sec. XVI al sec. XIX.
Mentre attendeva a redigere i progettati quattro volumi su La campagna di guerra in Piemonte (1703-1708) e l'assedio di Torino (1706), il F.improvvisamente si spense nella sua villa di Castagnole Piemonte, in provincia di Torino, il 14 ott. 1906. Per lascito testamentario l'Accademia di Torino ricevette dagli eredi Ferrero i seimila "pezzi" della sua raccolta di opuscoli.
Fonti e Bibl.: Necrologi: E. d'Ovidio, in Attidella Acc. delle scienze di Torino, XLII (1906-1907), pp. 121-123; L. Valmaggi, in Riv. di filologia e distruzione classica, XXXV (1907), pp. 208 ss. (pubbl. anche nell'Annuariodell'Univ. di Torino, 1907-1908, ad Ind.): in app., pp. 213-219, un elenco delle pubblicazioni del Ferrero. Si veda anche Enciclopedia Italiana, XV, p. 62.